Okay.
Nemmeno io ci credevo quando la mia Beta mi ha telefonato, dicendomi siamo sul podio XD. Per me è stato davvero liberatorio perché in questa fan fiction ho davvero messo l’anima e non solo ho praticamente esaurito la mia Enza <3, e la mia Best ma ho riversato tutte le mie speranze. La sensazione più bella della scrittura è proprio il senso di liberazione che provi dopo la parola fine.
Quindi: Grazie alle due giudici Ainsel e Annaky non solo per aver indetto finalmente un concorso Sasusaku per riempire un po’ il fandom ma per i giudizi utilissimi per migliorare e per aumentare la mia autostima sempre sotto zero. Inoltre Ainsel si, sono una fan di Nana :D e sono nana anche in senso fisico purtroppo XD
Complimenti anche alla mia Terrastoria, te lo meriti tesora XD, e alle altre partecipanti. È stato un onore.
NdA: ogni sottotitolo è tratto
da una canzone Breathe(2Am)
di Anna Nalick. Nel primo capitolo la frase in
inglese dice: Vorrei tenerlo tra le braccia. Forse semplicemente canterò di
questa situazione; Nel 2: perchè non
siete capaci di fare il salto; nel 3: E la vita
è come una clessidra incollata al tavolo.
Ad Enza,
perchè lei è il mio XML
Breathe
# 1
Wanna hold him. Maybe I'll just sing about it.
“È
più questione d’alchimia. Giuro. Alchimia. Non è colpa mia se l’amore, se anche
questa cosa, è una reazione chimica.”
“…è
l’unione di due pelli, di due odori… è una cosa strana… e non guardarmi così:
come se fossi la solita secchiona della classe! Non
scherzo, sono seria. Alchimia. Se fosse un elemento chimico, lui, credo sarebbe
il carbonio. Io sarei di più un OH, ecco. Sì, va bene: ora hai la conferma che
sono completamente andata. Ma, che ci posso fare…è
colpa tua sai? Da bambina mi hai traviato il cervello, tu e tutti quei
maledetti film d’amore!”
“…è
strano. Quando una persona incomincia piano, piano a entrarti dentro. Quando ti accorgi che il tuo cuore batte troppo
forte e che la causa è solo sua. Strano. Come perdere la ragione e tutte le
sicurezze che avevi costruito in questi anni su di te. Affidarsi completamente
a qualcuno, senza in realtà sapere cosa sei quando
stai con lui...è come non smettere mai di danzare… è avere le vertigini e
sapere perfettamente che tu hai paura di cadere, delle vertigini, dell’altezza…
eccetera, eccetera; che tu davvero, per come sei fatta, non arrischieresti mai
a guardare in basso a ritrovarti in una situazione del genere. Ma, non puoi scendere, non ne hai la forza, non ne hai la
voglia. Non so se mi spiego. Credo che i miei neuroni siano andati ufficialmente
in vacanza….”
“Non
è questione di io. Qui si parla al plurale. Si
coniugano i verbi in un altro modo. Si sogna, ecco, anche al plurale. Il che è
impossibile: nella fase rem ci sono solo io e il mio subconscio o quello che è…
non sono mai stata un granchè in psicologia. Quindi
quando devi riportare un verbo come MENTIRE al singolare, perchè
se no, impazzisci e quindi lo riporti al singolare… quando sei improvvisamente
costretta a scendere, a cadere giù in picchiata verso il suolo e ti ritrovi tu,
di nuovo da sola in compagnia del maledetto verbo… ci si ritrova a fare i conti
con la ragione, che avevi zittito perchè il cuore
aveva comandato e tu ti eri ritrovata come una stupida ad
ubbidire. La mente macina le domande e nel frattempo ti accorgi che non hai le
risposte. Perchè il cuore, lui quel subdolo muscolo,
rimane in silenzio a curarsi le ferite. Se l'è squagliata.”
“Tutto
per una parola. Per sentirsi dire una stupida parola. Che seccatura. Anzi a ben
pensarci sono due le parole che ti fottono in pieno e
tu lì ad agognarle, a bramarle da quelle labbra al sapor di carbonio.
Dovrebbero eliminarle quelle parole. Via la voce dal dizionario! Causa? Sofferenza, illusioni….”
“Due
parole, ecco, sarebbero bastate. Basterebbero ancora adesso, forse.”
“Ti
amo… e nulla più.”
