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Autore: NightWatcher96    03/07/2021    1 recensioni
Un giorno Katsuki incontra un curioso cagnolino dall'insolito e vaporoso manto verde e diverrà presto il suo compagno di vita. Tuttavia, scoprirà anche una dolorosa verità.
(Morte Personaggio)
Genere: Angst, Fluff, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: All Might, Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou, Masaru Bakugou, Mitsuki Bakugou
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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Angolo della Quirkless

Lo giuro, doveva essere una One Shot molto divertente ma a quanto pare è finita nei miei rating preferiti, in questo caso ho anche osato un po' troppo con Izuku-kun. Ci sono delle differenze rispetto al manga, per questo è una Otherverse. Senza indugi, Enjoy!





“Cerca solo di essere gentile con i clienti, caro”.

“E la prossima volta che ti becco a rispondere come il cazzo i clienti ti licenzio senza darti un centesimo, hai capito?”.

Katsuki fu costretto a ingoiare il suo stesso orgoglio, annuendo alla ramanzina del suo datore di lavoro. Ora che erano finite le scuole superiori, voleva lavorare part time per poter mettere da parte un gruzzolo per una nuova e costosa modifica al suo costume di Hero. Aveva la licenza provvisoria, vero, ma erano sempre i pezzi grossi a fare tutto il lavoro, ragion per cui voleva ammazzare il tempo libero.

Fulminò con un’occhiataccia storta la porta del piccolo supermercato che sbatteva, infilandosi le mani in tasca rabbiosamente. Faceva troppo caldo per avere pazienza, non che l’avesse mai avuta, solo che lo infastidivano le domande idiote, visto che i tabelloni con i prezzi vantaggiosi erano in bella vista appesi sugli scaffali e comunque c’era la moglie del titolare che era alla cassa e sapeva dar tutte le informazioni.

Aveva perso le staffe perché un gruppo di mocciosi con due sconsiderati come genitori avevano infilato nella borsa della madre un bel po’ di roba e lui che non era certo un stupido si era accorto che era una sorte di rapina. Aveva provato a fare il suo lavoro di Hero ma non ne aveva ricavato che una grossa ramanzina.

“Che scassi il cazzo a un altro!” bofonchiò, calciando una lattina. Si fermò con la testa china dopo qualche passo. “Però… se mi faccio licenziare non avrò racimolato un bel niente…” riflettè, grattandosi i capelli come suo solito. Notò la sua immagine riflessa su una vetrina di un negozio di animali con in bella vista un foglio appiccicato con dello scotch. “Cercasi commesso?” lesse curioso.

Il negozio era ancora aperto, vedeva del movimento all’interno; riuscì a scorgere diverse gabbiette con degli animali e un uomo piuttosto anziano che lavorava sodo. Non ci pensò più del dovuto e spinse la porta.

Suonò un campanellino posto sull’architrave: Kacchan fu investito da un piacevole refrigerio e un certo odore di animali un po’ meno gradevole.

“Buonasera” salutò l’uomo.

Era un essere umano che aveva un qualcosa di familiare. I capelli biondi con le punte tendenti all’alto, due ciocche che incorniciavano il suo viso scarno, occhi infossati che parevano neri ma tuttavia azzurri. Era terribilmente magro, quasi pronto a spezzarsi. Sulla maglietta bianca che camuffava in parte un largo pantalone verde militare seguito da scarponi marroncini capeggiava un grembiule candido, sporcato da qualche zampata di cane.

“Salve” rispose Kacchan, guardandosi intorno. “Quell’annuncio è ancora valido?”.

“Certo. Ho bisogno di aiuto con il mio negozio. Come puoi vedere ci sono tanti cuccioli da badare ed io da solo non posso più fare molto” spiegò, porgendogli la mano che gli fu stretta. “Sono Toshinori. Yagi Toshinori. E tu? Mi sembra di conoscerti” si presentò, poi qualcosa gli fece cambiar espressione da una dolce a una stupita. “Ma certo che sì! Sei Bakugo, il vincitore del Festival Sportivo di quest’anno, alla U.A!”.

Kacchan arrossì dolcemente, poi il suo sguardo cadde su una gabbietta un po’ aperta, posta in un angolo, fra la vetrina e una colonna portante.

“Dai pure un’occhiata. Io intanto finisco di rabboccare le ciotole dei cuccioli di dalmata con acqua fresca” farfugliò Yagi.

Sparì dietro al bancone dove c’era una piccola gabbia a recinto con ben sei cuccioli di dalmata molto rumorosi ma anche molto teneri. Kacchan ignorò l’uomo per qualche minuto, preferendo avvicinarsi al punto che lo aveva incuriosito. Perché una gabbia avrebbe dovuto essere messa in disparte e per giunta al buio? Prima ancor di rendersene conto la sua mano aprì del tutto lo sportello di metallo verde e guardò dentro.

“Ah, Bakugo Shonen, fai attenzione. E’ un cucciolo molto particolare” intervenne Yagi, imbarazzato.

Il biondo lo scrutò per qualche istante poi afferrò la torcia del suo cellulare e la puntò dentro la gabbia, scoprendo un batuffolo che tremava e teneva la testolina nascosta contro la parete. Guaì un po’ per quell’improvviso bagliore, voltando a tre quarti il suo musetto.

Katsuki si sentì invadere da una sensazione curiosa e nuova, come una sorte di calore nel petto. Allungò piano la mano al cucciolo cercando il suo sguardo.

“Non avere paura, vieni qui” mormorò con incredibile dolcezza.

All Might rimase a guardarlo sorridere perfino alla dolce creatura ma si aspettava un rifiuto. E infatti il cucciolo non ne volle sapere di accontentarlo. Kacchan ci provò ancora fino a quando non gli sfiorò il morbidissimo manto con un dito. Per tutta risposta ebbe un morso.

