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Autore: willamaleanatre    22/06/2021    2 recensioni
Cosa succede quando Zoro, in una delle sere più difficili da sopportare, ubriaco fradicio, fa un incontro inaspettato?
Genere: Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Roronoa Zoro, Sanji, Z | Coppie: Sanji/Zoro
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Questa è la prima storia che pubblico su questo sito, non è assolutamente nulla di che. L'ho già pubblicata su wattpad e l'ho scritta una notte insonne di qualche mesetto fa. Ero molto incerta su questa storia, perché mi sembrava sempre gli mancasse qualcosa, però dopo averla revisionata un bel po’ di volte mi sono decisa a pubblicarla. Spero vi piaccia e che me lo facciate sapere attraverso un commento. Spero non siano rimasti errori. Buona lettura!





Zoro odiava aprile, lo detestava con tutto se stesso. Ogni cellula del suo corpo aveva una  tale repulsione per quel mese da scadere quasi nell'assurdo. Sapeva che era tutta una questione psicologica ma niente riusciva comunque a non fargli detestare aprile.

A quel fastidio poi se ne aggiungeva sempre un altro, maggiore e più stressante emotivamente, che non faceva che peggiorare il suo stato d'animo già avvelenato e che inglobava con pensieri tristi e malinconici ogni forma di spensieratezza e allegria presente.

Finiva così per consolarsi con l'alcool, sempre e solo di aprile. Era per quello che la sera prima del 12, il giorno di aprile peggiore di tutti, errando per le vie di quell'enorme città come un'anima in pena, era giunto davanti ad un bar mai frequentato prima.

Gli era sembrato un postaccio poco pulito e decisamente trasandato, con l'insegna scolorita e mezza scardinata e la vetrata opaca dallo sporco, uno di quei bar dove si radunavano pochi e vecchi clienti abituali, si beveva birra di qualità scadente come se fosse il miglior champagne e si scatenavano risse che finivano sempre con qualche dente rotto, ma a Zoro tutto ciò non importava, anzi, preferiva di gran lunga ubriacarsi in una bettola del genere piuttosto che in un bar più rispettabile. Lì nessuno si sarebbe fatto domande e lo avrebbe lasciato in pace.

Era ancora presto perché ci fossero già avventori all'interno del locale, l'orologio del telefono segnava le diciannove e trentanove, anche se, crepato com'era nel lato destro dello schermo, non avrebbe potuto saper precisamente dire se l'ultima cifra fosse veramente un nove, non che gli importasse alcunché dell'orario.

Era entrato dalla porta e si era ritrovato immerso in un ambiente piccolo e sorprendentemente caldo, tant'è che, essendo lui una persona estremamente calorosa, s'era quasi subito sfilato la felpa verde che aveva scelto a caso prima di uscire, rimanendo con una semplice e logora maglietta a maniche corte di una tonalità di blu un po' slavato. Sopra, in bianco, il logo dei linkin park sembrava spento come il proprietario della maglietta.

La musica che passavano alla piccola radio posta dietro il bancone non gli dispiaceva particolarmente, anche se era troppo allegra per come si sentiva quel giorno.

Si era dato un'occhiata intorno, guardando con disinteresse il piccolo bar composto da una manciata di tavolini in legno e ferro battuto nella parte destra della stanza che, con i loro toni scuri, rendevano un po' cupa l'atmosfera, rallegrata solo da soffuse luci gialle, un tavolo da biliardo con il tipico panno verde tutto logoro sulla sinistra e il bancone del negozio sul fondo della sala. Accostati lì accanto c'erano quattro alti sgabelli che riprendevano le stesse tonalità e materiali dei tavolini.

Il bancone non era altro che una lunga tavola in legno su cui poggiavano la cassa e la radio e dietro, sulla parete, stavano una discreta quantità di bottiglie di vetro, contenente ognuna un alcolico diverso. Su una lavagnetta a muro, che stava nell'angolo, in prossimità della cassa, c'erano elencate tutte le specialità del posto, ovvero due cocktail dai nomi strani che Zoro non aveva nemmeno preso in considerazione, e le più classiche bevande alcoliche reperibili in circolazione. Lui non era però il tipo da drink complicati quindi, quando si sedette su uno sgabello, ordinò solo un boccale di birra.

