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Autore: NightWatcher96    23/06/2021    3 recensioni
ProHero: Raggiungere la perfezione può non voler portare a desiderare più nulla. Eppure il destino a volte è beffardo e Katsuku Bakugo lo scoprirà molto presto…
BakuDeku (Mpreg) e altre piccole Ship
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Izuku Midoriya, Kaminari Denki, Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: nessuna | Avvertimenti: Mpreg
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Angolo della Quirkless

Me lo sentivo che avrei dovuto scrivere questa storia. Una certa persona mi ha dato l'idea, e la ringrazio. Detto ciò, Enjoy!!



 

Katsuki era uno dei cinque migliori Pro Hero degli ultimi cinque anni. 

A ormai ventidue anni appena compiuti poteva ritenersi soddisfatto: era il Number Two Hero, stava progettando di aprire un'agenzia di Hero, era sposato con Deku da circa due anni e otteneva sempre tutto quello che voleva. Era molto amato, aveva sempre una discreta folla di persone che lo acclamavano e nessun Villain poteva farla franca. 

Poteva definirsi soddisfatto di tutto, perfino di essere un passo avanti Shoto Todoroki. E mai e poi mai avrebbe chiesto di più.

"Ben fatto, Baku-bro! Anche oggi ci sei andato alla grande" incitò Kirishima.

Avevano catturato un Villain molto pericoloso, con un Quirk in grado di animare cadaveri per combattere o eseguire compiti che nel peggiore dei casi avrebbe portato a una carneficina. Dato che commercializzava una droga molto potente con altri Paesi, grazie a Kacchan era stato catturato cogliendolo in flagrante mentre consegnava una quantità disumana di scatole di droga in un carico pronto a lasciare Musutafu durante la notte. Kirishima, Denki e Shoto avrebbero ricordato a lungo l'enorme spettacolo pirotecnico che fece il biondo con tre semplici fiammate al carico, mandando in fumo piani molto pericolosi.

Katsuki sogghignò in risposta, alzandosi la maschera sui capelli biondi. Era veramente molto stanco, aveva bisogno di tornare a casa e stare con il suo compagno di vita. Alzò lo stereo nella fiammante auto rossa di Eijiro nel momento in cui sentì uno dei tanti notiziari.

"Ci vediamo stasera per bene qualcosa?" chiese Denki, seduto sui seggiolini posteriori. 

"Non sono dei vostri. Ho una voglia di fottere Deku che non vi dico!". Red Riot scoppiò a ridere con gusto, facendolo immancabilmente incazzare. "Oi, oi , oi! Vuoi che ti faccio saltare la testa in questa carriola?" ruggì con un ghigno.

"Non c'è n'è bisogno, Kacchan. Tra l'altro non manca molto al tuo appartamento. Sappiamo che quando sei in vena di sesso non ci sono censure che tengano per la tua boccaccia!" commentò Denki, punzecchiandogli una guancia con l'indice.

"Non chiamarmi Kacchan, Pichaku!" sbuffò.

"E dai, Denki, non lo vedi che ha il cazzo duro?" riprese Red Riot, con una mezza risatina.

"Pensa agli affaracci tuoi! E poi da quant'è che ti sei fatto così sboccato?" ringhiò Katsuki, mentre l'altro accostava per aver trovato un parcheggio miracoloso. Scese, non prima di essersi affacciato al finestrino. "Anche il tuo è duro!".

"Non posso non pensare a-".

"Al tuo Pichaku, certo! Era ovvio!" tagliò corto il biondo, vedendo Kaminari arrossire un po' e borbottare qualcosa su come cambiare discorso fosse stato anche meglio. "Ci vediamo domani, salvo cambiamenti per la ronda notturna".

"Ci sarà Todoroki di turno, noi siamo liberi" confermò Eijiro, scuotendo poi il cellulare. "Se ci sono novità ti scrivo".

"Assicurati di non interrompermi quando avrò il culo di Deku sul mio cazzo" concluse, facendolo ripartire con una sonora sgommata. 

Kacchan si strofinò il naso, un'abitudine che mostrava inconsapevolmente quand'era stranamente di ottimo umore, poi con le mani in tasca e il costume ancora addosso che aveva un pessimo aroma di fango e sudore, sparì nell'ingresso del palazzo dove aveva comprato un appartamento insieme a Deku.

Non era molto grande ma estremamente confortevole, l'ambiente architettato accuratamente per offrire il maggior spazio possibile disponendo sapientemente il mobilio. Appena entrò, togliendosi gli stivali e infilandosi le ciabatte rosse il suo naso catturò un odore che gli fece venire l'acquolina in bocca. Seguì la scia fin nella cucina.

Deku canticchiava sottovoce, mentre affettava carote e cipolle per riporle nella pentola dove soffriggeva già dell'olio. Notò della carne, delle uova e del miso quasi pronto. Era sicuramente curry! Kacchan gli avvolse le braccia intorno alla vita, affondandogli il mento nell'incavatura del collo. 

"Hai un buon profumo" gli disse, alitandogli e mordicchiandogli un orecchio.

"Kacchan, bentornato!" sorrise Deku, stampandogli un bacio sul naso. "Curry per cena, miso e salmone ai ferri".

"Che si festeggia?" domandò curioso il biondo. L'altro lo guardò con un dolcissimo sorriso ma poi tornò a cucinare. "Beh?".

"Semplicemente il tuo eroico salvataggio di Musutafu contro quei Villain. Bisogna festeggiare. Era pur sempre un'impresa pericolosa".

"Solo?".

Deku lo guardò incuriosito. "In che senso solo?".

"Non cucineresti tutto questo solo per una delle tante missioni che porto a termine" rimarcò Kacchan, accarezzandogli la guancia. "Sei un po' pallido" sentenziò, passando a premergli una mano contro la fronte. "E anche caldo. Hai la febbre?".

"No, mi sento bene" ammise Deku. Ma l'altro sparì sciatto verso il bagno per trovare la cassetta del pronto soccorso e ritornare in cucina con un termometro in mano. "Kacchan, dico sul serio! E poi scusa, non posso cucinare qualcosa di speciale per mio marito?".

Un palpito felice sorprese il cuore del biondo. Anche se si era abituato ad essere un uomo sposato, il suo cuore sobbalzava di gioia quando Deku lo chiamava suo marito. Gli sembrava tutto così surreale e bellissimo allo stesso tempo, ma non l'avrebbe mai ammesso. Si limitò a sorridere in modo seducente, tirandolo a sedere su una sedia per infilargli il termometro sotto l'ascella. 

Aspettò qualche istante mentre rigirava il mestolo di legno per eliminare la cipolla ormai dorata e aggiungere un cipollotto già affettato e carote, sfumò con un bicchiere d'acqua e lasciò cuocere con il coperchio. Ora l'odore era ancora migliore.

Quando riprese il termometro la sua espressione si rabbuiò. 

"Hai la febbre a trentotto, Deku!" scattò, prendendolo in braccio e ignorando le proteste dell'altro. "Ti porto a letto. Finisco di preparare io la cena".

"Kacchan, ti prego, lo sai che-". Improvvisamente il verdino si staccò violentemente da quella comodissima presa e corse in bagno, avventandosi sul water per un conato di vomito. Fu improvviso, ma il suo corpo iniziò a recepire il malessere della febbre, come se fosse finito l'effetto di una medicina. Tossì e vomitò per tre volte, rimanendo con il volto pallido e gli occhi lucidi a contemplare la macchia chiara galleggiante. 