“Ah! Cazzo! Hai fegato tu!” esclamò ritirando il dito con quattro buchetti insanguinati. Non era incazzato, anzi, sembrava accettare una sottile sfida.
“Bakugo Shonen, vedi, quello è un cucciolo molto speciale” spiegò Yagi, infilando la mano nella gabbia per farsi annusare. “Vieni, piccolo, non aver paura. E sai perché? Perchè ci sono qui io” sorrise.

Incredibilmente dopo qualche attimo di attesa un adorabile musetto fece capolino.

Quella frase gli aveva ricordato qualcosa… o meglio qualcuno. Katsuki non riusciva a ricordare esattamente il volto ma sapeva che doveva essere uno dei migliori Pro Hero di tutto il Giappone. Preferì lasciar perdere, incurante che Yagi avesse quasi sputato sangue per la sua avventatezza. Nessuno conosceva la sua identità, nessuno sapeva che Yagi Toshinori era in realtà una leggenda.

Era All Might, il Number One Hero.

-A quanto pare non deve averlo notato!- pensò Yagi, sospirando con un sorrisetto di chi l’aveva appena scampata bella. Poi tornò al cucciolo che stava annusando e leccando le dita della sua mano e lo guardava felice.

Il cucciolo era molto piccolo, era una razza sconosciuta, sembrava un Volpino della Pomerania con il manto morbido e riccioluto come quello di una pecora di uno stranissimo color smeraldo. Le sue orecchie, le zampette e la coda a pon pon erano molto corte. I suoi occhi erano tondi, dolcissimi, un po’ neri e un po’ smeraldo, un nasino adorabilmente rosato e una lingua rosea.

“Stavo lavorando quando ho sentito un trambusto fuori al mio negozio. Dei ragazzini, più o meno alcuni anche della tua età, lo stavano pestando. Questo piccolo ha resistito fino a quando non è crollato. Ho temuto il peggio, per fortuna sono riuscito a salvarlo” raccontò tristemente Yagi, prendendolo dolcemente in braccio, cullandolo come fosse stato un bambino. “Non ha un nome. Non ancora almeno. Puoi capire perché è così diffidente degli altri che non sia io, per cui fa attenzione con lui. Per fortuna le sue ferite non erano nulla di che ma è tornare a fidarsi che è il punto difficile”.

Kacchan strinse i pugni rabbiosamente. Per un attimo gli era tornato in mente la sua vita da sbruffone alle medie e un ragazzino dai curiosi capelli ribelli che se lo aveva sempre seguito, scoprendo di essere poi Quirkless, lui gli aveva reso la vita un inferno. Come si chiamava? Ah, non lo ricordava neanche più.

Provò ad allungare nuovamente un dito verso il nasino del cucciolo vaporoso ma stavolta rimase fermo, sperando di infondergli un po’ di fiducia. Il cagnolino ringhiò infastidito, poi annusò e sembrò guardarlo con circospezione, prima di inclinare il capo e leccare il morso che aveva smesso di sanguinare. Abbaiò un paio di volte, volendo essere accarezzato.

“Sembra che tu sia già riuscito a fargli breccia nel cuore, Bakugo Shonen” sorrise stupito Yagi, porgendoglielo.

Nel vedersi un paio di braccia nuove, il cucciolo iniziò a frignare visibilmente a disagio. Però, Kacchan gli sorrise dolcemente e lo rincuorò incredibilmente, stringendolo dolcemente tra le braccia. Lo coccolò fra le orecchie, muovendogli una zampina radiosamente.

“E’ un giorno da festeggiare allora! Il piccolo è riuscito a stare in braccio a qualcuno diverso da me” ridacchiò All Might, poi gli si rivolse con un enorme sorriso. “Credo che quel posto sia già tuo. Ci vediamo domani verso le sette e trenta. Ti spiegherò tutto domani”.

Kacchan era stupito ma annuì radioso. Avrebbe chiamato quel dannato vecchiaccio per licenziarsi e iniziare il suo nuovo impiego. Video il cucciolo fissarlo con la linguetta penzolante dalla bocca, gli venne un altro enorme sorriso. Non ricordava neanche più quando si era sentito veramente felice.

Riconsegnò il cagnolino ad All Might e salutò. Tuttavia non fece in tempo a varcare la porta che sentì l’abbaiare del cucciolo e un piccolo piagnucolio. Kacchan si voltò e rimase stupito di vederlo agitarsi rapidissimo fra le mani dell’altro che tentava di evitare di farlo cadere sul pavimento. Non appena lo mise in terra questo corse velocissimo verso di lui, abbaiando e cercando di alzarsi sulle cortissime zampette.

“Che c’è?” chiese il rosso fintamente indispettito, accovacciandosi per offrirgli una carezza fra le orecchie. “Ci vediamo domani, tu fai il bravo”.

Il cucciolo sembrò capirlo ed emise un mugolio davvero dispiaciuto. Katsuki sospirò, guardando All Might che era incredulo.

“Credo che non aspetterà di vederti fino a domani, Bakugo Shonen” furono le sue parole.

“Posso portarmelo a casa” esclamò il focoso tutto d’un fiato, rialzandosi fieramente in piedi. Il cucciolo, ancora scodinzolando gli si piroettò intorno, con la lingua di fuori e un’aria terribilmente felice.

“Apprezzo molto, ma questo cucciolo…”.

“Toshinori-san, credo di aver combinato io questo pasticcio e credo che debba vedermela io. Me lo porterò a casa e vedrò di farlo calmare”  tagliò corto, raccogliendo in braccio il piccolo cagnolino.

“Allora ti darò le sue crocchette preferite, un collare e il suo giocattolo. Mi raccomando, Bakugo Shonen, cerca di non farlo interagire subito con altri umani. Sarebbe troppo per lui da gestire” e a queste parole così cariche di preoccupazione di Yagi, Kacchan annuì, guardando il cucciolo tra le sue braccia…
 


Quando arrivò a casa, subito mise il cucciolo sul suo letto, poi spiegò tutto frettolosamente ai suoi genitori che incredibile ma vero non obiettarono nulla.