Nemmeno s'era accorto della presenza di un barista, un biondino dall'aria annoiata resa ancora più accentuata da un paio di sopracciglia particolarmente arricciate agli angoli che lo guardava sorpreso con due paia di enormi occhi azzurrissimi, non aspettandosi clienti prima delle otto e mezza come minimo. Ovviamente non ribatté, limitandosi a prendere l'ordinazione che l'insolito ragazzo dai capelli tinti di un particolare verde, che si intonava involontariamente con la felpa legata in vita, per poi servirgliela.

Zoro aveva continuato a fissare intensamente il vuoto e, ad ogni approccio del biondo, aveva risposto a grugniti infastiditi o l'aveva bellamente ignorato. Il loro scambio di parole venne prontamente stroncato dal barista poco dopo, stufo della maleducazione dell'altro.

Continuò così per tutta la serata, Zoro aveva ordinato diversi calici di birra e li aveva sorseggiati pigramente nel più profondo silenzio, continuando a rimuginare su vecchie faccende del passato, la causa di quel suo mutismo malinconico e del suo odio per quel mese, mentre nel bar un discreto numero di avventori si era fermato a bere vecchio whisky giocando a biliardo. Tutto sommato non gli dispiaceva l'atmosfera di quel posto.

Un po' più sul tardi aveva iniziato a sostituire la birra con qualcosa di più forte mentre la testa iniziava a farsi leggera, fin troppo. Come i giorni precedenti Zoro aveva bevuto eccessivamente, se ne rese immediatamente conto quando stordito alzò di poco la testa dal bancone. Non ricordava praticamente nulla delle ore precedenti, solo che era lì a pensare e bere, bere e pensare. La testa gli doleva incredibilmente e continuava a girare.

Una voce vicino a lui lo riportò, un po' troppo bruscamente per il suo malessere, a schiarirsi un po' la testa. Era indubbiamente una voce femminile, tanto acuta quanto incredibilmente arrabbiata e vicina a lui.

Non gli interessava origliare e nel frastuono che lo percuoteva riuscì a cogliere soltanto pochi spezzoni del discorso che stavano intrattenendo civilmente, o almeno ancora per poco dato il tono della donna. "Debito, soldi, promesso, Robin" tutte parole per lui senza significato. La sua voce acuta gli stava perforando i timpani, così, in uno scatto improvviso, si era voltato e, sbattendo una manata sul tavolo, ed anche se non aveva usato la sua massima forza era riuscito a far traballare e tintinnare buona parte dei bicchieri sporchi che ci stavano sopra, si era rivolto alla donna che gli stava accanto.

«Brutta strega stai zitta! Ho un mal di testa allucinante e non...» si era bloccato con la stessa rapidità con cui era scattato non appena aveva visto bene la ragazza al suo fianco. Forse furono i fiumi d'alcol che ancora aveva in corpo ad avergliela fatta vedere uguale, ma non poté proprio impedirsi di invocare il nome della sorella, scomparsa ormai quindici anni addietro, con la voce scioccata di chi ha appena visto un fantasma e una punta di dolore crudo, vivo, come se la ferita fosse aperta da pochi giorni e non da anni e anni. «Kuina...» l'aveva ripetuto più e più volte, il tono sempre più basso fino a ridurlo a un sussurro appena udibile alle proprie orecchie.

La ragazza in questione era dapprima rimasta indispettita dallo scatto di quel ragazzo misterioso, mai visto nel bar, poi, vedendolo così smarrito e addolorato, aveva un po' addolcito l'espressione che rimaneva comunque perplessa davanti a quello scenario. L'altra ragazza al suo fianco, un'avvenente fanciulla dai fulvi capelli lunghi, turbata da quell'uomo aveva preso il gomito con una mano all'amica e la stava scortando fuori dal negozio, non prima di aver detto un lapidario "salderemo il nostro debito domani" al barista. 

«Passate una buona nottata, soprattutto tu Nami-swan.» aveva soffiato sconfitto il biondo, guardando la porta chiudersi dietro le due ragazze. Per nulla impietosito dallo stato ebbro dell'altro, il barista, non poté che uscirsene con una battutina sarcastica nei confronti dell'altro ragazzo.

«E così il marimo qui presente parla, wow.» Lui lo guardava torvo, ormai di nuovo zitto. Fu un silenzio confuso ma che durò ben poco.