Il biondo varcò la soglia del bagno con un'espressione molto preoccupata, senza emettere parola lo aiutò a rimettersi in piedi, sciacquarsi bocca e viso e lo accompagnò a letto, amorevolmente rimboccandogli le coperte e accarezzandogli i capelli.

"Forse avevi ragione tu, Kacchan…" ammise Deku. "Ora mi sento una schifezza".

"Vado a farmi una doccia. Tu riposa. Mi prenderò cura io di te".

Deku sorrise, amava Kacchan per molteplici motivi, uno di tutti questo suo lato così dolce…

 

"Il tuo caffè".

Kacchan fissò il cartone scuro di caffè bollente che Eijiro gli aveva appena poggiato sulla scrivania. Ora vedeva macchie verdastre dappertutto, doveva essere rimasto a fissare la luce in catalessi per chissà quanto tempo. 

"Sembravi così assorto che non ti sei accorto di niente" ridacchiò il rosso, cercando il suo sguardo. "A che pensavi? E' da qualche tempo che sei sempre preoccupato".

"Deku" evidenziò sospirando. Non mescolò lo zucchero al caffè, lo preferiva caldo e amaro. 

"Perché? Non sta bene?" domandò l'altro, visibilmente preoccupato.

"Recentemente ha avuto la febbre, durante le sue ronde viene colto da malesseri vari che quando torna a casa non mangia e si mette subito a letto. Sono sei giorni che non ha un pasto decente" spiegò con sorprendente calma, prendendo infine un sorso di caffè. 

"Sai che Midoriya non ama far preoccupare nessuno. Vedrai che starà meglio. Ultimamente c'è un virus nell'aria che porta influenze intestinali che hanno questi stessi sintomi" annuì il rosso, ma poi sorrise. "E' bello vederti così attento al tuo compagno, lo sai?".

Kacchan lo sorprese un'altra volta, sorrise naturalmente, con gli occhi che brillavano di gioia e non del solito ghigno sprezzante che lo aveva sempre caratterizzato nei giorni del liceo. 

"E tu con Pikachu?" commentò dopo qualche attimo. Sogghignò oscuramente quando Red Riot divenne improvvisamente rosso e farfugliante, con lo sguardo basso e le dita che si intrecciavano nervosamente. 

"Alla grande. Facciamo sesso almeno tre volte al giorno".

Kacchan fischiò, prendendo ancora un sorso. Gli piaceva il caffè, dopo il piccante, almeno. "Ad ogni pausa quindi gli dai il tuo cazzo, eh?".

Non si sorprese di sentirsi intimare di fare silenzio. Eijiro, quando era in agenzia tendeva a non essere scurrile e a non parlare del suo storico ragazzo per evitare di ritrovarsi in imbarazzantissime situazioni. Tuttavia annuì un po'. 

"Sai, io e Denki vorremmo dei bambini" ammise dopo qualche attimo. 

Il ghigno di Kacchan morì all'istante, mentre prendeva il penultimo sorso di caffè. "Non ti servono mocciosi se sei felice con lui".

"E' qui che ti sbagli. Il nostro amore sta evolvendo molto che pensiamo di voler allargare le nostre vedute" ammise il rosso, con lo sguardo innamorato puntato verso il nulla. Kacchan sbuffò rumorosamente, alzandosi dalla scrivania. "Anche a Midoriya piacciono molto i bambini".

"Sì, ma non ne vogliamo" rimarcò immediatamente il biondo, buttando l'involucro ormai vuoto nel cestino accanto alla porta.

"Questo è quello che credi tu, perché durante le varie missioni o ronde, Deku ha quello sguardo felicissimo e in parte un po' triste quando è con dei bambini. Non ci hai mai fatto caso?".

Kacchan spalancò gli occhi, poi lo guardò a tre quarti con fare indagatorio.

"Probabilmente sa che tu non ami i bambini e di conseguenza non tocca l'argomento. Ma sai, dovresti parlare con lui".

"Parlare di cosa? Che dovrei sapere?!" scattò il biondo, procedendo verso di lui ad ampie falcate.

Ejiro alzò le mani in difesa, cercando di sdrammatizzare un po'; sembrava che la reazione di Katsuki fosse stata dettata dalla gelosia e dalla rabbia, non tanto per il fatto di non conoscere i pensieri del suo compagno di vita.

"L'ultima volta l'ho visto fermo dinanzi a un negozio di maternità insieme a Uraraka che sai che a Hisei-chan servono sempre vestitini nuovi" raccontò il rosso, appoggiandosi sul bordo della scrivania a braccia conserte. "Il primogenito di Uraraka e Iida è così carino che è normale vederli sempre fare shopping. A sei mesi è già bello grande" ridacchiò, ma l'altro era sempre più incazzato. "Uraraka mi ha raccontato che Midoriya fosse molto felice, tuttavia gli mancava qualcosa".

Quando sollevò lo sguardo, però, il biondo era già andato via, fumante di rabbia. Perché Deku non gli aveva detto niente? Ancora non si fidava di lui? La rabbia gli faceva sudare le mani, se non fosse stato attento avrebbe fatto saltare in aria qualcosa.

 

Deku starnutì, strofinandosi il naso. Aveva ancora la febbricola, si sentiva nauseato tutto il tempo e il fatto che non potesse mangiare nulla se non qualche cracker non aiutava ad ottenere le prestazioni massime nel suo lavoro come Number One Hero. Forse era complice anche il fatto che facesse abbastanza freddo e sul cornicione di un palazzo a specchi l'aria era ancora più densa e gelida. 

Stava osservando la città dopo aver avuto un rapporto da Endeavor circa un Villain semi-invisibile che andava a rapinare solo gioiellerie. Era lì in attesa da circa un'ora e quarantacinque ma niente. Che si fosse dileguato in un'altra città? 

Un improvviso capogiro lo fece allontanare dal cornicione, ci mancava solo che fosse caduto da una simile altezza e morto stupidamente. Si tolse un guanto, poggiandosi la mano sulla fronte imperlata di sudore: accidenti, era ancora più caldo. L'orologio sul telefono segnavano quasi le venti e trenta, poteva dire di aver finito il suo turno. Richiamò l'One for All e si lanciò nel vuoto, il suo Black Whip gli avrebbe funto da liana e avrebbe volteggiato per aria, dando un'ultima occhiata.

Quando miracolosamente riuscì a tornare a casa, stanco e intontito qual era, lo accolse ben altra scena di quello che aveva immaginato, ovvero coccolarsi sul maglione nero di Kacchan e sentirsi protetto come amava.

"Sono a casa" disse. 

"Era ora" bofonchiò la voce incazzata di Katsuki che era appoggiato al tavolo della cucina con le braccia conserte. Deku non ci fece caso e cercò di baciargli la guancia ma l'altro si allontanò con una rapida inclinazione del capo. "Che cos'è questa storia che vuoi un figlio? Io non ti basto? La nostra casa non ti basta? Essere Number One Hero e il top dei Pro Hero non ti basta più adesso?!" scattò.

Deku fu costretto a fare un passo indietro, non sapendo cosa pensare né cosa rispondere.

"Te ne vai in giro, parli con gli altri e mi tieni all'oscuro!" continuò il biondo, alzando le mani al cielo. 

