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Autore: Onda nel silenzio    26/05/2021    3 recensioni
"Non può funzionare. Deve finire qui."
Nami si era odiata.
Si era odiata per averci creduto.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Nico Robin, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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"Non possiamo continuare, Nami."
"Che intendi dire?"
"Tu, io - noi. Non può funzionare. Deve finire qui."




Ricorda ancora il fragore del suo cuore che si frantumava a terra. L'eco del suo grido soffocato nella testa, contro le tempie. Il suo 'no' morto contro il palato, scaraventato a marcire in un angolo.
Era iniziato per gioco, quasi. Era iniziato senza un perché e senza un nome. Era successo e basta, in una notte di festa attorno a un falò, mentre gli altri dormivano. Una battuta, una risata, uno sguardo d'intesa. E quel silenzio carico di elettricità statica che era stato la miccia finale.
Erano rotolati sull'erba a mettersi le mani ovunque, a cercarsi furiosamente, con una sete che era fiamme. Non si sapeva chi aveva cominciato, maledetto quel demone tentatore e i suoi muscoli scolpiti, dannata quella strega provocante e le sue curve mozzafiato. Per poco non avevano fatto sesso.


"Devi avermi drogato, brutta arpia."
"Non dimenticarti di quello che hai ricevuto, perché non capiterà mai più, straccione."


Di giorno era facile fingere che non fosse successo nulla, associare l'un l'altra ai bisticci, ai dispetti, a un rapporto di amicizia turbolenta. Erano compagni di viaggio, erano Nami e Zoro, erano sempre loro, no?
Poi era successo di nuovo - inevitabile terribile meraviglioso, di più, volevano di più - e se l'erano preso. Ancora, e ancora, e ancora.
Nami era vento e fiamme, Nami era grandine e tempesta che si sfogava su di lui, scappava via e poi tornava sua.
Zoro era corrente e marea, Zoro era tormenta e uragano che la travolgeva, la abbandonava e poi tornava suo.
Ma poi, poi...

"Deve finire qui."
Zoro non l'aveva nemmeno guardata in faccia. Il suo tono fermo l'aveva ferita come un colpo di frusta in pieno volto - e solo allora, di fronte alla parola 'fine' per un inizio che non c'era mai stato, Nami aveva avuto paura. Paura di lasciarlo andare, di dire addio a quel groviglio di corpi e baci e fiato e carezze - di dire addio a loro.
"Perché?"
Una sola, stupida, inutile parola. Non era riuscita a dire altro, ferita nell'orgoglio, annientata.
"Finiresti in pericolo. Ti userebbero per arrivare a me."
"Io sono ricercata, razza d'imbecille. Come te."
"Appunto."
"E allora tu mi difenderesti. Sei così forte, ne sei perfettamente in grado."
"Non più."
"Cosa... cosa vuoi dire?"
"Quello che ho detto. Te lo assicuro, è per te che lo sto facendo."
"Allora sii egoista!"
L'aveva spintonato.
"Sii egoista, cazzo!"
Ma lui non si era mosso. Lo sguardo fisso in un punto alle sue spalle, oltre, lontano, come se non la vedesse più, come se non la sentisse più - come se l'avesse già dimenticata.
Nami era rimasta lì, tremante, a soffocare. Finché lui non aveva parlato ancora.
"Hai il tuo sogno da inseguire. Te ne sei dimenticata?"
"Questo che cosa c'entra con noi? Che cosa..."
Si era sentita morire dentro, perché aveva capito.
"Sei solo un maledetto bastardo bugiardo. 'Ti userebbero per arrivare a me'... non hai nemmeno il coraggio di dire che è per quelle tre spade che vuoi mollare tutto."
L'aveva spintonato ancora, ripetutamente, in cerca di un qualcosa. L'aveva scosso per smuovere se stessa.
"Dillo che sono soltanto una distrazione. Dillo che sono una parentesi, un fastidioso, fottuto sbaglio lungo il tuo perfetto cammino di sacrifici."
Gli aveva conficcato le unghie nello yukata, stringendo i lembi di tessuto fra i pugni, le spalle incassate, il capo chino, il profumo di lui che la puniva e la stordiva senza pietà.
Aveva sentito la sua stessa voce rimbombare da lontano, come in un sogno confuso, mentre piangeva. La sua stessa mente aveva cercato di portarla via da lì e al tempo stesso di dirle che non era vero, che non stava accadendo sul serio. E lui l'aveva lasciata fare, inerme. Non aveva reagito.
Niente, non l'aveva degnata nemmeno di un cenno, una parola, un sospiro. Zoro aveva aspettato che lei rimanesse senza fiato, senza energie, poi era scivolato lentamente via, come un'ombra, in punta di piedi come un cane colpevole e ammansito per la vergogna.
Vivevano assieme, viaggiavano assieme. Come si aspettava che lei riuscisse a dimenticare? Quando si era trovata sotto di lui, in lui, stretta fra le sue braccia, aveva creduto che...
Nami si era odiata.
Si era odiata per averci creduto.