«Come mi hai chiamato cuocastro dalle sopracciglia a ricciolo, eh? Certo che parlo!» rispose stizzito spostandosi con il bacino verso il biondo dietro il bancone.

«Bada a come parli che sennò ti sbatto fuori dal locale, mr. faccio il maleducato perché sono superiore a tutti e crollo quasi in coma etilico sul bancone di un bar!» quasi lo gridò, ormai infiammato contro quell'uomo che, come da tutta la sera pensava, era solo un maleducato, spocchioso ubriacone.

Le facce degli altri clienti si voltarono incuriosite ma non sembravano troppo sorprese di trovare Sanji pronto a menare le mani con un cliente, forse lo erano di più di quello sconosciuto che sembrava muto come un pesce e impassibile davanti a tutto, e che quindi difficilmente si immaginavano pronto a fare a botte gridando insulti biascicati al nipote del proprietario.

Continuarono a guardarsi in cagnesco e a latrarsi addosso ogni tipo di insulto per un bel pezzo, finché non intervenne un uomo un po' panciuto con degli spropositati baffi biondi e tutta l'intenzione di frapporsi fra di loro. Zoro, che ormai sentiva la sua testa sul punto di scoppiare, si era voltato infastidito verso quel signore che osava intromettersi tra lui e quel biondino da strapazzo, già pronto ad alzare la voce anche contro di lui e intimargli di starne fuori.

Non si aspettava dunque di beccarsi una pedata in testa, fatta dalla protesi che l'uomo aveva alla gamba, nascosta dai calzoni lunghi, né tantomeno la forza che possedeva nel sostituto di quell'arto mancante, di cui lui non si era accorto.

«Piantala, piantagrane che non sei altro e tu...» si era girato su se stesso dopo aver assestato il colpo, fissando i suoi occhi neri come onici sul barista. «Sanji, disgraziato perché non la smetti mai di cercare di menare i nostri clienti??» accompagnate a queste parole c'erano state una mazzata in testa anche a lui è uno sguardo così freddo da poter competere con il ghiaccio che tenevano lì nel bar per i cocktail.

Ci fu un attimo di stasi nell'aria, nel quale ogni cliente sembrava essersi ghiacciato sul posto, sotto l'imponente presenza di quell'uomo, che da solo sembrava occupare tutta la stanza. Fu il barista il primo a parlare ed incrinare quel momento sospeso.

«Ciao anche a te Zeff, eh. Anche oggi giornata pesante?» sorrise beffardo, incurante del timore di quasi tutti gli altri lì dentro.

«Non scherzare con me marmocchio, per oggi hai finito. Porta fuori il tuo culo da qui e trascinati dietro anche quello dell'altro attaccabrighe che sta causando questo casino indicibile a un'ora così tarda della notte!» non rivolse più uno sguardo a nessuno, si diresse semplicemente nel retro del negozio per prendere un grembiule e quando tornò era palese la sua intenzione di sostituire il posto del biondino.

Zoro, dopo la botta subita, sembrava essersi svuotato da qualsiasi voglio di gridare, troppo stanco per continuare a farlo, e quando, uscendo trascinato, letteralmente, dal negozio, sentì il biondo proferire le ultime parole all'interno del bar per poco non ebbe paura di un altro colpo e altre grida.

«Solito vecchio di merda!» Zoro ancora non sapeva che i due fossero imparentati, quindi, dopo un sospiro stanco e un mezzo sbadiglio, gli chiese se non avesse paura che le sue parole fossero arrivate alle sue orecchie. A quelle prime parole dette in modo civile anche Sanji cercò di abbassare un po' i toni con l'altro.

«Tranquillo, il vecchio di merda parla parla, qualche volta ti colpisce e ti sbatte fuori dal locale ma non è così male. La vecchiaia l'ha reso sempre più acido.» disse, con una punta di affetto così palese che non sfuggì nemmeno alla mente annebbiata di Zoro.

«Capisco...» fu l'unica cosa che riuscì a dire, prima che la sua testa venisse catturata nuovamente dai soliti pensieri che lo tormentavano ogni aprile dell'anno, non che gli altri mesi non si sentisse tormentato dal ricordo di Kuina ma essendo aprile, più precisamente il 12, la data della sua morte, tutto in quel periodo gli sembrava sempre estremamente grigio e triste, anche se le piante fiorivano e le cose sembravano tutto fuorché grigie e tristi.

