Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: _justabibliophile_    28/06/2021    0 recensioni
«Se osi anche solo fare l'idiota, mettermi in imbarazzo o spaventare gli studenti, hai finito di vivere.» sibila affiancandomi, mentre i primini finiscono di raccogliersi all'inizio delle scale. «Cerca di essere meno James Potter, per una buona volta.»
«Non mi dire che mi hai preso per un bambino.» rido divertito, perché effettivamente "bambino" è uno degli insulti che Evans preferisce rivolgermi all'incirca da sette anni a questa parte. «Sarò impeccabile, dolcezza.»
Ed è qui che mi rendo conto che Evans e io abbiamo indugiato un secondo di troppo nella nostra muta guerra di sguardi, mentre davanti a noi c'è una decina di ragazzini che ci osserva con gli occhi spalancati e vigili, rivolgendoci timidi sorrisi e occhiate eloquenti. Perfetto, che lo spettacolo abbia inizio.
«Ciao a tutti e benvenuti a Hogwarts. Il mio nome è Lily Evans, mentre lui è...»
«James Charlus Potter, Caposcuola, Capitano della squadra di Quidditch nonché futuro marito della qui presente Lily Evans.»
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Lumos

Aguamenti.

«Non posso credere che questa sia per davvero l'ultima volta che saliremo sull'Hogwarts Express.»

La voce di Alice giunge quasi ovattata alle mie orecchie, mentre socchiudo gli occhi e cerco di imprimermi nella mente quanti più particolari possibili. Sono proprio questi gli istanti in cui rimpiango di avere solo due pupille che mi permettono di abbracciare tutto ciò che ho davanti, perché sul serio, due occhi soltanto non sono sufficienti a incollare nella mia memoria ogni singolo dettaglio che mi circonda.

«Se proprio dobbiamo dirla tutta, questa è solo la penultima volta.» la corregge puntigliosamente Marlene, con il suo classico ghigno furbesco stampato sulle labbra. «A meno che tu non voglia restare a Hogwarts a vita. Sai, fino a prova contraria c'è un viaggio di ritorno che ci aspetta tra qualche mese.»

«Perché devi sempre rovinare ogni mia frase con le tue inutili precisazioni?» domanda spazientita Alice, scuotendo la testa e facendo assumere al suo tono una lieve sfumatura lamentosa che mi fa sorridere. «È un momento toccante, Lene. E tu come al solito lo rovini con il tuo essere insensibile e senza cuore.»

«Piano con le parole, ho fatto solo una semplicissima constatazione.»

«Una semplicissima constatazione che ha smorzato l'atmosfera.» ribatte ancora, mettendo su un piccolo broncio offeso.

«Constatazione semplicissima o meno, a me sembri comunque piuttosto nervosa.» interrompo il loro battibecco, trascinando il mio baule lungo la banchina ferroviaria e voltandomi appena per guardarla al di sopra della mia spalla. «Si direbbe quasi tu sia impaziente di vedere qualcuno, sai?»

Alice smette improvvisamente di allungare il collo per scorgere qualcosa oltre il marasma di gente che ci circonda, scoccandomi quello che dovrebbe essere uno sguardo di fuoco ma finendo inevitabilmente per sorridere. La sua storica relazione con Frank Longbottom è iniziata alla fine del quarto anno, eppure un'intera estate senza vedersi ha dato ancora una volta i suoi soliti frutti: Alice sta letteralmente morendo dalla voglia di vederlo e la sua irrequietezza, intercettabile nel modo spasmodico in cui si aggiusta i capelli e nella voce più acuta di un'ottava, è praticamente palpabile.

Rido e scuoto la testa, senza avere il bisogno di aspettare una risposta da parte sua e continuando imperterrita a camminare per avvicinarmi alla locomotiva rosso scarlatto.

E così Alice ha irrimediabilmente ragione: sono arrivata sana e salva fino al mio ultimo anno a Hogwarts. Un po' ammaccata, certo, ma indubbiamente sana e salva.

Fino a ieri sera, l'adrenalina e l'impazienza che precedono ogni primo giorno di scuola che si rispetti mi avevano quasi fatto dimenticare questo piccolo particolare, ma la frase della mia migliore amica sembra aver risvegliato in me un'amara certezza: il settimo è l'anno delle ultime cose. È l'anno della verità, dell'ingresso ufficiale nel Mondo Magico, è l'anno della resa dei conti e dell'abbandono di un universo fatto di sogni e speranze ai quali, soprattutto in questo periodo, non ci è più nemmeno concesso aggrapparci.

È l'anno del tutto o niente.

Ogni cosa, ora e qui, ha l'amaro sapore della nostalgia. Ho sempre visto la stazione di King's Cross come un posto felice in cui si respira aria satura di trepidazione e di attesa. Il viavai di maghi e streghe affrettati - armati di bauli, gabbie e ultime indispensabili raccomandazioni - mi ha sempre fatto sorridere, così come l'idea di essere in procinto di raggiungere l'unico, vero luogo a cui io abbia mai davvero sentito di appartenere.

Eppure oggi, ancora una volta, è diverso.

«Finalmente, eccolo là!» urla Alice, sbracciandosi per farsi notare e tirando di conseguenza un'esemplare manata a una Corvonero frettolosa. «Frank, siamo qui!»

«Ali, dolcezza, stai lievemente intralciando il traffico. E attentando alla vita di mezza scuola, ecco.» le fa notare saggiamente Marlene, trascinandola in avanti per evitare di intasare l'intera King's Cross.

«Non essere ridicola, non ho fatto assolutamente null- oh Godric, scusami! Era il tuo occhio quello? Ci vedi ancora, sì?»

Mi sforzo di smettere di pensare a quanto sia ridicola la mia migliore amica in questo preciso istante, ma ecco, fingere di non conoscerla non mi sembra proprio la cosa più onesta da fare. Sono una Grifondoro, la lealtà sta a me come l'egocentrismo sta a Potter, dunque dovrei mostrarmi solidale verso Alice e supportarla anche in questi momenti altamente imbarazzanti.

Un'occhiata ammonitrice da parte di Marlene mi inchioda comunque sul posto, troncando sul nascere il mio silenzioso tentativo di fuga.

Interrompo la mia marcia e mi volto lentamente, attendendo l'arrivo di Frank e approfittando di questa distrazione per guardarmi intorno. Tutto come al solito sembra essere al suo posto: il treno è perfettamente integro, sbuffante e luminoso nella sua intelaiatura incandescente. Il binario è un vero e proprio caos e le persone sono sempre intente a sorridersi e a raccontarsi tutte quelle novità fruttate da una lunga estate di lontananza.

Ogni cosa sembra così rispecchiare perfettamente un comune primo settembre, mentre io faccio il possibile per aggrapparmi a questo stralcio di normalità e fare finta che tutto sia davvero come deve essere.

Solo che non è così.

