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Autore: MauraLCohen    06/05/2021    1 recensioni
[Missing moment 4x7]
Sandy e Kirsten nell’universo parallelo dopo che Ryan lascia la festa.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kirsten Cohen, Sandy Cohen
Note: AU, Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La seguente One Shot partecipa alla #WhatWeDoForLoveChallenge e alla #FallColorsChallenge del gruppo Facebook Better than Canon.
 
La challenge consiste nel creare una Soulmate!AU, perciò mi rifarò alla 4x7 di The O.C., utilizzando la casella nera con il prompt “ombre”.
 
Parole: 9.354
 
––––––––––––––––––
 
It’s never too late


 
 
« Sandy e Kirsten, Seth e Summer, vi prego ascoltatemi, ripristinate il giusto ordine. » Con queste parole lo straniero aveva lasciato la festa di Natale scortato dalle guardie, mentre Julie, Jimmy, Kirsten, Sandy, Seth e Summer erano rimasti immobili a guardarsi tra loro. Nessuno di loro aveva il coraggio di aprire bocca. Quel discorso aveva colpito tutti nel profondo perché rappresentava quella cruda verità con cui nessuno di loro voleva fare i conti. 
Sandy e Kirsten erano a capo di quella lista.
Lui avrebbe dovuto ammettere di essersi venduto al becero capitalismo di Newport, iniziando a far parte di quello squallido mondo che aveva sempre detestato. Kirsten avrebbe dovuto accettare di aver sposato Jimmy perché, dopo la morte di Marissa, il senso di colpa aveva avuto la meglio su di lei e l’unico modo per metterlo a tacere era fare la cosa giusta: stargli accanto; ma per farlo, sapeva di aver dovuto rinunciare alla propria felicità, all’amore della sua vita e, lentamente, aveva rinunciato anche a se stessa, permettendo al silenzio, alla rabbia e all’angoscia che opprimevano la sua vita di trasformarla nella donna che tutti avevano ribattezzato – Sandy compreso – la Regina di Ghiaccio. 
Lei, invece, aveva un altro modo per definirsi. 
Caleb Nichol.
Nella sua testa suonava più coerente. 
Se si guardava allo specchio vedeva lui, suo padre: lo sguardo duro, stanco, indifferente ad ogni evento; l’intransigenza a lavoro e la costante assenza a casa, proprio come aveva fatto il padre.
Si era buttata sul lavoro a capofitto e così aveva fatto Sandy. Si erano ritrovati infelici, in collera con gli altri, con loro stessi e a vicenda per le persone che erano diventate. 
 
Ora si guardavano, in silenzio. Provavano a resistere alla tentazione, ma i loro sguardi si attraevano. Le parole del ragazzo riecheggiavano ancora nell’aria e nelle loro teste e ignorarle sarebbe diventato sempre più difficile in quel silenzio, mentre i loro occhi indugiavano, cercando di captare i pensieri dell’altro. 
Sandy si chiedeva se anche Kirsten rimpiangeva la sera in cui tutto cambiò, se rivedeva quelle immagini nella sua testa ogni volta che chiudeva gli occhi, perché a lui capitava ancora, senza alcun preavviso, e negli anni si era reso conto che il tempo non cura tutte le ferite, quella, per esempio, era ancora aperta e faceva male. 
Abbassò lo sguardo, portandolo sulle proprie mani e sulla fede che aveva al dito. Quello era stato un altro grande errore, dettato dalla rabbia e dal bisogno di allontanare Kirsten dai suoi pensieri. 
Era stato un contratto che Julie aveva accettato di buon grado. Entrambi sapevano che non si trattava di amore: Sandy aveva bisogno di un trampolino di lancio in politica e la situazione faceva al caso suo, mentre Julie voleva solo un pretesto per ferire Kirsten. A differenza dell’ex marito, lei sapeva che la principessa di Newport aveva un solo, grande amore. Glielo aveva letto negli occhi la prima volta che l’aveva incontrata e aveva continuato a vederlo in tutti gli anni successivi, alle feste, durante i weekend a quattro o semplicemente quando si incrociavano per strada. Era un sentimento potente, anche più del senso di colpa, e non sarebbe bastato di certo l’ anello di Jimmy a spazzarlo via. Ed era proprio su questo che Julie aveva voluto giocare: sapeva che sposando Sandy, le avrebbe fatto provare quello che aveva provato lei fin da bambina. La rabbia per ciò che non aveva avuto e l’invidia verso chi lo aveva.
 
« Era proprio necessario chiamare la polizia? È un ragazzo, forse con qualche disturbo, ma non è pericoloso. » La voce di Sandy ruppe il silenzio, riportando tutti alla realtà. Il tono duro e gli occhi furenti, si rivolgeva a Julie, che sosteneva il suo sguardo e teneva le mani ancorate ai fianchi, in segno di protesta. 
 
« Tu cosa ne sai? » replicò, mordace. 
 
« Sandy Cohen sa sempre tutto » intervenne Jimmy, rivolgendosi a Sandy con fare di sfida. Fece un passo in avanti, dando le spalle a Kirsten, che intanto non era riuscita ad allontanare l’attenzione dall’ex marito. Era chiaro che quell’ultima frase, quel lontano da Kirsten ti perdi il meglio della vita che il ragazzo aveva rivolto a Sandy, l’aveva colpita. Era inevitabile. Solo un cieco avrebbe potuto ignorare il fatto che lei fosse ancora innamorata di Sandy. Anche Jimmy lo sapeva, ma aveva scelto di conviverci, perché, in fondo, quella era la condizione per averl: accettare che non lo avrebbe mai amato, non come amava Sandy Cohen. E in quel momento, quella consapevolezza, lo aveva acceso come la benzina fa col fuoco. Jimmy sentiva la rabbia ardergli dentro, la gelosia consumargli le interiora. Deglutì a fatica e a denti stretti ringhiò: « Quel ragazzo ha fatto irruzione in casa mia, mettendo in discussione il mio matrimonio, la felicità di mia moglie… »  Ma non riuscì a sputare fuori tutto il rancore che voleva riversare su Sandy perché la voce asettica di Kirsten lomise a tacere. 
 
« Volendo essere precisi, Jimmy, quel ragazzo non ha fatto irruzione in casa. Sei stato tu ad invitarlo alla festa, qualche ora fa, o ti sei dimenticato? »
 
Quelle parole lo colpirono in pieno volto, come il più violento degli schiaffi. Doveva difendere Sandy.
Come sempre, del resto. 
Non c’era una sola lite in cui lei non avesse parteggiato per l’ex marito, una sola volta in cui aveva accettato di preferirlo a Sandy. 
In casa non si poteva parlare di Sandy. 
Le questioni di Seth, riguardavano solo loro due, perché erano i genitori, e lui non si doveva intromettere. 
Non importava l’argomento né il contesto, Sandy Cohen avrebbe sempre avuto la meglio su di lui e lei non avrebbe mai permesso il contrario,  perché se anche in pubblico quei due potevano darsi contro allo sfinimento, restavano comunque Sandy e Kirsten, e non ci sarebbe mai stato posto per nessun altro né nel loro amore né nel loro odio.
E Jimmy era stanco, stavolta aveva raggiunto il limite.
 
« Certo » ringhiò, voltandosi verso la moglie. « Figuriamoci se non prendi le sue parti. È troppo difficile per te stare dalla parte di tuo marito, ammettere che ho ragione. In fondo, io non sono Sandy Cohen, giusto? » Le grida avevano sovrastato pesino la musica, attirando l’attenzione di qualche ospite.
 
