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Autore: dragoargento    28/08/2009    3 recensioni
Siamo tutti abituati alle vecchie storie di principesse minacciate da draghi feroci... e se questa volta fosse il drago la vittima?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aramir

 

Questa storia si svolge in un’epoca a noi alquanto remota.

Un tempo dove la fiaba conviveva con la vita quotidiana, sorgevano castelli, vagavano menestrelli ed arditi cavalieri in armatura, si sacrificavano vergini e si tenevano a bada draghi ottusi.

Sono proprio le malefatte di uno di questi orrendi lucertoloni ad aprire la bizzarra vicenda.

In una località alpina, viveva appunto un voracissimo drago dall’aspetto e dal carattere per niente gradevoli.

Camminava su quattro zampe muscolose e tarchiate che non permettevano altro che goffi movimenti ondeggianti.

Dal dorso ampio, ricoperto di una maleodorante pelle molliccia e verdastra, spuntavano due ali corte e coriacee che permettevano al drago di librarsi solamente per brevi ed imbarazzanti tratti.

La stessa scarsità fisica si estendeva anche al suo modesto intelletto, capace solamente di partorire comportamenti feroci e di pensare solamente al cibo ed alle cose luccicanti, quali gli oggetti preziosi che colmavano le camere della sua grotta.

Come in ogni classica storia che inizi con la dannosa presenza di un drago del genere, gli abitanti oppressi ed impauriti di un villaggio vicino, avevano sacrificato al mostro la solita figlia del re, nella speranza di scendere a patti con la sua indole animalesca.

Al contrario delle docili fanciulle obbedienti ed inclini al sacrificio, la primogenita ed unica figlia del sovrano era tutt’altro che disposta a diventare un lauto pasto.

Guidata dal suo carattere ribelle e dai propri modi per niente ortodossi, né tanto meno aristocratici, la principessa si era opposta in tutti i modi; giungendo perfino ad incendiare la scorta di soldati che la doveva accompagnare all’ingresso della grotta del drago.

Ritrovandosi l’intero corpo di guardia decimato ed un drago pronto a balzare sul villaggio da un momento all’altro, il saggio re aveva deciso di costringere la propria bambina all’obbedienza tramite l’utilizzo della forza bruta.

Così, senza tante cerimonie, dinnanzi la grotta era stata legata una principessa priva di sensi, piena di lividi e gonfia per le percosse ricevute a suon di bastoni.

Nel frattempo, un bizzarro predone di tesori di nome Aramir stava volando sopra la foresta alla ricerca della grotta del drago da derubare.

Essendo lui stesso un drago, era ben consapevole che le abitazioni dei propri simili erano i luoghi migliori dove ricavare un soddisfacente bottino  per accrescere la propria ricchezza ed aggiungere al proprio giaciglio altre preziosità.

Aramir aveva vagato ramingo per la zona nelle rassicuranti sembianze di un giovanotto umano di bell’aspetto, visitando tutte le locande e le osterie alla ricerca di voci che provassero l’esistenza di un drago in quelle montagne.

In questa maniera aveva barattato le approssimate informazioni sull’ubicazione della caverna con quattro boccali di buona birra, offerti ad un burbero contadino che aveva accettato di snocciolare il proprio sapere in cambio di altro alcool con il quale annaffiare il proprio fegato.

Seguendo le istruzioni, il drago veleggiava sopra le pinete della montagna, tuffandosi agilmente lungo le valli, nella propria ricerca.

Rispetto il drago che infestava i dintorni con la sua prepotente presenza, Aramir era completamente l’opposto, sia fisicamente che mentalmente.

Aramir era quello che si potrebbe definire unanimemente un drago splendido ed affascinante.

Sfoggiava una corporatura possente e snella dalla morfologia molto più simile a quella di un felino che di un rettile.

Aveva una lunga coda ed un paio di ali ampie che gli consentivano di volare con l’abilità di un uccello predatore; il suo capo era affusolato come quello di un serpente, ornato da ampie creste e grandi corna rivolte all’indietro, dal quale facevano capolino due occhi dall’elegante forma a mandorla e dello stesso colore del sole.

L’intero corpo era ricoperto da spesse scaglie di un bel rosso fuoco, le quali brillavano come una preziosa veste di rubini o come le fiamme di un vivace focolare.

Aramir sperava ardentemente di sorprendere la vittima del furto beatamente addormentata nella propria spelonca, in modo da permettergli di lavorare con la massima rapidità e silenziosità, evitando così un inutile e volgare spargimento di sangue.

Un selvaggio ruggito di gioia aveva rilevato al predone la collocazione della tana ma anche la sgradita prospettiva di un necessario cambiamento di programma.