«'Giorno ragazze, non ci si vede da un pezzo! In verità solo da due mesi, lo so, ma sembra essere passata una vita intera.» farnetica Frank, andando a sbattere contro un probabile primino e facendolo rovinare tragicamente a terra. Se qualcuno dovesse avere ancora dei dubbi sulla reale affinità tra lui ed Alice, ecco in diretta la smentita definitiva. «Oh, scusami tanto. Tieni, questa è la tua gabbia e...aspetta, ma quella è la figurina introvabile di Newt Scamandro che mi manca per completare la collezione!»

Lancio una rapida occhiata alla mia amica, vedendo le sue iridi scure illuminarsi di gioia e una mano correre a sistemarsi i capelli, il tutto sotto lo sguardo scettico e un po' canzonatorio di Marlene. Anche questo, apparentemente, rispecchia la più totale normalità: Alice che non sembra mai abituarsi al modo in cui Frank la guarda - va bene, momentaneamente è assorto nella contemplazione della figurina di Scamandro, ma giuro che di solito anche nei posti più affollati sembra avere occhi solo per lei - mentre Lene li osserva da lontano con un sorriso beffardo, forse credendosi immune e distante anni luce dal loro trasporto.

Tutto fa indubbiamente parte della mia quotidianità, a partire dai piccoli dettagli fino ad arrivare a ciò che c'è sempre stato, eppure qualcosa non va. E lo so, lo so benissimo cosa c'è che mi comprime il petto, che mi schiaccia i polmoni e rende più difficile il mio rientro a Hogwarts: c'è la paura, quella maledetta bestia che mi si appiccica al cervello e non mi fa vedere altro se non il buio più totale.

E mentre assisto seppur con la mente altrove alla conversazione dei miei amici, il mio sguardo viene inevitabilmente attirato dagli annunci di prima pagina malamente attaccati su ogni colonna portante della stazione, già logorati dalla pioggia fine che non smette di battere da diversi giorni a questa parte.

28 agosto 1977: attacco all'ennesima famiglia babbana londinese. Parla il Ministro della Magia: "Solo fortuite coincidenze."

Coppia babbana sterminata nei pressi della periferia di Edimburgo. La setta di fanatici mascherati ha colpito ancora?

Yorkshire, sempre più frequenti gli omicidi segnalati da un marchio sospeso sui tetti. Vittime: Babbani e filobabbani.

Ed è qui, in questo istante, che una domanda nasce spontanea nella mia mente.

Come faccio?

Come faccio a lasciare la mia famiglia senza protezione, a fingere che vada tutto bene e che là fuori non ci sia una guerra che attende solo il momento peggiore per scoppiare, abbandonando i miei genitori e mia sorella a loro stessi, del tutto incapaci di difendersi?

«Avete passato una buona estate?»

«Alla grande Frank, l'Italia è davvero un posto meraviglioso! Un po' troppo caldo e affollato, certo, ma assolutamente apprezzabile.»

«Lascia stare il clima, parlagli di quel biondino che...»

«Tesoro, credo di aver già sentito la storia di Marlene e del biondino in una delle tue novantaquattro lettere.»

«Erano novantasei, per la precisione.»

Come faccio a fingere che sia tutto normale, che il mio corpo sia qui, in mezzo ai miei amici, mentre la mia testa sembra invece galleggiare e far parte di un altro universo, un mondo parallelo in cui io posso essere serena come si conviene a una qualunque diciassettenne, in cui non esiste la paura di lasciare per un anno scolastico i miei genitori solo perché alcuni pazzi mascherati potrebbero complottare affinché facciano la stessa fine che, ultimamente, è toccata a decine di altri Babbani?

«Questa è bella, da quando in qua spifferi tutto quello che mi riguarda a Frank? Esiste una cosa chiamata vita privata, se non te lo ricordassi.»

«Quella cosa che tu chiami vita privata, Marlene, l'hai persa nell'esatto momento in cui hai scelto di diventare mia amica.»

«Non è stata una scelta consenziente, lo sai meglio di me.»

«Smettila di farneticare, ricordo benissimo che quando ci siamo conosciute mi hai supplicata in ginocchio affinché ti degnassi della mia attenzione.»

Come faccio a farmi scivolare tutto addosso, a essere la solita Lily assolutamente ironica e prevedibilmente sarcastica, che ama ridere e che non si fa mai abbattere da niente e da nessuno? Come faccio a fingere che tutta questa situazione non intacchi la mia vita, che non mi renda paranoica e del tutto incapace di godermi quest'ultimo anno qui a Hogwarts? E, soprattutto, come faccio a dissimulare il tutto davanti ai miei amici?

«Dai ragazze, dateci un taglio.»

Il tono di Frank si fa sempre più attenuato a mano a mano che Alice e Marlene si voltano verso di lui e lo fulminano con due occhiatacce esemplari, talmente raggelanti che sarebbero capaci di ghiacciare persino il più violento e feroce Ardemonio.

«Da quando in qua usi questo tono con me, Frank?»

Della dolcezza ed esagerata affettuosità che caratterizzavano il timbro di Alice alla vista del suo ragazzo direi che non è rimasto all'incirca nulla se non un vago e altamente pericoloso sentore di minaccia, tanto che la stessa parola "Frank", se articolata dalle sue labbra, pare essere un vergognoso impropero. Mi chiedevo spesso che cosa inducesse la mia migliore amica a essere così dannatamente bipolare, ma sono domande che a un certo punto devono essere semplicemente ignorate. Per il bene della mia stabilità mentale, naturalmente.

«Alice, amore mio, io non...parlavo con Marlene, ecco.»

«Ma certo, risolvila pure mettendo in mezzo la sottoscritta! Molto maturo da parte tua, Longbottom.»

Frank rivolge un'occhiata di scuse a Marlene che, ancora imbronciata, incrocia le braccia al petto e sembra non accettare il fatto di essere stata scelta come vittima momentanea per placare l'ira di Alice. Alice che, per l'appunto, si rilassa visibilmente e torna a sorridere e a stringere il braccio del suo ragazzo, esattamente come se il mondo intero fosse tornato al suo autentico stato di equilibrio.

«E tu Lily? Come stai?»

Già, Lily: tu come stai?

***

«Va bene Prongs, al mio tre tiriamo su. Uno, due...»

«Padfoot, amico mio, se dici "al mio tre tiriamo su" si suppone che dobbiamo farlo proprio al tre, non prima. L'avevi capito questo, sì?»

«Tu non devi supporre proprio nulla, James. Anche se dicessi "diciassette" tu dovresti essere comunque pronto a scattare.»

Lascio cadere definitivamente il dannato baule sulla banchina della stazione, fissando i miei occhi in quelli di Sirius e cercando di sfoderare lo sguardo più minaccioso che possiedo. A giudicare dalla sua faccia, non credo di esserci riuscito particolarmente bene.

«Forse mi sfugge un insulso dettaglio che, di grazia, vorrei mi aiutassi a ricordare. Da quando io prendo ordini da te, esattamente?»