“Ma l’altro lavoro al supermercato?” domandò tuttavia Mitsuki.

“Quello è uno stronzo!” scattò il biondo, raccontando per filo e per segno che cosa aveva dovuto patire per aver cercato di fermare una rapina. Si stupì di vedere i suoi dargli ragione. Doveva essere sicuramente il suo giorno fortunato.

“Beh, mostraci il tuo nuovo animaletto da compagnia, allora!” cinguettò Mitsuki.

“Non posso, vecchia! Te l’ho detto neanche dieci minuti fa che se vede altri umani si spaventa!” fermò l’altro, salendo tre scalini della rampa per puntarle il dito contro. “E ora vado da lui”.

Masaru e Mitsuki sospirarono al caratteraccio del figlio, tuttavia erano sollevati per diversi motivi. Era volenteroso, sapevano che durante l’estate cercava di fare lavori per non gravare sulla situazione economica della famiglia che tuttavia andava discretamente, aveva un cuore troppo impavido per restarsene in silenzio dinanzi ad un’angheria e che aveva bisogno di un amico.

Quel rozzo individuo proprietario del supermercato avrebbe capito molto presto di aver perso un affidabile Hero e un ragazzo dal cuore d’oro.
E intanto Katsuki aveva aperto piano la porta della sua camera, richiudendola subito per evitare che il cucciolo si fosse diretto al piano inferiore. Vagò con lo sguardo nella sua modesta stanza senza trovarlo.

“Qui, piccolo!” chiamò. Un rumorino raspante da sotto il letto gli catturò l’attenzione, facendolo sorridere. “Era ovvio che ti saresti nascosto sotto al letto, ma ora sei a casa mia e non devi più aver paura” rincuorò, facendolo uscire.

Il cucciolo si calmò subito con la sua presenza, trotterellando su se stesso e abbaiando un paio di volte. Chissà, magari facendogli vedere i suoi genitori sarebbe stata una buona idea, contrariamente a quanto aveva urlato a sua madre.

“Vuoi conoscere i miei vecchi?” domandò, accarezzandogli la testolina morbida. Il cucciolo inclinò quest’ultima quasi dubbioso. “Ho la vaga sensazione che tu sei molto più intelligente di qualunque normalissimo cane”.

Katsuki scese nuovamente le scale, tentando di non fare movimenti bruschi per il suo cagnolino, visibilmente incuriosito di vedere un altro nuovo ambiente. Si acquattò dietro la porta della cucina sorridendogli teneramente.

“Oi, vecchia!” chiamò. “Ho il cucciolo tra le mie braccia. Vorrei farvelo vedere, però non so come reagirà”.

“Non chiamarmi vecchia, figlio degenere!” scattò Mitsuki, avvicinandosi. Suo figlio vide l’ombra avvicinarsi. “Entra, che io e tua padre ci sediamo a tavola. Vediamo il tuo amichetto”.

Il cucciolo aveva ancora la lingua fuori dalla bocca, interessato di più a strofinare la testolina contro il petto di Katsuki che, con un passo deciso varcò la soglia della cucina, appoggiandolo subito sul tavolo.

“Ehi, va tutto bene, sono i miei genitori, d’accordo?” rincuorò subito il biondo, cercando i suoi occhi profondi e teneri.

Il cagnolino si voltò a fissare i due nuovi volti ma fece qualcosa di incredibile: piegò la testa da un lato, come fosse stato stupito, voltandolo ripetutamente a Mitsuki e Katsuki. Poi abbaiò e andò a cercare una carezza da Masaru che fu ben felice di offrigliela.

“Oh, questo cucciolo è veramente dolce! Non mi aspettavo che ci avrebbe accettati con tanta facilità”.

“Probabilmente ha fatto un’associazione di idee fra me e la vecchia, dato che siamo molto simili” riflettè stupito Kacchan, quando sua madre gli mollò un ceffone dietro la testa. “Oi, vecchiaccia! Mi fai male così!”.

Il cucciolo prese ad abbaiare, come a voler dare man forte al suo padroncino. Mitsuki scoppiò sonoramente a ridere, accarezzando quel simpaticissimo musetto.

“A quanto pare ti sei fatto una guarda del corpo, figlio sconsiderato” esclamò, poi la sua espressione mutò in una di riflessione. “Non so perché ma questo cagnolino ha qualcosa di molto familiare. Sarà il colore verde e insolito del suo manto o gli occhi… anzi, soprattutto gli occhi, mi ricorda qualcuno”.

“E’ la stessa cosa che ho pensato anch’io” ammise Kacchan, con lo sguardo basso.

“Potrebbe assomigliare, anche se è un paradosso, al figlio dei Midoriya” azzardò Masaru, intento a coccolare il musetto del cucciolo.

“Intendi il piccolo Izuku?” rifletté Mitsuki. “In effetti, ha un nonsoché di somigliante”.

Kacchan strinse i pugni: una vecchia ferita si era appena riaperta nel suo cuore. Aveva avuto modo di riflettere in svariati anni del suo deplorevole comportamento più da Villain che da Hero nei confronti di quel ragazzo Quirkless che dopo il suo salvataggio dal quel merdoso Slime pazzoide in cerca di corpi da manovrare.

Ricordava che quel verdino si era gettato a capofitto in mezzo alle fiamme pur di fare qualcosa per liberarlo da quell’asfissiante dolore, senza tuttavia riuscirci. Salvato poi da All Might, aveva visto per l’ultima volta Izuku andare a casa e poi traslocare insieme ad Inko.