“Perchè se la cavava con i numeri
ma, non sapeva nulla sul carbonio.”
“La
prima volta che l’ho vista… quella ‘ donna d’ argento
’… credo di aver solo pensato scioccamente, che sarei morta per colpa di
qualche lega di metallo male assortita e magari, anche ad opera di un colpo un
po’ arrugginito nella canna. Era fredda, quella che lui considerava la sua
donna fedele: era mortalmente fredda, sulla mia pancia. Forse era la mia pelle
che bruciava. Il che è strano, io, che ho freddo anche
in piena estate.”
“Bruciava
anche lui però. Giuro,
bruciava. Me ne accorsi quando la sua mano sinistra mi strinse il collo, era…
furioso. Arrabbiato. Non ne capivo il perchè. Aveva l’autorizzazione in fondo….”
“Era
un burattino. Credo di averglielo sibilato con la bella arma in vista sulla mia
cute.”
“…Aveva
la pupilla dilatata e stringeva l’impugnatura in un modo quasi innaturale. Gli
occhi erano fin troppo neri, due macchie d’inchiostro che mi trapassavano da
parte a parte. Mi avrebbe ucciso, e molto volentieri anche.
Glielo lessi senza aver bisogno di parole.”
“…eppure
non lo fece. Non mi uccise quella notte… credo mi amò come lo amavo io. Forse anche di più…perchè
doveva uccidermi e non lo aveva fatto.”
“Mi
minacciò. Dicendo che ero il suo punto debole. Mi minacciò assumendo il solito
sguardo da superiore ancora con le sue mani sul mio collo. Forse per questo era
arrabbiato”
“Poi
si abbassò rapido. Eppure lento. Verso di me, veniva verso quello che ero. E il
cuore batteva e io bruciavo e l’arma d’argento nella
notte… lui…la lasciò cadere, scivolare via da me, improvvisamente innocua. Mi
tolse il respiro e successivamente le sue labbra che
bruciavano,…erano sulle mie.”
“Ricordo
che gli graffiai la schiena tentando di scacciarlo via, appena recuperata la
ragione. Ma la mia mano, quella con cui di giorno
manipolavo forze più grandi di me, numeri e atomi di carbonio, spariva sulla
sua schiena. Invisibile. Ed era carne contro carne… e
cercavo di difendermi…perché lui mi aveva mentito… ma già la mia anima, il mio
cuore, si erano completamente appoggiati a lui… che invece cuore e anima mai li
aveva usati. Preso com’era dalla ragione… dai proiettili.”
“I
proiettili hanno dei numeri incisi sopra, marcature credo si chiamino.
Non sono poi molto diversi dalle mie provette di laboratorio. Erano due lavori,
due modi di vedere la vita. Io cercavo di ricrearla…lui la
levava.”
“Di
notte, alcune notti, si svegliava di soprassalto. Il
volto leggermente corrucciato e qualche gocciolina che gli decorava la fronte.
Controllava che io dormissi, in modo che quella debolezza io non la vedessi. Ma non dormivo. Con lui, non riuscivo mai ad abbandonarmi
completamente a Morfeo. Ero sua. Dio, che pensiero da adolescente. E a ogni suo
movimento… che sia anche la solita piega sottile delle labbra…io rimanevo come
una scema a fissarlo. Mi sarebbe bastata una vita così, fatta anche solo di
notte. Il giorno non è poi tutta questa gran cosa. E si può andare avanti a
caffè, è fattibile come vita…. È scientificamente provato.”
“Le
variabili sono così tante che… non so come sia successo. Poteva accadere di
tutto. Potevo dare retta a quell’uomo dai capelli biondi e gli occhi azzurri,
come un vero principe delle fiabe. Aveva una vita normale, il sorriso perenne
sulle labbra. Naruto. Non gli ho
mai dato retta ….”
“Avrei
potuto prendere medicina come facoltà. Mi piaceva, mia madre era un medico.
Avrei potuto… farmi traviare da Ino, seguirla nel suo
percorso da stilista.”
“Invece…
ho incontrato lui. Mi chiedo se in un altro universo, se io avessi scelto una
di queste varianti non l’avrei alla fine incontrato lo
stesso. Se eravamo destinati… anime gemelle… come tanto piace pensare alle
ragazzine che scrivono il nome nei loro pensieri sui banchi di scuola.”
“Mi
piace comunque pensarlo. Lui è la mia anima gemella.”