«Da quando la magnanima Euphemia Black in Potter mi ha eletto, di giustizia, figlio maggiore di centoquarantaquattro giorni e dunque a tutti gli effetti più responsabile, affidabile e innegabilmente più bello di te.» afferma deciso, incrociando le braccia al petto in una posa speculare alla mia.

Se non stesse discutendo con me, probabilmente mi complimenterei per la sua eccellente abilità nell'argomentare le sue convinzioni usando le più ridicole delle scuse. Ma fino a prova contraria sta discutendo con me, quindi il mio obiettivo primario continua a essere quello di disintegrarlo come meglio posso.

«Tutto questo è assurdo. Sfruttare la benevolenza di mia madre, andiamo! Non puoi credere davvero che questo funzioni anche a Hogwarts.»

«Non posso crederlo, dici? Ti ricordo che mi basta una lettera, Prongs. Una sola, fottutissima lettera, e tua madre  che si infurierà con te.»

«Ciao ragazzi.»

Chiunque sia l'intruso che in questo momento ha deciso di interrompere il mio acceso dialogo con Sirius, sottraendomi così dalla possibilità di risposta immediata, farebbe meglio a cercarsi un altro passatempo. Nessuno dei due ha intenzione di demordere e, se vogliamo prendere in considerazione tutte le volte che siamo andati avanti a battibeccare ignorando il resto del mondo, direi che adesso siamo solo all'inizio.

«Quello è successo al quinto anno e solo perché credevi inammissibile che io non ti rifacessi il letto al mattino. E non rifaccio nemmeno il mio, per inciso.» chiarisco, ignorando bellamente gli studenti che passano al nostro fianco e che ci fissano attoniti. «Comunque, spero che mia madre sia maturata e che non si sogni nemmeno di spedirmi un'altra Strillettera del genere.»

«Oh, eccome se io lo spero. È così soddisfacente avere un ascendente positivo sui tuoi genitori, Prongs.»

«Prongs? Padfoot?»

L'intruso in questione evidentemente ha voglia di finire appeso a testa in giù, magari con qualcosa di vivo e viscido spalmato in faccia, se non si volatilizza immediatamente e ci lascia continuare la nostra battaglia.

«Soddisfacente e anche tremendamente ingiusto.»

«Adesso non fare il paladino della giustizia, Potter. Sono sicuro che se la situazione fosse invertita e se Walburga non fosse la megera che è, non ti faresti alcun tipo ti problema a essere il suo cocco.»

«Ma sappiamo benissimo entrambi che tra noi due il preferito di Walburga sono comunque io.»

«Qualcosa mi dice che ti piace vincere facile.»

«Bene, questo  che è strano. Sono arrivato da soli...quarantasette secondi, sì, ma voi avete già cambiato argomento quattro volte e mi avete fatto venire mal di testa. E state continuando a ignorarmi, oltretutto. Dovrei sentirmi offeso? Perché lo sono.»

Oppure l'intruso che ha appena parlato è proprio Moony e allora al diavolo i battibecchi, al diavolo il baule, al diavolo la stazione, al diavolo tutto, perché il mio amico è finalmente davanti a me dopo tre mesi - ripeto, tre mesi - di lontananza forzata e no, non mi importa se lui odia il contatto fisico e tutte le effusioni che comporta: io ho davvero bisogno di abbracciarlo qui e ora.

E infatti lo faccio.

«Vacci piano, fanciulla. Dopo questa pubblica umiliazione, mi chiedo come il tuo fanclub abbia ancora il coraggio di associare la tua faccia all'aggettivo virile.» borbotta Sirius, mentre il mezzo sorriso che ha stampato in faccia mi fa pienamente intendere quanto mi consideri ridicolo in questo frangente.

So bene che le sue sono solo scene, comunque. Quando a giugno ha comprato un appartamento tutto suo e ha smesso di essere ufficiosamente mio fratello, il distacco da me è stato per lui talmente improvviso e sconvolgente da averlo indotto a passare praticamente tutta l'estate con il sottoscritto, piombando nella mia stanza a notte fonda con scuse improbabili e battute sempre pronte sulle labbra.

Non è come se io potessi lamentarmi della cosa, per inciso: Sirius resta sempre quel fratello che non ho mai avuto e lui lo sa, lo sa meglio di chiunque altro, che casa mia sarà per sempre quel porto sicuro che non ha mai avuto.

«Non so se tu sia geloso perché vuoi avermi solo per te, oppure perché invece Moony si allontana sempre quando sei tu a volerlo abbracciare.» ribatto sfacciatamente, aggiustandomi gli occhiali che sono finiti da tutt'altra parte dopo l'impatto con la spalla di Remus.

Un attimo: da quando la sua spalla è così in alto?

«Questo non è vero, lui adora i miei abbracci. E l'ha ammesso, posso davvero giurarlo su...aspetta un secondo. Messer Moony, è legale essere cresciuti così tanto in soli tre mesi?» Sirius mi toglie letteralmente le parole di bocca, spalancando le labbra e misurando con lo sguardo l'altezza spropositata di Remus.

«Così pare.» replica quest'ultimo, annuendo compiaciuto. «A te invece sono cresciuti i capelli, sai? Aspetto solo il giorno in cui comincerai a pettinarli come la McGranitt.»

«Lo farò quando si deciderà a rispondere alla mia proposta di matrimonio.» lo asseconda Sirius con aria divertita. «Anche perché è alquanto ridicolo il fatto che ancora non si sia decisa a pronunciare il fatidico sì.»

«Non lo so, forse può essere perché hai messo su una commovente scenetta inginocchiandoti in mezzo alla Sala Grande, durante la premiazione di fine anno?» gli rammento, alzando un sopracciglio al ricordo del giorno in cui la mia mente, viaggiando alla velocità della luce, aveva prodotto la terribile e raccapricciante immagine di Sirius e la nostra Capocasa intenti a unirsi per sempre, finché morte non li separi.

«Davanti a tutta la scuola.» precisa Remus, sottolineando il concetto come se fosse l'elemento peggiore di tutta la storia.

Non sono comunque certo che sia così, dal momento che è di Sirius che stiamo parlando e, di conseguenza, un buon novanta per cento delle cose stupide che la sua mente produce vengono realizzate nientemeno che di fronte a tutta la popolazione di Hogwarts. E insomma, dopo quasi sette anni direi che un po' ci si abitua alla sua platealità. Ma ciò a cui mai potrò abituarmi è il pensiero che il mio migliore amico possa condividere la sua intera vita con la non propriamente giovane professoressa McGranitt. È quel genere di cose che un buon migliore amico dovrebbe impedire di fare, suppongo.

«Per l'appunto, è chiaro che non mi ha dato una risposta perché era imbarazzata. Devo pensare a qualcosa d'effetto, qualcosa che possa lasciarla a bocca aperta, qualcosa di estremamente...»

«Prendere una E in Trasfigurazione lo consideri controproducente?»

«...intimo. Ovvio che è controproducente, Moony, perché prendere una E implica la necessità di studiare. E studiare è, di per sé, immensamente controproducente.» conclude Sirius, prima che il suo precedente sorriso beffardo sfumi in un'espressione piuttosto preoccupata e il suo sguardo si faccia più attento sul volto di Remus. «Cos'hai lì?»