“Se non ricordo male, Izuku è a studiare medicina a New York. Suo padre, Hisashi Midoriya aveva un posto nel governo come consigliere dei servizi segreti dei Pro Hero” raccontò sua madre con lo sguardo perso sul cucciolo che sembrava ascoltare attento. “Quanti anni sono che non li vedo? Suppergiù circa sei o sette anni”.

“Cara, Inko non era forse la tua migliore amica? Non vi siete più chiamate” fu la precisazione di Masaru.

“In effetti era così ma dopo che venni a conoscenza che un certo biondo aveva reso la vita infernale dalle medie in poi non ho potuto far nulla per evitare che la nostra amicizia si sgretolasse” spiegò la donna bionda, concedendo uno sguardo tagliente, se non adirato a suo figlio che incassò tale colpo in silenzio. “Credo che sia meglio così”.

Il cucciolo vide lo sguardo in collera del suo padroncino e gli offrì una leccatina a un pugno, guaendo un po’ come avesse voluto confortarlo.

“Beh, è il tuo cane. Come hai intenzione di chiamarlo?” riprese Mitsuki cercando di smorzare l’aria che era diventata pesante con quel tutto nel passato.

Kacchan parve riprendere quella luce spavalda nello sguardo meno lucido. “In effetti non ci ho ancora pensato. Mi sembra troppo intelligente per un nome banale”.

“Toshinori-san ti ha detto che potevi tenerlo come tuo animale domestico?” chiese tuttavia Masaru. “Non che mi dispiaccia averlo in famiglia, ma mi sembra che te lo abbia semplicemente prestato per evitare che frignasse per tutta la notte”.

Era vero! Non si era parlato di prenderlo definitivamente! Improvvisamente tutto l’orgoglio e la felicità del ragazzo sfumarono. Non ci aveva pensato, si era lasciato prendere dal troppo entusiasmo. Il cucciolo gli si buttò tra le braccia, alzandosi sulle zampette per abbaiare… convinto. Fece ridere i tre umani per quell’eccessivo gesto ma almeno Katsuki si riprese nuovamente.

“A quanto pare lui ha proprio intenzione di star qui” ridacchiò Masaru. “Parlane con Toshinori-san, vediamo cosa dice. Hai il suo numero o vuoi aspettare domani?”.

“Ho il suo cellulare. Posso chiamarlo!” esclamò Kacchan, correndo per prendere il suo cellulare.

Il cucciolo, tuttavia, iniziò ad essere nervoso senza il suo biondo. Prese a guaire agitando piano la coda, poi si voltò verso i due adulti con un lieve guaito infelice. Masaru sorrise, lo prese ai lati dei fianchi e lo poggiò in terra, facendogli cenno di seguirlo e non se lo fece ripetere che corse tamburellando su per le scale, abbaiando alla porta socchiusa.

Sentì Kacchan già parlare al telefono, pensò che spingere con il musetto la porta per entrare sarebbe stata l’idea migliore. E così fece, zampettando attento. Lo vide seduto a gambe incrociate sul letto, un po’ ricurvo mentre teneva il cellulare rosso poggiato contro l’orecchio e ogni tanto accennava un sorriso. Saltò con tutte le sue forze e gli si accucciò in grembo.

Kacchan lo accarezzò immediatamente, intrecciando lievemente un dito nel suo manto morbidissimo.

“Sì, proprio ora mi ha seguito fino in camera mia e si è accucciato sulle mie gambe!” raccontò Kacchan. “Trovo che stia facendo già passi da gigante, rispetto a quello che abbiamo visto al suo negozio. Così mi stavo chiedendo, se non fosse un problema per lei, di tenerlo definitivamente”.

“Mi aspettavo una scelta del genere, Bakugo Shonen. Ho visto il cucciolo praticamente affidarsi a te e credo che sia la scelta migliore”.

Katsuki sorrise luminosamente, annuendo. “Quindi, è un sì?”.

“Ovviamente. Visto che è già molto legato a te potrai anche portarlo qui al negozio. Immagino che lasciarlo solo a casa sarebbe un male”.

“Oh, già. Non avevo riflettuto su questo. Senta, Toshinori-san, il prezzo del cucciolo?”.

“Bakugo-shonen, quel cagnolino è speciale. Non ha prezzo. Ha scelto te ed io non posso pretendere nulla”.

“Ma…”.

“Shhh, Bakugo Shonen. Grazie per la tua chiamata, ci vediamo domani alle sette e trenta”.

Kacchan ci sarebbe stato, così ringraziò e chiuse la chiamata, guardando il cucciolo che sollevò la testolina, attendendo qualche cosa. Premette la sua fronte contro quella pelosa ed espirò, mentre piccole lacrime di gioia crescevano e colavano lungo le sue guance. Non era abituato a ricevere delle gentilezze così spontanee e non sapeva come comportarsi. Per una volta si permise di piangere, di dimostrarsi debole.

Il cucciolo guaì infelice, leccandogli alcune lacrime. Poi abbaiando, saltò sul pavimento andando a rovistare nella cartella che Kacchan teneva sempre sotto la scrivania. La tirò verso il letto, infilandoci la testa dentro per tirar fuori un quaderno. Abbaiò felice, sbattendo una zampetta sulle pagine bianche.

“Che cosa stai cercando di dirmi?” chiese Katsuki, spingendo le gambe oltre al letto. “Non capisco”.

Il cagnolino sembrò infastidirsi per un attimo, poi roteò velocissimo su se stesso e tornò a infilare la testa nella cartella tirando stavolta fuori una penna già aperta. A fatica iniziò a scarabocchiare su una pagina, tornando poi a fissare Katsuki scodinzolando.

“Aspetta…! Forse ho capito!” esclamò il biondo, accovacciandosi. “Vuoi che ti trovi subito un nome?”.

Un abbaio come cenno che era sulla pista giusta! Anche Katsuki sorrise, non sapendo che i suoi genitori erano fuori la porta, avendo sentito che il cane era parte della famiglia ormai e avevano un enorme sorriso sulle labbra. Sembrava rivedere un bambino ignaro dei pericoli del mondo che giocava con un altro dai capelli verdi che lo seguiva incondizionatamente.