**
L'aria pungente della mattina lo
sorprese mentre ammirava quel portone classicheggiante. Gli occhi si alzarono
alla ricerca di un punto in particolare, lassù in cima. Ancora si ritrovava a
seguire quei raggi perpendicolari un po' spessi, astratti, che ruotavano
attorno a un semicerchio. Un bambino di nove anni l'avrebbe disegnata meglio:
L'Alba. Di certo avrebbe avuto un maggiore senso di realismo rispetto a quello
stemma in stucco che dominava la volta del portale. E poi Alba, era un
nome ridicolo per ciò che facevano. Era l'esatto esempio di un intero sistema
che si reggeva sulle fantasie di un vecchio psicopatico. La odiava lui l'alba,
il sorgere del sole, come odiava il tramonto e... quello stupido portone.
**
Si sarebbe alzata, avrebbe indossato il
camice con il cartellino in bella vista e sarebbe andata nel laboratorio,
bramando la sua amata abbronzatura da neon e bevendo dalla sua tazza rosa il
caffè leggermente bruciato della macchinetta (“insostituibile”). Avrebbe potuto
tranquillamente permettersene un'altra di macchinetta più veloce, che faceva un
caffè migliore ma, era troppo legata a quella vecchia
per cambiarla: era fatta così, un tipo sentimentale il Premio Nobel più giovane
della Scienza.
Come ogni giorno se ne sarebbe stata
lì, aggiungendo conferme alle sue ricerche (“ è pericoloso però, rischi di
farti male giocando con numeri e atomi di carbonio…”) E sorseggiando il suo
caffè; avrebbe fatto una pausa chiacchierando con Hinata,
la sua assistente, giocando a carte con il dottor Lee “il sopracciglione”
privandolo di qualcosa perché quel tizio perdeva sempre (e si rincuorava,
blaterando su una certa forza della giovinezza) e poi sarebbe ritornata sul suo
lavoro (pericoloso, davvero). Sapeva che quello che faceva, l’avrebbe
trascinata in guai che nemmeno s’immaginava. Era andata a toccare un punto
scientifico molto suscettibile. La scienza stessa, non voleva riconoscere i
suoi studi e a quanto pareva il suo lavoro dava fastidio a qualcuno (che non
c'entrava niente con la scienza). Ma studiare il modo
di ridare la vita era routine ormai per lei.
In fondo, era una giornata come le
altre anche quella.
Aveva gli occhiali da riposo sul naso,
i capelli tirati in un buffo chignon all’indietro e se ne stava piegata sul suo
microscopio. Quando alzò lo sguardo, però, un signore un po’ malaticcio (quello
che finanziava le sue ricerche, il capo diceva purtroppo che dovevano trattarlo
bene) gli presentò un uomo con un camice bianco e dall’aria provocante. Lo
proclamava come un nastro nascente della fisica e matematica. A lei non
importava molto, alzò solo un sopracciglio tentata di ritornare di nuovo con
naso all’ingiù esaminare la lente del suo microscopio fino a quando
quell’essere, con una voce da brivido, le diceva che quell’uomo lì, sarebbe
stato il suo nuovo assistente, che insieme avrebbero fatto faville e che
avrebbe trovato subito la soluzione che le mancava (roba di una frazione di
gene).
Era una giornata come le altre?
**
Le dita scorrevano nei capelli neri
lunghi e lisci. Un sorriso strano pendeva dalle labbra. Gli orecchini
decoravano i lobi e si perdevano i pendenti fra i capelli. Gli occhi poi erano
dorati ma in senso negativo assomigliava a quello di un serpente. E il serpente
stava sorridendo di fronte a due uomini; uno dall'aria annoiata e indifferente,
l'altro con degli occhiali un po' pendenti sul naso aquilino e un sorriso
cattivo a congiungere le guance.
"La scienza." Le parole
provenivano dall'uomo 'serpente' e il suono neanche a farlo a posta pareva
sibilato. "La scienza è nemica dell'Alba, pretende lei di essere la guida,
di illuminare, di capire." I capelli neri si attorcigliavano lungo le dita
scheletriche. "Da sempre combattiamo la scienza perchè
fà luce mentre, l'unica cosa che deve illuminare gli uomini è l'Alba."
Una risata metallica perforò l'aria. "C'è molto gusto a
eliminare i premi Nobel: sono persone intelligenti ma indifese.