"Kacchan, io non riesco a capire sinceramente. Sono anche stanco, vorrei dormire se non ti dispiace".

"Non mangi più, non facciamo più sesso, quanti giorni sono che sei malato?" riprese il biondo, avvicinandosi ancora. L'altro non seppe rispondere, chinò perfino la testa. "Te lo dico io: sono undici giorni! Secondo me è perché non mangi! La tua testa è riempita di stronzate!".

"No, Kacchan, è solo che vomito e-".

"E' la febbre, cazzo! Perché non vuoi mangiare quello che cazzo ti cucino!" tuonò ancora l'altro, interrompendolo. "Ascoltami bene, tu ti lasci trasportare da Faccia Tonda e il suo Quattrocchi! Loro non sono dei Pro Hero molto ricercati, hanno potuto mettere su famiglia. Ma noi due" e indicò con due dita entrambi: "Siamo Pro Hero, i rispettivi Number One e Numbero Two e non possiamo pensare di avere figli, mi sono spiegato?!".

Non si aspettò di vedere gli occhi lucidi di Deku e un'espressione molto amareggiata.

"Non stavi pensando seriamente di avere un bambino, vero?" rimarcò il biondo, cercando di accarezzargli la guancia, perché sì, si sentiva in colpa per quell'espressione tanto triste. Gli ricordava il passato, sbattendoglielo in faccia rudemente. "Deku? Dimmi la verità? Perché io non voglio bambini, non voglio figli. A me basti tu e quello che abbiamo".

Deku si scansò da quel tentativo di carezza, facendo un passo indietro. Era un deja-vu, adesso. 

"So bene che non vuoi figli, perché mi vieni a fare questa cazzo di ramanzina sapendo che non mi sento bene? Diamine, Katsuki, devi sempre farmi girare i coglioni!" scattò il verdino, con dei termini così insoliti per lui. Ma Kacchan lo sapeva che era tutta la rabbia. "Io amo i bambini, mi piacerebbe averne, anche perché non siamo a combattere i Villain tutto il tempo e poi ci sono la fuori agenzie, Pro Hero e future generazioni in grado di proteggere i cittadini!" scattò, sferzando l'aria con una mano. "Per questo non te ne parlo, so che non ne vuoi. L'argomento è chiuso".

Girò sui tacchi e si rinchiuse nel bagno, sbattendo la porta. Tuttavia anche con lo scroscio dell'acqua aperta a Katsuki arrivò come una freccia il pianto e il suo cuore si strinse. Aveva fatto piangere il suo Deku per dirgli cose molto egoistiche. Anche a lui piacevano i bambini, amava essere l'eroe di quelli più tosti, ma non sapeva gestirli. Il suo carattere parlava da solo. 

Sospirò pesantemente, strofinandosi i capelli con rammarico. E pensare che aveva anche preparato una squisita cenetta per loro due.

Improvvisamente si udirono dei passi rapidi, Deku aveva i capelli bagnati, il costume addosso ancora sporco.

"Dove stai andando?!" chiamò il biondo, mentre l'altro si infilava le scarpe. "Asciugati prima di prendere l'ennesimo malanno!".

"C'è un Villain pericoloso. Non ci metterò molto, aspettami, Kacchan!" esclamò frettoloso, sparendo. 

Il suo essere imbambolato durò qualche attimo, fino a che Deku non sbattè la porta, di corsa com'era. Non poteva lasciarlo da solo…! Ma l'agenzia aveva richiesto l'intervento solo del Number One Hero e se fosse intervenuto sarebbe stato uno smacco per Deku e per lui che segretamente lo ammirava moltissimo. 

Aveva questo sentimento di ansia, un presentimento nel petto, tuttavia avrebbe resistito e avrebbe atteso il suo Izuku, magari scusandosi per averlo ingiustamente incolpato…

 

Il Villain sembrava la copia carbone di Muscular, estremamente alto, muscoli d'acciaio che ricoprivano il suo mastodontico corpo e occhi scarlatti che ricoprivano l'intero bulbo. Aveva dei capelli scuri, alcune ciocche altrettanto scarlatte indossava una tuta da carcerato arancione, con i piedi nudi, dove a una caviglia serpeggiava una palla di ferro con una massiccia catena.

Il suo Quirk creava terremoti e innalzava colonne di terreno in ogni dove. Aveva fatto un bel polverone nei quartieri più malfamati di Musutafu, distruggendo circa tre edifici per fortuna disabitati e ora rideva al centro di una profonda voragine, guardando Deku che schivava spuntoni di terra che cercavano di trafiggerlo.

"Il Number One Hero!" esclamò battendo le mani. Il terreno iniziò a tremare, si innalzò una colonna fangosa che si modellò in un pugno enorme. "Prendi questo, Hero dei miei stivali!" urlò poi, colpendolo sferzando l'aria come fosse stata la sua mano. 

Deku era stanco, i suoi riflessi appannati e si ritrovò a calcolare male il tempo: fu colpito in pieno da quella forza possente, tanto da sbattere la testa contro dei tubi di ferro. 

"Non sei poi così forte, come dicono!" rise sguaiatamente, uscendo lentamente dalla voragine. Aveva la mano sinistra chiusa a pugno che si muoveva circolarmente. "Se ti faccio fuori diventerò io il Number One!".

Deku aveva la vista annebbiata, il colpo lo aveva portato quasi allo svenimento e ora sentiva sanguinare alla nuca. Era costretto a tenere un occhio chiuso che era stato completamente imbrattato da un taglio sulla fronte. La sua spalla lussata non aiutava ma ancor di più quel malessere che stava crescendo sempre di più.

Aveva un'unica possibilità: sfruttare l'unico braccio buono per poter colpire con un Delaware Smash e colpire la placca di metallo incastonata dove vi era la clavicola di quel mostro. Ogni volta che l'aveva colpito, cercando uno scontro ravvicinato, quest'ultimo aveva sempre cercato di proteggere quella parte, preferendo sacrificare altri punti del corpo. 

"Sei finito, Hero!" urlò il Villain, che nel frattempo sulla sua testa aveva accumulato una quantità ingente di polvere per compattare un cubo dalle dimensioni enormi. Con incredibile velocità, questo iniziò a piombare verso Deku che nel frattempo cercava di rimettersi in piedi.

Il tempo allora prese a muoversi con lentezza, tutto così nitido in quello stop motion: il Villain aveva le braccia aperte, fin troppo sicuro della sua vittoria, il cubo era prossimo a schiacciarlo. Era il momento!

Scagliò la Black Whip afferrandolo per una caviglia e lo trascinò verso di se, poi saltò oltre quel cubo e con tutte le ultime energie caricò un potentissimo Delaware Smash sulla superficie compatta riuscendo non solo a distruggerlo ma anche a colpire il nemico nel suo punto debole che urlò e il suo corpo divenne semplicemente sabbia.

Deku ce l'aveva fatta… aveva vinto!

"Mamma, è Deku! Ha vinto contro quel cattivo!" sentì gridare alle sue spalle.

Come si voltò il suo sguardo si dipinse di orrore: c'era un bambino che correva felicissimo verso di lui, con un pupazzetto delle sue sembianze in un pugnetto e lo sguardo felice, mentre alle sue spalle sua madre cercava di riprenderlo, chiamandolo con forza.

"Katsumu! Torna indietro, tesoro! E' pericoloso!".