Kirsten rimase impassibile, almeno dal di fuori, e non rispose, limitandosi a tenere lo sguardo fisso su Jimmy. Tutti li guardavano, curiosi. Guardavano lei, che aveva distrutto un altro matrimonio, e guardavano lui, chiedendosi se avesse finalmente capito la realtà dei fatti. Sguardi miserevoli, pieni di soddisfazione. Kirsten li sentiva addosso, pronti a strangolarla. 
Voleva un bicchiere di… qualcosa.
Vino, vodka… qualsiasi cosa, purché l’alcol la portasse via di lì il più in fretta possibile. 
Non voleva fare i conti con Newport o con se stessa. E tantomeno voleva farlo con Jimmy. Non lo aveva mai visto così fuori di sé: quella era la prima volta che le parlava in quel modo, con quella cattiveria.
Per la prima volta aveva realmente paura di lui, ma non poteva darlo a vedere.
Né Julie né i ragazzi osarono intromettersi, ma Sandy non poté stare zitto. Sul suo viso comparve un ghigno, un misto di incredulità, rabbia e frustrazione. 
 
« Sei ridicolo. » 
 
Jimmy si voltò di scatto verso l’interlocutore, senza avere la possibilità di interromperlo. 
 
« Hai davvero il coraggio di prendertela con lei, di gridarle contro, in questa casa? Ringrazia che Caleb sia morto, perché altrimenti sotto terra, ora, ci saresti tu. » A quelle parole, gli occhi di Kirsten si spalancarono, lasciando trasparire l’incertezza. Avrebbe dovuto intervenire e porre fine a quelli inutile spettacolo, ma l’immagine di Caleb le aveva arso la gola e le parole non riuscivano a venir fuori. In quel momento, però,  i suoi occhi incontrarono quelli di Sandy e lei si sentì nuda. Sapeva che lui la stava scrutando nel profondo, ascoltando i suoi pensieri, e le sue gambe rischiarono di cedere. 
Sapeva che poteva sentire il dolore che il ricordo del padre le stava causando e, se in lui era rimasto qualcosa dell’uomo che aveva avuto accanto per vent’anni, si sarebbe maledetto per averlo tirato in ballo. 
Sandy voleva fare un passo verso di lei, notando l’espressione di irrequietezza apparsa sul suo viso, ma era paralizzato dalla rabbia e dal desiderio di sputare in faccia a Jimmy Cooper e quei pensieri ebbero la meglio: allontanò lo sguardo da quello di Kirsten e si riconcentrò sull’uomo davanti a lui. 
 
« Che cosa vuoi ancora, Jimmy? Non ti basta? Le hai rovinato la vita. Hai sfruttato il suo senso di colpa, la morte di tua figlia, per allontanarla da me. L’hai obbligata a dirigere il Newport Group per pagare i tuoi debiti e non ti sei nemmeno accorto che sono mesi che annega nell’alcol.  È infelice. Esausta della vita a cui tu l’hai costretta. » 
 
Sandy si zittì, cercando di riprendere il controllo della respirazione. La rabbia aveva preso il sopravvento, impedendogli di controllare la bocca. Aveva parlato senza nemmeno rendersene conto e, forse, qualcosa avrebbe preferito non dirla. I suoi occhi corsero di nuovo verso Kirsten, incontrando immediatamente quelli di lei. Mi dispiace, le dicevano. E Kirsten sapeva che Sandy non voleva essere così brutale, non parlando di lei, e sapeva anche che le avrebbe perdonato qualsiasi replica, persino uno schiaffo, ma lei rimase zitta, immobile, con lo sguardo fisso nel suo. Sandy la conosceva meglio di chiunque altro a Newport e altrove, sapeva che ciò che aveva detto era la verità e lei non poteva contestarla, ma proprio perché lui la conosceva così bene, riusciva a leggerle in faccia quanto, in quel momento, lo odiava. 
Non era una bambina. Nessuno aveva il diritto di parlare di lei in quel modo, contestandone le scelte, come se non fosse in grado di farle con coscienza. 
 
« Sei un bastardo. » Jimmy scattò in avanti con l’intento di colpirlo e l’urlo di Julie costrinse tutti i presenti a voltarsi appena in tempo per vedere Sandy cadere terra. La mano di Jimmy restò sospesa a mezz’aria, con le nocche ancora bianche per la stretta. Avrebbero fatto male, dopo, ora l’adrenalima del momento faceva da anestetizzante. 
 
« Dico, sei diventato matto? » tuonò Kirsten, inorridita da quella scena. Guardava Sandy sul pavimento, la guancia che pulsava per il colpo violento e lui che se la teneva. L’unica cosa che desiderava in quel momento era poterlo raccogliere e portarlo via da lì, aiutarlo a far passare il dolore e sentirlo scherzare sul fatto che non sapeva incassare come avevano fatto al ballo delle debuttanti. Ma quella volta le cose sarebbero andate diversamente.
Fece un passo in avanti, allontanandosi dal pilastro per avvicinarsi a lui, che si stava rialzando da solo. « Stai bene? » gli chiese in tono calmo e pacato, posandogli una mano sul viso per valutare l’entità del danno. Sandy annuì e le sorrise, grato di sapere che lei sapesse ancora preoccuparsi così per lui. Le prese la mano, accarezzandola col dorso del pollice mentre l’allontanava, e subito riportò il proprio sguardo su Jimmy. « Meglio di come starà lui quando avrò finito » ringhiò, prima di scagliarsi  contro l’uomo ancora in piedi. 
 
« Per l’amor del cielo, piantatela! Siete ridicoli. Avete quarant’anni e vi state comportando come due ragazzini. » La voce di Kirsten li paralizzò entrambi. Era furiosa e Sandy non dovette nemmeno voltarsi verso di lei per capire che li stava fulminando con gli occhi. Nessuno disse più nulla, limitandosi ad osservare la padrona di casa lasciare la stanza e il marito correrle dietro.
 
« Che casino! » La voce stridula di Summer ruppe il silenzio, attirando su di lei lo sguardo di tutti, specie quelli di Julie e Sandy. Seth, intanto, era rimasto muto, incredulo. Non aveva mai visto il padre così arrabbiato e nemmeno la madre, ma ormai non c’era più nulla di normale nella sua vita, non da quando i suoi si erano separati. E in quel momento neanche la presenza della ragazza di cui era cotto da anni riuscì a distrarlo. Si limitò a guardare il padre, poi Julie e infine la sala gremita di newpsies. Ruotò su se stesso e uscì dalla porta d’ingresso senza dire niente. 
 
« Forse è meglio che vada con lui » osservò Summer, seguendo Seth trotterellando sui suoi tacchi a spillo. 
 
« Vado anch’io. Chiama un taxi per farti riportare a casa » disse Sandy, rivolto verso Julie.
 
« Perché? Tu dove vai? » chiese la donna.
 