Moony sussulta e, quando sposto a mia volta gli occhi su di lui, noto un gigantesco e rossastro graffio cicatrizzato correre lungo tutto il lato sinistro della sua faccia. Deve fare male. Questa consapevolezza mi colpisce con una violenza tale da farmi sussultare, mentre penso che non è affatto giusto che il mio amico soffra in questo modo. Non è giusto e io vorrei hfare qualcosa, ma finché Remus si ostinerà a voler limitare l'aiuto che siamo in grado di dargli, quella cicatrice brucerà un po' di più sulla sua pelle e io mi sentirò ancora inutile.

«Intendi questa? Non è nulla.» minimizza con un veloce gesto della mano. «È evidente che il lupo preferisce stare in compagnia. Lo sapete che diventa piuttosto...violento, quando è da solo.»

«Questo è perché non mi ascolti mai, Remus, dannazione! Quanto pensi che ci costi scappare di casa per una sola notte?»

«Forse non costa nulla a voi, ma fidatevi che a mio padre verrebbe un colpo a sapere che suo figlio mette a rischio la vita dei suoi migliori amici una volta al mese.» Vedo con la coda dell'occhio Sirius che sta per ribattere a tono, ma lui lo interrompe ancora bonariamente. «Risparmia il fiato, Padfoot. Tra esattamente dodici minuti il treno partirà, quando saremo saliti potrai farmi tutti i rimproveri che vorrai.»

«Ma guardalo, il nostro piccolo Moony-sempre-in-orario.» canticchia in risposta Sirius con un ghigno divertito, accettando di lasciar cadere il discorso. «È evidente che il lupo perde il pelo ma non il vizio

Io e Padfoot ci scambiamo una rapida occhiata carica di sottintesi, constatando come mamma Moony sappia essere ogni anno più preoccupato di rispettare gli orari. Gli orari. È una cosa del tutto ridicola che un Malandrino abbia ancora la decenza, dopo quasi sette anni di ritardi e punizioni, di rimproverarci se non siamo perfettamente in quadro con la tabella di marcia. Che poi io una tabella di marcia nemmeno ce l'ho e, a giudicare dal modo in cui Sirius si è perso a ringhiare contro il gatto di un primino, presumo che anche lui sia sulla mia stessa barca.

«Il giorno in cui la smetterai di parlare di me facendo riferimento a luna, lupi e cose varie, il mondo sarà un posto migliore.»

«Questo giorno è ancora irrimediabilmente lontano e lo sai anche tu.»

Rido alla frase di Sirius e mi sporgo per dare una pacca sulla spalla a Moony, ma dannazione, oltre a essere cresciuto deve anche aver sviluppato un bel po' di muscoli e io non ho altra scelta che restarmene in piedi fingendo di non avere una mano indolenzita.

«Dai, aiutaci con questa robaccia. Prima carichiamo il baule sul treno, prima saremo nel nostro scompartimento e prima tu e Sirius potrete scannarvi senza alcuna pietà.»

Sono perfettamente conscio che la frase da me pronunciata non può che far avere a Remus una sola reazione: panico. Perché sì, quando c'è di mezzo qualunque oggetto che appartiene a Sirius e nel quale si possano infilare altre cose, il problema principale è sempre uno: fare in modo che non si apra. Perché nella maggior parte dei casi nessuno sa mai quali siano queste altre cose, che con ogni probabilità sono anche dotate di vita propria e potrebbero sempre essere pronte a mordere, esplodere, spargere sostanze gelatinose o, che so, ucciderci.

«Va bene, sono pronto.» scandisce fermamente Remus, dopo un primo istante di esitazione.

A essere pronto evidentemente non è Sirius, dal momento che ha cominciato a ignorare l'esistenza di un mondo intorno a lui e ha catalizzato invece tutta la sua preziosa attenzione su quel dannatissimo gatto. Va bene, Padfoot ha spesso questi momenti di improvviso smarrimento e crisi di identità, ma quello che non posso tollerare - e non perché la cosa tocchi me personalmente, sia chiaro, ma solo perché ci tengo a salvaguardare quel briciolo di intatta dignità che forse gli rimane - è che lui possa mettersi a ringhiare nel bel mezzo della stazione, con la gente che passa e che lo guarda stralunata.

«Hai finito?» gli domando spazientito, dopo averlo lasciato sfogare la sua ridicolaggine per qualche secondo.

Sirius si riscuote dal suo stato comatoso e mi fissa, inarcando un sopracciglio come se fossi io quello folle della situazione.

«Di fare cosa?»

«Di dare spettacolo a tutta King's Cross.»

«Prongs, lo dici solo perché tu non puoi andartene in giro a incornare la gente a caso. Se fossi, che so, se fossi un gatto, voglio proprio vedere se il tuo primo istinto non sarebbe quello di fare le fusa a chiunque ti passi vicino. O se non faresti a gara con Mrs Purr per i grattini di Gazza.»

Vorrei davvero che Remus mi desse man forte nel cercare di far capire a Padfoot che non è eticamente corretto andarsene in giro a comportarsi come degli animali, capacità di diventare Animagus a parte, ma lui sta ancora facendo vagare uno sguardo terrorizzato dal baule davanti a lui all'enorme orologio appeso alla parete, le cui lancette sono spaventosamente più vicine a segnare le undici in punto, e non sono così sicuro di aver voglia di disturbarlo.

«Esattamente quanti Frisbee Zannuti hai infilato qua dentro, Sirius?» mi arrischio a domandare, anche se onestamente non sono del tutto convinto di voler conoscere la risposta.

«Solo tre.»

«Ottimo.»

«E non dirmi che le Caccabombe sono tante quanto i punti che avete fatto perdere a Grifondoro lo scorso anno.»

Sirius scoppia a ridere, ma nemmeno Remus pare essere particolarmente sollevato da questa sua reazione. Io, onestamente, ho ancora più paura di prima.

«Moony, anche il numero di stelle nel cielo è inferiore ai punti che abbiamo fatto perdere a Grifondoro lo scorso anno.»

«Bene. Cioè, non è un bene, però deve andare bene. Non comincerò il mio ultimo anno a Hogwarts ricoperto di una sostanza marrone dall'odore ripugnante, nossignore.» afferma Remus con aria pragmatica, ma credo che abbia più paura dell'oggetto che ha di fronte di quanto voglia ammettere.

«Cerchiamo di sollevarlo tutti insieme, su, così...» comincio, tirando su un lato del bagaglio incriminato. Dannazione, pesa quasi più di Pete dopo il cenone della Vigilia di Natale. «Fantastico, Padfoot sei in grado di tenere anche aperta la porta del vagone?»

«Prongs, ti ricordo che sei tu quello che non sa fare due cose contemporaneamente. Non io.»

