Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: devilnevercry451    10/05/2021    0 recensioni
Amavo giocare con le bambole insieme alle bambine quando facevo l’asilo, tutti pensavano che scherzassi ,ma a me piaceva davvero vestirle e pettinarle. Mi guardavo allo specchio per ore molte volte e nonostante non notassi nulla di diverso dagli altri ragazzini della mia età, sapevo che non ero come loro, che avevo qualcosa di sbagliato. Ma allora ero troppo ingenuo per capire che non ero io quello “sbagliato”.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi sono sempre dovuto nascondere. All’inizio lo facevo anche da me stesso, perché non riuscivo a capire come fosse possibile essere diverso da tutti gli altri. Eppure sono sempre stato così, fin da quando ne ho ricordi. Amavo giocare con le bambole insieme alle bambine quando facevo l’asilo, tutti pensavano che scherzassi ,ma a me piaceva davvero vestirle e pettinarle. Mi guardavo allo specchio per ore molte volte e nonostante non notassi nulla di diverso dagli altri ragazzini della mia età, sapevo che non ero come loro, che avevo qualcosa di sbagliato. Ma allora ero troppo ingenuo per capire che non ero io quello “sbagliato”. Ho iniziato veramente a prendere coscienza di me stesso durante la pubertà, precisamente alle superiori , quando per la prima volta ho provato attrazione per qualcuno. Ho dovuto nascondere anche quello, perché avevo paura, paura di essere etichettato con uno di quegli insulti che i miei amici usavano per i ragazzi che disprezzavano. Cercavo di essere il più attento possibile per non tradirmi, ogni passo falso sarebbe stata la fine. Però più andavo avanti, più era difficile , perché non potevo essere me stesso, al contrario di tutti. Li invidiavo da morire quei bastardi. Potevano fare quello che volevano senza aver paura delle conseguenze perché loro erano nel “giusto” mentre io dovevo restare ad osservarli, muto. Odiavo quella situazione e quell’ambiente, soprattutto in casa che era il posto peggiore, a parere mio. Mio padre poi era la persona con cui avevo meno confidenza e di cui avevo più timore. Mi ricordo, come se fosse ieri, il momento in cui, vedendo due uomini tenersi per mano, ha iniziato ad urlare davanti alla tv insultandoli, chiamandoli froci. Volevo morire. Sono corso subito in camera a piangere, continuando a chiedermi dove avessi sbagliato e perché ero così. Io non potevo farci nulla, ero così e non potevo cambiare.  Mio padre sosteneva che i gay erano persone malate e che se avessero continuato ad esistere avrebbero portato all’estinzione della specie. Mi viene da ridere ripensandoci. È buffo come le persone trovino facile giudicare quando non sono loro ad essere messe sotto processo e come dicano facilmente una marea di cazzate solo per dare fiato alla bocca. C’è stato un momento in cui ho anche seriamente pensato di suicidarmi, è stato proprio dopo che i miei amici avevano scoperto le mie tendenze “malate”. Hanno subito iniziato ad insultarmi, allontanandomi con aria schifata, come se fossi qualcosa di orribile e infetto che gli potesse nuocere. Gay di merda. Frocio. Finocchio. Erano questi gli insulti più gettonati che mi hanno rivolto tutti da quel momento in poi, ovunque mi incontrassero. Ero diventato un emarginato, mi picchiavano nei bagni, mi facevano bere l’acqua del gabinetto, mi facevano lo sgambetto per i corridoi della scuola, oppure mi spingevano giù dalle scale. Tutto questo come se non fossimo mai stati amici e, logicamente, senza farlo sapere ai miei genitori che, altrimenti, avrebbero iniziato a fare domande. È stata mia sorella l’unico spiraglio di luce in questo mare scuro e profondo. Mi ha trovato un pomeriggio, in bagno, con in mano una lametta, dentro la vasca, ero pronto a tagliarmi le vene e, se non mi avesse fermato in tempo, probabilmente ora sarei sotto qualche metro di terra senza aver mai scoperto le bellezze della vita, ed è per questo che le devo tutto. All’inizio è stato difficile spiegarle il motivo del mio gesto, non sapevo se potevo confidarmi per paura di essere giudicato anche da lei, poi sono scoppiato a piangere e le ho raccontato ogni cosa. Con mia sorpresa si è messa a piangere abbracciandomi, quando ha scoperto quello che mi facevano a scuola e continuava a chiedermi perché non le avessi parlato prima di quello che mi succedeva. Solo dopo quel pomeriggio, finalmente, ho iniziato a capire che il mondo non è fatto solo di persone che disprezzano, ma che ce ne sono anche molte altre che invece accettano gli altri per come sono, senza giudicare. Da quel momento la mia vita ha cominciato a prendere una piega diversa, migliore. Con il passare del tempo sia le mie ferite emotive che fisiche iniziavano a rimarginarsi. Adesso avevo una persona con cui parlare liberamente dei miei sentimenti e di quello che realmente mi accadeva. Ho iniziato a disegnare, era un altro buon modo di sfogarmi che, lentamente, mi ha portato a comprendere che cosa mi appassionava davvero. Per volere di mio padre ho sempre dovuto giocare in una squadra di calcio, ma non sono mai stato bravo, lui diceva che quello era il vero passatempo degli uomini, oppure in alternativa c'era il rugby. Si sbagliava. L’unica