Sandy alzò gli occhi al cielo, approcciando l’uscita della casa. « Qualcuno dovrà tirare fuori quel ragazzo dai guai in cui lo hai cacciato. » E con ciò abbandonò l’abitazione che per quasi vent’anni era stata casa sua e di Kirsten, lasciando Julie sugli scalini dell’ingresso. La donna scrollò le spalle: chiaramente gli ultimi eventi non avevano avuto su di lei gli stessi effetti che avevano avuto su Jimmy; d’altronde Julie non aveva mai pensato che sarebbe bastato sposare Sandy per sostituire Kirsten, il loro non era stato un matrimonio dettato dall’amore, ma più una semplice strategia politica e se fosse finito, ora che aveva ottenuto ciò che voleva, non le sarebbe importato granché. Dopo il divorzio, infatti, Sandy si era buttato a capofitto nel lavoro: la collaborazione con la Patrick, Savage and Kane gli aveva spalancato diverse porte e lo scandalo della separazione dalla principessa di Newport gli aveva puntato contro tutti i riflettori; così, l’uomo venuto dal Bronx, l’avvocato degli ultimi, aveva attirato l’attenzione di molti personaggi influenti della realtà di Orange County, che fecero pressioni perché Sandy Cohen entrasse in politica. Né Julie né chiunque altro a Newport potevano credere che avrebbe accettato per davvero di candidarsi a sindaco, solo Kirsten aveva preceduto la sua risposta. Sandy si era progressivamente affossato, rinunciando a tutto ciò a cui teneva, lasciando piccoli pezzi di sé lungo il cammino. Kirsten lo sapeva, perché era esattamente la stessa cosa che stava facendo anche lei, anche se era meno brava a nasconderlo. Quei due, per anni, erano stati un’unica persona. Si erano amati a tal punto da compenetrare l’altro, pervaderlo. Era stato un amore totalizzante, finché la vita coi suoi drammi non si era messa in mezzo, obbligandoli a separarsi brutalmente, e quella rottura aveva, velocemente, distrutto entrambi. O almeno questo era ciò che pensava Julie, ora impegnata a recuperare i suoi effetti personali, così da poter lasciare quella casa. 
 
Borse e giacconi erano, di norma, tenuti tutti insieme in una delle camere al primo piano e  della loro custodia e restituzione si occupavano i camerieri, ma Julie conosceva meglio di qualsiasi altro ospite l’abitazione di Kirsten, perciò si servì da sola. La stanza si trovava a metà del lungo corridoio: solo qualche porta prima di quella dove, qualche anno prima, vi era la camera da letto padronale, poi trasferita al piano di sopra dopo il divorzio. Era buffo che Kirsten modificasse la propria casa seguendo il ritmo dei cambiamenti della sua vita. Quello che, però, Julie ignorava era che ogni modifica fatta in casa le era servita per tenere lontano il ricordo di Sandy e, a giudicare dagli ultimi mesi, la cosa non stava funzionando. C’erano aspetti, eventi, del rapporto di Sandy e Kirsten che sia Julie che Jimmy avevano ignorato per tutto quel tempo e che forse avrebbero continuato ad ignorare. In ogni caso, in quel momento, la moglie del sindaco non era granché interessata alle vicissitudini che intercorrevano tra il marito e la sua ex, l’unica cosa che voleva era trovare il proprio cappotto nella montagna di pellicce e giacche che troneggiava sul letto. 
 
Passarono diversi minuti prima che Julie riuscisse a recuperare quello che le serviva e quando finalmente fu pronta ad uscire dalla stanza adibita ad armadio, si bloccò poco distante dall’uscio, la mano ferma sulla maniglia. Appoggiò l’orecchio alla porta e riconobbe immediatamente il rumore di passi rapidi e la voce di Jimmy che li seguiva. 
 
« Almeno possiamo parlarle? » stava dicendo, sembrava furioso. 
 
Povero Jimmy, sempre l’ultimo a capire le cose – pensò Julie. 
 
« Kirsten! » continuò. 
 
Lei non rispose. Ma Julie udiva chiaramente il rumore dei tacchi della donna oltrepassare la porta dietro la quale stava, subito dopo quelli di Jimmy. 
 
« Non c’è niente di cui parlare, Jimmy. » 
 
« Non c’è nulla di cui parlare? Sandy Cohen ha sputato sul nostro matrimonio senza che tu dicessi una parola, un pazzo è entrato in casa nostra per dire che la nostra vita è completamente sbagliato, ma hai ragione! Non c’ê nulla di cui parlare. Che atteggiamento maturo! » Gridava.
 
« Non ti azzardare ad alzare la voce con me! » Ora era quella di Kirsten, la voce più acuta. Si era girata di scatto, puntandogli il dito contro« Non ti permettere. Sei stato tu a farlo entrare in casa, tu lo hai invitato ed ora scarichi la colpa sugli altri. Sei tu il problema, Jimmy, Ti comporti come un ragazzino. Fai le cose senza pensare alle conseguenze e poi vieni a piangere da me. »
 
« Dovevo prevedere che quel tipo fosse un pazzo scappato da chissà quale manicomio? Ma ti ascolti quando parli? » 
 
« Non è solo per oggi, Jimmy. Non ci arrivi proprio. Tu fai sempre così. Ti cacci in casini che gli altri devono risolvere, perché tu non sai come uscirne. Nessuno ti ha costretto a rubare quattro milioni di dollari, Jimmy; nessuno ti ha costretto a sposare Julie; hai fatto tutto da solo, ti sei rovinato la vita con le tue mani. E io sono stanca di sentirmi in colpa per te. Hai quarant’anni, Jimmy, è tempo che tu smetta di fare il bambino. »
 
Tutto quello che riuscì a sentire Julie dopo quella frase fu il suono sordo di una porta che si chiudeva con violenza e a seguire quello di una serratura. Uscì dalla stanza quasi di soppiatto, sperando di trovare il corridoio vuoto, ma i suoi desideri non vennero esauditi. Davanti a quello che fu lo studio di Sandy, Jimmy stava immobile, con le braccia che gli penzolavano lungo i fianchi. Si voltò solo quando avvertì la presenza di qualcuno alle spalle. 
 
« Julie! » esclamò, gli occhi spalancati in un misto di stupore e imbarazzo. « Immagino tu abbia sentito tutto. » 
 
La donna sorrise, istintivamente, mascherando il disagio che la situazione le provocava. 
« Era inevitabile » osservò « Credo che vi abbiano sentiti fino a Portland. »
 
« Già… » Sul viso di Jimmy si dipinse un sorriso amaro, che risvegliò nell’ex moglie una flebile fiammella di empatia e compassione. In fondo, Jimmy non aveva altra colpa se non quella di essere innamorato da sempre di una donna che non lo avrebbe mai potuto ricambiare. 
 
« Non è stata una grande giornata per i nostri matrimoni » commentò, ironica, dandogli una pacca sulla spalla. 
 
« Per niente » fece da eco lui, rivolgendo lo sguardo verso la porta dietro la quale Kirsten si era nascosta, per bere, senza dubbio. Ormai era diventata un’abitudine, la sua: quando era stressata o quando litigavano, si rinchiudeva dentro quella stanza e buttava giù quanto più alcol poteva. Non c’era modo, per Jimmy, di abbattere quel muro che Kirsten aveva costruito tra loro. All’inizio era qualcosa con cui lui pensava di poter convivere, pensava che col tempo avrebbe ritrovato la ragazza di cui era innamorato, ma ben presto si rese conto che della sua Kirsten era rimasto ben poco e che, forse, la vera lei non l’aveva mai conosciuta. 
Dopo la morte di Marissa, Kirsten gli era rimasta accanto, guardandolo leccarsi le ferite. Julie aveva chiesto il divorzio, lui rischiava il carcere e la sua vita si era trasformata nel girone più nefasto dell’inferno. Si era appoggiato a Kirsten completamente, nella speranza di ritrovare in lei la felicità perduta. 
D’altronde, lei e Sandy non facevano altro che litigare a causa della gelosia di lui, finché una notte la lite era degenerata: l’orgoglio aveva avuto la meglio e Sandy se n’era andato. Da lì il passo per riconquistarla fu breve, specie con il supporto e l’approvazione del suocero. Ma la felicità era durata poco. In città era arrivata la notizia del ritorno di Rebecca Bloom, che da quello che Jimmy aveva sentito, era l’ex storica di Sandy, il suo grande amore prima di Kirsten. Rebecca era rimasta a Newport per qualche mese e Sandy l’aveva aiutata ad uscire da un guaio legale in cui si era cacciata, almeno questo era quello che si diceva in giro. Si vociferava anche che i due fossero tornati insieme, visto che Sandy e Kirsten avevano divorziato ormai da diversi mesi. Quello fu il primo duro colpo che iniziò a frantumarla. Arrivo, poi, la morte di Caleb, e Kirsten fu costretta ad ereditare e tenere in piedi il Newport Group per far fronte ai debiti di Jimmy; Seth aveva iniziato a chiudersi in se stesso sempre di più e ciò aveva contributo ad aggravare la sofferenza della madre. Giorno dopo giorno, Kirsten si era lasciata andare, dedicandosi al lavoro e annegando quello che restava di lei nell’alcol. Agli occhi di tutta Newport, ormai, si era trasformata nel padre: cinica, spietata, interessata solo al profitto e Jimmy aveva capito che non poteva fare niente per riaverla indietro, che se l’amava, se la voleva, quello era l’unico modo in cui poteva averla. E per quasi un anno e mezzo se l’era fatto bastare. Si era fatto andare bene l’indifferenza, il distacco, qualsiasi cosa, pur di tenerla con sé; ma quella sera era davvero arrivato al limite. Stavolta era lui ad essere stanco. Stanco di guardarla osservare l’ex marito di sottecchi; stanco di amare qualcuno che non lo amava e che aveva scelto di stare con lui perché si riteneva la causa delle sue sofferenze. Kirsten aveva sempre pensato che se non lo avesse lasciato, lui non avrebbe mai dovuto fare i conti con la morte di Marissa. Per questo era rimasta con lui dopo quella maledetta sera a Tiquana, per questo aveva rinunciato a Sandy e alla sua felicità. 
Il loro matrimonio si basava sulla pietà.
 
