Seconda parte
Wise
man said just walk this way
To the dawn of the light
Wind will blow into your face
As the years pass you by
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
Passage out of the dark…
(“Send
me an angel” – Scorpions)
Come si poteva prevedere, non fu così
semplice e agevole trasportare fuori dalla finestrella il Principe Edward. Erik
doveva calarsi lungo la Torre reggendosi alla corda che aveva portato con sé e
non sarebbe riuscito anche a sostenere il ragazzo che, invece, avrebbe dovuto
aggrapparsi da solo alle spalle dell’uomo. Edward, però, non appena si sentì penzolare
nel vuoto con un salto di trenta piedi sotto di sé, cominciò naturalmente ad
agitarsi non poco.
“Edward, devi cercare di star fermo e di
tenerti stretto, altrimenti non riuscirò a scendere” disse Erik. “Dobbiamo far
presto o quando le guardie verranno a prendere voi due per portarvi al patibolo
ci troveranno tutti e tre qui appesi!”
“Ho paura… io non ce la faccio… ho paura,
riportami indietro…” ripeteva Edward, spaventato e tremante.
“Ma certo che ce la puoi fare, coraggio, devi
solo aggrapparti a Erik e farà tutto lui” lo incoraggiò Richard. “Pensa a me
che devo calarmi con le mie sole forze!”
“Ascoltami, Edward” riprese Erik, continuando
lentamente a scendere come poteva e dimostrando una pazienza infinita, “capisco
che tu abbia paura, è normale avere paura in situazioni pericolose. E’ capitato
anche a me, sai? Io sono nato e cresciuto in un piccolo villaggio della
Norvegia e, quando avevo circa tredici anni, fummo attaccati da un gruppo di guerrieri
Danesi. Razziarono quello che poterono, distruggendo e incendiando tutto il
resto e uccidendo quasi tutti gli abitanti del villaggio, compresi i miei
genitori, i miei fratelli e tanti amici e vicini.”
Il Principe, coinvolto e commosso dalla
tragica storia, si strinse di più all’uomo e parve dimenticare le sue paure.
Del resto, chi meglio di lui poteva comprendere la perdita delle persone care e
una vita in fuga? Richard invece sorrise compiaciuto all’arguzia di Erik che
aveva dimostrato di capire molto bene la psicologia di Edward: gli stava
raccontando un episodio drammatico e spaventoso della sua vita per distoglierlo
dalla paura. Quell’uomo era molto più sensibile di quanto non sembrasse a prima
vista e, chiaramente, teneva molto al Principe.
“Mi dispiace tanto, Erik” mormorò il ragazzo.
“E tu come hai fatto a salvarti?”
Un lieve sorriso increspò le labbra
dell’uomo, soddisfatto di aver coinvolto Edward nella sua storia e di aver
trovato il modo di fargli pensare a qualcos’altro che non fosse il fossato a
trenta piedi sotto di loro e la semplice corda che li tratteneva…
“Io e un piccolo gruppo di ragazzini
riuscimmo a scappare in mezzo alla confusione e alle urla e ci nascondemmo
nella foresta, ci arrampicammo addirittura in cima agli alberi più alti
sperando che i Danesi non venissero a cercarci. Rimanemmo nascosti per tre
giorni, terrorizzati, mangiando solo quello che potevamo trovare sugli alberi e
senza avere il coraggio di scendere” continuò Erik. “Finalmente gli invasori
ripartirono e noi potemmo uscire dalla foresta, ma non avevamo più niente, il
villaggio era completamente distrutto e bruciato, le nostre famiglie erano
morte, eravamo soli. Con noi c’erano anche due bambine di quattro o cinque
anni, più o meno. Io e altri tre ragazzi decidemmo di andarcene dalla Norvegia
e riuscimmo a imbarcarci su una nave diretta in Inghilterra, proponendoci al
capitano come mozzi. Facemmo i lavori più umili, ma questo ci permise di
portare con noi anche le due bambine. I due ragazzi più grandi, invece,
scelsero di restare in Norvegia e cercare ospitalità in altri villaggi,
desiderando soltanto diventare grandi guerrieri e potersi vendicare dei Danesi
alla prima occasione. Sulla nave c’era una famiglia inglese molto gentile che
si offrì di adottare le due piccole, mentre io e i miei amici ci sottoponevamo
ai lavori più umili e massacranti… comunque, in qualche modo arrivammo in
Inghilterra e lì ci separammo, cercando lavoro nelle città e nei villaggi che
ci sembrarono più ospitali. Un giorno ebbi la fortuna di incontrare Sir Richard
Pole, che allora era un giovane proprietario terriero del Galles. Ebbe
compassione di me, mi prese sotto la sua protezione, mi fece addestrare e
diventai prima un suo scudiero, poi guardia del corpo, infine Capitano delle
guardie. Sono al servizio di Sir Richard e adesso anche della sua famiglia da
più di vent’anni e ogni giorno ringrazio Dio di averlo messo sulla mia strada e
rinnovo la mia promessa di essergli fedele fino alla morte.”
