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Autore: Aliseia    09/06/2021    2 recensioni
[The Nevers]
Le sue scarpe eleganti suonavano fin troppo sfacciate sulle pietre lucide del marciapiede, una luna velata aveva l’aria di una puttana stanca ma ancora sorridente… quando Frank Mundi gli tagliò la strada. Hugo scoppiò a ridere come avrebbe fatto trovandosi di fronte, all’improvviso, il diavolo.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Swan Songs'
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Fandom: The Nevers
Genere: Angst
Rating: Per un pubblico maturo
Personaggi: Augustus Bidlow, Hugo Swann, Frank Mundi
Note alla storia: Scegliete la vostra storia tra passione e tenerezza
Dediche: a Miky. Li affido a te.
A Abby: ecco, nella storia di Hugo Swann ora entra la variabile Frank Mundi.
Disclaimer: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia in gran parte non appartengono a me ma a Joss Whedon, Jane Espenson, agli altri autori della serie e a chi ne detiene i diritti.
 
 
My Demons
 
Take me high and I'll sing
Oh, you make everything okay, okay, okay (okay, okay, okay)
We are one and the same
Oh, you take all of the pain away, away, away (away, away, away)
Save me if I become
My demons
Starset – My demons
 
Hugo amava il caos, purché fosse un caos elegante, seducente e profumato come le sue serate. Augie invece era armonia. Come una musica era ritmato, arioso, sorprendente. A Hugo bastava una serata accanto a lui, perdersi in quegli occhi innocenti, suggere con lo sguardo il liquido chiaro del suo imbarazzo, mentre lo presentava alle ragazze… Accompagnarlo mentre si immolava (per lui, per il Club) con una carezza noncurante, un bacio che doveva essere sulla fronte ma era sceso sulle ciglia (com’era arrossito…), ebbene tutto ciò per Hugo era la gioia, lo appagava più di una notte di sesso.
O quasi.
Le sue scarpe eleganti suonavano fin troppo sfacciate sulle pietre lucide del marciapiede, una luna velata aveva l’aria di una puttana stanca ma ancora sorridente… quando Frank Mundi gli tagliò la strada. Hugo scoppiò a ridere come avrebbe fatto trovandosi di fronte, all’improvviso, il diavolo. Rise per l’imbarazzo e per l’allegria. Cosa mai poteva il diavolo, quando aveva ancora sulle labbra quella polvere d’angelo? «Ah, no – borbottò tra sé - Quelle sono le farfalle.» Sporse la bocca in un broncio.
«Che diavolo dici, Swann?» sibilò Mundi. I suoi occhi avevano una luce metallica, tagliente. Era il suo sguardo quando Hugo lo faceva arrabbiare. Era il suo sguardo quando voleva qualcosa di più.
«No, dicevo… Sono le farfalle ad avere polvere sulle ali. Questo permette loro di volare – Hugo sollevò eloquentemente una mano – Qual buon vento, Frankie?» Sorrise vago ma consapevole del livore dell’altro. Sapeva che Mundi sussultava quando lo chiamava per nome, soprattutto se lo faceva in quel modo. Nulla se non un’intima frequentazione poteva giustificare un tale ridicolo diminutivo. Frankie. L’ispettore non poteva aver dimenticato. Frankie… A Hugo piaceva sussurrarlo mentre l’altro ci dava dentro, con una rabbia non priva di premure. Avevano una specie di accordo… O forse no, come avrebbero potuto chiamarlo? Un precario equilibrio sul filo del silenzio, della clandestinità e di quel nome. Mormorato in tono beffardo, mentre stavano aggrappati l’uno all’altro come due aquile su un trespolo. Indecise, come qualcuno disse, se ferirsi a vicenda o se salvarsi. Se possedere l’altro per proteggerlo o per fargli male.
Per dirla tutta a Hugo non importava se prenderlo o darlo, avrebbe trovato comunque la sua soddisfazione. Ma per Frank era importante. Se lo scopava senza sentimenti, senza nemmeno incontrare il suo sguardo, la faccenda sembrava un po’ meno grave.
«Voglio che tu la finisca – attaccò Frank senza troppi preamboli – Voglio che tu la smetta di usare le ragazze per i tuoi loschi traffici.»
Hugo inclinò la testa. «Definisci losco. – sussurrò in tono seducente. – E poi… Le… ragazze? Vuoi dire le “toccate”, Frank. Delle altre ragazze non ti è mai importato un granché.» Per un attimo Lord Swann credette che sarebbe arrivato il momento. Il solito momento in cui Frank lo afferrava per la giacca o per il collo della vestaglia e gli sibilava minacce a un soffio dalle labbra. Così vicino da sembrare che volesse baciarlo. Ma Mundi non lo baciava mai. Al limite gli permetteva cose anche più intime e oscene, ma sempre senza guardarlo. Solo sesso, rapido e vergognoso, Hugo non era neanche sicuro che gli piacesse. Di sicuro ne aveva bisogno. «Entra, Frank.»