~~~




Kain ha una voce rassicurante, un profilo elegante e uno sguardo vivace. Le sue parole scorrono fluide come i suoi gesti, mentre si racconta senza freni. Non è volgare, non è lascivo, ma non è nemmeno innocente, e Nami sa che sta soltanto aspettando il momento giusto.
Il villaggio di Moonlight è in festa, i fuochi d'artificio esplodono nel cielo. Esistono soltanto canti, balli e risate tutt'attorno. Nami vorrebbe davvero perdersi negli occhi blu di quel pirata sgangherato, chiedersi con eccitazione se lui le stia guardando la scollatura di sottecchi, tra un racconto e l'altro. Nami lo vorrebbe davvero, con tutta se stessa. Per questo ha mandato via Sanji con un gruppetto di ragazze brille. Per questo ha sollevato l'orlo del vestito più su, sempre più su, mentre lui prendeva da bere. Per questo ride gettando la testa all'indietro, esponendo la pelle del collo come farebbe una fata con un vampiro. Kain non ha la minima intenzione di tirarsi indietro, e lei non chiede altro.

"Ehi." Zoro saluta Robin alzando leggermente il suo boccale. Lei gli si siede di fronte, coprendogli la visuale sulla ragazza alle sue spalle seduta al bancone dell'osteria.
"Rufy l'ha fatto di nuovo. Ha azzannato un cane nel sonno pensando che fosse una coscia di pollo, e il padrone lo sta rincorrendo per tutta la piazza."
Zoro si sforza di prestarle ascolto e di interagire, ma non ci riesce.
"Usopp si è nascosto dichiarando di non conoscerlo e Brook è collassato da qualche parte."
"E tu?"
Ci prova, ci prova con tutto se stesso a seppellire il suono di quella risata piena, a scacciare dalla mente quel pezzo di gamba da urlo rimasto visibile oltre la sagoma di Robin. Ci prova sino ad avvertire la nausea.
"Mi sono liberata 'educatamente' di un paio di corteggiatori insistenti e sono venuta qui" risponde l'archeologa.
"Ti hanno creato problemi?"
"No."
"Sei sicura di stare bene?"
Lei annuisce serena, spostando su due piedi la conversazione in una direzione alquanto spinosa. "Sembra che la serata di Nami stia andando bene."
Robin, dannata Robin a cui non sfuggono il fremito delle sue dita e l'irrigidimento della sua mascella. È impossibile tenerle nascosto qualcosa. Loro due sono spiriti affini, di poche parole, troppo abituati a osservare il linguaggio del corpo per lasciarsi sfuggire il più piccolo dettaglio.
"Sei sicuro di aver fatto la scelta giusta?"
Lei è l'unica che sa. Lo guarda con viso aperto, l'espressione calma, ma Zoro riesce a vedere il velo di apprensione e attesa dietro ai suoi occhi.
"Non è la scelta giusta. È l'unica."
"Tu credi?"
Zoro distoglie lo sguardo, e stavolta la risata di Nami gli trancia il respiro come filo spinato.
"Ricordati che rifiutarsi di vivere per paura di morire è stupido. Sono certa che tu abbia capito a cosa mi riferisco, Zoro."
Robin si alza, gli passa a fianco e gli posa una mano sulla spalla. "Scusa, ora hai di nuovo campo libero" gli dice prima di andarsene.
E Zoro la vede di nuovo. Nami è bella da far male, con quel vestito rosso come il sangue e i lunghi capelli raccolti di lato. Ha uno spacco vertiginoso che le arriva sino alle cosce, dove le sue dita e le sue labbra hanno indugiato tante volte, sino a memorizzare la posizione di ogni piccolo neo. Nami sorride languida, un braccio appoggiato al bancone, il capo completamente rivolto verso quello stupido pirata di serie C che parla, parla, parla e straparla. Zoro vorrebbe andarsene, ma il suo corpo è inchiodato a quel rozzo tavolino che lo tiene in un angolo, all'ombra di se stesso.
Zoro vorrebbe voltare le spalle a ciò a cui ha consapevolmente rinunciato, ma rimane a osservarlo in silenzio, a farsi sanguinare la vista in quello spettacolo sgradito.
Vorrebbe non poter vedere.
Vorrebbe non poter sentire.





~~~




Rufy balla sul palco con Chopper e due bambini, ha la solita faccia da schiaffi di sempre mentre allunga le mani e frega il cibo dai piatti altrui. Robin e Franky brindano col capo del villaggio, Brook insegue due belle ragazze in costume, e Sanji e Zoro litigano come di consueto su chi sia il più forte dei due.
Ci sono degli uomini al bancone del pub che urlano e ridono sguaiatamente, sbattendo i boccali sul tavolo. Nami non riesce a sentire bene cosa le stia dicendo Usopp, e vorrebbe prenderli a calci. Poi però registra delle parole che la elettrizzano.
Sentiero... bosco... oltre la collina.