“Ti chiamerò King Murder of Explosion!” esclamò il biondo ma il cucciolo ululò contrariato, girando su se stesso un paio di volte. “Ah? Non ti piace? Allora… che ne pensi di Zero-chan? Io sono Ground Zero e tu sarai il mio inseparabile compagno, Zero-chan!”.

Il cucciolo abbaiò felice stavolta, alzandosi in piedi per muovere il sederino come a voler danzare. Ridendo, il biondo gli prese le zampine e si mosse insieme a lui. Era rarissimo vederlo così spontaneo però sicuramente quelle ferite che portava nel cuore si sarebbero rimarginate.
 

“Kacchan, ma quando tu sarai un eroe affermato, io sarò il tuo compagno?”.
 

Il biondo cancellò il suo sorriso, rimanendo a fissare il vuoto con un’espressione scioccata. Perché di punto in bianco gli era tornato in mente quel bambino con le lentiggini che lo guardava estasiato? Perché il suo cervello stava sovrapponendo quella sbiadita faccina luminosa con quella di Zero-chan? Scosse il capo non volendoci pensare ancora. Era il passato. Izuku lo aveva dimenticato, mai cercato, quindi perché si preoccupava di questo?
 

Non ti ha dimenticato.

 
Di nuovo sobbalzò, sorpreso da quella voce che aveva udito. Il biondo si guardò intorno più e più volte poi tornò a fissare il cucciolo che era rimasto in piedi e lo fissava con un accenno di malinconia. Lo lasciò, sospirando, passandosi una mano tra i capelli ispidi, reclinando la testa contro il bordo del letto. Forse era solo stanchezza.

“Non è che hai parlato tu?” chiese comunque. Il cucciolo abbaiò come se avesse voluto dir di sì. “Sarai pure un cane straordinario, ma ti manca la parola” sogghignò, alzandosi. “Credo che sia ora di cena sia per me sia per te. Vieni, è ora di mettere la tua scodella in cucina”.

Scesero insieme, ritrovano Masaru e Mitsuki già seduti che lo attendevano pazientemente prima di consumare la cena a base di salmone, verdure, l’immancabile riso e anche l’anguria. C’era stata un’offerta e Mitsuki ne aveva approfittato, prendendo ben sei angurie succose.

Kacchan afferrò da una busta quello che gli aveva dato All Might, tirando fuori una ciotola rossa, un’altra azzurra e i croccantini vitaminici per cuccioli di media taglia. Gli venne da pensare se quel batuffolo sarebbe cresciuto ancora. Era grande quanto un volpino semi-adulto della Pomerania, quindi presumeva proprio di no.

Mentre gli poggiava in terra le ciotole e quella rossa la riempiva di croccantini a forma di osso, riempiendo d’acqua l’altra osservò Zero-chan con attenzione. Il cucciolo senza quel pelo poteva essere grande quanto una scatola di scarpe, alto fino alla metà dei suoi polpacci, quando non indossava i suoi stivali, ovviamente.

“A che pensi, figliolo?” domandò Masaru.

“Che Zero-chan probabilmente non crescerà più di così”.

“E’ il suo nome?” ridacchiò Mitsuki, puntandogli contro le bacchette. “Su, vieni a mangiare che stasera ho cucinato da Dio!”.

“Sta zitta, vecchia! Che hai da ridire sul nome del mio cucciolo?!”.

Mitsuki si alzò per afferrarlo per un orecchio e costringerlo a sedersi a tavola poi scosse il capo con un sorriso vedendo il cucciolo fermato dal suo mangiare per guardare il suo padroncino intento a massaggiarsi un orecchio. Zampettò un po’ per strofinarsi con la testolina contro la sua gamba.
“Tranquillo, Zero-chan. Katsuki non si fa atterrare per così poco” rincuorò la bionda donna.

Dopo la lauta cena, Kacchan lavò perfettamente le stoviglie e quando concluse, spegnendo la luce e aprendo la finestra per un po’ d’aria fresca notò che nella ciotola rossa il cucciolo non aveva mangiato molto. Bevuto sì. Si preoccupò di rabboccare quella blu e di afferrare un croccantino per offrirlo al cucciolo che lo stava ancora aspettando.

“Vieni qui” gli disse, facendolo avvicinare. Aspettò pazientemente che Zero-chan allungasse il collo per leccare il croccantino e fargli solletico sul palmo. “Voglio che la prossima volta mangi tutto, va bene?”.

Decise che sarebbe stato meglio andare a riposare, che l’indomani si sarebbe dovuto svegliare presto. Così marciò dritto al piano superiore, sempre seguito dal suo cucciolo. Kacchan si mise subito in canotta e pigiama corto, buttandosi sul letto. Avrebbe fatto un’altra doccia dopo sveglio, ora voleva solo riposare.

“Vieni, Zero-chan. Sali sul letto che è qui dove dormirai”.

Il cucciolo saltò agilmente e si andò ad accucciare vicino a lui. Katsuki iniziò ad accarezzarlo dolcemente sulla testa e quei movimenti circolari lo rilassarono a tal punto da farlo sprofondare nel mondo dei sogni…
 


Qualche tempo dopo, alla U.A. si mormorava che nella classe 1-A si fosse aggiunta un’altra persona e la maggior parte dei ragazzi voleva conoscerne l’identità, un po’ invidiosi che fosse stato ammesso così facilmente alla prima sezione.

Tuttavia, quando durante la pausa pranzo un giovane tristemente ricordato per il suo temperamento completamente scontroso e iracondo camminava con un vassoio e un cagnolino fiero si resero conto che era stata una bufala gigantesca. Una fake news.

