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Autore: Black_Eyeliner    29/08/2009    2 recensioni
Perché ho scoperto i miei veri sentimenti. Ma non dirò nulla solo per non farti soffrire inutilmente. E non pretendo di sapere ciò che provi tu, però…
Ti amo.
Se lo penso solo, e non lo dico… Mi perdoneresti?

[YoitexMiharu]
[Spoiler cap. 39, volume 8 manga]
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Dove sei?

 

 

 

“I know you have a little life in you yet.
I know you have a lot of strength left.
I know you have a little life in you yet.
I know you have a lot of strength left.

I should be crying, but I just can't let it show.
I should be hoping, but I can't stop thinking

Of all the things I should've said,
That I never said.
All the things we should've done,
That we never did.
All the things I should've given,
But I didn't.

Oh, darling, make it go,
Make it go away…”

 

 

 

Arabesque di polvere scura incrostavano i vetri chiusi; rammentavano di una pioggia impetuosa e scrosciante, caduta a dirotto qualche giorno prima.

Lacrime di immenso cordoglio erano piovute dal cielo e, evaporando, avevano lasciato di sé null’altro che un nostalgico ricordo e quegli scarabocchi grigiastri che decoravano la superficie traslucida del vetro, ne macchiavano il lindore, ne offuscavano il riflesso, deformandolo.

 

-Tu…

Sottili labbra esangui inaspettatamente si dischiusero; in un solo, vibrante movimento articolarono un gemito sommesso che rubò al silenzio la sua melanconica essenza.

-Yoite…

Nella soffusa penombra dell’angusta camera d’ospedale, un’invocazione appena percettibile prese forma, si infranse ed infine si disperse, cancellandosi, annullandosi in un lungo sospiro intriso d’incommensurabile tenerezza.

Quel caduco istante li immortalò entrambi in bilico, sospesi ad una tenue fibra di zucchero filato in procinto di spezzarsi.

 

E, di colpo, Yoite e Miharu tacquero, lasciando che la quiete smarrita riprendesse il sopravvento.

 

La densa oscurità del cielo intarsiato di stelle si stagliava dietro la lastra opaca della finestra, facendo da sfondo ideale e illusorio per l’immagine speculare di due anime indissolubilmente legate.

Solo la notte riusciva a sconvolgere il significato del loro cercarsi e aspirare continuamente l’una all’altra, lo rubava per sé e lo reinterpretava, sublimandolo nel mielato profumo d’amicizia appena sbocciata: scomponeva il senso delle loro solitudini equidistanti e così simili, centrifugandolo nel vortice liquido d’emozioni ridestate e nuove a corrodere l’indifferenza; e infine ne ricomponeva ogni frammento nello spasimante anelito di tener fede alla promessa fatta.

 

Miharu esitò ancora un po’, non osò muoversi dalla sua posizione in ginocchio sul letto; nelle iridi verdi, enormi per lo stupore e la pena, ancora languiva il riflesso di Yoite fuori di sé e nell’atmosfera rarefatta della stanza persisteva l’eco delle sue parole farneticanti.

 

-Chi sei tu?

Le dita sottili di Yoite si aggrapparono alle lenzuola macchiate di liquido ematico, ne strinsero spasmodicamente i lembi, stropicciandoli in un gesto di drammatica frustrazione.

Miharu sgranò gli occhi a quella domanda imprevista, rimase sgomento e trattenne il respiro; il suo cuore trepidante formulò risposte cui non riuscì a dar voce.

Avrebbe semplicemente voluto stringere a sé quel corpo esile, soffocarlo in un abbraccio poderoso e trascendente per strapparlo  alla sua lenta agonia, all’ineluttabile fato che annunciava una separazione incombente.

 

Eppure riusciva a vederlo.

Oltre le ingannevoli apparenze, scorgeva il vero Yoite; ne scrutava il cuore e ne carpiva i desideri più puri, ne comprendeva gli intenti e l’irrazionale voglia di vivere.

 

Non voglio morire…

 

Non voleva.

Non ancora.

E non importava quanto le sue disperate preghiere al potere dello Shinrabanshou fossero vane: alla fine lo avrebbe salvato, avrebbe arrestato il tempo, cristallizzandolo per sempre nell’incanto di dita, braccia, corpi e cuori intrecciati.

 

-Chi sei… ?

Le parole, esacerbate da colpi di tosse sempre più frequenti, sfuggirono alla gola riarsa di Yoite, la risposta tanto agognata non arrivò, rimase attorcigliata intorno alla lingua di Miharu.

 

Io… Io sono te.

E tu… Tu sei un altro me stesso.

 

Le mani tremule di Yoite lasciarono andare la stoffa candida per andare a tormentare le ciocche corvine più lunghe dei suoi capelli; scosse il capo e prese fiato nello sforzo di continuare a parlare.

 

-… Strana, dolce creatura venuta da chissà dove. Ti prego, smetti di confondermi. Non turbarmi. Non toccarmi. Non posso ricambiarti… Va’ via…

 

-No! Non me ne andrò… Non lo farò mai!