Edward era così affascinato, colpito e
rattristato dalla vicenda di Erik che non aveva più pensato a dove si trovasse
e… rimase molto stupito quando si accorse che erano riusciti ad arrivare sani e
salvi alla base della Torre senza rompersi l’osso del collo o qualcosa del
genere!
I tre si allontanarono dalla Torre in
direzione della boscaglia, dove Erik aveva legato due cavalli.
“Attraverseremo i boschi e i sentieri per
raggiungere le campagne e dirigerci verso la tenuta di Sir Richard” disse Erik.
“Non è prudente attraversare Londra.”
“Per voi, forse, ma io so dove andare”
affermò Richard con un sorrisetto. “Ho ancora degli amici e dei sostenitori in
città, il Re e la Regina non sono riusciti a catturarli tutti. Mi nasconderanno
per qualche giorno e poi, quando le acque si saranno calmate, mi aiuteranno a
rifugiarmi in Scozia.”
“Sei sicuro della tua decisione?” domandò
Erik, perplesso. “Puoi venire con noi, se lo desideri, potrai riposare e
riprenderti e poi partire per la Scozia in un secondo momento.”
“No, è meglio così per tutti. Sarà un bene
se, nei prossimi giorni, correrà voce che siamo stati liberati dai miei
sostenitori, magari da amici della Duchessa di Borgogna” replicò Richard. “Così
nessuno sospetterà di Sir Richard e voi sarete al sicuro, io nel frattempo farò
in modo di riorganizzare un esercito. Non importa quanto ci vorrà, prima o poi
riuscirò a tornare a Londra da Re e cacciare l’usurpatore e Edward potrà vivere
tranquillo in campagna con la sua famiglia.”
“Allora, se è così che hai deciso, le nostre
strade si dividono qui. Ti auguro buona fortuna” disse Erik, stringendo la mano
al giovane.
“Buona fortuna anche a voi e… Edward, ti
auguro di riuscire ad avere tutto quello che desideri da tanto tempo… e non
intendo soltanto un cane!” sorrise Richard, abbracciando affettuosamente il
Principe a cui si era tanto affezionato in quei mesi di prigionia condivisa.
“Meriti di essere finalmente felice con le persone che ti vogliono bene.”
Poi il giovane salì velocemente a cavallo e
spronò l’animale, dirigendosi verso la città. Era ancora notte, ma l’alba si
avvicinava, entro poche ore il sole sarebbe sorto e anche Erik e Edward
dovevano allontanarsi il più possibile da quel luogo di morte. L’uomo salì a
cavallo e aiutò il Principe a montare dietro di lui, dirigendo poi l’animale
verso la boscaglia. Sarebbe stata una lunga cavalcata, lo sapeva, ma doveva mettere
quante più miglia possibili tra Edward e coloro che lo volevano morto.
“Andiamo da Maggie, adesso?” chiese il
ragazzo.
“Non subito” rispose Erik, che non voleva
rivelare a Edward tutta la verità. Sapere che sua sorella era stata anche lei
rinchiusa in quella prigione per aver tentato di liberarlo gli avrebbe spezzato
il cuore e lui era sicuro che Sir Richard avrebbe trovato il modo di tirarla
fuori in breve tempo. “Quando si scoprirà che tu e Richard siete fuggiti, Sir
Richard e Lady Margaret saranno i primi ad essere sospettati, perciò dovranno
tenere un profilo basso e conquistare la fiducia del Re. Non appena saranno
liberi di tornare in Galles, tua sorella verrà subito a trovarti.”
“E allora noi dove andiamo? In Galles?”
Il fuoco di fila di domande di Edward era
davvero pesante, ma ad Erik quella curiosità ingenua faceva solo tenerezza, era
uno dei tanti motivi per cui aveva sviluppato nei suoi confronti un affetto
molto speciale.
“Da quelle parti, sì. Sir Richard ha molti
possedimenti là e, oltre alla sua tenuta, ha anche un piccolo cottage nei
boschi che nessuno conosce. Noi andremo là dove nessuno penserà a cercarci”
spiegò l’uomo. “Ti dispiace non andare subito a casa, Edward?”
“No… del resto quella non è casa mia, è la
casa del marito di Maggie” ribatté il ragazzo, dopo averci pensato un po’. “Mi
piace il cottage nei boschi, spero solo che Maggie verrà presto! E quindi, nel
frattempo, io vivrò con te?”