“Ma dov’è il nuovo arrivato?” canzonò un ragazzo dalle sembianze di leone, con la criniera dorata, la coda e un naso schiacciato nero.
“E’ lui, Zero-chan!” rispose scocciato Kacchan, sedendosi a un tavolo con Eijiro, Denki, Mina e Sero.

Il ragazzo leone fissò stralunato il cagnolino che si era accomodato sul tavolo pronto per mangiare i suoi croccantini che Katsuki gli aveva servito in un fazzolettino che teneva sempre nello zaino ben al sicuro in un cofanetto di plastica e scoppiò a ridere, facendo calare il gelo tutt’intorno. Il brusio degli altri studenti cessò in un batter d’occhio, sostituito da una coltre invisibile di ansia.

Katsuki lo fissò tenendo a mezz’aria le bacchette con dei noodles al curry ben piccanti. Lo stava già incenerendo con un’occhiata.

“Quanto devono essere scarsi quelli del corso A per permettere addirittura a un mentecatto e il suo pulcioso amichetto di stare qui?” esclamò, puntandogli contro una delle quattro dita con artigli capaci di scalfire anche un diamante.

“Amico, sei serio? Guarda che non ti conviene scherzare con Baku-bro!” sbuffò Eijiro. “Ovviamente anche con Zero-chan! Non hai letto internet? Dove c’è Ground Zero c’è anche Zero-chan!”.

“E che cosa vuoi che me ne importi? Questo qui è solo un pazzo! Perché un cane rimarrà sempre un fottuto sacco di merda!”.

Katsuki sbattè le mani sul tavolo facendo vibrare le stoviglie e cadere un po’ di curry. Era furioso, tanto che i suoi occhi erano quelli di un pazzo omicida. Improvvisamente il piccolo Zero-chan spiccò una rincorsa e saltò addosso al naso del ragazzo sfrontato iniziando a graffiare forte.
 

Nessuno tocca il mio Kacchan!
 

Il biondo si tenne un po’ la testa, un’improvvisa fitta pungente gli aveva attraversato il cervello, come un sibilo acutissimo. Era la seconda volta in diversi mesi che aveva udito quella vocina. Questa volta non se l’era immaginato! E intanto Zero-chan continuava a graffiare e a mordere il naso del ragazzaccio. Tuttavia questo si arrabbiò, cacciando un ruggito feroce, lo afferrò in una mano artigliandogli nelle carni le unghie e lo scagliò pesantemente in terra.

Il piccolo emise un guaito di dolore, rotolando un po’ ai piedi di Eijiro che si alzò e lo raccolse immediatamente. Vide Katsuki respirare rapidamente, i pugni grondanti di sudore e gli occhi ridotti a due puntini luminosi.

 
Kacchan…
 

Poi tutto si ridusse a una foschia, Kacchan lo afferrò per una spalla e gli fece esplodere in faccia una fiammata talmente potente da bruciargli la criniera. Il leone umano urlò disperato, tenendosi il volto ustionato, correndo fuori dalla mensa, ma non avevano finito! Lo avrebbe ridotto a brandelli! Caricò il suo gancio destro, pronto a scagliare un proiettile di fiamme quando avvertì il suo Quirk dissiparsi.

Ruggì, raggiungendolo in pochi scatti. Lo afferrò per una spalla e lo stordì con un pugno ancora alla mandibola, non dandogli neppure il tempo di difendersi. Dinanzi ai suoi occhi c’era solo una foschia rossa, rivedeva quello che aveva fatto al suo cagnolino e quella voce che aveva iniziato a fargli riaffiorare ancora ricordi che credeva di aver rimosso.

A un pugno ancor più forte che già grondava sangue per il pestaggio, due bende gli si avvolsero intorno al braccio, tirandoglielo e bloccandoglielo dolorosamente all’indietro. Katsuki cercò di opporre resistenza ma anche l’altro fu bloccato prontamente e così anche il collo, visto che avrebbe mollato testate e dato morsi.

“Adesso basta!” abbaiò la voce di Aizawa, a una ventina di metri più indietro. Aveva gli occhi rossi, i capelli fluttuanti verso l’alto, segno che era intervenuto annullando il Quirk Explosion di Katsuki. “Siete puniti entrambi. Tu Kuromaki Tamashiro della sezione B avrai un mese di sospensione!”. Il ragazzo leone piagnucolò qualcosa di incomprensibile, poi si rivolse a Kacchan. “E tu, Katsuki Bakugo, due settimane di pulizie nei dormitori!”.

Il biondo non rispose, sentiva solo le emozioni traboccargli in tutto il corpo. Afflosciò il corpo, le bende si tolsero e a testa china marciò verso il tavolo dove Eijiro stringeva al petto il piccolo Zero-chan. Non appena lo vide sentì il cuore affondarglisi per le tracce di sangue nel suo manto morbido. Allungò una mano, lasciandosi strofinare la testolina contro il palmo con un lieve guaito.

“Portalo da Recovery Girl” sussurrò Eijiro…
 


Non aveva detto una sola parola, era rimasto seduto nella sua stanza con le ginocchia tirate al petto a fissare Zero-chan che era stato curato e bendato e ora dormiva su un cuscino sul suo letto con una copertina addosso. Perché dovevano sempre prendersela con lui e con il suo cucciolo? Che colpa avevano? Era un male affezionarsi a qualcuno?
 

Kacchan, sarò sempre al tuo fianco…
 

Ancora una volta sobbalzò a quella vocina penetrante nella sua testa. Sbattè le palpebre, strofinandosi gli occhi. C’era buio nella sua stanza ma filtrava la luce del corridoio e poteva vedere porzioni sfumate del mobilio. Tuttavia quegli occhi dolci che lo guardavano.

“Non sei tu… non puoi essere stato tu a parlare…” sussurrò il biondo, afferrandosi una ciocca di capelli.