Quel nome aveva tanto in comune con quello di suo marito che gli venne un po' il senso di colpa per averlo trattato in quel modo. Poi il suo Danger Sense scattò: dei tubi stavano cadendo dal cielo. Ma come? Il nemico prima di morire aveva tranciato una gru che sorreggeva dei pesantissimi tubi d'acciaio. Non aveva energia per distruggerli ma per salvare quelle due vite sì.

Il suo corpo si mosse senza pesarci, si buttò sul bambino, poi sulla madre e il suo mondo diventò nero, in un sonoro schianto…

 

Perché non chiamava? Aveva promesso che sarebbe tornato e con quel sorriso appena accennato che aveva promesso un rapido ritorno e invece erano passate quattro ore. Era quasi l'una e mezza di notte e Kacchan era roso di preoccupazione. Forse sarebbe dovuto andare con lui e mettere a tacere quel suo maledetto senso di ansia e impotenza nel petto. 

Improvvisamente il cellulare sul tavolo si illuminò e poi prese a squillare. Katsuki si buttò immediatamente dalla sedia per rispondere.

"Bakubro, corri immediatamente all'ospedale! Midoriya… Midoriya è stato gravemente ferito!".

Il biondo si sentì crollare il mondo addosso, incapace di rispondere a Red Riot che chiamava il suo nome dall'altoparlante del cellulare nella sua mano, distesa mollemente lungo il fianco. Non riusciva a muoversi, ancora incredulo e freddato. 

"Bakugo!".

"Ci sono, Eijiro! Qual è l'ospedale?! Cazzo, sto andando!".

"L'ospedale Jaku, era il più vicino!".

Il biondo afferrò le chiavi di casa e corse il più velocemente possibile. Avrebbe preso la scorciatoia per salire sui tetti e da lì arrivare all'ospedale in questione, con il cuore che batteva furiosamente nel petto. Ringraziava la sua rabbia che gli conferiva potenza, normalmente anche se era veloce non riusciva a esserlo come voleva, ma quando il suo cuore era rapito da un sentimento ben più oscuro aumentava notevolmente.

E infatti in poco più di venti minuti raggiunse l'ospedale, correndo a perdifiato verso la reception, sbattendo sonoramente i palmi sudati sul bancone per attirare l'attenzione. La donna dalle fattezze di drago lo guardò per qualche attimo, poi lo riconobbe subito.

"Ground Zero!" squittì felice di vederlo.

"Deku è stato ricoverato qui! Qual è la sua stanza?! Faccia presto, cazzo!" ringhiò.

"E' in terapia intensiva, settimo piano" spiegò mentre leggeva dal monitor. "Aspetti, Ground Zero! Non può andare, non è permesso!".

"Faccio il cazzo che mi pare quando c'entra mio marito!" urlò l'altro anche se era già a correre per una rampa di scale.

Cercò di prendere un ascensore ma questa si richiuse nel momento stesso in cui tentò di infilarci dentro. Sbottò qualche bestemmia pesante, per poi scegliere di percorrere le rampe di scale, ignorando dottori e infermiere che per poco non furono scaraventati in aria.

E con il fiatone finalmente si trovò sul piano desiderato, cercando immediatamente la stanza di Deku, tuttavia dovette comprendere che in terapia intensiva significava sedere su uno dei seggiolini rossi di quel corridoio e fermarsi dinanzi a due porte bianche chiuse.

Per qualche momento si mise a camminare avanti e indietro, passandosi di tanto in tanto la mano tra i capelli nel tentativo di non farsi prendere dal panico più di quanto non fosse, poi si sedette, portandosi un ginocchio al petto e appoggiando la fronte su un braccio poggiato sull'arto inferiore.

La sua mente ripercorreva il momento in cui l'aveva aggredito, dicendogli cose terribili, vomitandogli il suo egoismo addosso come un bambino viziato, tirando in ballo il loro lavoro da Pro Hero per giunta Top. Ma Deku aveva avuto ragione, non combattevano tutto il tempo, potevano anche essere come Ochako e Tenya e mettere su famiglia.

Una lacrima osò sgorgare dalle sue palpebre strette e colare lungo la guancia. Perché questo suo carattere era la sua condanna? Perché si era accanito su Deku, ignorando che non si sentisse neanche bene? Perché? Perché era un tale palo nel culo per tutti? 

"Ground Zero?".

Il suo respiro divenne tagliente, registrando che qualcuno lo aveva appena destato dai suoi pensieri oscuri: Kacchan si mise composto nel vedere una dottoressa con in mano una cartellina clinica e un sorriso addolcito.

"C… come sta?" biascicò il biondo, alzandosi con occhi spalancati.

L'altra si fece seguire oltre quelle due porte bianche; come una folata improvvisa di tempo un odore di medicinali e alcool gli si insinuò nelle narici, facendogli storcere un po' le labbra. Odiava gli ospedali anche per questo motivo, gli ricordavano tutte le volte che Deku aveva messo in gioco la propria vita per salvare quella degli altri. Un giorno, aveva spesso pensato, lo avrebbe sicuramente perso.

Si fermarono dinanzi a una finestra che affacciava su una piccola stanza dalle pareti interamente verde acqua, il pavimento bianco e una serie di macchinari collegati a un corpo che spariva in mezzo a flebo, bende e coperte. Quella massa di capelli scuri non gli passò inosservato: Kacchan appoggiò una mano sul vetro, come avesse voluto accarezzarlo.

"E' miracolosamente fuori pericolo. Deku è stato veramente miracolato, chiunque al suo posto sotto quei tubi non ce l'avrebbe fatta. Ah, ma che dico, non solo lui ce l'ha fatta ma anche il bambino" sorrise la donna con occhi verdi e capelli biondi legati in una treccia.

Kacchan la guardò come se le fossero spuntate tre teste. Forse non aveva capito bene, sì, era decisamente troppo scosso per essere lucido.

"Bambino…?" ripetè in un fil di voce.

"Sì, non lo sapevate? Deku è in stato di gravidanza da circa dodici giorni. Dovrà essere tenuto sotto osservazione perché ha avuto un trauma abbastanza importante ed è molto facile subire aborti spontanei. Per il momento, i suo danni si concentrano su un taglio alla fronte, una costola contusa e una spalla rimessa in sesto. Inizieremo con gli antibiotici al suo risveglio per evitare che si sviluppi una febbre troppo alta e sfociare in qualche bronco-polmonite" continuò la donna, mentre leggeva i referti dalla cartellina nelle sue mani. "Può vederlo, se dovesse svegliarsi, la prego di non affaticarlo troppo".

Kacchan annuì ma come la donna se ne andò lui non ebbe il coraggio di entrare in quella stanza e rendersi conto che la sua paura più grande si era materializzata. Il karma si era beffato di lui con una facilità disarmante.

Senza farsi vedere, scavalcò una finestra e saltò su una scala antincendio, portandosi sul tetto dell'ospedale. Nel buio della notte c'erano delle nubi ammassate di un colorito rossastro, segno inconfondibile di un temporale di lì a poco. 

Un bambino. Un figlio. Deku era in stato di gravidanza. Cazzo. Cazzo alla seconda.

Kacchan si artigliò i capelli, con lo sguardo ampliato e pieno di sgomento, lucido come cristalli. Tremava, il cuore gli pulsava nel petto e non riusciva a digerire il magone che gli si era formato nella gola. Il suo cellulare vibrò dalla tasca dei pantaloni.