Non nota come uno di quegli uomini la guarda di tanto in tanto. Non nota come tende lentamente l'esca verso di lei. Nami annuisce meccanicamente a Usopp, la testa che già viaggia altrove.
"Ti sono venuti di nuovo quegli occhi."
"Quali occhi?"
Usopp sospira, incrociando le braccia al petto. "Quelli che gridano 'oro' dalle pupille."
Nami scaccia un insetto invisibile con la mano, in un gesto di diniego. "Ma cosa dici, hai bevuto troppo!"
"Io? Ma se non ho toccato più di un bicchiere!"
La serata prosegue tra i festeggiamenti, Usopp dimentica lo strano luccichio negli occhi di Nami, e poco a poco la piazza si spegne. Luci, bancarelle, musica, risate - uno dopo l'altro i festanti crollano addormentati.
Nami ha le braccia distese sul bancone, finge di dormire a sua volta, ma è ancora perfettamente vigile. Gli uomini al bancone sono in cinque. Quello biondo e muscoloso è ancora sveglio, così come il suo compare dai capelli rossi, mentre gli altri tre russano sonoramente abbandonati a terra o contro le sedie, vinti dall'alcol.
"Dorian, svegliamo questi idioti. Voglio impadronirmi di quel tesoro prima dell'alba."
Il ragazzo dai capelli rossi tira un calcio negli stinchi all'uomo grasso che dorme a terra. "Ehi!"
Quello non si muove di un millimetro, l'enorme pancia che si alza e abbassa a ogni suo respiro.
"Ehi!"
Un secondo calcio più forte del precedente finalmente riesce a smuoverlo.
"Cosa, dove sono?"
Il ragazzo biondo scoppia a ridere gettando la testa all'indietro.
Nami resta in attesa. Conta i secondi con pazienza, mantenendo la testa appoggiata al bancone e gli occhi socchiusi. Quando è certa che tutti e cinque si siano alzati e si siano allontanati, li spalanca di colpo. Solleva il capo e osserva i suoi compagni addormentati.
Rufy è disteso sul palco allestito per lo spettacolo. Ha le braccia aperte e il viso sereno, un corno di Chopper tra le dita della mano destra. Il piccolo dottore è steso vicino a lui e russa appena. Zoro dorme con la schiena appoggiata al pilastro del palco, le immancabili tre spade legate al fianco. Sanji, Robin e Brook sono stesi sull'erba, con alcune carte sparse qua e là. Usopp e Franky russano vicino a lei, seduti al tavolo alle sue spalle.
In passato Nami avrebbe svegliato Sanji e gli avrebbe chiesto di farle da guardia del corpo, ma ora le cose sono cambiate. Ora si sente più forte e crede di potersi prendere da sola quello che vuole. Senza fare rumore passa loro davanti, scavalcando corpi addormentati a terra, palloncini, carta stropicciate, boccali vuoti abbandonati. Nessuno si è risparmiato in quella festa di paese, e alla ragazza sembra di dover lottare in un campo minato. Quando finalmente riesce a lasciare la piazza tira un sospiro di sollievo, sgattaiolando rapida nei vicoli della città. Scivola nel buio come una gatta, furtiva come la ladra che è sempre stata. Se c'è una cosa che le manca della sua vecchia vita è proprio quella sensazione di brivido e d'imprevedibile che accompagna la caccia.
Nami non perde di vista i cinque avventurieri nemmeno per un secondo, mentre li insegue da lontano. Aspetta che imbocchino il sentiero che conduce all'uscita della città, nascosta dietro a un albero, poi esce allo scoperto come un'ombra, e s'incammina verso il bosco. La notte è sua amica e fedele compagna in quel gioco silenzioso. Nami stringe il Clima Takt con sicurezza, attenta a non calpestare radici, a non impigliare il vestito fra i rovi. Gli uomini che sta inseguendo sono davanti a lei, si fermano sulla riva di un lago, poi riprendono a camminare verso destra. A uno di loro scivola il fucile a terra e il ragazzo biondo, presumibilmente il capitano, gli ride dietro.
Nami continua l'inseguimento con l'adrenalina alle stelle, il cuore che le batte forte per l'eccitazione. Non perde alcuna occasione per studiare l'armamentario di quegli uomini. Uno di loro è robusto e impacciato nei movimenti, quello grasso le sembra decisamente il più inoffensivo. Lo smilzo la inquieta un po', con quella faccia scura e le mani scattose che corrono a grattarsi la schiena in un tic frequente, i pugnali legati alla cintura in bella vista. Il ragazzo biondo e quello coi capelli rossi sembrano i più giovani, il primo avanza nel sentiero con una spada dalla lama ricurva in mano, il secondo estrae di tanto in tanto un fucile a canna liscia dalla tasca della giacca. Quei due sono sicuramente quelli più vigili e previdenti, e Nami ha il sospetto che una volta uno dei due possa averla sentita. Per un istante ha la sensazione di essere lei quella inseguita. Non sente rumori, non nota movimenti sospetti alle sue spalle, eppure ha il presentimento che qualcuno la stia tenendo d'occhio. Scaccia quel pensiero dalla testa indugiando un attimo sui propri passi, si volta stringendo il Clima Takt più saldamente, come a voler lanciare un avvertimento al suo inseguitore invisibile, poi riprende il cammino.