Il cucciolo si alzò sulle zampette fissandolo ancor più intensamente. Katsuki preferì accendere la luce della lampada sul comodino per capire, perché quella storia era semplicemente surreale. Prese posto sul letto accanto al cucciolo che gli appoggiò una zampetta sulla coscia.
“Non puoi parlare… ma grazie per prima alla mensa” sorrise, offrendogli una carezza alla testa.

 
Sarò sempre con te, Kacchan. Perché io sono tuo amico!

 
Il sorriso bonario gli morì sulle labbra tramutandosi in un’espressione sconcertata se non terrorizzata. Afferrò sotto le zampette anteriori il cagnolino che aveva la lingua all’infuori e scodinzolava un po’. Scosse piano la testa totalmente incredulo.

“Non è possibile!”.
 

Posso farlo, Kacchan. Perché ormai sono il tuo compagno!
 

“Solo una persona mi avrebbe chiamato Kacchan…” espirò tremane Katsuki, fissando il vuoto, per poi concentrarsi sul cucciolo che saltò sul pavimento. Lo vide inclinare il capo con un’aria molto triste. “Era…”.
 

Izuku Midoriya...
 

Quel nome che aveva cercato di dimenticare disperatamente, ora gli sembrava così una pugnalata nel cuore, dolorosamente che si affondava nel muscolo facendolo sanguinare. Scosse il capo rabbiosamente, artigliandogli le bionde ciocche in frustrazione. Si rifiutava di crederlo!
 

Kacchan, non ti lascerò mai, ma tu lo stai facendo. Devi combattere!
 

“Ma Zero-chan… di che cosa stai parlando?”.

Il cucciolo chiuse gli occhi e un leggero alone verdastro lo avvolse, facendolo lievitare a mezz’aria. Una lieve luce parve mostrare in modo spettrale un ragazzo nudo dalla pelle nivea, i capelli spettinati smeraldini che stava sorridendo. Era come un fantasma proiettato da Zero-chan.

“D… Deku?”.

Il ragazzo con le lentiggini dischiuse gli occhi e gli sorrise dolcemente. Senza una parola gli avvolse le braccia intorno al petto, stringendolo. A malapena Katsuki recepì una lacrima sulla sua guancia e la mano che stava ricambiando quasi possessivamente.

“Deku, m dispiace… Per quello che ho fatto… Per tutto… ma perché te ne sei andato?”…
 

Il dolore lo travolse come la marea di un’onda gelida.

Il suo corpo era pesante come un macigno, sentiva caldo, freddo e una sensazione bagnata sulle guance.
In un primo momento fu tutto sbiadito, colori informi e chiazze sparse in una tonalità bianca e verde acqua, poi pian piano assunse nitidezza, insieme a un costante bip nelle orecchie. Un odore persistente di medicinali stava scavando nelle sue narici, insieme a un brusio proveniente dal corridoio che si intravedeva dietro a una porta bianca socchiusa.

“Ti sei svegliato, finalmente”.

Il collo gli faceva male così come il petto e lo stomaco e forse anche la gamba con la mano. E poi si sentiva tirare al braccio destro, constato di essere flebo e diversi elettrodi collegati a un monitor che segnava il suo costante battito del cuore.

Katsuki Bakugo guardò la figura controluce che gli sorrideva dolcemente con in mano una cartellina clinica, era una donna con i capelli lunghi e verde scuro dove due ciocche che le avrebbero incorniciato il tondeggiante viso erano raccolte in una piccola treccia sulla nuca. Quegli occhi verdi le ricordavano qualcuno.

“Non ti ricorderai di me, ma sappi che sei stato molto fortunato a riprenderti dopo quel terribile infortunio contro Shigaraki Tomura. Sei sopravvissuto per miracolo”.

No. Quella donna che si era voltata verso il letto che lo affiancava con un volto più triste sbagliava. Flebile ma rapido, aveva scoperto un vecchio ricordo e sapeva chi era.

“Lei è Inko” gracchiò stancamente. La vide irrigidirsi e guardarlo a tre quarti. Sorrise un pochino. “Lei è Midoriya Inko, la mamma di De… cioè di Izuku”.

“Sì, sono io. Come stai, Katsuki?” chiese, accarezzandogli un po’ la fronte.

Non riuscì a rispondere.

Le sue mani erano tiepide, morbide e gli davano una sensazione di pace al petto. Però non riusciva a togliersi dalla mente l’altra figura intravista nel letto al suo fianco. Non era che..?

“Io lavoro in quest’ospedale. Dopo la grande distruzione di Musutafu e Kamino molti infermieri, infermiere e Pro Hero sono stati inviati per prestare soccorso e aiuto” raccontò la donna che pareva non essere poi così invecchiata, solo ingrassata.

La vide di nuovo rivolgersi all’altro letto con uno sguardo apprensivo.

“Mio figlio è qui insieme a te, nella tua stessa stanza. Dopo che traslocammo a New York un Villain attaccò il liceo che stava frequentando per poter andare alla Facoltà di Medicina e Chirurgia e fece trenta ostaggi, la classe di Izuku. Anche se non aveva un Quirk cercò di fare qualcosa ma quel Villain aveva il tuo stesso potere, Katsuki-kun e lo colpì in pieno…”.

Kacchan sentì una fitta carica di vergogna e senso di colpa penetrargli nel petto, capace di farlo alzare piano e mettersi seduto. Vide Inko spostarsi di lato e allora finalmente lo vide, Izuku era come una macchiolina sbiadita nel letto, il volto pallido con le lentiggini ed era molto più minuto e magro di quanto potesse ricordare.

“Sono tre anni che è in coma e sappiamo che è solo una questione di tempo prima che dovremo staccare la spina perché è cerebralmente morto” sussurrò l donna, piangendo. “Io e Hisashi lo abbiamo già perso…! Izuku diceva che sarebbe diventato un grande medico per poter aiutare i Pro Hero, come sognava dopo aver scoperto di non avere un Quirk!”.