Assomigliano a topi in trappola. Devono morire."
"Ti divertirai a eliminare Sakura Haruno, Sasuke."
**
“…Fugaku ”
“Ah. Piacere… e sei
?”
“Il nuovo assistente di laboratorio.”
“Ah.”
“Ah.”
“Di Sakura Haruno?”
“Già"
**
“…è lei”
Non aveva mosso un muscolo. Lo sguardo
leggermente pietrificato, da presuntuoso. Spesso gli dicevano che era quella la
prima impressione che dava. Non gli importava nulla comunque di quello che
potevano pensare gli altri. Voleva solo finire presto quell’assurda sceneggiata
e occuparsi di qualcosa di più decente. Una donna equivaleva a una perdita di
tempo.
“Ma è
pericolosa” Scoccò il palato ricordando le parole di qualcuno un po’ sbiadito nella
sua memoria. Aggrottò le sopracciglia, di solito, non gli capitava mai di
ripensare a quella parte della sua vita, (“che seccatura”) forse era dovuto
all’aria rarefatta che si respirava lì dentro.
Si guardò attorno tra provette e
boccette contenenti chissà quali sostanze. E sulle altre scrivanie a regnare
era il caos più totale. Fogli scribacchiati ovunque, zeppi di numeri e lettere,
spuntava tra le carte poi, il contenitore di una pizza
ed erano sicuramente esperimenti chimici anche la muffa sui fondi di qualche
bicchiere, mentre pulita e di un rosa shocking, come i capelli della
proprietaria, completava una risma l'assurda tazza da caffè….
Matematicamente riportò gli occhi sui
capelli di Sakura che avevano lo stesso colore dell’oggetto (“Che idiozia”). Decisamente… sarebbe stata una seccatura. E poi lui odiava
il disordine, tra le altre cose, anzi assieme alle tante altre cose che odiava….
“Lavorerete molto bene insieme.”
Un piccolo sorriso abbandonò le sue
labbra alla smorfia d’incredibilità che aveva assunto quella strana donna,
avvolta in un camice un po’ grande per lei e con i tacchi ai piedi che
spiccavano e che facevano rumore in quel posto. Forse, invece, si sarebbe
divertito, e già intravedeva il luccichio della sua donna tra le tenebre. Ma c’erano numeri, c’erano lettere, c’erano atomi di
carbonio.
In mezzo c’era alchimia.
**
I suoi capelli profumavano di ciliegia.
Un profumo così… infantile, no, banale era la parola giusta. A lui poi
non piacevano nemmeno le ciliegie, frutti rossi che andavano sempre in coppia.
Anzi ne era allergico ma, era costretto a ubriacarsi a sopportare quel profumo
quando affondava il viso nei suoi capelli, sul suo collo niveo. E poi si sa, le
cose che fanno stare male sono quelle che cerchiamo di più… dal dolore si arriva
prima o poi alla felicità, no?
Non che lui credesse nella felicità
–quelle erano cose da mocciosi, lui era un uomo….
A ben pensarci, non sapeva perché
diavolo finivano sempre sul pavimento. Era scomodo e i
neon bianchi finivano per accecargli gli occhi. Quello che di sicuro sapeva era
che dopo ogni litigata (tra numeri e atomi di carbonio) era sempre di più
un’insopportabile creatura.
Lei… lo prendeva a pugni, ecco.
Nessuna, lo aveva mai preso a pugni. Era abituato alle carezze ma no, non ai
pugni e invece lei con quei capelli assurdi… aveva perfino il coraggio di
schiaffeggiarlo. Assurdo. Non era riverente come le altre donne che aveva conosciuto prima. Era decisamente
diversa, perché lo prendeva a pugni e poi lo amava… uhm, scienziata dei
miei stivali. E finiva così, sempre per avere mal di
testa ogni volta che usciva da quel laboratorio –erano mesi che ci
lavorava là dentro.
Mesi.
Chiuso in gabbia con una bestia dai
capelli rosa.
“Ztè. Insopportabile”
E Fugaku
avrebbe volentieri dimenticato il motivo per cui l’aveva baciata la prima
volta. Non era stato per merito del dottore con i sopracciglioni
che l’aveva sfidato; dichiarando che lui, per loro Fugaku Hachi, sarebbe stato
senz’altro sconfitto dal suo fascino giovanile. No.