Sto per affermare che non è affatto vero, dal momento che nessuno meglio di me è in grado di essere assolutamente perfetto e al tempo stesso fare qualunque altra cosa, tipo caricare sul treno un baule dal dubbio contenuto, ma la successiva frase di Sirius mi mette all'erta e mi fa passare la voglia di aprire bocca.

«Moony, cerca di non premere troppo sul manico, se non vuoi che...»

«RAGAZZI!»

Sono quasi dispiaciuto dell'interruzione improvvisa, perché avrei davvero desiderato sapere che cosa prevedeva la frase del mio migliore amico dopo quell'equivoco "se non vuoi che", ma evidentemente le parole non servono. Basta Peter, che con la sua aria baldanzosa e la sua innata capacità di essere sempre e comunque discreto - non che da un Malandrino ci si possa aspettare delicatezza e moderazione, sia chiaro - si mette a urlare per tutta la stazione, facendo girare gli studenti con le loro famiglie e automaticamente spaventandoci a morte.

In particolare, credo che ad aver avuto la reazione peggiore sia stato Moony, dal momento che ha lanciato un urlo che in un'altra situazione avrei attribuito ad un primino che vede per la prima volta il naso estremamente lungo e ricurvo di Mocciosus, per poi lasciare di scatto la presa sul baule e farlo rovinare tragicamente a terra.

Esercitando troppo peso sul manico.

Ovviamente.

***

La prima cosa che vedo non appena spalanco la porta del vagone è del fumo. Tanto fumo. Più di quanto sia umanamente concesso allo scompartimento di un treno. La seconda cosa che noto è che mi sono drammaticamente imbattuta nello scompartimento che da sette anni a questa parte è abitualmente occupato dai Malandrini, dunque mi ritrovo costretta a correggere la mia constatazione: "umanamente" e "concesso" non sono affatto dei termini associabili a quei quattro individui.

La terza cosa che noto - o meglio, che scorgo oltre il fumo e non con facilità - è che per terra c'è la manica di una felpa che ha appena preso fuoco. E il fuoco in questione è ancora appena vivace, ma so per certo che minaccia di divampare e di inghiottire l'intero treno con sé. E no, non credo che al momento la colpa sia da imputare al mio essere piuttosto melodrammatica.

«Polvere esplosiva? Fai sul serio?»

Ecco, questa deve essere la voce di Remus. Il mio adorabile amico Remus, solo Godric sa quanto mi sia mancato quest'estate. Certo, speravo di vederlo in un'occasione diversa e un tantino più formale rispetto a questa, ma che posso farci?

'Giorno Remus, pare proprio che moriremo ustionati di qui a breve. Hai passato un'estate piacevole?

Forse salutarlo in questo modo non è una delle trovate più degne di plauso ad opera della mia mente, per l'appunto non posso che ringraziare la mia bocca per avermi risparmiata dal partorire un simile capolavoro.

«Moony, mi chiamo Sirius: è ovvio che faccio sul serio

Contrariamente alla mia precedente affermazione, la persona a cui appartiene la voce che ha appena parlato non mi era affatto mancata: è di quel decerebrato di Black e, da quanto ho compreso, la polvere esplosiva che ha causato tutto questo disastro doveva essere sua. La cosa, sorprendentemente, non mi stupisce affatto. Mi addolora, questo sì, e mi infastidisce altrettanto. Morire per mano di Black solo perché ero alla ricerca del carrello dei dolci, è questa la dignitosa morte che Merlino ha pensato per me? Sul serio?

«Godric, mi dispiace così tanto! Prongs, tutto bene lì dentro? Prongs, oh Merlino, dacci qualche segnale! Ti prego!»

Ottimo, questo è indubbiamente il timbro lamentoso e tragico di Minus. La sua voce addolorata è chiaro indice del fatto che anche lui, come me, teme che la morte possa sopraggiungere da un momento all'altro. Il fatto che abbia urlato un abbastanza acuto "mi dispiace", però, mi fa temere che anche lui c'entri qualcosa con il disastro che c'è qua dentro. E la cosa non mi consola, perché morire per mano di Black è prevedibile quando ti ritrovi a Hogwarts e sei costretta a temere attacchi da un momento all'altro, ma morire per mano di Minus...non lo posso accettare.

Tornando a noi, avrei ancora tempo per dilettarmi in un applauso mentale e congratularmi con me stessa per le mie brillanti capacità logico-deduttive, se non fosse che, ricapitolando, al conto mi sfugge ancora qualcuno: Remus e Black cianciano senza sosta fuori dal treno, Peter si dispera ed emette squittii vagamente animaleschi...

E lui dov'è?

Bene. La quarta cosa che vedo oltre tutta la coltre di fumo è, beh, non è una cosa. È Potter. Il fatto è che, nel mio cervello, Potter è naturalmente catalogato nel settore "Cose Da Cui Stare Alla Larga Per Prevenire Instabilità Mentale", dunque sì, viene automaticamente registrato come una cosa e il comando impartito alle mie gambe sarebbe quello di girarsi e andare via. Solo che la fiammella vivace sulla sua felpa sta diventando sempre più alta, e più alta vuol dire pericolosa, e pericolosa vuol dire che diamine, sono una Caposcuola e devo fare qualcosa.

«Aguamenti!»

La mano che stringe la mia bacchetta si muove automaticamente, mentre la sagoma di Potter viene investita da un getto d'acqua forse eccessivamente abbondante per la situazione. Peccato, presa dall'enfasi devo aver esagerato. Sarebbe davvero ridicolo se, cercando di salvare Potter da un incendio, l'avessi fatto morire per annegamento.

Mentre il fumo si fa sempre meno fitto e io mi ritrovo a sventolare le mani per vedere cosa diamine sia successo, scorgo Potter puntellarsi sui gomiti ed è con un sospiro rassegnato che comprendo che sta per rivolgere tutta la sua preziosa attenzione su di me.

«Evans!»

Eccola, la prima parola pronunciata dall'idiota di turno. Se non fossi Lily Evans, probabilmente il suo attuale aspetto mi farebbe persino tenerezza: la felpa scarlatta e i jeans sono totalmente fradici a causa del mio incantesimo, i capelli risultano inspiegabilmente più ordinati di quando sono asciutti e poi ci sono gli occhiali che, Merlino, sembrano voler chiedere pietà e fuggire dalla sua faccia. Onestamente non li biasimerei.

Tuttavia, essendo io fino a prova contraria Lily Evans e avendo collezionato un numero non indifferente di esperienze mistiche aventi Potter per protagonista, sono piuttosto abituata a vederlo in situazioni anche peggiori e, dunque, l'unica reazione che è in grado di smuovere nel mio petto è una forte, profonda pietà.

«Potter.» sibilo piano, con un tono fin troppo cordiale. «Che diamine ci fai là per terra?»

***

La prima immagine di quest'anno che Evans ha di me sono io spiaccicato per terra. Io, James Potter, caduto tragicamente ai suoi piedi. Che sia una previsione di ciò che accadrà quest'anno? Assolutamente no, visto che ho assicurato ai Malandrini che sarà lei a implorare pietà affinché io possa restare al suo fianco finché morte non ci separi. E allora, solo allora, ci penserò su.