Un abbaio interruppe quel momento angosciante: sulla soglia della camera ospedaliera c’era un batuffolino verde peloso che stava guardando tristemente tutti. Katsuki sentì un groppo di commozione nel rivedere il suo cagnolino: gli tese le braccia e si lasciò investire a pieno e leccare.

“Zero-chan, mi sei mancato da morire!”.

“C… come è possibile?” gemette Inko, tremando.

Katsuki la fissò stranito mentre Zero-chan continuava a leccarlo e a farlo sorridere ancora.

“Quel cucciolo era di Izuku, lo aveva adottato a New York in un canile… lo aveva chiamato Zero-chan, proprio come il suo Hero preferito, Ground Zero”.

 
 Non ti ha dimenticato.

Nessuno tocca il mio Kacchan!

Kacchan…

Kacchan, sarò sempre al tuo fianco…

Sarò sempre con te, Kacchan. Perché io sono tuo amico!

Posso farlo, Kacchan. Perché ormai sono il tuo compagno!

Kacchan, non ti lascerò mai, ma tu lo stai facendo. Devi combattere!

 
Ora tutto aveva un senso…! Quelle parole, quella voce… non era stato Zero-chan ma Deku. Ma se era morto… allora?

“Zero-chan era la guida di Izuku, gli è sempre stato vicino. Quando lo abbiamo portato in ospedale, lui è scappato e non l’abbiamo più trovato” raccontò Inko, accarezzandolo dolcemente.

Katsuki raccontò per filo e per segno di come aveva trovato quell’adorabile cagnolino e nel mentre sentiva Inko singhiozzare con un lieve sorriso, afferrando la mano di Izuku e inginocchiandosi tremante.

“Forse è stato Izuku a guidarlo verso di te. La sua volontà non si spegnerà mai! Ma è solo che non avrei mai voluto perderlo così!”.

Kacchan guardò Zero-chan poi Deku e il suo cuore si gonfiò di tristezza. Non immaginava che quel ragazzino Quirkless avesse sfidato coraggiosamente un Villain sacrificando la sua vita.

“E’ stato lui a svegliarmi?” domandò con un fil di voce. "Penso che la trasformazione di Zero-chan in Deku sia stato un sogno... Non poteva essere, in fondo, giusto?" si ritrovò poi a domandarsi stupito.

“Eri quasi sprofondato anche tu nel coma per le ferite subite, ma non so come ti sei risvegliato” gracchiò Inko, rimettendosi in piedi.

“Volete veramente staccare tutto?”.

“Non c’è più nulla da fare”.

Kacchan prese un respiro tremante, poi afferrò la mano fredda di Izuku e l’accarezzò. C’era una cicatrice che l’avvolgeva come fosse stato un bracciale e un’altra che capeggiava sul braccio, sembrava molto dolorosa e in fase di guarigione.

“Zero-chan è con me. Questa volta a non arrendersi devi essere tu” disse, ricacciando a forza le lacrime negli occhi. “Ti prego… Izuku…”.

Ma non ci sarebbe stato più nulla da fare. Dopo una settimana, decisero di renderlo finalmente libero da quella prigionia e fu allestito un funerale dove tutti gli amici di Kacchan vennero sotto una pioggia battente con delle bellissime rose bianche in mano. La foto di un ragazzino intelligente spiccava su una tomba proprio nei pressi della U.A. perché in fondo anche se non era mai riuscito a diventare un Hero aveva combattuto più duramente di chiunque altro e allora lo avrebbero accompagnato con le lodi nel suo viaggio infinito.

La cerimonia funebre non durò molto, Kacchan tuttavia e il suo Zero-chan lasciarono prima, troppo scosso per poter assistere a quello strazio. Quando arrivò ai dormitori della U.A. si buttò a peso morto sul letto, incurante se fosse ancora bagnato fradicio. Non riusciva a pensare più a nulla, era come se un pezzo del suo cuore fosse affondato e polverizzato.
 

Non essere triste, Kacchan. Sono con te e questo mi basta…
 

Sospirò, chiudendo gli occhi. Li tenne così per qualche manciata di secondi, ma quando li riaprì vide un ragazzo che lo sorrideva accanto a Zero-chan e lo accarezzava sul dorso dolcemente.

“Sei venuto a salutarmi?” domandò, incurante se fosse un sogno o semplicemente la realtà. Si tirò a sedere stancamente. Lo vide sorridere un po’ tristemente e allora capì. “Deku, perché mi hai lasciato così?”.
 
Perché sapevo che avrei dovuto impegnarmi molto più degli altri per poter stare al tuo fianco. Pensavo che una volta ottenuta la mia borsa di studio sarei potuto venire alla U.A. come apprendista di Recovery Girl ma…
 
“Mi hai perdonato”.
 
Non ti ho mai odiato, Kacchan. Quando ho capito che era finita per me, sono stato molto felice che Zero-chan ti avesse trovato. Penso che potrei rimanere con te e con lui ancora un po’.
 
“E allora fallo. Rimani con me e Zero-chan per sempre” mormorò speranzoso Katsuki. Lo vide sorridere dolcemente e negare.
 
E’ tempo per me di andare. Kacchan, lo sai che veglierò sempre su di te.
 
Lo sentì sempre meno presente, fino a perderlo del tutto. Kacchan si ritrovò con le lacrime silenziose a rigargli le gote, conscio che mai più avrebbe rivisto Deku. Zero-chan abbaiò cercando il suo affetto e quando gli fu tra le braccia tirò fuori il suo pianto disperato.
“Non ti lascerò mai, Zero-chan…!”.
 
Non ti lascerò mai più, Deku…
 
Quel giorno segnò l’inizio di un grande Hero, diventando il più forte di tutti, lui e il suo compagno Zero-chan, fino a diventare il Number One Hero non solo per se stesso ma anche per il suo migliore amico Izuku Midoriya…
 

THE END
 
  
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