Era stato costretto a baciarla. Anche
se poi non ricordava più i motivi per i quali l’aveva baciata una seconda volta
e una terza… e una quarta – senza concludere
nulla.
Perché aveva baciato Sakura Haruno, proprietaria di occhi assurdamente verdi e di
capelli rosa, ancora più assurdi. Di costituzione magra ed esile. Che a
venticinque anni è un genio in chimica, una scienziata. Nata da padre
archeologo e madre medico sempre assenti entrambi, che
per questo è cresciuta con sua nonna, la vecchia Tsunade,
una scienziata anche lei. Che ha una vita semplice, un appartamento in centro e
come amica: Ino Yamanaka
prima modella, adesso stilista di una nota casa italiana.
E non si chiedeva (cercava solo di
dimenticare tutto lui – i volti e gli occhi…di chi aveva visto -) non si
chiedeva dunque, il perché sapesse tutte queste cose di una persona in fondo
appena conosciuta (è li da tre mesi).
**
Hinata
si limitava ad ascoltarla. Era sempre stato così tra loro. Lei ascoltava
mentre, l'altra parlava della sua vita così piena ora, che un certo personaggio
gironzolava nel laboratorio. Ne era intirimorita in
un certo senso, Sakura era tutto quello che lei non era. Bella, intelligente,
spigliata lei invece, timida, riservata...un fantasma.
Arrossì istantaneamente quando, la porta si spalancò e una figura dai capelli
biondi e dal sorriso buono illuminò il laboratorio (e il cuore della piccola Hyuuga). Sakura sorrise alla solita scena: l'amore in tutte
le sue sfaccettature è la cosa più bella che una persona si possa augurare di
provare. "Hinata, sei la persona più dolce che conosco. Ricorda sempre di combattere per le cose che vuoi." Gli occhi verdi scintillarono in un muto
incoraggiamento rivolto allo sguardo particolare dell'assistente.
Il biondo, a passo spedito, venne
dritto verso di loro sempre sorridendo e ignaro dei discorsi che lo
riguardavano anche se non esplicitamente. Per lui l'universo femminile era
sempre stato come un buco nero. "Sakura, scusa il ritardo ma non trovavo
più la fondina della pistola... e avevo dei problemi con questo stupido bottone
della divisa." Si grattò la nuca scoppiando in una grassa risata. Sakura
scosse il capo. "Questa di certo, è la frase più usata da una guardia del
corpo, immagino."
"Se..se...vuoi..."
Un balbettio appena udibile, eppure era già tanto. "Se vuoi...Naruto-kun..ti aggiusto io, il
bottone..che ti dà problemi..." Il biondo si sporse gli occhi azzurri che
si perdevano in quelli vacui di Hinata. "Oh, sarebbe fantastico Hinata!
Grazie!"
**
Il primo compito di una guardia del
corpo era difendere e pensare sempre all'incolumità del protetto. Che genio.
Il secondo compito consisteva nel conoscere tutti gli orari e il carattere
del protetto, per poterne prevedere ogni azione e reazione. Il terzo compito
era di controllare ogni minima cosa dalla macchina alle persone che aveva
attorno. E a proposito di questo... sollevò le pozze azzurre fissando un punto
ben preciso a pochi metri dal suo naso. Non gli piaceva per niente quel tizio e
la cosa era reciproca. Inoltre era evidente il legame che li univa. Sakura era
innamorata persa di Fugaku.
Hinata,
gli aveva detto che era stato colpo di fulmine per Sakura, anche se all'inizio
aveva fatto finta di niente. A quanto pareva gli stessi sentimenti li aveva provati anche Fugaku, però
c'era qualcosa di strano. Lui sembrava non lavorare. Stava lì, come in attesa,
un po' con lo stesso atteggiamento che aveva lui. La cosa lo irritava e
insospettiva. Inoltre la cosa più straordinaria, sempre captata grazie alla
grande osservazione e quindi il suggerimento involontario di Hinata, era l’atteggiamento l'uno nei confronti dell'altra.
Era come se si proteggessero a vicenda, come se ci fosse stato un segreto fra
loro. E non si trattava di scienza.
"Ehi, vuoi smetterla di
fissarmi?"
Naruto
arricciò il labbro. Sakura diede una spallata evidente a Fugaku
che la guardò sdegnato. "Sta solo facendo il suo lavoro" Lo
rimproverò, tono tremolante. "Cioè farmi innervosire?" Il biondo sorrise. "No, tenerti d'occhio!" E poi
successe.