L’uomo scosse violentemente la testa «Cosa credi? – ansimò – Parlo sul serio! Lasciale stare.»
«Entra.» Hugo era serio e forse quella strana novità persuase Frank ad entrare. Il salone era in penombra, la servitù era fuori. Meglio per Lord Swann non farsi sorprendere ubriaco e strafatto al ritorno da una delle sue serate. Meglio non vedessero quella luce ilare di sesso che gli aleggiava spesso negli occhi azzurri. Ma non quella sera. Hugo aveva preferito, con grande vergogna, origliare. Voleva sapere in tempo reale se le gentili e discinte fanciulle si erano prese finalmente la sempre traballante ma irraggiungibile virtù di Augie. Non aveva capito un granché, a dire il vero. Un frusciare di abiti, di sicuro la camicia del giovanotto che veniva sbottonata, a pizzichi (perché lui aveva urlato) e poi una confusione di risa, di non posso, un’imprecazione della più sfacciata delle due… un sospiro. Ecco, a quel sospiro era rimasta appesa la serata di Hugo. La sua eccitazione e anche un po’ della sua felicità.
All’improvviso fu Frank ad imprecare. Al buio non aveva visto il tavolo. Hugo si voltò. Senza esitazione trovò il lume, armeggiò per accenderlo. Vide per prima cosa lo sfolgorio dei neri occhi irati di Frank. Poi i suoi pugni chiusi.
«Sbottonami la camicia.» sussurrò Hugo.
«Sei pazzo.» i pugni si serrarono al punto da far impallidire le nocche.
Hugo invece aprì le sue mani, le posò sul tavolo. Si appoggiò con grazia, con una leggera spinta del bacino. Inarcò leggermente la schiena ma senza smettere di fissarlo.
Frank inalberò una smorfia incerta, tra scherno e desiderio. «Sai che non mi va di guardarti negli occhi.»
«Devi farlo… se mi vuoi stasera – la voce di Hugo sembrava velata di malinconia – È l’unica condizione. Domani entrambi avremo dimenticato… e non ne parleremo più. Mai più.»
«Fammi andare.» sbottò Frank, e già sembrava una preghiera.
«Prendimi. Ora. E poi potrai andare.» Il non sapere se fosse un ordine o una resa doveva essere già in sé irresistibile, poiché Frank decise di avanzare di un passo. Ma le sue mani non sembravano abituate a certe premure, le dita si confondevano ed esitavano su ogni bottone. Hugo sospirò. Però riuscì a non chiudere gli occhi, per nulla al mondo si sarebbe perso lo spettacolo di Frank che aveva paura.
E infatti l’ispettore Mundi, quello che nell’East End era conosciuto come il Gorilla, all’improvviso si bloccò su quella pelle candida. «Io… – cominciò con un sorriso disarmante – Non… sono abituato. Non così. Non so come fare.»
«Lo so io.» lo rassicurò Hugo. Con molta tranquillità afferrò l’altro per le spalle e lo avvicinò a sé. Poi, con calma, gli sfilò giacca e gilet. Quindi la camicia, di un cotone dozzinale. Hugo rabbrividì al ruvido contatto, ma non per le ragioni che pensava Frank. Anche la lentezza a cui Hugo lo costringeva non era tattica, ma una necessità. L’ultima illusione di controllo, per nascondere il fatto che a Lord Swann tremavano le mani. Nondimeno riuscì a liberare i fianchi del poliziotto da cintura e pantaloni. Quelli scivolarono a terra senza rumore e una verità fin troppo evidente fu tra loro. Ingombrante, urgente. Hugo sorrise. Con una leggera spinta salì sul tavolo e questa volta un po’ più velocemente si liberò dei pantaloni che aveva perfettamente cuciti addosso. Ora era quasi completamente nudo, con una mossa atletica sollevò lunghe gambe tornite e perfette e attirò di nuovo Mundi su di sé. Lo sguardo smarrito dell’altro lo interrogò su eventuali preliminari, ma Hugo adesso aveva fretta davvero. Afferrò un dito di Frank, lo inumidì tra le labbra mentre l’altro già perdeva la testa. E poi lo lasciò fare, quel satanasso bruno e goffo che lo prendeva ripetutamente scatenando in lui lunghi brividi.
Non urlarono, entrambi mordendosi le labbra per un po’. Poi Hugo cedette e nel contatto ruvido e rovente si lasciò andare prima di Frank. Fu quasi insieme a dire il vero… ma Frank non gridò. Solo, per un attimo, Lord Swann credette di vedere un paio di lacrime agli angoli di quegli occhi neri d’inferno.
Quando Frank si staccò da lui Hugo tremava ancora. Al contrario l’ispettore Mundi ora sembrava molto più padrone di sé, anche se evitava lo sguardo del giovane.
«Ti ho avvertito, Hugo.» disse senza voltarsi.
 
Lord Swann, il capo ancora riverso, i riccioli madidi che invano cercava di ravviare, pensò solo che per la prima volta Frank aveva detto il suo nome.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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