Jimmy si morse il labbro inferiore con rabbia. Aveva gli occhi ancora fissi sull’elegante porta in mogano che lo teneva lontano da Kirsten. 
 
« Jimmy, stai bene? » La voce di Julie lo richiamò alla realtà. 
 
Lui scosse il capo. « Credo che il mio matrimonio sia finito, di nuovo. » Si lasciò scappare una risata isterica, mentre un ghigno di disgusto gli deturpò il viso. 
 
Julie gli prese il volto con una mano, accarezzandogli una guancia col dorso del pollice. « Anche il mio, di nuovo » gli fece da eco, cercando di alleggerire la tensieone. Jimmy sospirò, stringendosi nella carezza della madre delle sue figlie e una parte di lui si ricordò perché aveva sposato Julie tanti anni addietro. 
 
Lei intanto non aveva smesso di sorridergli. Gli fece un cenno col capo indicando l’uscita che si intravedeva tra i pilastri alla fine del corridoio. 
 
« Ci facciamo un drink e brindiamo ad un altro matrimonio fallito? » gli domandò. 
 
Lui annuì, seguendola silenziosamente. 
 
(...) 
 
Nel frattempo Sandy aveva ritirato la denuncia contro il ragazzo ignoto che aveva movimentato la serata e ora, dopo che questi aveva rifiutato il suo invito a cena, stava guidando la propria BMW senza sapere esattamente dove fosse diretto. Di tornare a casa, chiaramente, non se ne parlava. Non quando ancora nelle sue orecchie rimbombava quella frase.
 
Lontano da Kirsten ti perdi il meglio della vita. 
 
Che serata! – si disse Sandy, sterzando il volante per prendere la curva. In sottofondo i Foreigners suonavano What love is, ma lui non stava prestando attenzione alla radio né a nient’altro. La sua mente era ferma ad una notte di marzo di due anni prima, la notte in cui tutto era cambiato. Avevano urlato, si erano gridati contro qualsiasi cosa passare loro per la testa, finché lui non l’aveva accusata di tradirlo. 
 
« Vai a letto con Jimmy? » le aveva chiesto, timoroso di sentire la risposta. 
 
« Ma come ti viene in mente? » Fu la sua risposta. Gli occhi ricolmi di rabbia e delusione. 
 
« Passi con lui ogni momento libero, torni tardi la sera. Non credi che qualche dubbio sia legittimo? »
 
« Sua figlia è morta, Sandy. Sua moglie lo ha lasciato ed è indagato per truffa. È il mio più vecchio amico, ha bisogno di qualcuno su cui contare. » 
 
Sandy distolse lo sguardo. 
 
« È possibile che dopo tutti questi anni ancora non ti fidi di me? » Non gli servì guardarla in faccia per capire quanto fosse ferita. 
 
« Io ti amo, questo lo sai, vero? » Sandy fece un passo verso di lei. « Ma non possiamo continuare così, Kirsten. Non ce la faccio. Ti amo e ti amerò sempre. Ma non ce la faccio a dividerti con lui. »
 
Le mani di Sandy si strinsero con forza attorno alla pelle del volante al ricordo di quella notte, degli occhi di Kirsten, al suono della porta che sbatte. Aveva parlato senza riflettere. Un solo, insignificante momento di rabbia aveva innescato quella follia in cui erano piombate le loro vite. Si erano ritrovati separati, pieni di rabbia e accecati dall’orgoglio; ma a distanza di due anni dalla firma sulle carte del divorzio lui era ancora innamorato di Kirsten ed era certo che anche lei lo amasse ancora. Erano solo troppo orgogliosi, troppo stupidi, per ammettere di avere sbagliato e fare quel maledetto passo indietro. Ma non era troppo tardi; per loro non esisteva un troppo tardi.
Senza pensarci due volte, senza ascoltare la voce nella sua testa che gli diceva di non farlo, Sandy strinse l’apice del volante della sua BMW e fece inversione. Ora sapeva dove andare. 
 
 
 
Parcheggiò l’auto nel vialetto, proprio davanti alla porta, come era solito fare. Per anni lui e Kirsten si erano ripromessi di sgomberare il garage per lasciare spazio alle macchine, ma ogni volta che si decidevano trovavano una scusa per rinviare al mese dopo. A quei tempi sembrava una banalità, ma ora Sandy guardava le luci della villa e si domandava come fosse possibile che qualcosa di così semplice, come discutere della riorganizzazione del garage, potesse mancargli tanto. Sospirò, girando la chiave nel quadro. Subito le luci del BMW si spensero e lo sportello del guidatore si aprì. 
Sandy entrò in casa, venendo risucchiato dall’abbagliante lampadario che illuminava a giorno il soggiorno. Lì un gruppo ristretto di pettegole stava comodamente seduto sul divano sorseggiando champagne dai lunghi flutti, spettegolando senza rimorso di tutti gli invitati che capitavano a tiro. Sandy ne riconobbe qualcuna, ma senza prestarvi particolarmente attenzione; si guardava intorno come per orientarsi, il cuore nel petto sembrava voler scappare da un momento all’altro. 
Di Kirsten non c’era traccia e lui continuò nella sua ricerca spostandosi di stanza in stanza.
 
Nel giardino il ricevimento era andato avanti senza intoppi, come se la discussione che solo un’ora prima aveva attirato l’attenzione di tutti non fosse mai avvenuta. Sui tavoli del buffet ormai non era rimasto quasi nulla e i camerieri avevano smesso di servire tartine di gamberi. Dopo mezzanotte, a Newport, le persone erano in grado di ingerire solo l’alcol. 
Tra una stretta di mano e l’altra, Sandy si era ritrovato al punto di partenza senza essere riuscito ad incrociare Kirsten, così rientrò in casa e si fece strada fino alla cucina per prendere una birra. Le bottiglie erano sempre nello stesso posto, per fortuna. 
 
« Signor sindaco! » 
 
Oh no! – pensò Sandy, prima di voltarsi con un sorriso smagliante, pronto ad incrociare lo sguardo del suo interlocutore. Era diventato bravo nel fingersi interessato a domande banali, persone sgradevoli… e lo aveva fatto con una naturalezza che, a volte, lo ripugnava. 
 