Era Kirishima. Non volle risponderlo per messaggio, non aveva la forza di scrivere, preferì chiamarlo.

"Bakugo! Midoriya come sta?".

Il biondo aprì la bocca per rispondere ma non ne uscì che un respiro strozzato.

"Katsuki?".

"E' incinto".

"Che? Chi? Chi è incinta?".

"Deku. L'infermiera mi ha detto che è incinto da qualche settimana. Quelle nausee erano segno di gravidanza".

Ci fu un silenzio dall'altro capo, poi si udì un bisbiglio.

"Ma è meraviglioso! Diventerai genitorie, Bakugo!".

"No, Capelli di Merda! Io non lo voglio un figlio! Non voglio nessuno eccetto Deku! Non voglio essere padre! Non lo accetto!".

"Bakugo, non è qualcosa che puoi parlare con me o Denki. Noi faremmo i salti di gioia se fossimo al posto tuo, perché un figlio è un miracolo per noi maschi, è sangue del vostro sangue e per di più una benedizione".

Il biondo chiuse la chiamata puntando gli occhi al cielo: un primo schizzo di pioggia sembrò puntellarlo sul naso. Non aveva niente importanza, non se la sentiva di essere padre, non lo avrebbe mai accettato…

 

Qualche giorno più tardi, Midoriya Izuku ormai sveglio, cominciava ad essere conscio che gli sarebbe necessitato un po' più di tempo per guarire e soprattutto di prendersela comoda nei suo impegni di Number One Hero. Era convinto, mentre alcune infermiere gli controllavano i segni vitali e le bende che erano avvolte intorno a tutto il suo braccio, il costato e alla caviglia, che fosse tutto a causa delle sue ferite.

"La febbre è scesa, per fortuna" sorrise la donna con la treccia che aveva precedentemente parlato con Ground Zero.

"Ne sono felice, ma questa nausea ancora c'è" ammise Midoriya, mentre l'altra gli si avvicinava con un enorme sorriso.

"E' più che normale, signor Bakugo. Dopotutto lei non è solo al momento".

Che strano… perché quella donna sembrava saperne una più del diavolo? Non lo aveva stranito essere chiamato con il cognome di Kacchan, dopotutto era suo marito, piuttosto quello sguardo compiaciuto sotto le lunghe ciglia scure.

"Lei aspetta un bambino. Precisamente è quasi alla terza settimana".

Izuku prese una boccata profonda d'aria dal naso, guardandola con la stessa espressione scioccata se gli avrebbero detto di non aver più un Quirk. La donna continuava a sorridergli calorosamente, ora intenta a controllargli i sacchetti con i nutrienti che penzolavano da un'asta di metallo fra il suo letto e un comodino tutto bianco. 

"E' veramente difficile leggere la sua espressione, Deku" continuò la donna, notando quell'espressione vuota e vitrea di lacrime. Gli prese la mano dove sorgevano due vecchie cicatrici, poi continuò: "Non ne è felice, forse?".

Deku sembrò incassare quelle parole, guardandola negli occhi mentre le lacrime gli colavano lungo le gote pallide. Non sapeva cosa dire, a quella notizia incredibile gli vennero in mente le crude parole di Katsuki quella sera, prima dello scontro con il Villain. 

"Ground Zero non è venuto ancora a trovarla".

Deku abbassò lo sguardo, facendo sì che i capelli gli oscurassero quell'espressione ferita e preoccupata. Sapeva che Katsuki non l'avrebbe presa per nulla bene. 

 

Gli necessitarono altri cinque giorni di riposo prima di essere dimesso. 

Izuku Midoriya firmò della burocrazia ospedaliera necessaria, ringraziò con un cenno il supporto che aveva avuto e lasciò l'ospedale, con una giacca poggiata sulle spalle, il braccio ancora appeso al collo e una pioggia battente. L'aria si era fatta notevolmente più fredda ma questo non aveva importanza, aveva avuto un messaggio di Kacchan che sarebbe venuto a prenderlo all'uscita dell'ospedale. Dov'era? Controllò nervosamente il cellulare, il messaggio risaliva a circa quarantacinque minuti fa.

Sospirò pesantemente al pensiero che Kacchan non era venuto una singola volta a trovarlo, abbandonandolo completamente a se stesso. Un picco di rabbia lo fece sbuffare un po', mentre si portava distrattamente la mano allo stomaco ancora piatto. Abbandonarlo con un bimbo in grembo sotto quasi una pioggia battente?

Spalancò gli occhi… aveva appena considerato il fagiolino nella sua pancia? Aveva inconsapevolmente accettato la sua condizione? 

Una macchina gli sfanalò un paio di volte, avvicinandosi fino a rallentargli dinanzi. Era rossa e solo una persona avrebbe potuto essere! Calò il finestrino e un enorme sorriso a trentadue denti lo accolse sotto occhi che tuttavia erano dispiaciuti e capelli impomatati rossi.

"Eijiro-kun!" espirò stupito Deku. 

L'altro fece cenno a Denki di uscire e prendere un ombrello per accompagnare il Number One Hero nell'auto, dietro. Appena pronti, il rosso partì, incanalandosi verso un cavalcavia per tornare in città. 

"Che bella sorpresa! Avrebbe dovuto venire Kacchan a prendermi" mormorò Deku, controllando ancora il cellulare.

"Non poteva venire" spiegò Eijiro, guardandolo fuggiasco dallo specchietto dell'abitacolo. Strinse una mano sul volante, sospirando. "E' in una missione".

"Non mi aveva detto nulla…" ammise Deku, con occhi bassi. Denki che gli era accanto incitò Kirishima con un'occhiata di rimprovero. "E quindi ha chiesto a voi due di venirmi a prendere?".

"Le cose non stanno così…!" scattò Denki, prendendogli una mano. "Innanzitutto congratulazioni per il bambino! Io ed Eijiro siamo così felici per te! Anche gli altri, ovviamente! Dovresti aver ricevuto un'infinità di mail dagli altri" iniziò felice, per poi rabbuiarsi. "Bakugo è stato evasivo in tutto questo tempo, rifiutandosi di parlare con noi, facendo un lavoro scadente come Pro Hero!".

Deku sorrise tristemente, aveva immaginato una reazione del genere. 

"Non ti verrà in mente di rifiutarlo, vero?".

Si sentì pugnalare al petto da quella frase pungente, guardando poi Denki e Eijiro che lo fissava nuovamente dallo specchietto. Gli venne in mente che anche quei due volevano allargare la famiglia e un pianto prese possesso, facendogli affondare il viso nelle mani. 

"Non so che cosa fare! Sapevo che Kacchan non voleva diventare padre, io non sapevo neanche che fosse possibile! E ora mi ha abbandonato, non ci ha pensato su due volte a farlo! E' questo l'amore che diceva di provare per me?" scattò rabbiosamente.

Denki lo abbracciò, facendogli appoggiare la testa contro la sua spalla. Kacchan aveva torto marcio, sperava solo che sarebbe tornato suoi suoi passi.

Tuttavia...

 

 

Settimane più avanti…

 

 

La gravidanza procedeva bene, Izuku era stato poi bombardato da chiamate dei suoi amici, alcuni Pro Hero che lo stimavano, sua madre e anche i genitori di Kacchan, soprattutto sua madre era stata così carina ad andarlo a trovare per offrirgli aiuto e supporto. 