Eccola, la domanda da un milione di sovrane
d’oro! Come avrebbe reagito Edward alla prospettiva di vivere con un perfetto
estraneo? E lui, Erik, come avrebbe reagito trovandosi attorno il Principe da
mattina a sera?
“Eh… ecco, sì, per questo primo periodo
almeno. La cosa ti mette a disagio?”
“No, perché dovrebbe?” replicò candidamente
il Principe. “Tu mi hai salvato la vita, sei amico di Maggie e di suo marito,
quindi sei anche amico mio.”
Appunto. Il ragionamento non faceva una
piega.
Erik continuò a spronare il cavallo, gli
dispiaceva far faticare tanto quella povera bestia, ma si rendeva anche conto
del fatto che l’alba si stava avvicinando e che per raggiungere il cottage ci
sarebbero volute ancora almeno tre ore, se non di più. Cosa sarebbe accaduto
quando le guardie fossero andate a prendere Edward e Richard nella prigione per
condurli al patibolo e non li avessero trovati? L’uomo ragionava in fretta: un
soldato sarebbe corso ad informare il Re (e questo avrebbe fatto guadagnare
loro tempo prezioso), ma a quel punto? Lady Margaret Pole era tuttora
prigioniera nella Torre e forse il Re avrebbe sospettato di lei… e di Sir
Richard, magari. Era tutto sbagliato, tutto troppo pericoloso, e la colpa era
solo di quella malvagia Regina che aveva ingannato il povero Principe per avere
una scusa valida per giustiziare subito lui e il giovane pretendente al trono.
Edward era rimasto prigioniero della Torre per quattordici anni, cosa sarebbe
cambiato se avesse atteso ancora un mese o due, o magari anni? E, nel
frattempo, Sir Richard avrebbe potuto pianificare in modo più sicuro la sua
evasione, possibilmente senza che in carcere finisse sua moglie…
“Erik… per favore, puoi fermare il cavallo?”
mormorò Edward con voce flebile, interrompendo i pensieri angosciosi dell’uomo.
“Cosa succede? Sarebbe più prudente arrivare
il prima possibile al cottage” rispose Erik.
“Lo so ma io… davvero, non ce la faccio più,
sono talmente stanco e mi fa male dappertutto, da quanto tempo stiamo
cavalcando?” si lamentò il ragazzo.
Edward non aveva tutti i torti, poverino.
Stavano cavalcando senza tregua da più di un’ora e, se anche l’animale era
stremato, il giovane Principe non era da meno. Dopo aver trascorso gli ultimi
quattordici anni della sua vita in prigione (più di quelli che aveva trascorso
fuori… a ben pensarci era una cosa terribile!), il suo corpo non era abituato a
simili sollecitazioni e una cavalcata così lunga e impetuosa era diventata ben
presto una tortura per lui.
Erik sospirò e fermò il cavallo, volgendosi
poi verso il ragazzo.
“Purtroppo non possiamo permetterci di
fermarci” disse. “Come vedi, già comincia a fare giorno e dobbiamo allontanarci
il più possibile da Londra. Però c’è qualcosa che posso fare per aiutarti
almeno un po’.”
Scese da cavallo e spostò Edward più avanti,
rimettendosi poi in sella dietro di lui e stringendolo a sé.
“Procederemo più lentamente, anche per
consentire al cavallo di non sforzarsi troppo” spiegò. “Sarò io a sorreggerti,
così potrai riposare un po’ e anche addormentarti, se ci riesci. Va bene?”
Il ragazzo lo gratificò di un sorriso, stanco
ma tenerissimo.
“Grazie, Erik, io… ci proverò” disse. “Sei
così gentile e sono contento che sia tu a prenderti cura di me. Sei un uomo
buono.”
Erik era molto turbato. Per darsi una specie
di contegno spronò il cavallo, che iniziò a muoversi al trotto. Sì, in quel
modo ci sarebbe voluto più tempo per raggiungere il cottage, ma l’uomo riteneva
che potesse essere sufficiente e, in ogni caso, non aveva intenzione di
sacrificare l’animale né, tanto meno, di far soffrire il Principe. Pochi minuti
dopo, Edward era crollato in un sonno profondo con la testa appoggiata sul
petto di Erik e saldo nella sua stretta sicura e protettiva, nonostante gli
scossoni e l’indolenzimento: doveva essere proprio sfinito.
In preda a un’emozione fortissima, Erik
sfiorò con un bacio i capelli scarmigliati del ragazzo, del suo protetto, del
Principe che aveva salvato.
“Dormi bene, Teddy” sussurrò appena, mentre
la cavalcatura si dirigeva sempre più lontano da Londra e da coloro che
volevano morto quel giovane innocente e il sole iniziava a spuntare tra le
colline.
Fine seconda parte