« Mark! » esordì, stringendo la mano all’uomo di mezza età davanti a lui. 
 
Mark Stone era un giornalista. Uno di quelli che preferiresti non incontrare mai: testardo, assillante, sempre in cerca di nuove notizie da sbattere in prima pagina. Qualcuno a cui le conseguenze di ciò che scrive non interessano. Un gran bastando, sintetizzava Sandy. 
 
« Si fa una birra? » chiese l’uomo, indicando con lo sguardo la bottiglia appena aperta che Sandy teneva in mano. 
 
« Un altro bicchiere di Chardonnay e divento matto » scherzò lui, simulando un brindisi. Il giornalista annuì, compiacente. 
 
« Allora » proseguì Sandy « chiedimi quello che devi, così posso tornare ad ignorarti. »
 
« Dritto al punto » ironizò Mark.
 
Sandy abbozzò un sorriso. « Come sempre. »
 
« Bene. » L’uomo prese anche per sé una birra dal frigo e si mise a sedere su uno degli sgabelli attorno all’isola della cucina. Sandy rimase in piedi, continuando a guardarsi intorno, visibilmente infastidito.
 
« Vi siete fatti notare poco fa. »
 
Sandy sbuffò. 
 
« Per la cronaca, chi era quel ragazzo che è stato portato via? »
 
« Non lo sappiamo. Probabilmente si sarà trattato di qualche fanatico. »
 
Mark prese un sorso di birra e inarcò un sopracciglio. « Sembrava sapere parecchio della sua famiglia. »
 
« Come ho detto: si sarà trattato di un fanatico. » Sandy scandì ogni parola, cercando di evidenziare il fastidio che quell’uomo gli provocava. Da buon giornalista Mark era abituato a quel tipo di occhiate e l’esperienza gli aveva insegnato ad ignorarle. Ciò che contava era la notizia. Sempre e solo quella. 
 
« Ma sembra aver centrato il punto. Sbaglio? Cosa ne pensa di quello che ha detto? »
 
« Non credo che questo sia di interesse pubblico. »
 
« A giudicare dagli sguardi curiosi di chi ha assistito, beh… Con tutto il rispetto signor sindaco, ma si sbaglia. » Sul viso di Mark si dipinse un sorriso beffardo, ma Sandy non si lasciò trascinare in quel gioco. Fece spallucce e finì la birra. 
 
« Fortuna che esiste il quinto emendamento. » Stavolta fu Sandy a sorridere. « Ci si vede in giro, Mark. » E così abbandonò la cucina, continuando a rimuginare su quella folle serata. Su quel ragazzo che era comparso dal nulla e nel nulla era sparito. 
 
Poteva uno sconosciuto conoscere così a fondo la sua famiglia? Sapere cose così intime di lui, di Kirsten e perfino di Seth, che non era un gran cantastorie. Chi era? Da dove era venuto? E perché?
Non gli veniva in mente un solo motivo valido per cui un perfetto estraneo potesse essere così interessato a rimettere a posto una famiglia che non conosceva.
Ognuno di voi, col suo comportamento, mi ha salvato la vita.
Che voleva dire? 
C’erano così tante domande su quel ragazzo a cui Sandy avrebbe voluto dare una risposta, ma davanti all'immensa porta in mogano, ricca di ghirigori in rilievo e che celava quello che un tempo era stato il suo studio, tutto svanì. 
Svanì il misterioso ragazzo; svanirono i presenti, le loro facce e le loro voci; sparì tutto. Per un lungo e interminabile secondo, Sandy e quella porta furono circondati solo dal nulla. 
Perché dietro quel pezzo di mogano decorato c’era Kirsten. 
La sua Kirsten. 
Sandy non poteva averne la certezza, ma qualcosa dentro di lui gli suggeriva che sarebbe bastato abbassare quella maniglia e la sua ricerca sarebbe finita. 
Respirò a fondo, incerto sul da farsi. Non aveva un piano. Per la prima volta, Sandy Cohen era bloccato, senza sapere cosa dire o cosa fare. 
Non erano più gli stessi, questo era certo. 
Era passata tanta acqua torbida sotto il ponte del loro amore, tanti silenzi, tanta indifferenza e lui non sapeva se Kirsten era pronta a fare quel passo indietro d cancellare gli ultimi due anni. 
Sentiva la bocca inaridirsi e i polmoni annaspare per l’aria. Chiuse gli occhi per un istante e portò la mano sulla maniglia, abbassandola con un gesto secco. 
Non è troppo tardi per noi. Non è tardi. – si ripetè, varcando la soglia della stanza cupa. 
La prima cosa che notò entrando fu che il mobilio era rimasto invariato; Kirsten aveva sempre odiato il suo ufficio e Sandy aveva perso il conto di quante volte, durante il loro matrimonio, gli aveva chiesto – quasi supplicandolo – di svecchiarlo e aggiungere un po’ di colore. Eppure, a distanza di due anni dal loro divorzio, in quella stanza nulla era cambiato. Le pareti erano ancora scure, cupe, per via di quel vinaccia che a lui faceva impazzire. Le librerie con i vetri al posto delle ante erano ancora zeppe di libri di diritto e l’enorme scrivania non aveva smesso di occupare gran parte della stanza. 
Era ancora il suo studio.
E no, non era tardi. Ora ne aveva la certezza.
Sandy non riuscì a non sorridere quando, continuando a percorrere l’ambiente con lo sguardo, individuò Kirsten. 
Era sdraiata sul divanetto in pelle, con le gambe accavallate e la testa rigida sul bracciolo. Il vestito si era spiegazzato un poco e i capelli non erano più perfetti come quando l’aveva salutata, ma era comunque bellissima, mentre si perdeva con lo sguardo fuori dalla finestra e giocherellava con il suo bicchiere di scotch. 
 
« Da quando ti dai ai superalcolici? » la interruppe, avvicinandosi a lei. Avrebbe voluto sorridere di più, dire qualcosa di più, ma gli occhi erano fissi sul bicchiere. 
 
Kirsten si voltò di scatto, spaventata dalla voce che aveva sentito. Era convinta di essere sola e di potersi crogiolare nel suo dolore senza testimoni, ma soprattutto non si aspettava che a disturbare la sua commiserazione fosse proprio lui. 
 
« Sandy! » esclamò, abbassando il bicchiere per cercare di nasconderlo. « Che ci fai qui? Credevo fossi andato via. »
 
Lui le sorrise. « Sono andato a far rilasciare quel povero ragazzo. È Natale. Nessun innocente dovrebbe passarlo in cella. » 
 
« Già » biascicò lei, ripensando al giovane che aveva movimentato il suo party. 
 
« Stai bene? » Sandy si avvicinò ancora, lasciandosi scivolare tra i piedi della scrivania e il divano, sedendosi così sulla moquette nera. 
 
« Guarda che posso farti spazio » scherzò Kirsten, accennando al fatto che se avesse voluto sedersi sul divano, avrebbe potuto farlo, ma lui scosse il capo. 
 
« Sto bene qui! » chiosò, allentando il nodo alla cravatta. « Che delirio oggi, eh? Ti aspettavi che sarebbe andata a finire così? »
 
« Con tua moglie che si fa sfilare il tanga nel mio bagno e uno sconosciuto che mette in discussione tutta la nostra vita, causando una rissa e venendo arrestato? Decisamente no! » Kirsten scoppiò a ridere, ma nella sua risata non c’era nulla di allegro. Era arrabbiata, distrutta da quella serata, ma soprattutto Sandy sentiva che era stanca, perché quel ragazzo le aveva sbattuto in faccia la   dura verità con una naturalezza disarmante, come se la realtà dei fatti fosse così evidente e lei fosse l’unica stupida a non vederla. Aveva dipinto per lei l’inferno della sua vita: era intrappolata in un matrimonio senza amore,  costretta ad un lavoro che odiava e prigioniera di una città che da lei pretendeva troppo. 
La vita da cui aveva tentato di scappare a vent’anni era diventata la sua quotidianità e non c’era da stupirsi se ora vedeva l’alcol come l’unica via di fuga.
E non era difficile immaginare che avrebbe voluto gridare che non aveva bisogno di alcun disegnino,  conosceva il suo inferno personale.
Lo conosceva benissimo. 
 