Il drago rosso aveva stretto le ali contro i fianchi, gettandosi in picchiata contro il proprio avversario che latrava furiosamente verso di lui, forse irritato dal fatto che avrebbe dovuto aspettare ancora prima di papparsi la principessa in un sol boccone.

Sicuro della propria vittoria, il goffo drago verdastro si era gettato a capofitto contro l’incauto visitatore, menando feroci colpi indisciplinati e casuali.

Aramir aveva schivato gli attacchi dell’altro con sconcertante facilità, uccidendolo in poco tempo con un paio di artigliate ben assestate e calcolate.

Mentre il drago morente si accasciava al suolo, il ladro era entrato in tutta fretta nella  grotta facendo incetta di ogni avere, trasportandoli istantaneamente nella propria dimora tramite l’utilizzo di qualche incantesimo.

Finito il proprio compito, Aramir si era portato fuori con la grazia e l’agilità di una pantera, preparandosi a spiccare il volo ed andarsene.

Proprio quando stava per librarsi in aria con un primo possente battito d’ali, un sommesso gemito lo aveva fermato, portando la sua attenzione verso la pietosa figura della principessa ancora stordita.

La curiosità aveva indotto il dragone rosso ad avvicinarsi per esaminare la povera ragazza bloccata al palo, il suo gesto non era provocato da una qualche preoccupazione per il suo malridotto stato; ma dalla solita avidità, tipica dei draghi, che lo aveva spinto a puntare gli occhi sui gioielli della donna.

Tramutandosi nuovamente in essere umano, solamente per poter agire con maggiore comodità, Aramir aveva slegato la figlia del re per spogliarla degli ornamenti d’oro ed argento.

Questo piccolo errore aveva segnato l’inizio delle disavventure del nostro amico, poiché da quel momento la fortuna aveva deciso di voltargli definitivamente le spalle.

Disgrazia voleva che proprio in quel momento l’intero villaggio facesse capolino dai boschi per spiare gli esiti delle proprie macchinazioni.

Non sarebbe difficile immaginare la gioia della gente, quando il dolce quadretto del bestione morto e di un avvenente giovane dai capelli rossi che stringe tra le sue braccia l’amata salvata, aveva creato nelle loro semplici testoline un singolare equivoco.

Un gioioso acclamare aveva distolto l’attenzione di Aramir dalle proprie operazioni, portando i suoi occhi spalancati per la sorpresa su una folla di esseri umani che accorreva verso di lui in festa, incensandolo come eroe.

Un vero disastro non lo si può definire tale se tutti i meccanismi che lo compongono non si attivino istantaneamente; così, nello stesso momento, la principessa aveva abbandonato il suo stato di incoscienza, aprendo cautamente l’occhio non gonfio e ritrovandosi tra le vigorose braccia di uno splendido giovanotto dai voluminosi capelli rossi: salvata dal principe azzurro che aveva sognato fin da piccola… del quale il suo istinto principesco l’aveva indotta ad innamorarsi all’istante.

Quando Aramir aveva riportato lo sguardo sulla ragazza, trovandola con le labbra protratte in un bacio a ventosa, la sua confusione iniziale aveva lasciato il posto alla scomoda consapevolezza della tragica piega che avevano preso i fatti.

Subito aveva posato a terra la principessa, spiccando una corsa diretta verso i boschi.

Una mano robusta lo aveva afferrato per un braccio bloccandogli la via della salvezza, Aramir aveva tentato di liberarsi dalla stretta vigorosa ma il suo corpo umano era troppo debole per permetterlo.

L’artefice della sua cattura gli aveva rivolto un gaio sorriso mutando la sua presa in una calorosa stretta di mano.

L’uomo era ingrigito dagli anni ma il suo portamento retto ed orgoglioso era all’altezza delle sontuose vesti che indossava e della corona da re che poggiava sul capo.

- Calma giovanotto, non essere timido né modesto… il tuo valore deve essere ricompensato più che generosamente e vorrei che tu fossi nostro onorato ospite ai festeggiamenti a palazzo – L’accenno ad una massiccia ricompensa aveva spinto il drago a desistere dal fuggire, visto che la cupidigia lo aveva reso desideroso di accrescere il bottino di quella fortunata sortita.

Così aveva ricambiato il radioso sorriso accettando con garbo ed entusiasmo l’offerta.

Momentaneamente Aramir non aveva trovato il minimo motivo per pentirsi della propria scelta: il suo ingresso nel villaggio era stato accolto da un’esplosione di cornamuse e tamburi; il re gli aveva donato due dozzine di forzieri stracolmi di oro, pietre preziose e sete ricamate, spezie e barili di idromele; per non parlare del banchetto della serata, dove Aramir aveva sorpreso tutti con il proprio insaziabile appetito sovraumano.