Finalmente, dopo una lunga attesa, intravede una collina. Rimane quatta dietro ai cespugli, osservando la scena. I pirati si sono fermati e parlano a gran voce, lo smilzo beve da una borraccia e dice che il punto per scavare è proprio quello sotto ai suoi piedi.
Nami non capisce più niente, sfiancata dalla suspense. Balza in piedi, pronta a lanciare una scarica elettrica sugli uomini, ma il cuore le si ferma nel petto non appena percepisce un movimento inaspettato. Qualcuno le afferra le braccia, immobilizzandogliele dietro la schiena. Il Clima Takt cade ai suoi piedi con un tonfo sordo, rotolando sul terriccio.
"Ti ho presa" rantola una voce rauca al suo orecchio.
Il puzzo di sudore è nauseante. Nami ha un conato e si dimena tendendo la testa dalla parte opposta, nel tentativo di porre la maggiore distanza possibile fra lei e quell'uomo. "Cosa diavolo credi di fare?" grida in preda alla rabbia e all'umiliazione, mentre questi la trascina allo scoperto.
Come ha potuto essere così incosciente?
Gli uomini davanti a lei sono in quattro. Nami non se n'era accorta, quello robusto era sparito dalla sua vista. E ora la sta tenendo ferma come un topolino in gabbia.
Il ragazzo dai capelli rossi sfodera un sorriso che non promette nulla di buono, accarezzandosi la barba. "Eccola qui, Nami la gatta ladra."
Lei regge il suo sguardo con aria di sfida. "Eravamo certi che se avessimo inventato la storia dell'oro ci avresti seguito."
Un brivido ghiacciato le scivola giù per la schiena.
Stupida.
Si è fatta fregare in modo così stupido, così...

Sente il respiro pesante del suo aguzzino sul collo, la sua mezza risata lasciva. Non riesce a muoversi.
Il ragazzo biondo avanza lentamente verso di lei, uno sguardo febbrile che la fa tremare. "Volevi il tesoro, dolcezza, ma in realtà l'unico tesoro qui è quello che hai in mezzo alle gambe."
Nami tenta di divincolarsi, rimanendo disorientata quando, con sorpresa, sente le braccia dell'uomo che la teneva ferma strattonarla e spingerla in avanti, mollando la presa. Mentre sbatte contro il petto del ragazzo biondo si levano risa sguaiate nell'aria. Tenta di indietreggiare immediatamente, ma le sue mani la fermano.
Il ragazzo la stringe contro di sé per un polso e le artiglia la schiena. Prova a tirargli una ginocchiata in mezzo alle gambe, ma lui sembra prevedere la sua mossa e strattona la presa, costringendola a rimanere ferma, la schiena inarcata all'indietro.
"Adesso ci divertiamo a turno, che ne dici?"
Tutto si ferma. Tranne le risate, tranne l'atrocità di quelle parole, la pazzia di quegli occhi chiari fissi nei suoi con agghiacciante convinzione.
Nami prova a ribellarsi, ma il ragazzo la blocca e la spinge a terra. Lei scalcia e scatta e graffia. Tenta di sfuggire alla sua bocca che la insegue e la pretende, pregando che non stia succedendo davvero, che sia solo un incubo, che tutto finisca presto. E lo morde con ferocia, atterrita ma non intenzionata alla resa.
Uno schiaffo in pieno volto la stordisce, le fa sentire la pelle calda e la testa pesante, mentre la barba del suo assalitore le sfrega contro il seno e lui gli infila le mani sotto al vestito, premendo contro le sue gambe per fargliele aprire.
Sparire.
Nami vorrebbe estinguersi nel vento, tramutare in onda.
Non avere più un corpo.
Le lacrime le scivolano sul viso quando lui le scopre il seno sinistro e le strappa il vestito. Soffoca un grido di dolore contro le sue dita al sentirlo morderle il capezzolo, la rabbia e l'umiliazione e il disgusto - sporca, si sente così sporca - che si mischiano alla sua saliva, al suo respiro sbagliato e maledetto che le alita addosso.
Vorrebbe ucciderlo. Farlo a pezzi.
Finché un urlo non interrompe il dolore.
Il ragazzo si blocca contro di lei, togliendole i denti di dosso.
Nami non respira, non trema. Rimane paralizzata, la bocca semiaperta, le lacrime che le cadono giù per le guance sino al collo.
Rumore di proiettili, lame, grida, voci sofferenti. L'inferno intorno a lei per un tempo che è infinito e non dura niente. Poi il corpo premuto contro di lei viene scaraventato via. Qualcosa le copre il petto, si adagia su di lei lentamente, delicato, come una carezza portata dal vento. Qualcuno le solleva la schiena da terra e Nami sente un inconfondibile profumo di ferro e sale avvolgerla e punirla sotto le stelle.