Sandy stava seduto sul pavimento con una gamba distesa e l’altra piegata davanti al petto, sulla quale si reggeva il braccio penzolante. Non aveva staccato gli occhi da Kirsten neanche per un istante da quando aveva varcato la soglia di quella stanza e per la prima volta, dopo mesi di indifferenza e rancore, poteva vederla priva di ogni barriera. Aveva il viso stanco, incupito, scavato da quegli anni di ansia e tristezza. I suoi occhi guardavano freneticamente il bicchiere che cercava di tenere nascosto tra il suo corpo e la spalliera del divano. Un gesto che a Sandy parve inutile perché entrambi sapevano che era lì, pronto ad essere svuotato ancora e per l’ennesima volta, ma comprendeva che una parte di lei – quella più orgogliosa e ostinata – si vergognava a farlo davanti a lui. 
E non doveva. Sandy avrebbe voluto dirglielo. 
Non ti serve fingere, non con me
Avrebbe voluto dirglielo non solo quella sera, ma un milione di alte sere da quando avevano firmato quelle maledette carte del divorzio. Invece l’aveva osservata diventare l’ombra di se stessa: aveva abbandonato tutto ciò in cui credeva, tutto ciò che voleva, per vestire i panni della perfetta e spietata donna d’affari, intoccabile e inarrivabile, che tutta Newport aveva imparato a conoscere e temere negli ultimi due anni. 
Stavolta, però, lui era lì davanti a lei e poteva cercare di ritrovare in quello sguardo torbido, la luce della sua Kirsten. Almeno un tentativo lo doveva fare, per entrambi. 
Così sorrise, reclinando il capo fino a toccare il bordo della scrivania. 
 
« Passami il bicchiere » disse, guardando di sottecchi il divano davanti a lui. 
 
Kirsten esitò un momento, stringendo le dita attorno al vetro, tiepido per via del contatto con il suo corpo. Rigida, provò a replicare, ma Sandy non gliene diede l’occasione, fingendo di non notare il suo atteggiamento difensivo. 
 
« Non ce ne sono altri. » Indicò con l’indice il vassoio che adornava il tavolino in vetro accanto a loro, su cui, solitaria, svettava una bottiglia piena a metà di scotch invecchiato. « E non sei l’unica che vuole bere stasera. »
 
Lei accennò un sorriso e gli porse gli ultimi due sorsi di scotch che lui accolse di buon grado. Si portò il bicchiere davanti al volto, facendo roteare il liquido arancione.
 
« Sono vent’anni che organizzi queste feste e ancora ti ostini a non vedere che non ne viene fuori mai nulla di buono. »
 
« Scusa? » Kirsten sollevò leggermente la testa dal bracciolo del divano, arquando un sopracciglio con fare perplesso e anche se il tono lasciava credere che si fosse offesa, le sue labbra si distesero in un sorriso canzonatorio che fece scoppiare Sandy a ridere talmente forte che quasi rovesciò il bicchiere sul pavimento.
 
« Oh, andiamo! » farfugliò tra una risata e l’altra « Dimmi una volta in cui una festa organizzata in questa casa non sia finita col far notizia.  » 
 
Lei finse di pensarci per un momento, rimanendo sospesa sugli avambracci. Cosa che continuò a divertire Sandy. 
 
« Puoi rimuginare quanto vuoi, non ne troverai neanche una » la incalzò, cavalcando la sua esitazione. « Ora che ci penso, neanche il Bar Mitzvah di Seth è stato immune dagli scandali. »
 
« Col senno di poi non fu una grande idea mettere mio padre e tua madre nello stesso tavolo » osservò lei, ripensando allo spettacolo di dubbio gusto che Sophie e Caleb misero in piedi ancora prima che si arrivasse al dessert. Ricordava di star ballando con Seth, ancora imbronciato perché Summer Roberts non aveva accettato l’invito, quando sentì la voce del padre tuonare per tutta la sala seguita da quella della suocera che rispondeva a tono. Litigavo, come al solito, per una qualche, stupida divergenza politica, ma l’impatto sugli ospiti fu devastante. Kirsten ricordava di essersi girata rapidamente: attorno al tavolo si era radunata una folla di curiosi come per una rissa al liceo. Lei prese in braccio Seth, mentre Sandy intervenne mettendo i due litiganti a tacere. 
Fu un disastro. Un terribile e imbarazzante disastro su cui quella stessa notte lei e Sandy risero insieme, subito dopo aver messo a letto Seth. 
E quella era una delle cose del loro rapporto di cui Kirsten sentiva maggiormente la mancanza. Sandy riusciva ad allontanare le sue paure, le sue insicurezze, con un semplice commento; non c’era situazione a cui lui non sapesse porre rimedio con una battuta e quando non riusciva a tirarla su, resv al suo fianco, tenendola stretta a sé, finché il maltempo nel suo cuore non passava.
 
« Una parte di me continua a desiderare di non averli interrotti. L’avrebbero finita a lanciarsi la torta. Ti immagini le pagine dei giornali? » Sandy scoppiò a ridere al solo pensiero, ridestando Kirsten dai suoi. Si mise in piedi, portando con sé il bicchiere e si andò a sedere accanto a lei, sul divanetto. Kirsten istintivamente spostò le gambe, mettendosi seduta per fargli posto. 
Era la prima volta dopo tanti mesi che lo aveva così pericolosamente vicino. 
Sandy sembrava stanco: aveva gli occhi lucidi e i capelli disordinati. L’ultimo anno aveva lasciato sul suo viso dei marchi indelebili; segni di come la sua vita lo stesse logorando. 
Lavorare all’ufficio del sindaco non era mai stato il suo sogno, a lui non importava la gloria; Sandy Cohen voleva solo migliorare il mondo, senza alcun secondo fine. E Newport… Newport sì che andrebbe migliorata. Solo che nemmeno lui può riuscire in un’impresa simile. – pensò Kirsten, guardandolo prendere un sorso di scotch.
 
Sandy poggiò il bicchiere sulla propria gamba, tenendolo saldo. Sentiva lo sguardo di lei addosso e aveva paura a voltarsi e incontrarlo.  Se si concentrava poteva avvertire il suo profumo, sentirlo sulla pelle, fin dentro le ossa. Era lo stesso che per vent’anni lo aveva cullato e fatto sentire a casa e anche in quel momento riusciva a trasmettergli le stesse emozioni. Sapeva che se avesse alzato lo sguardo, se avesse incontrato i suoi occhi, il desiderio avrebbe avuto la meglio su di lui: le avrebbe spostato quella ciocca disordinata dietro l’orecchio e ne avrebbe approfittato per accarezzarle la guancia, come faceva sempre. Avrebbero chiuso lentamente gli occhi, si sarebbero avvicinati e l’inevitabile sarebbe successo. Ma era troppo presto, c’erano ancora tante cose che dovevano dirsi e Sandy non voleva sprecare quell’occasione.
Così tenne lo sguardo basso mentre le luci calde del lampadario in cristallo rischiaravano le superfici scure dei mobili in legno e le pareti vinaccia, velando la stanza di una maschera aranciata. Fuori dalla porta si udivano i cicalecci e le risate degli ospiti, chiaramente disinteressati a lasciare l’abitazione. Si sentivano, in sottofondo, anche il fruscio dei passi e dell’argenteria che veniva spostata dai camerieri. Oltre quelle pareti il mondo stava andando avanti, secondo dopo secondo, senza voltarsi indietro, mentre loro due erano bloccati lì, su quel divanetto, incerti se guardarsi negli occhi. 
E a Sandy non sfuggì l’ironia del momento. 
Invece Kirsten non prestava attenzione a nulla se non a lui; voleva solo sfiorargli il viso, obbligarlo a voltarsi, ma leggeva in quello sguardo fisso la riluttante all’idea di farlo. Condividevano gli stessi pensieri, anche se non lo riuscivano a capire. Sapeva che se quegli occhi blu l’avessero guardata come solo loro sapevano fare, nulla di ciò che era caduto tra di loro avrebbe più avuto importanza, i muri sarebbero caduti e quei sentimenti sepolti sarebbero riaffiorati come un battito d’ali.
La voce di Sandy, però, spezzo il silenzio.
 