Il biondo si spazientì immediatamente dell'ennesimo silenzio, ritornando al pregiudizio iniziale che s'era fatto dell'altro ragazzo.

«Ed ora perché non parli, di nuovo troppo superiore a noi poveri comuni mortali?» il sarcasmo trasudava in quelle parole sprezzanti, rivolte ad un ragazzo che le stava prontamente ignorando, accrescendo così l'irritazione di chi le aveva poste.

Per quanto si erano gridati contro nel bar nessuno dei due era ricorso ad un contatto fisico di nessun tipo, tranne quando Sanji lo aveva portato fuori dal negozio tenendolo per un braccio, quindi la presa ferrea del biondo sulla spalla di Zoro fu la scintilla che fece definitivamente incendiare il ragazzo. Lo aveva scosso in modo brusco apposta, lo sapeva, ma non poteva sopportare che nessuno lo toccasse lì, non sulle spalle, non in quel modo, proprio come faceva Kuina durante i loro litigi da bambini, non dopo averlo accusato di stare in silenzio perché spocchioso, non il giorno prima dell'anniversario della sua morte. I suoi occhi lampeggiarono fissi in quelli dell'altro quando la sua mano cozzò contro la guancia del biondo con un rumore secco.

«Toglimi le mani di dosso lurido cuocastro! Non provare nuovamente a toccarmi, intesi? E poi che ne sapresti tu se sono altezzoso o meno, dimmelo se lo sai eh? EH? CHE NE SAI TE?» aveva urlato le ultime frasi, tremante di rabbia. Nemmeno lo sguardo sorpreso di Sanji riuscì a fermarlo. «Chi ti credi di essere per dire una roba del genere? Tu non sai niente di me e non capisco perché tu sia ancora qua, vattene!» era ancora furibondo e il biondo sapeva perfettamente che sarebbe veramente stato meglio andarsene il prima possibile, ma c'era qualcosa che lo fece desistere. Non seppe nemmeno lui cosa.

Nessuno l'aveva mai schiaffeggiato né qualcuno gli si era rivolto mai con una tale ferocia ad impossessarsi del corpo, e solitamente si sarebbe immediatamente difeso dando sfoggio delle sue enormi abilità nella lotta libera, ma quella volta c'era qualcosa di più in ballo. Qualcosa che ancora non era riuscito ad inquadrare e che desiderava ardentemente scoprire. Stette quindi immobile davanti alla furia dell'altro e aspettò che lo colpisse di nuovo, Zoro aveva già caricato il pugno ed era pronto a scagliarglielo addosso. Si fermò con le nocche a pochi centimetri dal suo naso.

«Perché?» bisbigliò «Perché non te ne sei andato, perché non l'hai fatto? Perché non ti sei voltato e mi hai abbandonato come hanno sempre fatto tutti?» disse un po' più forte. Il braccio gli era ricaduto lungo il fianco, senza accorgersene si erano avvicinati e Sanji non faticò a vedere le lacrime che imperlavano già le lunghe ciglia nere. Zoro non attese una risposta di Sanji, tanto lui non avrebbe saputo dargliene una nemmeno volendo, semplicemente non sapeva che dire.

«Perché non te ne vai? Perché non fai come...» un singhiozzo strozzato interruppe a metà la frase. «Come Kuina... anche lei se n'è andata per sempre.» scoppiò a piangere e singhiozzare, Sanji non sapeva che in quindici anni non aveva mai mostrato così apertamente e spontaneamente la sua debolezza a nessun altro.

Il ragazzo biondo, senza pensarci due volte circondò con le braccia muscolose l'altro ragazzo che, anche se indubbiamente più grosso di lui, stretto così, gli pareva fragile e indifeso alla stregua di un bambino di otto anni e delicatamente sfiorò con le proprie quelle labbra carnose che sapevano di birra e lacrime. Nessuno dei due si sottrasse e, finito il bacio, Sanji non lasciò la presa sul suo corpo finché questo non smise di tramare scosso dai singhiozzi. Sanji capì lì cosa non l'aveva fatto andare via, c'era qualcosa in quell'uomo che lo intrigava, e solo in quel momento scoprì essere i sentimenti che celava sotto quella faccia da duro.
   
 
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