cosa che mi permetteva di staccare il cervello era posare la matita su un foglio e tracciare le basi per un nuovo disegno, un pezzo della mia anima. Ho deciso di andarmene di casa subito dopo il diploma per studiare all’accademia, contro la volontà dei miei genitori ovviamente, ed è stato li che ho cominciato davvero a capire cosa volesse dire vivere. Era una serata nel locale della facoltà. È bastato un secondo, un solo sguardo, per farmi pensare che la terra avesse smesso di girare e che la gravità funzionasse nel modo sbagliato. Non sapevo come reagire. Lui era lì al bancone che mi fissava, immobile, attraversato dalle mie stesse sensazioni e senza che me ne rendessi conto abbiamo iniziato a parlare, pendendo uno dalle labbra dell’altro. La nostra relazione è iniziata quella sera, quasi per caso, mentre tra una parola e l’altra ci scambiavano sguardi fugaci e, poco dopo, baci innocenti, in un corridoio scuro, estraniati dal mondo intero. A volte la vita è davvero strana e le cose belle ti capitano quando meno te le aspetti. Sono riuscito a nascondere la mia relazione per ben due anni ai miei genitori, ma, alla fine, ho dovuto affrontarli, o meglio affrontare mio padre. Mi sono presentato a casa loro, un pomeriggio di dicembre. Faceva molto freddo, ma ero troppo teso per sentirlo e l’unica cosa a cui prestavo attenzione erano i miei pensieri. Continuavo a passare davanti al loro portone e solo dopo un’ora buona mi decisi a salire. Le gambe smisero di tremare appena varcai la soglia ma il sangue mi si gelò nelle vene alla vista di mio padre, seduto sul divano, intento a guardare la tv. Ancora non riesco a credere di averlo fatto. Sono andato da lui a passo sicuro e, dopo aver spento il televisore, senza il suo permesso mi ci sono piazzato davanti, fissandolo con la gola secca. È bastato un secondo, due singole parole e la sua faccia ha perso colore. L’ho osservato per un istante, che a me è sembrato un’eternità, prima di vederlo venire verso di me e sentirmi scuotere in malo modo, per le spalle, mentre mi chiedeva se stessi scherzando. In quel momento tutta la rabbia che da anni stagnava dentro di me è venuta fuori. Ci siamo urlati addosso, mentre mia madre piangeva in cucina, e io finalmente sono riuscito a dirgli tutto quello che gli ho sempre tenuto nascosto, a causa della sua mentalità del cazzo. Sono uscito da quella casa dopo un’ora, sbattendo la porta e, facendo le scale, mi sono messo a ridere talmente forte da dovermi sedere sui gradini per riprendermi. Finalmente, dopo tanto tempo, mi sentivo il corpo leggero. Ero euforico e incredulo allo stesso tempo. Ci ero riuscito, dannazione, e non mi importava di nient’altro. Sono uscito correndo dal palazzo, con il sorriso sulle labbra. Per la prima volta in vita mia mi sentivo libero e non vedevo l’ora di dirlo al mondo intero. Sono andato subito da lui e non appena mi ha aperto la porta, non mi sono più staccato dalle sue labbra. Avevo bisogno di lui, del contatto della sua pelle sulla mia e della sua voce che dolcemente mi sussurrava nell’orecchio. Abbiamo fatto l’amore per tutto il pomeriggio quel giorno. Non riuscivo a smettere di volerlo tra le mie braccia perché, finalmente, potevo farlo liberamente, senza più nascondermi. Credetemi, la vita ti sorprende quando meno te lo aspetti e in modi inaspettati, come il giorno di Natale. Non parlavo con mio padre da diversi mesi perché, al contrario di mia madre e mia sorella, non riusciva ad accettarmi. Ero nel mio appartamento, insieme al mio compagno, intenti a preparare il pranzo quando sentii suonare alla porta. Sono andato ad aprire convinto di ritrovarmi davanti la mia vicina per scambiarci gli auguri e invece c’era mio padre accanto a mia madre che mi sorrideva. Ho sorriso ad entrambi con le lacrime agli occhi e, senza dire una parola li ho abbracciati, piangendo. Non riuscivo a smettere, era più forte di me, perché, anche se lo nascondevo a me stesso, avere la loro approvazione era importante. Presentarli entrambi al mio compagno e vedere che lo accettavano, come avevano finalmente fatto con me, mi rendeva felice. È stato uno dei giorni più belli della mia vita, che piano piano aveva incominciato ad avere un senso e adesso, dopo tre anni, mi rendo conto che, senza il mio coraggio, non sarei seduto qui, al bancone dello stesso bar dove io e il mio compagno ci siamo conosciuti, ad aspettarlo. Sono più di dieci minuti che continuo a tormentarmi le mani e ogni volta che la porta si apre mi salta il cuore in gola. Metto per l’ennesima volta la mano nella tasca destra del giubbotto che indosso e sorrido al tatto di un oggetto a me ormai familiare. Non vedo l’ora di vederlo e l’attesa mi sta distruggendo. Quando molti anni fa pensavo al giorno del mio coming out come il giorno più importante della mia vita, mi sbagliavo, non è nulla in confronto a questo. Appena mi sono svegliato, il cuore mi è balzato in gola e non si è spostato per tutto il giorno e, credo, non lo farà fino a che non avrò una risposta. Sospiro. Oggi finalmente gli chiederò di sposarmi. Grazie a tutti per aver letto questa storia e, se vi va, fatemi sapere la vostra opinione.
  
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: devilnevercry451