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Autore: CurcioBleuClair    21/05/2021    3 recensioni
Una cosa semplice è sbucciare un frutto, un gesto quotidiano incastrato tra la routine che scandisce le giornate.
Eppure facile non è togliere il giusto spessore delle bucce, non tagliare via anche parte del frutto, non scoprire troppo.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Azzurra'
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Sotto la buccia

Una cosa semplice è sbucciare un frutto, un gesto quotidiano incastrato tra la routine che scandisce le giornate.
Eppure facile non è togliere il giusto spessore delle bucce, non tagliare via anche parte del frutto, non scoprire troppo. 
Ma il cocomero quanti semi avrà?
Chissà poi se è cocomero per tutti.
Come profuma? Cos’è un profumo?
Il profumo è solo un profumo di ricordi, è un filo che ti lega. È un filo che lega Azzurra alle buste di plastica appese al braccio della sedia. Un filo che la lega a quelle bucce all’angolo della tovaglia, stesa solo per metà.
Una metà per un uomo buffo e forse un po’ sordo che ascolta la televisione ad un volume talmente alto da non comprendere ciò che i telecronisti raccontano.
E la pace, per Azzurra, era il primo senso di quiete che aveva l’aspetto di tanti semi e profumava di cocomero.
Era un senso di casa leggero come il peso della busta piena di fave fresche e verdi.
Erano pollice ed indice di mani piccole e decise che toglievano bucce e mangiavano legumi, era nelle labbra unte d'olio, quell’olio sempre troppo, sempre ovunque.
La premura era tutta nei peperoni al forno, non in tutti. La premura per Azzurra era nei peperoni col riso bianco e nel “PI TE”.
Nel per te perché so che non ti piace e non li digerisci bene, però mangiali perché sono buoni e ti fanno bene adesso che tu sei due.

La caparbietà era in un tramonto che seguiva una luna piena e Azzurra mica la ricorda una luna così tonda e bianca.
La caparbietà era nell’ultimo quarto d’ora di visite concesse in ostetricia.
La costanza e l’ammirazione erano in un uomo piccolo ed anziano, che da lì a poco si sarebbe ammalato.
La voglia di vita era concentrata in un metro e mezzo di nonno, o poco più, che ha voluto a tutti i costi tenere in braccio il bimbo che lo ha reso un nonno elevato alla seconda.
E la vita Azzurra è sorprendentemente astuta ed assurda.
Questa vita che ti incatena ai suoi mesi.
Se Marzo ti ha fatto crescere, Novembre ti ha gelato, con la sapienza di un mese che ha donato sollievo a quell’uomo prepotentemente attaccato alla vita ed innamorato di lei.
Con i primi freddi di un mese maestro che ha cantato una ninna nanna all’omino buffo.
Quello che sporgeva un braccio per svoltare a sinistra in sella ad una vespa dotata di frecce.
Novembre ha catturato Azzurra per la seconda volta, quando era facile mostrare ferite ad uno squalo affamato.
Azzurra ha scoperto il suo arcobaleno nel mese che turba e canta ninne nanne.
Luigi è Luigi per lui.
Per lui ha avuto il coraggio di volersi bene, di lasciare quello che non era pace, non era casa, né premura e non profumava di nulla.
Azzurra che ha un profumo, un filo per ogni momento ricamato sul tombolo del tempo, si è accorta di esser rimasta per tanto e troppo tempo con un ago senza filo, così, immobile e in una mano bloccata.
Luigi è Gigi per lui.
Non È lui, è PER lui, è per Azzurra, per la premura e la caparbietà che lui ha disegnate tra i suoi colori.
Per l’arcobaleno che ha avuto la forza di essere.
Per quegli occhi che sorridono da autodidatta, per quella caratteristica che ha rubato alla sua mamma.
Perché Azzurra per prima l’ha rubata a quell’uomo che riempiva peperoni e friggeva in un mare d’olio.
Per le volte in cui non digeriva quel primo stracondito e per le volte in cui ha detto quanto fosse buono senza averlo assaggiato per non dargli un dispiacere.
E per la volta in cui non prendi in giro un nonno che ti ha concesso di copiargli il sorriso.
La volta in cui ti chiede di scendere, impacchetta un piatto e ti dice che è una teglia diversa dalle altre così la assaggi e la finisci.
Azzurra e le mille bucce sotto cui si nasconde, per non attirare squali. Per non regalare ogni suo aspetto.
Azzurra che ride, scherza e fa rumore.
Azzurra che inganna per non ferire un uomo che ha finto di crederle mentre con cura progettava quella teglia diversa, solo per lei.

L’altra sera ha pulito dei cocomeri, per i suoi due bambini.
Li ha guardati, accorgendosi di sbucciare o troppo poco o troppo a fondo.
Come le cose che non dice e come quelle che urla troppo forte senza filtri... E ha sorriso, accettando che non sarà mai un coltello preciso, né una mano ferma.
E mentre le sorrideva il cuore, ha sentito il profumo, quello che lega, quello per il quale, senza affannarsi, ha ricamato la sua pace e la sua quiete.
Perché ci si sforza sempre troppo a farsi guerra ingegnandosi a costruire trappole. La pace invece, per quella non occorre alcuna fatica.
   
 
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