"Toglimi le mani di dosso" ordina con tono strozzato, chiudendo gli occhi per non doverlo guardare. "Va tutto bene, sono io!" le dice Zoro con voce rotta.
Nami lo sa. Sa perfettamente chi lui sia. Ma si divincola, stringendo la sua giacca al petto per coprirsi e desiderando al tempo stesso di non averla, per non doverne sentire il profumo.
Piange in silenzio.
Piange come non ha mai fatto in vita sua. Piange come non vorrebbe mai fare davanti a lui.
Piange come se fosse l'unico modo che ha per sentirsi ancora viva, immobile.
Ma quando sente le sue mani sfiorarle le braccia si ritrae di scatto, urlandogli con un grido rabbioso di non toccarla. E lui indietreggia.
Nami apre gli occhi un solo istante, vede il sangue colargli giù dalla spalla, il foro di un proiettile stagliarsi nitido davanti a lei, derisorio.
Gli affonda le unghie nei pettorali, singhiozzando. È l'ennesima volta in cui lui si fa male per proteggerla.
Zoro aveva ragione, deve starle lontano.
L'umiliazione brucia sulla sua pelle violata, sul seno pulsante e dolorante, sulle labbra spaccate, sui lividi tra le gambe - brucia su ognuno di loro -, ma Nami sente dolore più per Zoro che per se stessa.
"Guarda... guardati, dannazione, guardati!"
A Zoro non importa del proiettile, a Zoro non importa del sangue. Ha lo sguardo fisso sul ragazzo biondo steso a terra, oltre di lei - inerme, il braccio spezzato, il petto zuppo di sangue. E cerca gli altri quattro bastardi, anch'essi fatti a pezzi e riversi a terra.
Non vuole fare altro che abbracciare Nami, curarle i lividi, cancellarle il pianto, sentire le sue spalle rilassarsi, il suo respiro farsi regolare.
"Devi smetterla."
La sua voce gli fa perdere un battito. È una voce esile, stanca, lacerata dalla sofferenza.
"Devi smetterla di infestarmi il cuore, la testa, le ossa. Devi..."
Nami abbandona il capo contro al suo petto e Zoro sente una lama squarciargli il cuore.
Le sue dita tremano, mentre le solleva per portarle sulla sua schiena. Non smettono di farlo nemmeno quando toccano quella pelle fredda e bianca. Una lacrima gli scivola lungo la guancia.
Ha sbagliato tutto.





~~~




Chopper si era preso cura di loro.
Sanji era fuori di sé, presentiva che era successo qualcosa di grave, ma Nami gli aveva chiesto di non fare domande, gli aveva accarezzato il volto e gli aveva detto che andava tutto bene. Non arrabbiarti con Zoro, gli aveva soltanto detto, prima di affidarsi alle cure del piccolo dottore.
I giorni passavano. Nami sentiva i lividi guarire in superficie, mentre quelli interiori incancrenivano nel rimpianto e nella vergogna. Aveva parlato dell'accaduto soltanto con Robin, aveva pianto sulla sua spalla, si era fatta accarezzare i capelli e mettere la crema sul viso come una bimba, sotto le sue cure silenziose. Robin che era la sorella maggiore che non aveva mai avuto, Robin che era la sua ancora, su quella nave.
Nami era stata costretta a scendere a compromessi spiacevoli quando Arlong teneva in pugno la sua vita e quella delle persone a lei care. Non era per la violenza in sé che soffriva a tal punto da non riuscire a dormire, no. La consapevolezza di essere finita così stupidamente in una trappola per principianti, di essere stata trovata da Zoro in quelle condizioni - era quello che la soffocava, assieme alla loro muta distanza sempre più fitta di crepe. Evitarlo e giocare all'allegra ciurma felice era sempre più difficile, sempre più sfiancante e bugiardo.
Zoro, quella notte, aveva dormito un sonno incostante e disturbato. Quando si era svegliato e non l'aveva trovata era andato a cercarla. Si era perso più volte, ma alla fine, complice l'istinto da cacciatore di taglie abituato a seguire le orme altrui, era arrivato alla collina prima che fosse troppo tardi.
Zoro c'era sempre stato per lei, non avrebbe mai smesso di farlo. Ed era proprio questa consapevolezza che le impediva di perdonarsi. Nami non riusciva a perdonare se stessa per essere stata debole, per aver permesso a qualcuno di ingannarla, per aver lasciato che qualcuno facesse del male alla persona che amava.
Perché lo amava, sì. Ammetterlo a se stessa era stato spaventoso e devastante e distruttivo, ma era una verità innegabile.
Nami amava Zoro, e non riusciva più a ricomporsi senza di lui. Avrebbe voluto fare un passo nella sua direzione, ma non sapeva come fare.
Non più.
Zoro non era che un'ombra immensa nella sua vita, una figura silenziosa che si rifugiava nell'esercizio fisico, che si aggrappava alle sue spade con una devozione ancora più intransigente, e che la guardava soltanto quando lei gli era di spalle, senza riuscire a reagire.