« Ti manca, non è vero? » chiese, reclinando il capo all’indietro e chiudendo gli occhi. « Caleb, intendo. » 
 
Kirsten teneva lo sguardo fisso sulle proprie mani, che si torturavano l’un l’altra sul grembo. Era un vizio, quello, che era subentrato dopo il divorzio: per anni aveva scacciato i brutti pensieri giocherellando con il solitario di Sandy e dopo che lo aveva tolto, non era riuscita a fare lo stesso con la fede di Jimmy. 
 
« Ogni giorno » rispose « Quando arrivo in ufficio una parte di me continua a sperare di trovarlo lì a gridare contro qualcuno al telefono. » Sul viso di fece strada un sorriso amaro. « Non so cosa darei per sentirlo puntare i piedi e rimproverarmi. »
 
« Kiki, sei in ritardo! » Sandy provò ad imitare la voce di Caleb, riuscendo a farla ridere. Dopo vent’anni passati a gridarsi contro da un lato all’altro del tavolo, non aveva grandi difficoltà a riprodurre fedelmente i commenti taglienti del suocero, ma non avrebbe mai immaginato che un giorno saperlo fare gli sarebbe tornato così utile. 
Gli costava ammetterlo, ma Caleb mancava anche a lui. Dopo il divorzio, loro due avevano continuato a vedersi di tanto in tanto, soprattutto per le necessità legali di Caleb, poiché nei mesi antecedenti alla sua morte si era ritrovato intrappolato in una rete soffocante di problemi economici e giudiziari, e non sapendo da chi andare (o di chi altro fidarsi)  alla fine aveva deciso di mettere da parte l’orgoglio e bussare alla porta di Sandy per chiedere aiuto. E lui non aveva saputo dirgli di no. 
 
« Caleb, che ci fai qui? » gli aveva detto, vedendolo in piedi sull’uscio della porta di casa. Era nascosto in un ampio parcha nero e si guardava intorno come se avesse paura che qualcuno lo stesse spiando. 
 
« Sandy, possiamo parlare? » E così si era fatto da parte, facendolo passare. Si sedettero sul divano, davanti ad un bicchiere di whisky – abitudine che Sandy aveva acquisito guardando lui. 
 
« Kirsten sa che sei qui? » Una domanda secca, semplice, di cui Sandy conosceva già la risposta. 
 
Prevedibilmente Caleb scosse il capo, sospirando ferreo: « No. E non lo dovrà mai sapere, Sandy. Quello che sto per dirti dovrà rimanere tra di noi. » 
 
Così, senza neanche aspettare che lui acconsentisse a quel patto omertoso, Caleb iniziò il suo racconto, tra investimenti sbagliati, conti prosciugati, accuse di corruzione e, soprattutto, una figlia illegittima. 
 
« Sei diventato pazzo? » Sandy balzò in piedi, sbraitando. « Non puoi chiedermi di nascondere a Kirsten una cosa del genere. Hai tradito sua madre, ha una sorella di cui non sa nulla. Hai una vaga idea di come si sentirà quando lo scoprirà? »
 
« Secondo te perché non voglio che lo scopra, Sandman? So bene come reagirà, perciò tu non le dovrai dire una parola. » 
 
Non che potesse farlo, pensò Sandy, tenendo gli occhi fissi in quelli del suo ex suocero. Lui e Kirsten parlavano appena da quando avevano divorziato e, certo, quello non era un argomento che poteva uscire fuori durante qualche scambio di convenevoli. Poco importava, però, Kirsten avrebbe dovuto sapere: meritava la verità. Caleb lo doveva a lei e al ricordo di Rose. 
 
Sandy scosse il capo. « Da me non lo saprà, ma da te sì » gli intimò col tono duro di chi non ammetteva repliche. 
 
« Non accadrà mai » replicò Caleb, con lo stesso tono, ma non era lui a poter dettare le regole quella volta ed entrambi lo sapevano. 
 
Sandy poggiò il bicchiere sul tavolino davanti al divano. « Bene » disse « Come vuoi, ma ti cercherai un altro avvocato. Non ti aiuterò a distruggere tua figlia. Hai passato tutta la vita a scaricarle addosso i tuoi problemi, le tue mancanze… Non lo farai anche stavolta. Se questo caso dovesse venir fuori, se la notizia di questa ragazzina arrivasse alle orecchie della brava gente di questa città, cosa pensi che succederà? Kirsten ne uscirà distrutta e quella sottospecie di fantoccio di genero che tanto hai desiderato per lei non sarà in grado di muovere un dito per starle accanto e proteggerla. Perciò, se vuoi che ti aiuti, tu prima dovrai raccontarle tutto, prepararla. Altrimenti, Caleb, io e te non abbiamo più nulla da dirci. »
 
L’eco di quelle parole risuonava ancora adesso nella testa di Sandy, che, in silenzio, guardava la schiena scoperta di Kirsten. Sapeva che Caleb le raccontò tutto il giorno dopo la loro chiacchierata, per questo aveva deciso di aiutarlo; ma una parte di lui aveva trascorso quei giorni in attesa che il telefono squillasse. Ogni volta alzava la cornetta e aspettava di sentire la sua voce delicata che lo chiamava per nome, cercando in lui quel conforto che le serviva per affrontare la tormenta che l’aveva investita. Quella telefonata, però, non arrivò mai: non una parola o un cenno che gli facesse capire che aveva bisogno di lui e allora Sandy capì che, forse, lei non aveva bisogno di lui quanto lui ne aveva di lei. Era andata avanti, con Jimmy. E doveva accettarlo, in fondo era stato lui a spingerla tra le braccia di un altro. 
 
« Non gli ho rivolto la parola per mesi, dopo… lo sai. » La voce di Kirsten lo richiamò alla realtà e, subito, con un gesto fluido, si rimise dritto. Le poggiò una mano sulla spalla per offrirle conforto e quel contatto ebbe su entrambi l’effetto di una scarica di corrente violentissima. 
 
« Lo so » le mormorò a pochi centimetri dall’orecchio, mentre la mano abbandonavano la spalla per scendere lungo la schiena. 
 
Kirsten trattenne il respiro finché non sentì le sue dita fermarsi dove la pelle nuda cedeva il posto alla stoffa vellutata dell’abito. 
 