Comunque, la parte davvero triste della situazione è che non accenno nemmeno a muovermi, perché non riesco a smettere di guardarla in faccia. Godric, fa assolutamente ridere: ha i capelli più scombinati del solito, gli occhi sgranati e la bocca dischiusa dalla rabbia. E so perfettamente di non essere nella posizione più adatta per prenderla in giro, ma davvero, da quando l'ho vista le mie labbra sembrano aver preso vita propria e non ne vogliono assolutamente sapere di distendersi.

«Niente di particolare, cercavo solo...»

Solo? Solo? Cosa diamine cercavo?

«La tua dignità, Prongs, ecco cosa.» Grazie Sirius, per fortuna ci pensa lui a cavarmi dall'impiccio. Meglio che niente. «Lì per terra non la troverai tanto facilmente. È piuttosto ridotta, sai.»

Padfoot sale definitivamente sul treno con un salto, seguito a ruota da Remus, Peter e dal baule maledetto. Le mie facoltà mentali non sono ancora così pessime, rifletto, mentre con un movimento fluido e con disinvoltura mi sollevo da terra. Ottimo, la mia felpa preferita dei Cannoni di Chudley puzzerà di bruciato per sempre.

«Lily!»

Moony sembra essersi improvvisamente illuminato e le sue labbra si arcuano in un sorriso sincero, non appena nota la presenza della sua adorata amica-Prefetto-Perfetto. E la reazione di Evans, constato, non sembra poi essere così diversa.

«Remus! Stai bene?» esclama per l'appunto, senza esitare a fiondarsi contro di lui per stringerlo in un abbraccio.

E quindi Moony non si fa problemi a ricambiare gli abbracci se si tratta di Evans. Interessante.

«Alla grande, tu invece?»

«Non mi lamento, o almeno non lo facevo prima di incontrare Potter.» Una parte remota della mia coscienza mi suggerisce che dovrei sentirmi offeso per essere sempre e costantemente etichettato come il peggior termine di paragone che Evans possa avere, ma lei continua imperterrita a chiamarmi in causa e, per proprietà transitiva, pensa a me più di quanto sia lecito. Questa è una cosa positiva, no? «Merlino, ma cos'hai qua?»

Evans si sporge automaticamente verso Moony e con la mano percorre il contorno della sua cicatrice, fissandolo poi con aria apprensiva e vagamente materna. Remus sorride lievemente, forse arrendendosi al fatto che oggi questa domanda gli verrà posta piuttosto spesso.

«È la sua faccia di sempre, Evans, e non è carino da parte tua insultarlo in questo modo così schietto.» la rimprovera Sirius, scuotendo la testa con finto disappunto.

«Non essere idiota, Black. Anche se so che sarebbe come chiedere a Potter di non essere egocentrico: assolutamente impossibile e contro natura.»

«Ho fatto solo una brutta caduta dalla moto. Ti ricordi la foto della nuova moto di mio cugino che ti ho spedito quest'estate, no? Ecco, ho avuto la conferma definitiva del fatto che gli aggeggi babbani non sono poi così innocui come sembrano, ma questo credo che tu lo sappia meglio di me.» si affretta a replicare Remus, forse per impedire un'immediata risposta da parte mia e di Sirius. Non sarebbe colpa nostra, comunque, visto e considerato che con una sola frase è riuscita a insultare entrambi. «Sbaglio, o qualche anno fa ti eri davvero fatta male a un dito con un frullatore?»

Evans sposta di nuovo lo sguardo su di lui e sorride, alzando teatralmente gli occhi al cielo.

«Per Merlino, non ricordarmelo. Però da quel giorno ho capito una cosa importante: mai giocare con la lama di metallo, anche se il motore non è azionato.» commenta brevemente, facendolo ridere.

E poi eccola - ancora una volta - maledettamente precisa e fastidiosa, mentre mi invade tutto il corpo: una lievissima fitta di gelosia nel vederli così vicini. Insomma, è ridicolo e stiamo parlando di Remus ed Evans, amici da una vita e Prefetti assolutamente noiosi e rispettosi delle regole. È ovvio che si capiscono al volo, sono entrambi così ossessionati dal regolamento scolastico da far paura, ma è altrettanto ovvio che Moony deve smettere di sorriderle in questo modo o la luna piena, per lui, diventerà una sciocca passeggiata.

Sto quasi per rivendicare ad alta voce la mia precedenza su Evans, che so, magari con una frase d'effetto del tipo "l'ho vista prima io" alla quale Remus non avrebbe assolutamente nulla da ribattere, se non fosse che un'illuminazione improvvisa accende la mia mente in un baleno. Perché sì, per la prima volta ho per davvero io il coltello dalla parte del manico.

«Allora Evans, non mi dire che quest'anno Silente ti ha scelta come Caposcuola.» mi intrometto nella loro conversazione, ostentando l'aria più disinvolta che possiedo e appoggiando un gomito sulla spalla di Peter.

La rossa in questione si volta verso di me come se si fosse improvvisamente ricordata della mia esistenza, prima di fissarmi con aria eloquente e vagamente altezzosa.

«Proprio così, Potter. La cosa ti rallegra? Perché a me sì, considerando che in questo modo avrò ancora più potere da rivendicare su di te e potrò consegnarti alla McGranitt ogni volta che ne avrò voglia.» dichiara soddisfatta, incrociando le braccia al petto. «Spero solo che al mio collega Caposcuola la cosa non disturbi particolarmente.»

Ed è a questo punto, proprio a questo punto, che percepisco il mio sorriso ampliarsi e assomigliare certamente a quello che aleggia sempre sul volto di Sirius. Non so se questo sia un buon segno, perché Padfoot ha una vastissima gamma di sorrisi altamente inquietanti e provocatori e mai avrei pensato di arrivare al punto in cui le mie espressioni facciali fossero speculari alle sue. Temo siano cose da mettere in preventivo, comunque, quando si vive tutto l'anno con il proprio migliore amico.

Evidentemente anche Evans deve aver notato questa mia palese somiglianza con lui, dal momento che ha spalancato ancora di più le palpebre - se possibile, considerando che da quando mi ha visto sembra fare solo questo - e adesso mi sta fissando con un'aria inquietata e basita al tempo stesso.

Oh, Evans, ancora non sai in che tremendo guaio ti sei cacciata.

***

Potter sta sorridendo, anche se la cosa non mi stupisce più di tanto: a qualunque ora del giorno o della notte, ci sarà sempre qualcosa o qualcuno - principalmente chiamato Sirius Black - in grado di far divertire quello squilibrato. È una legge universale.

Potter sta sorridendo ma non è questo il punto, perché c'è un insolito particolare più importante da tenere in considerazione: il suo ghigno assomiglia terribilmente a quello di Black e sì, questo è un dettaglio a tutti gli effetti preoccupante.