"Fugaku,
che razza di nome è Fugaku Hachi?" Questa domanda fece rizzare la schiena di
Sakura che impallidì. La reazione del protetto era stata fin troppo evidente, per poter passare inosservata. Fugaku
si limitò a un’alzata di spalle. "Perché, Naruto
che nome è?"
"Di certo, non da teeme come il tuo."
Sorrise sibillino. "Dobe." Rispose l'altro,
atono. Sakura invece rimase immobile come una lastra di ghiaccio. C'era
qualcosa sotto ovvio, adesso ne aveva le prove e sapeva da dove iniziare a
indagare.
**
Ha i polsi sottili. Non ricordava di
aver mai stretto dei polsi simili. Erano sottili e bianchi. Per forza lei
sembrava davvero non uscire mai, da quel laboratorio, la mattina era la prima a
entrare e l’ultima ad uscire, decisamente, doveva
ancora capire a che ora si alzasse e se dormisse.
Ma non aveva voglia di
scoprirlo, probabilmente si diceva, va avanti a furia di caffè. Anche se a
volte alzando un solo sopracciglio, le faceva notare la tonalità della sua
pelle, troppo chiara. Sembrava una bambola che in tutti questi anni, era stata
avvolta nella plastica per essere conservata intatta. Fugaku
a volte se ne pentiva e si redimeva cercando di stare in silenzio, non amando
parlare, fare certe osservazioni che potessero riattivare dei marchingegni
arrugginiti in quella testolina rosa (marchingegni,
che lui temeva potessero risvegliare dei fili che arrivavano più giù, dritti
nel petto, in un muscolo chiamato cuore).
E lei allora si arrabbiava, sbuffava,
volavano nell’aria delle assurde minacce incoerenti, come lei, che lo
rimproverava perché era troppo paziente (di più utilizzava la parola: indecifrabile)
però dopo la sfuriata di solito lo baciava all’improvviso arrossendo e
balbettando. Era schizofrenica. Ne era sempre più convinto perché poi ritornava
a infuriarsi contro chi sa chi, anche se probabilmente ce l’aveva
con lui. E la lasciava fare, aspettando gli altri momenti quelli buoni e
sorrideva con quell’aria da superiore che no, proprio Sakura non sopportava. Ma quelle smorfie appartenevano a lui, e decise che dovevano
appartenere anche a Fugaku.
Quello che non sapeva era che la rosa
aveva capito che quella era solo una maschera per proteggersi da lei. Si
scervellava la scienziata, cercava di concentrarsi solo sulle sue provette, sui
suoi campioni ma allora, era lui a cercarla. Eppure lui non osava portarla
fuori dal laboratorio lì, fuori, dove c’era la vita vera (o la morte?) .
A Sakura questo andava bene, veramente:
andava bene. Non aveva mai vissuto lei…
E si vedevano a lavoro e Sakura non
sopportando quell’apatia - la sua presenza in realtà che la deconcentrava- lo
mandava in giro per la struttura a prendere questo e poi quello… salvo poi,
quando non tornava presto, andava lei stessa a cercarlo. Lui era restio e mai
l’avrebbe ammesso che si perdeva in quel mostro di cemento e piani, così Sakura
andava a cercare Fugaku.
“Dove diavolo, eri
finito? Dovevi solo prendere un ascensore.”
E lei arrossiva, sbuffava, per il suo
sguardo di disappunto a quell’eterno combattimento che era lo stare con lui.
Anche se non stavano insieme…era lì solo da tre mesi e l’Haruno
tornava di nuovo a sbraitare contro se stessa –mi sono lasciata
abbindolare da un paio di occhi neri male assortiti- e puntava i suoi occhi
sullo schermo del computer che però rifletteva lui, che silenzioso le compariva
alle spalle.
Sakura arrossiva ancora al pensiero delle
sue braccia forti che l’avevano “intrappolata” un giorno in un corridoio
asettico del laboratorio. Avevano appena litigato sulla valenza di un atomo di
carbonio, su qualche numero, su dove diavolo aveva messo la provetta che le
serviva per continuare le sue ricerche.
E lui poi aveva solennemente dichiarato
che gli faceva venire mal di testa. E che doveva
starsene zitta.
Sakura però aveva insistito,
maledicendolo. Lei che era sempre dolce con tutti, con lui non ci riusciva
–come se prevedesse che un giorno l’avrebbe fatta soffrire.
