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Autore: IroccoPerSempre    03/07/2021    0 recensioni
Irene e Rocco passano la notte in magazzino. Per poco non vengono scoperti da Armando.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rocco si stirò lentamente, svegliato dal fresco del mattino che lambiva le sue spalle nude.
Ci volle un po’ perché i suoi occhi si abituassero alla luce che penetrava dall’unica finestra che c’era in magazzino e la sua mente realizzasse dove si trovava.
Sentì un vuoto allo stomaco - che non aveva nulla a che vedere con la fame - appena il suo sguardo si posò su di lei. Era emozione.
Improvvisa.
Come se solo in quel momento si fosse ricordato del perché aveva passato la notte lì.
E che non era solo…
Lo assalì un misto di felicità e di timidezza.
Timidezza, non vergogna.
Non era un segreto per nessuno che aveva ricevuto un’educazione contraria a quello stato di cose, ma non ci riusciva, proprio non riusciva a vergognarsi, né tantomeno a sentirsi in colpa, per quello che faceva con lei.
Non si era mai sentito così uomo, completo o sé stesso come quando era dentro di lei.
E non era la “sua grande esperienza in materia” - autoironizzò al sol pensiero – ad alimentare quella convinzione, bensì la loro intesa.
Lei, all’apparenza così sfacciata e audace, non esitava a sdrammatizzare la goffaggine e l’inesperienza di entrambi e questo gli restituiva il suo equilibrio, lo rincuorava nelle sue insicurezze. Se invece era lei a essere tesa, bastava una carezza o uno sguardo di lui a ricentrarla, a placare le sue manie.
Per il resto del tempo si tenevano per mano, come se non fossero ancora sazi del contatto già assoluto tra i loro corpi…
Si morse il labbro e arrossì.
In tutte quelle fantasticherie, i suoi occhi non si erano mossi dalla figura addormentata di lei, ma solo ora si soffermarono davvero a osservarla. Era a pancia in giù con una mano rivolta verso l’alto, vicina al viso, e la bocca socchiusa.
Non proprio l’immagine più elegante di sé con cui avrebbe voluto essere guardata.
Bene, qualcosa per cui prenderla in giro da lì fino alla morte.
Cercò di contenere la risata che lo colse a quel pensiero portandosi una mano alla bocca e così evitare di svegliarla.
In realtà no - alzò leggermente la testa per guardare l’orologio in fondo alla stanza e rendersi conto di quanto altro tempo potevano ancora concedersi - erano le 6 del mattino.
Non proprio tardissimo, ma era meglio che si dessero una mossa. Le spostò un ciuffo biondo dalla fronte e lei si destò pian piano. Lo travolse quel verde che alla luce del mattino predominava sul nero delle pupille. Niente, non lo voleva proprio capire che era ancora più bella senza trucco.
Irene sorrise, consapevole, nascondendo subito dopo il volto contro la coperta adattata a materasso e iniziò a emettere dei mugolii sconnessi.
“Ho dormito scomodissima e adesso mi fa male la schiena” disse con un fil di voce, ancora sonnecchiando.
Lui scosse la testa, sorridendo a sua volta, “E ti pareva che non ti svegliavi senza lamentarti tu!” disse lui con il tipico accento che lei adorava.
“No, in realtà mi lamento perché sicuramente stavi ridendo di me” disse coprendosi ancor più con l’incavo del gomito.
Ma! Aveva capito tutto come sempre. “Amuni’, vieni qua su” disse lui ridendo, spostandole il braccio e avvicinando il proprio volto al suo.
Il finto broncio svanì e, senza replicare nulla, Irene si alzò sui gomiti per baciarlo.
Quel calore li riaccese all’istante e lo assalì insistente il dubbio di pochi minuti prima: ‘Quanto altro tempo ancora potevano concedersi?’ e, a giudicare dal gemito che sfuggì dalla bocca di lei, avrebbe giurato che anche Irene si stesse chiedendo la stessa cosa.
Tutt’a un tratto dei rumori fuori dall’edificio risposero per loro a quella domanda inespressa.
Una doccia fredda.
Si staccarono bruscamente, senza muoversi troppo, intenti ad ascoltare.
Irene gli chiese a bassa voce, ancora vicina alle labbra di lui, “Senti anche tu quello che sento io?!”
“Eh…” fu l’unica misera risposta che Rocco fu in grado di dare.
Il rumore era distintamente attribuibile a un motore in spegnimento e, subito dopo, allo sportello di un furgone.
“Rocco non mi dire che è…” disse Irene sempre più in agitazione.
“…. il Signor Armando, noooo” Rocco si diede un colpo sulla fronte, ricordandosi le disposizioni per quel giorno.
“Che cosa? Parla!” scalpitò Irene.
“Aspettavamo una consegna per stamattina alle 6:00, me ne ero dimenticato…!” gridò Rocco a bassa voce.
“Ma io ti ammazzo!” bisbigliò Irene minacciosa. “Te l’ho chiesto cento volte se potevamo venire qui!”
Si alzarono di corsa, come morsi da un insetto velenoso, iniziando a rivestirsi alla velocità della luce.
Rocco allargò le braccia “Eh Ire’, beata te che sei perfetta e non ti scordi niente!” mentre le lanciava la gonna e il collant.