«Potter, smettila di sorridere come un idiota e dimmi cosa c'è. Perché qualcosa c'è di sicuro, ne sono certa. Lo sento nell'aria.»

Se fossi più attenta e meno concentrata a scandagliare le varie espressioni facciali di Potter, probabilmente mi accorgerei che Remus sta lentamente scivolando fuori dal mio campo visivo, ma come ho già detto il mio sguardo è del tutto catturato da quello del ragazzo di fronte a me e i suoi occhi, ora illuminati da una lieve sfumatura di scherno, mi fanno solo presagire il peggio.

Il peggio in questione potrebbe assumere diverse forme: qualcuno ha deciso di legarmi a Potter con delle corde magiche per le prossime ventiquattro ore? Sono per caso stata minacciata e costretta a non assegnargli mai più punizioni su punizioni? O, cosa ancora più ridicola, il mio collega Caposcuola è proprio Potter e la mia fine è tragicamente vicina?

«No.» riesco appena a sussurrare, mentre il lampo della comprensione mi attraversa lo sguardo. «No, no e no. No

«Oh sì, Evans, assolutamente sì.» ride il bastardo, che evidentemente non è mai stato così soddisfatto in vita sua come adesso.

Ma certo, come biasimarlo: non è lui a dover condividere con un idiota colossale un reparto isolato della Sala Comune, non è lui a dover collaborare con un individuo che rispetta soltanto la regola scolastica che prevede di indossare la camicia - «Ma solo perché mi rende ancora più bello del normale», testuali parole - non è lui a dover sopportare un incompetente per un totale di sei ronde mensili e, soprattutto, non è lui a dover rimpiangere di non aver lasciato che la sua felpa gli bruciasse tutto il braccio. E magari anche la faccia, chi lo sa.

«Remus.» riesco solo a sibilare, sperando che dal mio tono si percepisca tutta la rabbia e l'autocommiserazione che provo. «Remus, spiegami come diamine sia potuto accadere.»

«Io non...non c'entro nulla.» chiarisce l'interpellato, indietreggiando ancora e sperando che io non lo noti. Ma io lo noto eccome e so che tra poco potrei urlare o Schiantare qualcuno, a seconda delle mie priorità. «La decisione è stata di Silente, lo sai...cioè, in parte. Essere Caposcuola è un grande impegno, probabilmente ha solo voluto dare a James la possibilità di dimostrare di essere finalmente maturato.» Remus scocca un'occhiata di fuoco a Potter, che invece sorride compiaciuto. «Tutto qui. E comunque io sono ancora Prefetto, quindi ci vedremo lo stesso a ogni riunione.»

Ma certo, Albus Silente: il Preside che ho sempre ammirato per la sua saggezza, che ho idolatrato per le decisioni consone che è in grado di prendere in qualunque circostanza, che ho sempre considerato come la personificazione della verità e delle scelte logiche e pertinenti...

Al momento della nomina dei Capiscuola era sotto effetto di polvere di artiglio di drago, non c'è altra spiegazione. Oppure la vecchiaia sta cominciando seriamente a giocargli brutti scherzi.

«Potter non può mostrarsi maturo, Remus, semplicemente perché non lo è.»

«Andiamo Lily, non partire proprio tu piena di pregiudizi. Una possibilità non si nega a nessuno, no? E poi James potrebbe rivelarsi inaspettatamente diligente. Ognuno ha quei lati oscuri e scabrosi che non mostra mai a nessuno, sai.»

«Ma certo, fate pure con comodo, fate come se non fossi qui.»

«Stiamo parlando della stessa persona?» domando, ignorando l'intervento di Potter che non a caso sbuffa infastidito - questi sono gli effetti deleteri della carenza di attenzioni, chiaramente - e incrocia le braccia al petto.

«Temo di sì.»

«Non si direbbe.»

«Va bene, prima che la rossa rimpianga definitivamente di aver salvato la vita a James - e ripeto Evans, hai salvato James se non te ne fossi accorta - vogliamo andare a sederci?» domanda Black, mostrandosi particolarmente impaziente di dileguarsi quasi come io lo sono di mandarlo al diavolo.

E se davvero pensavo che il peggio fosse appena passato, devo nettamente ricredermi. Perché il peggio arriva ora.

«In verità, adesso che sono qui e ho scoperto con grande gioia chi è l'altro Caposcuola...» comincio ironicamente, stringendo i denti e invocando tutta la calma che so per certo di non possedere. «Ne approfitto per dire a Potter, il mio stimato collega...» Niente, nessuno che si decida a dirmi che è tutto uno scherzo. Sospiro ancora, serrando le palpebre e pregando che questa tortura finisca presto. «Che io e lui dovremmo andare in un...inunvagoneaparte

È senza dubbio la cosa più tragica che io abbia mai detto in tutta la mia vita e il fatto che fosse riferita a Potter la rende ancora peggiore. L'idiota in questione scambia infatti una rapida occhiata con Black, prima che quest'ultimo getti la testa all'indietro e cominci a...ad abbaiare? No, niente, sta solo ridendo. Tutto nella norma.

«Woh-oh, Evans, vacci piano! Non ti facevo così bollente alla prima occasione.» replica Potter, con quel mezzo sorrisetto fastidioso che cancellerei dalla sua faccia a suon di schiaffi.

Mi sbatto una mano davanti agli occhi, desiderando di potermi materializzare subito nello scompartimento delle mie amiche. In realtà andrebbe bene ovunque, anche nel vagone di Jacob dita-nel-naso Collins, purché non sia qui. E con qui intendo al cospetto di Sua Maestà James Potter, che sembra non trovare nulla più divertente di mettere a disagio le persone.

Ma se pensa di mettere a disagio me, oh, che si metta il cuore in pace: ha già perso in partenza.

«Intendevo nello scompartimento dei Prefetti, Potter, per organizzare la riunione che si terrà di qui a poco. Con i Prefetti. Persone diligenti, sai, perfettamente informate sulle dinamiche di Hogwarts e capaci di organizzare ronde, feste e quant'altro.» specifico seccata, ricomponendomi come meglio posso. «Silente ha davvero deciso di nominare Caposcuola uno che sa programmare soltanto strategie di Quidditch? Sul serio?»

Sono arrivata al punto di prendere la decisione del Preside come un'offesa personale.

«Togli subito quel soltanto, Evans, se associato alle strategie di Quidditch. La Coppa non te la porta mica nessuno su un piatto d'argento, sai?» replica infatti con aria terribilmente oltraggiata, smettendo di ridere con il suo compare. «E poi, non mi sottovalutare. Da quando hai questa scarsa considerazione di me? Hai paura che possa soffiarti il titolo di Caposcuola più impeccabile della storia di Hogwarts?»

«Bella battuta, Potter, ma non sei simpatico.»

***

«Fantastico, adesso che Evans ha finito di provarci spudoratamente con Prongs, direi che noi tre possiamo ritirarci a fare cose meno noiose e meno da brave persone.» esclama Sirius, passando un braccio attorno alle spalle di Peter per poi tornare a guardarmi. «Davvero James, non mi è ancora andato giù il fatto che tu sia passato al lato oscuro proprio davanti ai miei occhi.»