"Mio figlio è uno sconsiderato, degenere, ma vedrai che saprà prendere una decisione importante. Tu, nel frattempo, cresci sano il piccolo"  gli aveva detto, cancellandogli una lacrima dal viso quando si era ritrovato a singhiozzare.

Era terribile stare da soli nell'appartamento, tutto sapeva di Kacchan, dai vestiti rimasti nell'armadio, ai barattoli con i peperoncini più piccanti possibile, al letto matrimoniale. E adesso si trovava a lavorare fra casa e ufficio contribuendo ad analizzare Pro Hero, costumi e Villain, anche quelli più terribili. Non gli era permesso combattere, andare in battaglia o esercitare il suo Quirk. 

Sospirò pesantemente, alzandosi per andare in cucina a prepararsi da mangiare. Ora che la sua pancia era decisamente più visibile gli sembrava di essere ingrassato moltissimo, nonostante fosse di due chili sotto la norma della fine del suo terzo mese di gravidanza. Prese una pasticca delle vitamine pre-natali e scelse qualcosa di semplice. Miso, riso e salmone con verdure bollite.

"Papà ti accetterà, ne sono certo" mormorò distrattamente, riempiendo d'acqua una pentola. 

Sentiva di volergli o volerle bene, aveva completamente cancellato la sua idea di eliminare quel piccolo miracolo già da tempo. Deku lavò le verdure e iniziò a tagliarle, metterle in pentola e accendere il fuoco. Gli venne in mente nuovamente Katsuki quando spesso accendeva il gas con uno schiocco di dita sudate, neanche fosse stato un accendino umano. 

Sospirò pesantemente, guardandosi la pancia sotto al maglione grigio. Non si sentiva proprio se stesso ma era comunque felice. Gli venne in mente, con una rapida occhiata sul calendario sul muro, che di lì a poco avrebbe avuto la prima ecografia. 

"Oh, ma è proprio nel pomeriggio!" cinguettò, guardando poi la sua pancia: "Sono così felice di poterti vedere! Devo chiamare subito Kach-". Ma tacque, deglutendo. Kacchan non lo aveva più chiamato né cercato, sapeva che stava facendo il suo lavoro dai vari media su internet. Si sentì investire dalle lacrime.

Era così stanco di vedere la sua fiducia sgretolarsi pezzo per pezzo, decise che non avrebbe più pianto inutilmente e sarebbe andato avanti. Continuò a preparare da mangiare, focalizzandosi sul suo piccolo che avrebbe visto.

 

Contemporaneamente in un edificio avvolto dalle fiamme due Pro Hero avanzavano, incuranti dell'aria sempre più rovente che rendeva difficile proseguire e le fiamme più rosse che divoravano ogni cosa, rendendo sempre più pericolante l'edificio.

"Baku-bro, qui non c'è nessuno, dobbiamo proseguire per i piani più alti!" gridò Eijiro, sopra quel fracasso dei detriti che cadevano.

Il biondo annuì, dietro all'amico che con il suo Indurimento gli faceva da scudo. Più o meno, con questo schema erano stati visti idonei per questo salvataggio da altri Pro Hero che non appena avevano visto le condizioni dell'edificio si erano tirati indietro.

Superarono a malapena una rampa di scale di legno che era rimasta miracolosamente integra, raggiungendo i piani superiori. Katsuki fu tirato immediatamente da un braccio da Eijiro: il pavimento era appena crollato mostrando un'altezza che terminava in un mare di fiamme.

"Stai attento" gli disse Eijiro, lasciandolo.

Katsuki in quelle ultime settimane si era fatto taciturno, dormiva in un albergo e svolgeva il suo lavoro, senza mai parlare di Deku. Inizialmente avevano provato a fargli capire che questo comportamento non era corretto ma poi avevano lasciato perdere, vedendo le occhiaie sempre più scure sul suo viso e un'espressione apatica. Era tuttavia roso dai sensi di colpa.

Improvvisamente sentirono un flebile grido d'aiuto alla fine del corridoio dove sarebbero dovuti andare. Si scambiarono un cenno convinto e andarono immediatamente a controllare; Kacchan calciò una porta frantumandola guardandosi intorno. 

"Dove sei?" chiamò Red Riot. 

Notarono un armadio cigolare e un pianto farsi molto più nitido. Il rosso aprì immediatamente le ante e la trovò: era una donna tremante e piangente, con delle escoriazioni al braccio ma cosa più importante… era incinta.

"Siamo qui, non preoccuparti!" sorrise Red Riot, prendendola in braccio. "Vi porteremo fuori di qui!".

"Grazie… perché non mi rimane più così tempo!" gemette l'altra, con una mano sulla pancia.

"Non mi dirai che sei in travaglio?!" scattò Katsuki. "Cazzo! Ma non potevi andare in ospedale?! E dov'è il padre?".

Iniziarono a uscire da quel labirinto di fiamme, sapevano che dei Pro Hero avevano installato una scala ad una finestra dell'ultimo piano, quindi avrebbero dovuto salire ancora un piano e sperare che le fiamme avrebbero dato tregua.

"Mi ha abbandonato quando ha scoperto che ero incinta. Ma nonostante tutto non ho voluto abortire, volevo far nascere la mia piccola Izumi!" e di nuovo la ragazza gemette, le contrazioni molto più rapide.

Katsuki spalancò gli occhi a quel nome che gli ricordò per un frangente Izuku. Perché sentiva questa rabbia per quella ragazza in procinto di partorire? Perché si sentiva come responsabile?

"Stai tranquilla, tu e la tua bambina sarete presto al sicuro!" sorrise Red Riot, indicando felice la finestre dell'ultimo piano. Per fortuna la rampa di scale era ancora integra ed erano potuti salire. 

Kacchan fece segno a un Pro Hero che volava di prestare immediatamente aiuto, la ragazza fu presa e fu portata immediatamente verso un'ambulanza per essere controllata. I due invece usarono la scala per scendere prima che l'edificio esplodesse sotto una coltre di roventi fiamme.

"Appena in tempo, eh?" commentò Red Riot, sospirando. L'altro non rispose, preferì avvicinarsi all'ambulanza dove si udivano delle grida. "Credo che non ci sia tempo per andare in ospedale, dovrà partorire qui ed ora".

Katsuki non voleva avvicinarsi, non voleva vedere come quella giovane donna coraggiosa avrebbe dato alla luce la sua piccola ma contrariamente ai suoi pensieri si ritrovò a guardare nell'ambulanza senza staccare gli occhi di dosso.

"M… mi sento così felice…! Due dei miei Hero preferiti saranno testimoni della nascita…!" pronunciò felice e piangente la giovante, fermandosi per gridare e spingere: "… della mia piccola Izumi!".

Red Riot sorrise e insieme al biondo videro il miracolo della nascita: la ragazza fu bravissima, fra i suoi gemiti, grida, rabbia e lacrime portò al mondo una bellissima bimba dai ciuffetti verdi smeraldo bellissima e piangente. 

Il dottore di congratulò, porgendogliela immediatamente. 

"Ground Zero… Red Riot…" chiamò la ragazza mentre guardava la piccina piangere bisognosa di protezione: "Non vi ringrazierò mai abbastanza, quando Izumi sarà più grande le racconterò di essere stata salvata da due Pro Hero!".