Non ricordava l’ultima volta in cui si erano ritrovati così vicini, senza nessuno a guardarli. Era una sensazione strana, che la metteva a disagio. L’idea di non sapere cosa poter dire o fare in presenza di Sandy le impediva di pensare e l’unica cosa che, in quel momento, riusciva ad avere un senso per lei era il bisogno di chiedergli perché. 
Perché era dovuto capitare proprio a loro? Perché avevano permesso che capitasse? Perché era così difficile lasciarsi andare? 
In un attimo ogni suo pensiero svanì quando sentì le labbra di lui premere contro la sua spalla. Kirsten chiuse gli occhi. 
La pelle fremeva a contatto con la bocca di Sandy e vent’anni riaffiorarono in un istante. 
Si rivedeva stretta a lui negli anni di Berkeley, quando la loro casa era un furgone postale e il loro letto un materasso sul pavimento. Non c’era mai stato posto più bello per lei. Quel furgoncino aveva scoprano in silenzio tutti i loro progetti per il futuro, i sogni e le aspirazioni di entrambi. Li aveva visti tornare fradici dalle loro passeggiate notturne che finivano puntualmente o in spiaggia o sotto l’acqua. Erano i ricordi più felici che aveva, quelli con Sandy ed ora stavano ritornando tutti a galla per colpirla alla stomaco. 
Aveva fallito in ogni modo in cui un essere umano potesse farlo.
Era una vigliacca. 
Avrebbe dovuto avere la forza di guardare in faccia l’uomo che amava e dirgli che non si sentiva così viva da anni, ormai; che nessuna notte con Jimmy valeva quel singolo bacio con lui. Nessuna vita con Jimmy sarebbe valso un solo loro giorno. 
Avrebbe voluto prendergli il viso tra le mani e baciarlo appassionatamente, come facevano al college, come avevano fatto per anni in quelle stesse mura; avrebbe voluto passare le dita tra i suoi capelli e stringersi a lui, ritrovando quella forza e quella sicurezza che solo sui sapeva farle scoprire. 
Tuttavia, rimase ferma. 
Sussurrò il suo nome con un filo di voce, sperando che lui la sentisse lo stesso. I suoi occhi lo cercavano e tremavano, disperati, affannati, e Sandy non ebbe bisogno di alcuna parola. Capì subito cosa voleva dirgli quello sguardo.
Avvicinò le labbra al suo coccolo e sorrise, posandovi sopra un bacio. Lo risalì lentamente, sfiorando tutti i punti più sensibili, fino al mento. In quel momento lei si voltò a guardarlo e Sandy poté finalmente assaporare la sua bocca. Le passò una mano tra i capelli e chiuse gli occhi, riscoprendo i sapori familiari dei loro baci, il profumo dei suoi capelli e la loro morbidezza. 
Continuarono quella lenta riscoperta assecondando i tempi dell’altro. Con calma, senza fretta. Si strinsero l’uno all’altra fino a crollare completamente sul divanetto. Kirsten, sopra di lui, si lasciò sfilare l’abito che presto venne raggiunto sul pavimento dai vestiti di Sandy. Un mucchio disordinato di stoffa di diverso colore che si faceva sempre più imponente ai piedi del divanetto, mentre sulla pelle rifiorirono i segni della loro passione, dei baci, dei morsi, dei graffi. 
 
...
 
Nessuno dei due osò proferire parola per paura di disturbare quel momento. Rimasero ad ascoltare i battiti disperati che riecheggiavano nei loro petti e i respiri accelerati farsi via via più tranquilli, fino a calmarsi del tutto. 
Supino, Sandy sorreggeva il corpo di Kirsten che si rilassava su di lui. L’ascoltava respirare e sorrideva al soffitto. 
 
« Mmh. Dici che qualcuno ci starà cercando? » un mormorio sfuggì dalla bocca di Kirsten che si rigirava tra le braccia di Sandy. 
 
« Ha importanza? » replicò lui passandole una mano sul viso. 
 
Lei arricciò il naso e sorrise. « No » Le sue iridi avevano ritrovato la loro consueta luce e Sandy non poté resistere alla tentazione di baciarla ancora, stringendola a sé. 
 
« Ti amo » le mormorò all’orecchio, poi raccolse la sua mano sinistra, abbandonata a metà del petto e se la portò alle labbra. Avvertì un tremito nel cuore di Kirsten, come del resto sentiva lui, e sorrise. Baciò la punta di ogni dito, coprendo per qualche istante le unghie adornate di un sottile strato di smalto trasparente. Tenne gli occhi fissi su quella piccola mano, che stretta nella sua sembrava ancora più piccola. Ne ammirava la forma aggraziata, la compostezza, ma qualcosa di quell’immagine lo infastidiva; si trattava di un piccolo cerchio spesso qualche millimetro, fatto d’oro e sicuramente inciso nella parte interna, che circondava perfettamente l’anulare di Kirsten. 
Un promemoria, pensava Sandy, che per un istante - interminabile agli occhi di lei - rimase in silenzio a fissare quella fede con le labbra ancora poggiate sulla punta del dito. 
Anche lui ne aveva una, avrebbe potuto controbattere Kirsten, l’aveva messa poco dopo di lei e non se l’era più tolta, come era giusto che fosse. 
Erano sposati con altre persone, legati ad altre persone e quelle fedi ne erano il simbolo incancellabile. 
Ma Kirsten ignorava il fatto che la fede che lui portava al dito era vecchia di vent’anni. Aveva fatto da Newport a Berkeley e poi di nuovo a Newport nel corso di quei vent’anni. Aveva vissuto con loro in un piccolo firgone postale e c’era già quando il piccolo Seth emise il suo primo fiato. C’era stata il giorno del divorzio e ancora nei mesi futuri, prima e dopo il matrimonio con Julie. 
Aveva permesso a Kirsten di andare avanti, anche se l’amava ancora e nonostante sapesse che lei lo amava ancora. Era giusto così. Ma al dito aveva conservato il ricordo di quell’amore che per anni lo aveva alimentato. Era certo che amare qualcuno per davvero significasse proprio quello, esservi ancora legato quando la poesia spariva, quando di bello restava solo il ricordo. Lui avrebbe voluto poter andare avanti, essere felice, ma non ci riusciva. Ogni volta che pensava di sfilare quella fede, uscire con qualche donna o semplicemente provare ad innamorarsi realmenre di Julie, sentiva di tradire Kirsten. Così aveva smesso di provarci. 
 
« Che c’è » Kirsten provò a ridestarlo dal suo silenzio, poggiando la mano libera sul suo viso, ma Sandy non rispose. Schiuse le labbra e avvolse l’anulare ancora vicino a lui, afferrò la fede con i denti e la sfilò piano, conservandola in quella stretta solo per poterla sputare il più lontano possibile da loro due. 
Kirsten rimase impietrita. La mano ancora ferma tra le dita di Sandy prese a tremare. Non per la paura, quanto più per lo stupore, l’incredulità. Era stata sposata con quell’uomo per quasi vent’anni e mai lo aveva visto agire in preda ad una gelosia così cruda. 
Spostò lo sguardo su quel piccolo cerchio che ancora rotolava su se stesso in cerca di un ostacolo che lo fermasse. Sfumava così l’ultimo anno e mezzo della sua vita, in una lenta corsa verso un qualche angolo buio di quella stanza per essere presto dimenticato. 
Era destino.
Nessun’altra spiegazione a quella situazione aveva senso per lei. Per quanto ci provasse, per quanto provasse a sfuggire dai suoi sentimenti per quell’uomo, si ritrovava sempre tra le sue braccia e niente che non fosse stato voluto fortemente da qualcosa di più grande poteva resistere ad una tormenta simile come aveva fatto il loro amore. 
Kirsten riportò lo sguardo su Sandy, con un dito gli sistemò qualche ciocca ribelle che il sudore aveva appiccicato alla fronte e si chinò su di lui per baciarlo. 
« Resti qui? » gli chiese, poggiando il viso sul suo petto. 
« Non vado da nessuna parte » replicò prontamente lui, portando due dita sotto al suo mento per forzare il contatto visivo tra loro. « Te lo prometto. » 
 
 
   
 
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