Perché lei lo rendeva vulnerabile, e questo lo terrorizzava.





~~~




È rimasta seduta sul ponte per ore. Non è servito nemmeno l'invito di Sanji a bere la sua tisana preferita per conciliarle il sonno.
Le piace sentire il silenzio, quella pace che la tiene stretta nell'abbraccio della terra, dove tutto è al suo posto, dove il mondo sembra più giusto.
Nami si rifugia nell'orizzonte ignoto, alla ricerca di una nuova avventura da inseguire, di un viaggio in cui immergersi per dimenticare. È forse è il sussurro delle onde o il rumore del vento a calmarla.
È notte fonda. La baia dorme tranquilla, e le rocce fanno da scudo alla Sunny in quella piccola insenatura in cui si sono rifugiati. Non c'è stato bisogno di restare di vedetta.
Quando sente le palpebre chiudersi da sole, Nami decide di alzarsi e di tornare dentro. Raggiunge la porta delle cabine, appoggia la mano sulla maniglia e la tira.
Niente.
Prova un'altra volta, ma la porta non vuole saperne di aprirsi.
Che razza di storia è mai questa?
Inizia ad alzare e ad abbassare la maniglia ripetutamente, finché una voce proveniente alle sue spalle non la fa sobbalzare.
"È chiusa dall'interno."
Nami si paralizza, la mano appoggiata alla maniglia, una leggera scossa che le si dirama dai polpastrelli ai palmi.
È una punizione. Non c'è altra definizione.
Non è possibile che si ritrovi chiusa fuori con Zoro. Fra loro sembra aleggiare la tensione di un lungo giorno senza fiato.
Ma Nami deve trovare il coraggio di affrontarlo, Nami deve fronteggiarlo, lo deve a se stessa.
Così si volta. Non lo guarda in faccia, non ancora.
Un passo alla volta.
"Credevo di essere sola, non ti ho sentito uscire."
"Ero salito sulla coffa. Volevo..."
La voce di Zoro si estingue nel vento. Nami l'ha sentito esitare di rado. Lo guarda con la coda nell'occhio e lo sorprende con un'espressione tormentata, come se non sapesse dove andare, come se avesse il timore di sbagliare.
Adesso lo guarda in faccia, perché lui ha lo sguardo puntato verso il basso, e incrocia le braccia al petto in un involontario gesto di protezione, liberando una risata amara. "Mi stavi spiando, Roronoa?"
Le fa male, le fa male da morire parlargli in quel modo, ma è il solo scudo che le resta a disposizione.
"La porta chiusa è opera tua, per caso? Sei venuto qui per vomitarmi addosso le tue scuse false, a cercare perdono per alleggerire la tua coscienza?"
Nami continua a inveire e ogni parola le inietta veleno nel sangue. Non riesce più a sopportarlo, non riesce più a stare ferma. Gli passa davanti superandolo con un tremito e si dirige verso l'albero maestro, desiderosa di interporre un muro fra loro.
I passi di Zoro in avvicinamento sono colpi di pistola sparati direttamente nei polmoni. Nami non riesce più a respirare, si sente in trappola.
"Vuoi sentirti dire 'grazie' per il tuo nobile sacrificio, per essere stato altruista e aver pensato di salvaguardare il mio sogno?"
Zoro l'ha raggiunta. Le si para davanti, a testa alta, senza fuggire.
"Beh, sai che ti dico? Che non riesco più a disegnare bene come un tempo, che la mano mi trema ogni volta, e il cestino della spazzatura si riempie di carta straccia di continuo. Vai a farti fottere, Roronoa, che magari con qualcun'altra ti piace. Sei solo un misero coda-
"Smettila!"
Zoro la sbatte contro l'albero maestro, furioso. La fissa con l'occhio spalancato e non c'è gentilezza nel suo tocco. Lei rimane immobile, il respiro mozzato, poi un lampo di dolore attraversa il volto di lui e il tempo riprende a scorrere.
"Non ti avvicinare" sussurra Nami, spingendolo via.
Lui non reagisce. Allora lei alza un braccio, la mano aperta, e lo colpisce con uno schiaffo in pieno volto.
Lo schiocco prodotto dal palmo contro la sua guancia colpisce lei dritto al cuore.
"Mi dispiace" esala Zoro, guardandola dritto negli occhi, senza spostarsi di un millimetro.
Nami sente gli occhi bruciare. Trema. Si morde il labbro, ricaccia le lacrime. Non gliele concederà, no, non si farà vedere soffrire ancora per lui. Toglie la mano dal suo volto come scottata, l'eco di una carezza tra le dita, ricordo di tutte quelle che gli ha donato quando l'ha amato al buio, fra le impronte che lui le aveva lasciato sulla pelle e sul cuore.
"Non me ne faccio un bel niente delle tue scuse. Niente".
Sente il respiro irregolare di lui incrinarsi mentre guarda ostinatamente verso il basso.
"Non mi riferivo a... mi dispiace perché... " Zoro trattiene il fiato, lei stringe i pugni, "non riesco a starti lontano".