Salutò, mentre l'ambulanza partiva per condurre madre e piccina all'ospedale per monitorare la loro salute, mentre il peggio pian piano scompariva e l'edificio diventava meno brillante di rosso, grazie all'intervento di Pro Hero dai Quirk acquatici. 

"Tutto bene quel che finisce bene, eh, Baku-bro?" sorrise Red Riot, guardandolo. Fu allora che rimase stupito nel vederlo tremare e le lacrime scendere sul suo volto sporco di fuliggine. Non gli ci volle molto per capire cosa gli stesse passando per la mente. "Non perdere tempo, Katsuki. Ha già aspettato a lungo, vai da lui. Qui ci penso io".

Lo vide strofinarsi le lacrime e sorridergli un po', correndo verso il suo amore, il suo perdono.

 

Deku era nervoso, si sentiva terribilmente ansioso di essere da solo ad aspettare il suo turno, con la mano poggiata sulla pancia soffice. Avrebbe tanto voluto essere con Katsuki ma evidentemente doveva mettersi l'anima in pace di essere stato abbandonato. 

"Midoriya!". 

Scattò in piedi, prendendo un respiro traballante mentre si affidava alle amorevoli cure e sorrisi di una ginecologa che lo invitò ad accomodarsi sul lettino e mostrare la pancia all'aria. 

"E' un onore per me seguire la gravidanza di Deku, il Number One Hero!" iniziò la donna dai capelli rossi e gli occhi azzurri. Aveva un piccolo tatuaggio sullo zigomo a forma di goccia. "Ora si rilassi che vedremo il piccino". 

Deku annuì, onestamente l'ansia non era scomparsa, per di più avrebbe voluto condividere il momento con suo marito. Si ritrovò ad aggrottare le sopracciglia: ora era da solo. Se l'era ripetuto come un mantra per abituarsi ma niente, il suo cuore credeva ancora che Kacchan non lo aveva abbandonato del tutto. 

Gemette un po' al freddo del gel sulla pancia ma tacque alla sonda che iniziò a premere sulle sue viscere e stomaco. Nello schermo monocromatico si delinearono delle masse scure informi, catturate in otto diverse angolazioni. Non riusciva a capire, non vedeva il suo bambino. 

"Oh, eccolo qui" sorrise la dottoressa, ingigantendo l'immagine con la tastiera sulla console. "E' ben formato, potremmo anche stabilire subito il sesso. Vuole che glielo dica?".

Deku tentennò un po', mentre fissava ammaliato l'immagine un po' più definita del suo bambino che godeva di ottima salute. Un piccolo sorriso increspò le sue labbra, avrebbe atteso. Negò e la dottoressa capì, stampando l'immagine e ripulendo il gel dalla sua pancia.

Gli controllò il peso, la circonferenza della pancia e le varie analisi sanguigne che Deku gli aveva portato in una cartellina blu. 

"Dovrebbe mangiare di più, ci sono circa quattro chili da recuperare, Deku. Ma nel complesso state entrambi bene. Quindi, continui a seguire la terapia con le vitamine e non si stressi" disse, firmando un referto. "Ci vediamo il prossimo mese, spero che porti anche Ground Zero. Sono una vostra grandissima fan".

Deku annuì ringraziando, ritirando l'ecografia e lasciando la clinica. Era felice che stesse bene il suo piccolino, anche se una parte di lui era curioso di conoscere il suo sesso. Era felice di continuare con questa gravidanza.

Non fece che tre passi prima di fermarsi, notando una figura che sembrava aspettarlo. Era appoggiato a un palo della luce, con un berretto sui capelli dorati e le mani nelle tasche del jeans scuro. Solo una persona avrebbe potuto avere un simile atteggiamento!

Deku rimase fermo, stringendo la cartellina protettivamente sulla pancia, non sapeva perché ma voleva solo celarla. L'altro invece, un po' impacciato, gli si avvicinò. 

"Izuku…" chiamò piano, guardando i suoi occhi verdi. "Non so da dove iniziare…".

"Kacchan" interruppe l'altro, sospirando. "Che cosa hai deciso?".

Katsuki lo guardò come se gli fosse cresciuta un'altra testa, senza rispondere. Non sapeva cosa dire, non sapeva come rispondere. Notò Deku porgergli una piccola foto in bianco e nero: era un'ecografia. 

"Il bimbo cresce bene, è sano. Non ho voluto sapere il sesso, speravo che lo avremmo potuto conoscere insieme. Evidentemente mi sbagliavo" disse mostrando la pancia gonfia. "Non avrei abortito solo per compiacierti. Io vado a casa, devo riposarmi".

Non fece che un passo avanti prima di sentirsi bloccare per un polso. L'altro braccio ormai era avvolto dalle bende, decisamente migliorato come gamba e costola. "Aspetta! I… io non lo so se voglio accettarlo, ma ho visto quella ragazza e la sua bambina e…! Cazzo, Deku, voglio chiederti scusa! Voglio provare a…".

Le sue parole furono interrotte dalle labbra di Deku premute sulle sue labbra. Kacchan in un primo momento non seppe reagire, poi realizzò di sentire la pancia premere contro la sua e le sue mani si poggiarono su. Sentì come una piccola scarica elettrica che non gli fece male, come un tuffo al cuore. Le lacrime agli occhi, un mix di emozioni bellissime nel petto.

"Andiamo a casa, Kacchan. Ricominciamo insieme" gli disse Deku, appoggiando la testa sul suo petto.

Gli stava dando una possibilità d'oro, Katsuki gli premette un bacio sulla testa, inspirando il buon odore di vaniglia di quei capelli ribelli, un braccio intorno al corpo. Il suo sguardo ricadde nuovamente sull'ecografia nella mano, forse non era così strano…

 

Gemiti di piacere correvano come linee di energia nella stanza rischiarata da candele. Mugolii e sospiri impregnavano la camera da letto dove due corpi consumavano un piacere represso per svariate settimane. Quanto tempo era passato? Troppo per gli standard di Kacchan da quando aveva provato a staccarsi da quella realtà che aveva iniziato lentamente ad accettare: diventare padre.

Da quanto tempo stavano andando avanti? Circa due ore.

Sesso, amore, piacere: tre pilastri importanti di quel bisogno disperato che chiedeva corpo e mente. Kacchan leccava sapientemente il mento di Deku, scendendo rapido dalla clavicola, soffermandosi sui capezzoli turgidi. Succhiava rumorosamente, due dita dentro il sedere del suo piccolo compagno, alitando sulla pelle per risvegliare ulteriore piacere.

Si fermò sulla curva prosperosa della pancia, era ancora un po' irreale di vedere Deku con un bambino crescente nella pancia ma doveva ammettere che le loro sedute sessuali erano aumentate esponenzialmente. Era diventato una piccola macchina di sesso puro, in ogni dove e lui non poteva che esserne felice. 

Premette un bacio sulla pelle, accarezzando la pancia ai lati, poggiandoci su un orecchio. Perché sentiva questo bisogno impellente di dare costantemente protezione? Udì un calcetto proprio dove aveva la mano e il suo sorriso crebbe, orgogliosissimo.

"Credo che il piccolo abbia sentito ogni cosa…" ridacchiò Deku, portando la mano su quella dell'altro. "Ci pensi che tra meno di quattro mesi saremo genitori?".

