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Autore: Domenico De Ferraro    10/04/2021    0 recensioni
Verseggiare mi spinge in un viaggio nell’immaginario primaverile , mi muovo nel mio tempo con indosso le vesti delle mie parole elette a grande imprese , che aspirano ad essere belle come le note su un pentagramma , nello scorrere della musica
Genere: Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
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VERSEGGIARE MI SPINGE
 
BALLATA PRIMAVERILE
 
 
Verseggiare mi spinge in  un viaggio nell’immaginario primaverile  , mi muovo  nel  mio  tempo  con indosso le vesti delle mie parole elette a grande imprese , che aspirano  ad essere belle  come le note su un pentagramma , nello scorrere della musica .  Come l’acqua cheta che scorre attraverso il rubinetto di casa, diretta  verso il basso , verso quell’indefinita  sostanza delle cose che anima il vivere di ognuno. E l’amore  fu per me un tempo , un mostro dalle tante teste,  alcune sorridevano ,  altre si muovevano nell’oscurità dei miei  giorni passati  . E nella  mia logica poetica , lungo i righi della mia memoria   intrapresi il mio viaggio  e mai compresi il senso  che  mi condusse  a tutto questo.
 
Da scolaro cantai amori e narrai di mille eroi nati dalla mia immaginazione   e nella mia  dolce canzone adolescenziale mi persi nella logica del creato , nell’esistenza ribelle  che  mi spinse  nella iperbolica ricerca  poetica a  comporre e scomporre , esprimere e  restare con i piedi per terra ad ogni costo.  Mi liberai del peso nella coscienza  nella voglia di libertà , la quale mi sollevò  nell’esprimere e nel verseggiare per ridenti prati fioriti , con la mia vanga  in mano in cerca di un sogno da coltivare.
 
E tutto scorreva come fosse un ruscello di versi e canzoni allegre tra mille  ballate ribelle , balbuziente  in piedi davanti ai mausolei dei miei miti  poetici.  E attraverso il giardino della mia innocenza , giunsi alla canzone  profetica con  i miei calzoni corti in preda a tanti dubbi  . In altri mondi ed in varie dimensione in quell’ utopia metaforica   che m’elevava nel  volo delle mie villanelle  , andai verso  uno spazio profondo. Cavalcai lentamente in  cieli sconfinanti. In preda , all’euforia  lessi tante  poesie  e mi diressi nell’essere uno , in  una domenica qualsiasi , fatta a misura di uomo . Senza soldi  presi il primo traghetto  e mi recai  ad Itaca come Ulisse  poi  dopo incontrato Penelope,  averla baciata e fatta mia  navigai , verso  Amsterdam in cerca del vello d’oro.
 
Sono stato sempre inquieto nel mio dire non ho mai dato peso ai segni  ed al  significato  del cavallo di troia nell’odissea . Sostanzialmente , mi sono perso molte volte,  nel mio intimo  lirismo .  La poesia ha fatto il resto,  mi ha restituito una dignità fatta a pezzi . In questa canzone poi  ho compreso che l’amore è qualcosa che non ha  sempre voce in capitolo  che dice sempre di essere bella,  ma in vero è assai ipocrita .  Cosi  se mai ci sarà un tempo delle mele,  io  chiedo di divenire  il signore del campo dei girasoli.
 
M’interrogo  se questa realtà sarà mai la stessa tra poco tempo  , continuare a vivere dopo tutto ciò , di amori ed altre idilli,  nelle ballate come un tempo tristemente trascorso sotto le stelle , con le nostre poesie simile a poggiatesta  come fossero cuscini di foglie d’erba. Nel dolce aprile della mia infanzia  , cantai  la mia  prima canzone per i prati in fiori , nel vento della  giovinezza espressi il mio giudizio  di cosa fosse  per me la poesia in genere e le ballate erano belle al sole d’aprile come le gambe della donzella di ritorno dalla campagna.
 
Ed io sono rimasto tante volte,  solo , con il mio amore incompreso  in  altre ipotesi ed altre questione estetiche senza cuore , avrei  voluto  salvare  il mio spirito  che annegava in questo mare di immagini . E dopo questa  triste poesia  , continuo a chiedermi se sarò  mai capace di   guarire da tanto male nella verità  dei miei versi , tra questi idilli e falsi miti in questa incredibile ballata di metà aprile.
   
 
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