Mentre Aramir addentava voracemente l’arrosto di vitello, la principessa si era seduta accanto a lui affondando le dita nella sua chioma folta e massaggiandogli piacevolmente la nuca.

Il predone l’aveva lasciata fare, intrattenendosi con lei in una conversazione per tutto il resto della festa, non accorgendosi minimamente che lo strano comportamento della ragazza non era altro che un tentativo di seduzione tipico della razza umana, molto pericoloso da assecondare.

Nella settimana che ne seguiva, dove Aramir era stato obbligatoriamente ospite al castello, la figlia del re non aveva fatto altro che tormentarlo, approfittando della sua inesauribile pazienza e dalla moralità che frenava Aramir dallo scatenare il suo alito infuocato contro una cucciola indifesa di essere umano.

Cosa che stava iniziando a desiderare ardentemente.

La principessa seguiva il suo presunto innamorato ovunque, come se fosse un’ombra, sbucando in continuazione nei momenti meno aspettati per abbracciarlo e rendere le sue guance rosse a forza di appiccicosi baci da piovra.

Talvolta la sua adorazione raggiungeva il suo acne, inducendo Aramir a spostarsi con lei aggrappata ad una sua gamba come un Koala al ramo di una pianta.

La situazione era precipitata irrimediabilmente la mattina del settimo giorno.

L’alba era spuntata da poche ore e la coltre del sonno stava lentamente abbandonando Aramir, che per la prima notte da quando era giunto a castello era riuscito a dormire come un sasso, senza il continuo bussare della principessa sul muro della camera a canterto.

Grugnendo, il drago in sembianze umane si era rigirato sull’altro fianco per dormire un altro pochino, quando un bacio umido, che gli aveva quasi strappato le labbra dal volto, lo aveva completamente ridestato.

Con suo vivo orrore aveva ritrovato la principessa distesa al suo fianco, che lo cingeva con le proprie soffocanti braccia.

Aramir si era scostato bruscamente da lei balbettando sorpreso qualche cosa riguardo la richiesta di una spiegazione immediata e concisa.

La principessa lo aveva azzittito con un ennesimo e fastidioso bacio in bocca, prendendo la parola senza tante cerimonie: -Buon giorno amore mio… so che non ci si potrebbe vedere 24 ore prima del matrimonio ma non ho potuto resistere alla tentazione di starti vicina… come mai quella faccia sorpresa? Non lo sai? Ieri sera ho chiesto le nostre nozze a mio padre e lui ha acconsentito di celebrarle questo stesso pomeriggio…- .

Aramir, impassibile, si era alzato dal letto dirigendosi verso il balcone.

Non era affatto contento di dover rinunciare ai sontuosi doni del re, ma la situazione aveva preso una piega decisamente indesiderata che richiedeva l’immediata conclusione della recita.

-… ci sarà tutto il regno ad assistere alla nostre unione e… Aramir… perché stai andando sul terrazzo? Cosa vorresti fare? No… Aramir, fermo! Araamiiir!-.

In preda alla preoccupazione, la principessa si era precipitata fuori per sbirciare il cortile sottostante alla ricerca del corpo sfracellato del proprio futuro marito.

Di lui non c’era traccia.

Un possente e veloce battito d’ali aveva attirato la sua attenzione verso un maestoso drago rosso che fuggiva in cielo con precipitosa fretta.

Sorpreso dalla resistenza in volo che aveva dimostrato in preda alla fame di libertà, Aramir era atterrato all’ingresso della propria tana dopo tre giorni di volo accelerato.

Con suo immenso sollievo si era diretto verso il punto più profondo della caverna, lasciandosi cadere con gratitudine sul comodo giaciglio di ricchezze, addormentandosi come un sasso.

Il drago rosso era rimasto in quello stato per settimane, quando il rumore metallico delle gemme e delle monete rovistate lo aveva sottratto dal proprio sonno ristoratore.

Infuriato dalla prospettiva di un ipotetico ladro che si fosse intrufolato nella propria abitazione per derubarlo, Aramir si era avvicinato furtivamente verso la fonte del rumore, contando di prendere il malfattore con le mani nel sacco.

La sorpresa ed il panico avevano bloccato il possente drago rosso sulla soglia della camera.

Proprio nel mezzo del suo tesoro una ragazzina stava rovistando in un baule di collane, provandosi le perle ed i coralli al collo, per poi ammirarsi all’enorme specchio poggiato alla parete di calcare.

La figlia del re aveva interrotto il suo gioco per voltarsi verso Aramir, rivolgendogli il solito sconcertante sorriso da innamorata.

                  

  
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