Kacchan gli si accoccolò a fianco, baciandogli le labbra. Era felice, ma si sentiva ancora così in colpa per tutto ciò che aveva fatto e detto. Come avesse letto i suoi pensieri, Deku gli accarezzò il viso, cancellandogli una lacrima randagia dal viso. Kacchan era in colpa ancora una volta: aveva un compagno meraviglioso e spesso lo dimenticava. Doveva un favore a Red Riot che gli aveva parlato a cuore aperto e a quella ragazza con la piccola Izumi. Chissà come stava.

"Vuoi il bambino, Kacchan?" chiese improvvisamente Deku, guardandolo negli occhi. 

Quelle due pozze scure smeraldine, quei capelli che incorniciavano il viso dalle guance rosse spolverate di lentiggini ma quella determinazione nello sguardo. Kacchan non aveva più dubbi. Sorrise, con un mezzo ghigno e lo tirò a sé, una mano sulla pancia fiorente…

 

Era nervoso. Non aveva mai pensato che si sarebbe sentito roso di ansia fuori da una battaglia. Aveva accompagnato Deku all'ultima ecografia e il tracciato aveva dimostrato che in realtà era prossimo al parto e adesso era stato ricoverato. 

"Il mio figlio degenere mi darà un nipotino o una nipotina?".

Kacchan sobbalzò un po' a quella voce canzonatoria alle sue spalle; c'erano i suoi genitori, Inko, Ochako con Iida, Eijiro e Denki e perfino Shoto con Momo. 

"Gli altri sono in missione, si scusano se mancheranno" spiegò quest'ultima, visibilmente rammaricata. "Allora, come sta?".

"Non lo so ancora ma-". Le parole del biondo furono interrotte dall'uscita di una dottoressa con uno sguardo molto deciso. 

"Signor Bakugo, è imminente la nascita, dobbiamo tenerlo qui" informò. "Deku ha chiesto che la facciamo assistere alla nascita".

Mitsuki schiaffò una manata sulle spalle di suo figlio che si era imbambolato, non sapendo che dire. Lo aiutò a uscire da quella trance e a farlo sparire dietro le due porte bianche dell'ospedale, per raggiungere una piccola stanza dove Deku era con il pancione all'aria, la metà inferiore coperta e una fascia sull'addome collegata a un monitor che mostrava i battiti del cuore del piccolo Hero. Era visibilmente sudato e dolorante, aveva avuto qualche contrazione durante la mattinata ma non si aspettava che fosse segno del parto.

Kacchan gli prese la mano, baciandogli i capelli affettuosamente. Non lo avrebbe mai lasciato, non si sarebbe mai perso un avvenimento tanto importante! Deku gli sorrise, prima che una fitta gli mutasse l'espressione in un pasticcio di dolore. I dottori al suo fianco lo controllavano in continuazione, attenti alla nascita del piccino. A un certo punto Deku strinse dolorosamente la mano del biondo, aveva avuto una fitta particolarmente forte, come se qualcuno gli avesse torto le budella. Ora il respiro stava diventando più rapido, il sudore a imperlargli la fronte. 

"Dobbiamo attendere che le contrazioni diventino più rapide prima di proseguire al cesareo" informò un dottore. Ovviamente Deku non avrebbe mai potuto partorire normalmente, si sarebbe affidato a un parto differente ma avrebbe comunque combattuto per non soccombere al dolore. 

 

Passarono circa dieci ore.

Il cristallino del cielo si era mutato prima in arancio poi in blu scuro, costellato di stelle. Da quell'ottobre gelido ora giugno era incredibilmente caldo e si preparava ad accogliere la nascita di un piccolo miracolo. 

Katsuki era tormentato dall'ansia, stanchissimo di aspettare insieme a Deku che continuava a sentire le contrazioni e il dolore farsi sempre più rapide. Non ce la facevano più entrambi e più volte il verdino era stato prossimo a usare l'One for All per prendersela con Kacchan per averlo messo incinto. Ovviamente quest'ultimo sapeva che era solo la frustrazione per il dolore e l'attesa.

A un certo punto, Deku gli afferrò la mano, respirando a fatica e piangendo. 

"Deku!".

"Kacchan, fa tanto male… mi sento strano…! Come se dovessi spingere, non lo so! Fa qualcosa!!".

Alcuni dottori entrarono in quel momento e controllarono: era ormai il momento! Sbloccarono i fermi dal letto di Deku, portandolo verso la sala parto per fare il cesareo. Katsuki fu costretto a restare fuori, con una mano appoggiata contro i vetri di una finestra su un corridoio bianchissimo e pulitissimo. 

Sentì vibrare il cellulare dalla tasca. Era sua madre.

"Allora?".

"Ora è stato portato in sala parto, dovranno fargli il cesareo".

Sentì Mitsuki gridarlo al resto della cricca che stava esultando. Eijiro gli gridò di non svenire, Denki di non far saltare l'ospedale in aria. 

"E bravo, figlio degenere! Tienici aggiornato, mi raccomando!".

 

Era bellissimo. 

Un fagottino di circa tre chili e seicento grammi dai capelli biondissimi come quelli di Katsuki e gli occhi di un rosso con alcune sfumature verdastre. Piangeva e e non accennava a placarsi mentre sgambettava nella sua piccola culla di plexiglass. Era a fianco a un Deku sfinito e ancora mezzo addormentato per via dell'anestesia che aveva ricevuto per il cesareo. 

Kacchan non poteva credere di essere diventato padre e che ne fosse così estasiato. Il suo bambino era meraviglioso, perfetto, sembrava la sua copia a carbone. Un Katsuki in miniatura. 

"Dio, quant'è bello!" sorrise Mitsuki, affacciandosi sulla culla con amore. "Bravo, Katsuki, ci hai dato dentro!".

Inko piangeva felice, accarezzando i capelli di suo figlio che sorrideva tra le lacrime. Appena il piccolo fu tra le sue braccia smise di piangere, pigolando versetti adorabili con le sue piccole labbra a forma di cuore. 

"E' bellissimo!" sorrise Ochako. "Fa venir voglia di fare bambini!".

"Puoi ben dirlo! Adesso tocca a noi, ci siamo proprio decisi!" diede man forte Eijiro, radiosissimo. 

"Come lo chiamerete?" chiese Shoto, stringendo una mano al fianco di Momo, la sua fidanzata.

Kacchan guardò Deku e il loro piccolo, aveva in mente qualcosa. 

"Katsuma Bakugo" dissero i due genitori. 

"Non so perché ma mi ricorda un certo bambino con un Quirk veramente portentoso!" sorrise Denki, innamorato del bambino che cercava di toccare il petto di Deku.

"Beh, è anche un nome che riprende la gerarchia di Kacchan" sorrise Deku, coccolando il suo piccolo.

Quello sarebbe stato un giorno importante. Kacchan avrebbe amato suo figlio incondizionatamente fino a quando, dopo ben tre anni Deku sarebbe stato nuovamente incinto di ben due gemelli, un maschietto, Ayumu e una femminuccia, Orihime e avrebbero reso la vita del Number One Hero e Numbero Two la più splendida mai vissuta. 

Katsuki Bakugo era stato molto fortunato. A quattro anni un Quirk che sapeva già controllare, diventare Ground Zero e diventare forte, essere un Pro Hero invidiabile e soprattutto un meraviglioso compagno per il suo amato Izuku Midoriya e i suoi figli.

 

The End

  
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