«Figurati a me, Black. Figurati a me.»

In uno sventolio di capelli e con un sottofondo di imprecazioni, Evans si volta per allontanarsi ed è in questo istante che capisco che è arrivato il momento di seguirla.

«Ciao ragazzi, fate i bravi senza di me. E comprate qualche Cioccorana in più per il sottoscritto.»

L'ultima parte della frase è principalmente rivolta a Wormy, che infatti annuisce con vigore e mi rivolge il saluto militare.

A noi due, Evans.

La parte più bella di questa situazione è che sono del tutto autorizzato a seguirla ovunque vada e lei non può assolutamente dirmi nulla. Essere Caposcuola non si è mai rivelato più vantaggioso e soddisfacente di così.

«Allora Evans...» La raggiungo in poche falcate, posizionandomi al suo fianco e rivolgendole il sorriso più sfacciato che possiedo. E sì, ne ho un vasto repertorio. «E così prima mi hai salvato dall'incendio.»

«Già Potter, pensa un po' che fortuna. Il principe azzurro ha salvato la fanciulla in pericolo, così adesso sei assolutamente libero di andartene a...»

«Evans, da quando in qua sei così volgare?» la rimprovero prima ancora che possa terminare la frase, portandomi teatralmente una mano al petto. «Mi sembrava che le cose tra noi fossero migliorate, dopotutto.»

Mi supera di nuovo di un passo, continuando a marciare ritmicamente e incrociando le braccia al petto, mentre io quasi mi ipnotizzo seguendo il ripetuto ondeggiare dei suoi capelli.

«Cosa te lo fa pensare?» domanda ad un tratto, voltandosi improvvisamente verso di me e cogliendomi del tutto alla sprovvista.

«Quest'estate hai risposto alle mie lettere.»

L'ho detto di getto e con un tono ai limiti del ridicolo, lo riconosco, tant'è vero che il piccolo Sirius che popola la mia testa ha preso corda e sgabello ed è pronto a impiccarsi. È ovvio che Evans sa di aver risposto alle mie lettere, fino a prova contraria le ha scritte lei. Forse. Ecco, questo potrebbe essere un bellissimo interrogativo.

«Le...le hai scritte tu, vero?» do infatti voce alle mie perplessità, perché se sapessi che ad aver risposto non è stata Evans, bensì una qualche entità che ha la sua stessa calligrafia, la mia emotività potrebbe risentirne in maniera sostanziale.

«Ma certo che le ho scritte io, idiota.» conferma comunque con un tono esasperato, alzando gli occhi al cielo.

E di nuovo le mie labbra hanno preso vita propria, perché si ritrovano automaticamente ad arcuarsi mentre, come è nel mio stile, la mia mano corre ad affondare tra i miei capelli.

Non ci sarebbe niente da ridere, questo lo so, anche perché Evans tanto per cambiare mi ha appena dato dell'idiota. Ma per la prima volta l'ha fatto in un modo così affettuoso che non me la sento di dire altro. E per lasciare James Potter senza parole, signore e signori, ce ne vuole eccome.

***

Va bene, lo so che non sono mai stata il massimo dell'espansività e della libera manifestazione dei sentimenti, ma non sono così crudele da non rispondere alle lettere di Potter. Non da quest'estate, almeno, non da quando abbiamo trascorso un sesto anno di quasi civiltà e saluti reciproci.

Un tempo la procedura consisteva nel bruciarle direttamente nel camino o farle sparire senza nemmeno leggerle, tanto che solo adesso mi rendo conto di quanto io sia stata stupida a comportarmi in quel modo. Avevo comunque tutti i motivi del mondo, chiaro, ma...non era semplicemente un atteggiamento nel mio stile.

«A proposito, mi è piaciuto il racconto del compleanno di tuo padre. Avrei voluto sentire anch'io Black cantare "Tanti auguri a te" con due cannucce infilate nel naso.» mi affretto ad aggiungere, perché se Potter continua a guardarmi in silenzio e con quest'espressione da ebete potrei davvero rimangiarmi tutto e affatturarlo. «Per quanto macabra sarebbe stata la visione, sono sicura che mi sarei divertita.»

«Evans, sei di famiglia. Puoi venire da noi ogni volta che vuoi, lo sai. E poi mio padre non vede l'ora di conoscerti, mia madre dice che devi essere una santa a sopportarmi e...»

«E ha ragione.» affermo decisa, prima di riscuotermi come se fossi stata colta da un'illuminazione istantanea. «Potter, hai davvero parlato ai tuoi genitori di me?»

«Naturalmente.»

«Non dirmi che hai detto loro che stiamo insieme. Ti prego.»

È una domanda implicita che sorge spontanea, perché questa è la classica cosa che Potter farebbe ad occhi chiusi. Per l'appunto, il suo sorriso beffardo sembra già essere una risposta più che precisa.

«Volevo farlo.» sospira infine con rassegnazione. «Ma poi ci ha pensato Sirius a dire che tu non la smetti proprio di tormentarmi, di seguirmi ovunque vada e che sei così profondamente innamorata di me da diventare pazza.»

«Sono quasi certa che questo sia il genere di cose che diresti tu, Potter.» sbuffo contrariata, certa che ormai la mia reputazione sia stata messa in pericolo anche tra chi non conosco. «Sei insopportabile, te l'ho mai detto?»

«Insopportabilmente irresistibile, vorresti dire. E no Evans, non me l'hai mai detto, ma sono cose che posso dedurre tranquillamente anche dal tuo sguardo.» risponde con il suo solito sorriso sfacciato, prima di estrarre dalla tasca della sua felpa un oggetto e tenerlo sospeso tra di noi sul palmo della sua mano. «Senti, non è che potresti aiutare un povero ragazzo insopportabile ad appuntarsi la sua nuova spilla da Caposcuola?»

Ed eccola lì, infatti, la spilla perfettamente identica alla mia, con tanto di gigantesca C dorata stampata sopra che spicca sullo sfondo rosso scarlatto.

Non vorrei, ma inevitabilmente un sorriso fa capolino sulle mie labbra. Fortuna che lui è completamente intento a togliersi la felpa per restare solo con la divisa scolastica e riacquistare così un minimo di compostezza, altrimenti se si sapesse in giro che ho sorriso ad una frase di Potter scoppierebbe il putiferio. Perché è contro natura, sempre lo è stato e sempre lo sarà.

Eppure mentre penso a tutto questo, mentre finisco di appuntargli la spilla sulla camicia e spalanco la porta dello scompartimento dei Prefetti, mentre il ragazzo alle mie spalle mi affianca e ammicca soddisfatto, una sola certezza compare nella mia mente alla velocità della luce ed è tanto folgorante da lasciarmi, per un momento, interdetta: la conversazione avuta con Potter è stata il mio primo momento di vera normalità della giornata.

 

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: _justabibliophile_