Miharu lo interruppe con veemenza, urlò sporgendosi verso di lui e nel momento in cui le dita vennero a contatto con la sua pelle febbricitante, di nuovo sulle proprie piccole labbra assaporò il gusto dolcissimo della carezza ricevuta nei sotterranei di Alya, tempo prima a Kouga.

-Non lo farò perché io ti ho fatto una promessa!

Continuò a perdifiato, inebriandosi di ogni sussulto, di ogni fremito che scuoteva la gracile e provata figura di Yoite, dell’inconfondibile effluvio d’amore a diluire ogni impassibilità, ogni blanda ritrosia.

-E anche tu ne hai fatta una a me, ricordi? Che non avresti ceduto finquando io non avrei esaudito il tuo desiderio! Sei sleale… Sleale!

Si smarrì tra le sue braccia mentre la voce gli moriva in gola, spezzata da un singhiozzo convulso.

 

-Dove…

Le dita protese annasparono nel vuoto, arrancarono ed afferrarono il nulla.

Lo cercavano, bramavano di poterlo toccare di rimando, ma un velo di lacrime ottenebrava le iridi azzurre di Yoite, lo rendeva cieco; stille brillanti di pianto si condensarono sulle lunghe ciglia nere, offuscandogli la vista.

 

Le mani pallide reclamarono Miharu e non lo incontrarono.

 

-Dove sei?

Sussurrò, fissando un punto invisibile sulla parete opposta.

Con uno scatto repentino, Miharu afferrò il polso esile, tirandolo verso di sé.

-Sono qui, Yoite…  Sono qui, con te.

 

Guidò delicatamente la mano dell’altro, portandosela al viso, godendo del piacere insito in quel contatto tracimante d’ineffabile tenerezza.

Reclinò il capo, assecondando le movenze carezzevoli del palmo freddo sulla propria guancia accaldata, in uno scambio reciproco di fervido e rovente desiderio.

 

-Tu ed io siamo qui. Insieme. Riesci a sentirmi?

Le parole, a fior di labbra, furono stemprate dai polpastrelli tremuli a contornare la linea delle sue labbra, prima di scendere il basso a lambire la gola scoperta e il girocollo della maglietta.

 

-Oh, Miharu…

Con entrambe le mani, tese in uno spasimo d’autentica e ignota passione, che mai prima d’allora gli era stato concesso di assaporare, Yoite carezzò le sue spalle, seguendone la forma.

 

-Si, Yoite?

 

Solo allora, quando le mani si posarono dolcemente sui fianchi stretti di Miharu, lo trovò per davvero, spingendo quel corpo minuto eppure consistente, talmente reale, verso di sé, in un mutuo, asfissiante abbraccio.

 

-Salvami.

 

Le lacrime finalmente si districarono dalle ciglia, rivoli di emozioni liquefatte sciacquarono via la spessa patina d’indifferenza che gli avviluppava lo spirito e gli avvelenava il cuore e, insieme a Miharu, Yoite rinnovò il desiderio già espresso.

 

-Non voglio morire.

 

-Lo so.

 

Nell’impeto di quell’unione trascinante e colma di sentimenti riscoperti, Miharu trasalì quando la consapevolezza di non volerlo perdere, di non volerlo cancellare, lo investì.

 

-Perché ti ostini a stare accanto ad uno come me?

 

L’azzurro e il verde delle loro iridi si mescolarono in un’unica sfumatura di ardente trasporto.

Rimasero in silenzio.

Entrambi ascoltavano i loro cuori, uniformandone ciascun battito all’unisono.

 

Di nuovo una risposta aleggiò nell’aria, rimase latente, attorcigliata intorno alla lingua di Miharu.

 

 

Perché ho scoperto i miei veri sentimenti.

Ma non dirò nulla solo per non farti soffrire inutilmente.

E non pretendo di sapere ciò che provi tu, però…

 

Ti amo.

Se lo penso solo, e non lo dico…

Mi perdoneresti?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nda: Ammetto ci voglia del coraggio per vedere 26 puntate e leggere 10 volumetti in inglese di Nabari No Ou in 6 giorni, ma capitemi… Sono in ferie, indi per cui non ho saputo resistere e ho sentito l’impellente necessità di scriverci una shot, ispirata a “Devour” di Marilyn Manson, “This Woman’s Work” di Kate Bush e “Nefeli” di Ludovico Einaudi (Eh, che volo pindarico di generi, perdinci ^^)

L’avviso spoiler si riferisce alla scena del manga, per essere precisi al capitolo “Tears and Scars”, ancora inedito in Italia, molto simile all’episodio 18 dell’anime trasmesso in TV tempo fa, almeno nei dialoghi.

Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno consigliato questo stupendo anime che mi ha appassionata fino alla fine… E Yoite e Miharu mi fanno letteralmente impazzire.

Non so se pubblicare una cosa un po’ meno shonen ai e più yaoi, per adesso mi accontenterò dei vostri pareri, assolutamente graditi. J

 

 

A presto.

Stè.

   
 
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