Il suo cuore produce un battito sordo, più prolungato. Nami sente il proprio corpo oscillare, ma è soltanto un'illusione, sono soltanto le sue emozioni che si agitano convulse contro di lei. Il respiro di Zoro è vicinissimo. Lei solleva il capo e sente il proprio troncarsi non appena guarda il suo volto.
Zoro la trapassa con lo sguardo, avverte il tremito che la scuote non appena le sfiora un braccio, poco più giù della spalla, e potrebbe morire in quell'attimo infinito, dove tutto è in sospeso, dove tutto è in bilico. "Non voglio farlo mai più" sono le parole che infrange sulle sue labbra tremule. Labbra su cui si avventa e si schianta come un naufrago in un bacio rubato, bisognoso di sentire Nami sua.
Lei oppone una debole resistenza, ma quando dischiude le labbra per lui, ricambiando il bacio, Zoro torna finalmente a respirare, a sentirsi vivo. Ha bisogno di quel calore, di quelle fiamme che l'agitano e si accendono al suo tocco.
Nami lo insegue con foga, attirandolo verso di sé, ogni fibra del suo essere che geme e sanguina, che si spezza e si ricompone mano a mano che i loro corpi entrano in contatto. Si scioglie come burro in quel bacio che non ha niente di dolce e gentile. Si scioglie e lo consuma premendosi contro di lui, allargandogli lo yukata sulle spalle, premendo le dita sulla sua pelle come a volerne ribadire il possesso. Lascia che lui le tiri i bottoni della camicetta, che strattoni, che glieli strappi e che la attiri verso di sé, portando la loro pelle nuda a toccarsi. Non smette di baciarlo, e lui non smette di baciarla. Non si fermano nemmeno per prendere fiato, le mani che scorrono ovunque in preda alla frenesia.
Nami lascia che Zoro la spinga a terra, che le morda il collo e scenda su di lei baciandole e arrossandole la pelle sotto i denti, che le sposti l'intimo e che le accarezzi il capezzolo con la lingua. Inarca la schiena in avanti, reclinando la testa all'indietro, le mani strette sul suo fondoschiena che premono e spingono per tenerlo stretto, bisognose di sentire i loro corpi fusi in uno solo.
Una lacrima le scivola sul viso quando Zoro entra in lei. Una lacrima di dolore, una lacrima di felicità, mentre il cielo e il mare si capovolgono, mentre le sue ossa si ricompongono e il mondo torna a essere giusto.
Hanno bisogno di colmarsi, di viversi in quel sesso malato, affamato, disperato. Sesso che è più un bisogno di sentirsi dentro e addosso l'altro. Sesso che è aria, terra, acqua, fuoco, tutto.
Non c'è gentilezza, non c'è dolcezza nelle spinte, nei graffi, nei morsi, nei lividi. Fa male, si fanno male, ma fa bene, è bello meraviglioso vita.
Zoro prende Nami con furia, mentre i loro corpi sudati e ansanti s'intrecciano e le loro braccia diventano una prigione, e vorrebbe dirle due parole soltanto, a ogni spinta, o ogni sguardo, ma non le dice, perché ha paura di vederla scivolare via, di perderla per sempre, e no no no no non potrebbe sopportarlo. E lei ha la sua stessa fame, lei è intossicata quanto lui. Nami sembra capire, glielo legge in faccia e i suoi occhi hanno uno sguardo tanto intenso da ferirlo.
L'amore, a volte, è così forte e travolgente e devastante da fare male. L'amore, a volte, è un rincorrersi di gioia e dolore su un sentiero lastricato di spine.
L'amore, a volte, è un 'ti amo' sussurrato da mani che si graffiano sino a sanguinare, da corpi che si fondono contro le stelle, senza fiato, nell'abbraccio del mare addormentato.
Nami e Zoro consegnano il loro amore al vento, senza parlare, mentre annegano l'una nell'altro.
Le lacrime durante il sesso dovrebbero essere squallide, ma le lacrime di Nami non lo sono. Sono lacrime di chi si era visto strappare via la vita e la sta riconquistando quando pensava di averla persa per sempre. Sono lacrime per un amore che frantuma, corrode e guarisce. Lacrime per Zoro, lacrime per lui che si muove in lei e la ricompone a ogni tocco, bacio, morso, spinta. Lacrime liberatorie e totalizzanti.
Il culmine del piacere è solo una tappa intermedia nel loro cercarsi con urgenza. Il culmine del piacere non li ferma dal voler restare uniti, dal baciarsi, dall'intrecciare le proprie dita e dall'inseguire l'uno il respiro dell'altro, come un canto nell'oceano.
Quando Zoro la sfiora delicatamente sul seno sinistro, Nami chiude gli occhi, agitata da mille brividi. Sente la lingua di lui indugiare delicatamente attorno alla cicatrice sul capezzolo, lascito di una violenza fermata mesi prima. Fermata da Zoro, che adesso sembra dirle voglio tenerti mia per sempre.
