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Autore: Challenger    01/06/2021    2 recensioni
Una piccola parentesi dedicata a mio nonno, umile muratore ma grande uomo
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccola lì, quella casa. Quella casa nella quale non metto piede da anni ormai. Ma ora devo farlo. Sono un po’ emozionata, è come incontrare un vecchio amico che non vedi da anni. Continuo a guardare il portone verde bottiglia, con il batacchio in ferro a forma di mano che tiene stretta nel palmo una pallina, cercando di prendere coraggio per entrare. Forse in cuor mio spero ancora che ci sia qualcuno che venga ad aprirlo per me. Sospiro. È decisamente arrivato il momento di varcare quella soglia, ma non sono ancora del tutto pronta. Mi faccio finalmente coraggio, prima però, soppeso il batacchio; è più pesante di quanto ricordassi. Spingo solo una delle due ante del portone. Una zaffata di aria stantia aggredisce le narici, impreparate a quell’odore. Chiudo il portone alle mie spalle. Mi appoggio, con la testa reclinata all’indietro e le mani dietro la schiena, a quella tavola di legno sverniciata per avere un ultimo contatto con il mondo esterno. Lì dentro sono sola. Sospiro ancora. “Sono di nuovo in questa casa” penso. Questa casa che ormai è vuota; l’unico suono che potrei udire è l’eco della mia voce, e dire che un tempo regnava una confusione gioviale. Finalmente mi decido a salire quei gradini, “troppo alti per una bimba di sei anni”, mi dico ora che sono adulta. Sulla sinistra la minuscola cucina, sulla destra il camino e le cassapanche. Adoravo quelle cassapanche. Passavo ore seduta su di loro a giocare. Attraverso l’arco ed entro nel salone. Appeso, lì, sul muro, c’è il quadro. È per lui che sono tornata. Raffigura un muratore al lavoro. In mano, mazzetta e scalpello. Indossa il suo vecchio cappello con visiera scolorito, un po’ alzato sulla fronte, la camicia a quadri con le maniche arrotolate sugli avambracci, scoprono una pelle avvizzita ma ancora giovane; dietro di lui le mura della sua casa. L’immagine immota non mi guarda, è concentrata sul progetto. La sua espressione…seria, un po’ corrucciata forse, ma con un sorriso abbozzato. Guardandolo mi domando: ”chissà cosa stavi scolpendo mentre lo zio ti metteva su tela!”. Il quadro è custode del suo talento e della sua figura che resteranno fissi, immobili per sempre al suo interno. Sarà immortale. Lo guardo appeso un’ultima volta, poi lo tiro giù. Dò un altro sguardo a quella casa piena solo di bei ricordi che però, ora, fanno troppo male per essere riportati in superficie. Scendo le scale portando con me il quadro. Prima di aprire il portone saluto quella vecchia casa che fu di mio nonno. Chiudo il portone tirandolo dal batacchio. Cammino senza voltarmi indietro, sorrido tristemente. Passerà molto tempo prima che farò ritorno nella felice e triste casa del muratore.
   
 
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