Irene lo fulminò con lo sguardo mentre gli tirava addosso i pantaloni. Entrambi si girarono di scatto mentre fuori i rumori si facevano più insistenti. “Fai veloce che ho un’idea!” gli intimò Irene, illuminandosi in volto, mentre si abbottonava la camicetta.
Rocco annuì meccanicamente, infilandosi la propria nei pantaloni, distratto da un chiodo fisso: “Lo sapevo io, lo sapevo io che ste cose non si fanno, mannaggia a me!”.
Irene strizzò gli occhi, intuendo già dove voleva andare a parare: “Eh no eh, eh no! Non ricominciamo adesso con questi discorsi, per favore!”
Ecco qua che si ripresentavano ciclicamente le lamentazioni di Rocco sui castighi divini per aver infranto la promessa di illibatezza prima del matrimonio.
Normalmente avrebbe sorriso di tenerezza e l’avrebbe scosso pazientemente dal senso di colpa come solo lei sapeva fare, ma in quel momento non potevano permettersi il lusso di una crisi esistenziale.
“Eh Ire’, uno ci pensa a certe cose!” disse lui tutto mogio.
“Tu un po’ troppo spesso, non credi?!” si interruppe per ascoltare… ora i passi si avvicinavano inequivocabilmente. “Vatti a nascondere in bagno prima che io cambi idea!”
Rocco non rispose, interdetto, con sguardo interrogativo.
“VAI!” gli ripeté Irene.
Mentre lui si allontanava, Irene si guardò intorno e vide che il loro letto rimediato era ancora lì in bella vista. Sgranò gli occhi, assalita dall’ansia. E ora che si inventava?!
Sentì la chiave girare nella toppa e indossò il suo miglior fare disinvolto, che in ogni caso le veniva sempre bene. Per poco ad Armando non veniva un infarto per il salto che fece. “Signorina Cipriani! Che ci fa qui a quest’ora?!” chiese sbigottito.
“Buongiorno Signor Ferraris, mi scusi per averle dato uno spavento, ma volevo controllare il registro di carico e scarico perché credo di aver fatto un errore con il reso di una cliente ieri” rispose Irene sicura, mentre pregava in tutte le lingue del mondo che lui non scorgesse la coperta per terra.
“E per farlo ha avuto bisogno di restare qui tutta la notte?” chiese Armando con tono inquisitorio, accennando con il capo proprio in quella direzione.
Ecco, le preghiere non erano servite a molto. Per l’appunto. La coperta.
“Ehm, sì…” Irene deglutì “…il fatto è che, Signor Ferraris, come dire, ecco, ho iniziato ieri sera a fare questa cosa e…” continuò alla disperata ricerca di una scusa convincente “poi si è fatto tardi e non me la sentivo di tornare a casa da sola a quell’ora. Sa, non si sa mai cosa può succedere in questa grande città a una ragazza indifesa”. Basta Irene, impose a sé stessa, anche troppo patetica.
“Certo” tagliò corto Armando con un’espressione che forse solo Rocco sarebbe stato in grado di decifrare.
Che dire, se le preghiere non l’avevano aiutata a coprire le loro tracce, senza dubbio la aiutavano con la parlantina!
Armando le disse “Be’ se vuole la aiuto a…” indicando in direzione della coperta.
Irene trasalì. “Ma no, Signor Ferraris! Ci mancherebbe. Ci penso io a mettere a posto. Anzi” rifletté velocemente su un espediente per farlo uscire dal magazzino “vorrei chiederle gentilmente se può concedermi dieci minuti di tempo per, mmh, ricompormi, ecco”.
“Ma certo, certo” Armando alzò le braccia e indietreggiò “esco ad aspettare il camion della Palmieri e” aggrottò le sopracciglia “anche Rocco, che già dovrebbe essere qui”.
“Grazie, Signor Ferraris” rispose con un sorriso affettato, trattenendo il respiro finché non lo sentì chiudere la porta dietro di sé.
“Via libera!” gridò Irene a bassa voce.
Rocco uscì dal bagno, contento per il pericolo scampato. Ma lo era davvero? Irene, dal canto suo, era certa che il Signor Ferraris non si fosse bevuto una sola parola di quella storia.
Oh beh… che importava ormai.
“Tu sei pazza completa comunque eh” disse lui mentre ridevano assieme “Ma come ti è venuto in mente?!”
Irene fece spallucce “Volevo sdebitarmi di tutti i rischi che hai corso per me quando dormivo qui”.
Rocco scosse la testa “Bella sei…” le disse mentre le prendeva il viso tra le mani per baciarla. Irene si ricordò improvvisamente di essere arrabbiata con lui e lo allontanò da sé:
“Ma guarda questo…” disse indicandolo con la mano “…che mi parla di punizioni divine mentre siamo in emergenza!” concluse sforzandosi di mantenere il punto e soprattutto di non ridere.
“Ava’ su, scusa” disse Rocco con degli occhioni colpevoli.
Irene gli sorrise amorevolmente. D’altronde, non l’avrebbe voluto diverso da com’era. Rocco era la voce di quella coscienza che, in certe cose, be’, lei proprio non aveva.
“Corri, esci sul davanti che il Signor Ferraris ti aspetta per scaricare” e lo mandò via con un ultimo bacio, mentre smantellava il loro giaciglio e trepidava in cuor suo al pensiero che presto ne avrebbero avuto uno tutto loro.
   
 
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