E Nami non chiede altro. Non vuole altro. Resta lì a bruciare, a farsi amare. Lascia che Zoro adori il suo corpo, lascia che Zoro le curi i lividi, che gliene faccia altri, e che la renda di nuovo sua. Ancora, un'altra, e poi un'altra volta ancora.
Sdraiata sul ponte della Sunny, le mani di Zoro che viaggiano sul suo corpo per donarle altro piacere, Nami si perde nel loro viaggio, gli occhi socchiusi sul cielo rosato dell'alba in arrivo.
Sa che quello è l'inizio di un nuovo capitolo della sua vita.
E brucia per Zoro, mentre lo ama, mentre gli restituisce il piacere che le ha donato, mentre si chiede come sia possibile avere un tale potere ipnotico su qualcuno. E un po' lo detesta per l'effetto che le fa, per la sete che le mette, per come la fa impazzire ogni volta che le sussurra qualcosa all'orecchio, per come la tocca, per come le toglie il fiato ogni volta che la bacia.
E.
Non ci sono punti. Non ci sono più interruzioni fra di loro.




~~~




Nami si sveglia sentendo il profumo di Zoro avvolgerla, il battito del suo cuore contro l'orecchio che la culla come una promessa.
È stata vinta da un sonno breve, ancora troppo scossa dall'accaduto. Zoro dorme sereno, baciato dai primi raggi del sole, ed è bello da farle male.
Subito Nami non nota la mano che le picchietta sul piede, ma quando capisce che quella di Zoro non può raggiungerla in quel punto, si paralizza per lo sconcerto.
"Nami?"
La voce di Robin proviene dal basso, da quella mano misteriosa che le sta gentilmente toccando il piede.
Ma...?
"Dovete tornare dentro, fra poco gli altri si sveglieranno. Ho detto a Franky che ora può aprire la porta. Non sbircerà, tranquilla."
È senza parole. Ora sa chi sono i responsabili di quel piccolo incidente della notte prima. Ma non riesce ad arrabbiarsi.
Perché i suoi compagni l'hanno aiutata a ritrovare se stessa e la persona che ama.





~~~




Zoro muove leggermente i piedi sulla sabbia, facendo scorrere maliziosamente una mano sul seno pieno di Nami, appoggia il viso sulla sua spalla, l'altra mano che scende sfacciata verso la cerniera dei suoi pantaloni e le solleva appena le mutandine.
"Maniaco!"
"Non è quello che mi urlavi ieri sera sotto le lenzuola" le sussurra lui all'orecchio, piano, in quel tono roco che la fa sempre eccitare.
Le blocca le mani più per istinto che per reale bisogno di proteggersi da un pugno, un sorriso strafottente che si cancella non appena apre la bocca per baciarla sulla spalla. La sente tremare e saggia la pelle d'oca sulle sue braccia sotto ai polpastrelli. L'acqua del bagnasciuga gli sfiora la punta dei piedi, mentre il mare nero della notte scruta entrambi con consapevolezza.
A Zoro piace il mare di notte, gli ricorda la volta in cui ha deciso di essere davvero coraggioso, di compiere il salto più pericoloso. Ora lo sa che il modo migliore per proteggere Nami è tenerla sempre stretta, non lasciarla mai andare.
"Sei uno stupido."
"E tu una bamboccia."
"Zotico."
"Non fare l'impertinente..." mormora, le mani che tornano su di lei, sotto la sua maglietta, una sul seno e l'altra nei pantaloni.
Zoro sente Nami sussultare, il suo insulto che le muore sulle labbra.
"Ehi, prendetevi una stanza, voi due!"
Interrompe il contatto appena iniziato sul suo interno coscia, infastidito, e alza quella mano per fare un dito in direzione della voce intrusa. "Ci sono dei bambini qui!" insiste Sanji da lontano, indicando con una mano armata di mestolo le teste di Chopper e Rufy.
Il capitano li fissa da un po' meno lontano con un dito infilato nel naso, la sua solita espressione da ebete resa stranamente spettrale dal falò dietro di lui.
Robin li saluta con la mano e ammicca, un sorriso appena accennato che sembra volergli dire non avevo forse ragione, spadaccino? Zoro ghigna nella sua direzione, tornando a voltarsi verso il mare.
"Ehi, testa di muschio! Guarda che sto parlando con te! Se non mi dai retta ti metterò i calzini fritti di Usopp dentro la federa del cuscino!"
Nami ride con la testa appoggiata al suo petto, e Zoro si sorprende a fare altrettanto, mentre la stringe a sé. Le urla isteriche di Sanji non rovinano il momento, anzi, lo rendono ancora più bello.
Perché ricordano a entrambi che hanno smesso di nascondersi dai loro compagni.
Che i lividi sul loro cuore sono ormai guariti.
Perché Nami e Zoro hanno smesso di avere paura.










Note: questa volta li ho fatti soffrire male, ma penso che parlare d'amore dopo il dolore lo renda ancora più bello.
Spero che la storia vi sia piaciuta!

Un bacio.
  
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