“Non è difficile, dovresti solo fare
due più due con i neuroni ammuffiti che ti ritrovi e cercare di capire dove
diavolo hai potuto poggiare quella provetta!” La voce era stridula e alta,
esagitata –dovuta anche alla carenza di caffè.
“Zitta.”
E poi parlava poco,
lui parlava troppo poco per i suoi gusti. Allora lei alzava ancora di più la
voce oscillando i suoi capelli rosa, lunghi.
“Hachi
potresti anche solo chiedermi scusa, per tutto il tempo che mi stai facendo
perdere… Ah! E non mi azzittire! Sei incredibile… assurdo!!”
“Sta zitta.”
E nel momento in cui stava per
riprendere a parlare, Fugaku l’aveva spinta contro il
muro, l’aveva intrappolata tra le sue braccia, godendo probabilmente alla sua
espressione incredula e il silenzio era stato finalmente provocato dalle sue
labbra che si erano impadronite delle sue.
Calde labbra che s’incastravano a
vicenda l’una con l’altra, irrimediabilmente s’incastravano e così migliaia di
persone, come loro, sono costretti con quel gesto a rispecchiarsi
in un’altra anima irrazionale, che prima avevano pensato accuratamente di
evitare. Ma l’uomo è solo un groviglio di Caos, carne
ed emozioni.
End #1
Giudizi
2^ classificata:
Breathe - di Sae
Giudizio di Ainsel:
Correttezza grammaticale: 9/10
Originalità: 9/10
IC dei Personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 36
Sicuramente una fiction originalissima.
L’alchimia è un qualcosa – dovrebbe essere considerata una scienza, ma visto per me non si limita a questo non so mai
come definirla – che mi ha sempre affascinato molto.
Ammetto che il nome “Fugaku” all’inizio mi aveva
lasciato non poco allibita. Non che volessi privare Sakura del suo diritto di
innamorarsi del padre di Sasuke
– lungi da me una simile prepotenza – ma ho riletto la pagina in
cui lui si presentava come suo assistente almeno dieci volte prima di
convincermi che non ero diventata orba.
Come già detto è una storia davvero originale, ma non solo nella trama. E’
evocativa, quasi un po’ surreale in alcune parti, e forse proprio grazie a
questo i sentimenti dei personaggi vengono espressi in
modo davvero coinvolgente. L’amore di Sakura, così sincero e passionale; e Sasuke, con la sua ambiguità ed i
sentimenti mal espressi che solo una persona come lei è capace di comprendere a
fondo. Inoltre, anche se di contorno, ho apprezzato molto anche l’amicizia con Ino e Naruto, così come la breve
comparsa di Hinata.
Il finale poi è praticamente perfetto; direi che è
racchiuso tutto in quel punto interrogativo che immagino tu non abbia inserito
per caso. Non c’è nulla di sicuro né tantomeno definitivo, ma gli indizi sono
almeno sufficienti per far sperare che le cose possano volgersi al meglio.
Come ultima cosa mi devi togliere una curiosità: per
caso sei una fan di Nana? se sì capirai da sola in
base a quali particolari te lo chiedo XD
Giudizio di Annaky:
Correttezza grammaticale: 8.5/10
Originalità: 9.5/10
IC dei personaggi: 9/10
Trattazione della coppia: 9/10
Totale: 35.5
Questa fanfiction è stata interessante. All'inizio,
non avevo capito che il nuovo apprendista fosse Sasuke,
e credevo che Hachi fosse un personaggio aggiunto per
smuovere la scena. La stessa ambientazione AU mi ha dato alcuni "problemi
di orientamento".
Le descrizioni sono rese bene, ma forse il racconto viene un po' troppo
dilungato e rende il tutto un po' "pesante" da leggere.
Non che la fanfiction non desti curiosità...anzi, ho voluto scoprire subito come andassero a finire
le cose, ma sarebbe stato meglio "comprimere" il tutto in fasce temporali
più brevi, per alleggerire la lettura. Personaggi comunque IC, mi piace molto
la caratterizzazione di Sasuke, che calza
perfettamente i panni del killer spietato (ma alla
fine non del tutto, almeno con colei che dimostra di amare), e anche quella di
Sakura, solita inguaribile testarda...
Nel complesso, buona, insomma.
Media: 71.5
Al prossimo capitolo! Commentate! ^^