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Autore: Sammmy    06/07/2021    2 recensioni
A notte fonda è più semplice abbassare le proprie difese e parlare di sé stessi, ma è anche più semplice incappare in situazioni surreali: ad esempio drogarsi col tuo peggior nemico, o guardare film distopici da ubriaco.
La storia di come Cavendish prova a dichiararsi a Bartolomeo e di come Trafalgar Law prova a giustificare la sua incoerenza.
Dal testo:
"Sai cosa mi ha colpito di te?" Biascicò Cavendish e Bartolomeo lo invitò a continuare.
"Sei talmente idiota da credere che in me ci sia qualcosa di buono." E infondo quella risposta il verde un po' se l'aspettava.
"Te l'ho già detto Cavendish, se continui in questo modo penserò che tu sia innamorato di me." Una frase che avrebbe dovuto suonare ironica, ma Bartolomeo l'aveva pronunciata con una tale serietà da ricevere lo sguardo interrogativo e lucido del biondo su di sé.
Genere: Comico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Bartolomeo, Cavendish, Eustass, Kidd, Trafalgar, Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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É buffo come i colori del vero mondo divengano veramente veri solo quando uno li vede riflessi sullo schermo.
-Alexander DeLarge "Arancia meccanica"

 

"Ho una maschera alla rosa che fa miracoli per le occhiaie." Fu esattamente questa la frase con cui Cavendish cominciò il suo discorso, ritrovandosi subito dopo un interdetto Trafalgar Law a guardarlo con astio.
"Cosa vuoi Cavendish-ya?" Taglió corto il moro, aggiungendo cinque generosi cucchiai di zucchero alla sua tazza di tè; un po' perché aveva già capito di aver bisogno di tanta calma per affrontare la conversazione che stavano per iniziare e un po' anche perché era l'unico modo per riuscire a bere quel thè con il caldo di giugno.
"Suvvia Trafalgar, dovresti essere felice di passere un po' di tempo con me dopo mesi." Sorrise smagliante il biondo, cominciando a sorseggiare dalla sua tazza, rigorosamente con il mignolo alzato.
"È il mio primo giorno libero dopo mesi di turni improponibili, non eri tra le mie priorità fin dal principio." Sputò acido, calcando bene quelle due paroline per fargli cogliere il suo disappunto.
"E quali sarebbero le tue priorità sentiamo? Sollazzarti col tuo moroso per tutto il giorno?" E Law stavolta si astenne completamente dal rispondergli. Generalmente non faceva tanto caso al suo linguaggio da damerino di altri tempi, ma la parola moroso gli provocava un forte senso di repulsione, anche se Cavendish questo non lo capí e interpretò il suo silenzio come un tacito invito a proseguire il discorso.
"Capisco che tu abbia bisogno di un bel sonnellino di bellezza, possibilmente con due belle fette di cetriolo sulle palpebre per diminuire tutto quel gonfiore, quindi cercherò di essere breve. Mi serve un consiglio."
Trafalgar annuì appena, soffiando per la ventesima volta sulla tazza, nella speranza che il suo contenuto diventasse una granita e ancora una volta rimase serio e silenzioso.
Cavendish allora fece un respiro profondo, chiuse gli occhi appena e poi finalmente arrivò al nocciolo della questione.
"Mi sono innamorato di Bartolomeo." Lo disse con convinzione, puntando i suoi occhi azzurri in quelli grigi dell'amico.
"...ma perché?" E Law non poté fare a meno di farsi sfuggire quella domanda che suonava più come un commento esasperato, era convinto che Cavendish lo avrebbe mandato ai pazzi quel pomeriggio, ma non pensava fino a quel punto.
"Suvvia Trafalgar ti sembrano domande da fare? Non si possono comandare i sentimenti!" Struggente e melodrammatico come solo lui sapeva essere, Cavendish si professò indignato della poca sensibilità del suo amico, facendogli perdere ogni speranza di godersi un tranquillo pomeriggio di riposo.
"Nemmeno l'idiozia purtroppo." Rispose tranquillo il chirurgo, adagiando la tazzina vuota sul piattino di ceramica e afferrando un pasticcino.
"E sentiamo, come avresti fatto ad innamorarti di lui?"
E Cavendish per quella domanda rimase di stucco: non aveva davvero cercato una spiegazione razionale ai suoi sentimenti, aveva fatto fatica ad ammettere a sé stesso che anche un ragazzo potesse piacergli e si era dovuto ficcare in testa con la forza la consapevolezza che non ci fosse niente di sbagliato e per un secondo aveva anche sentito il suo ego vacillare. Era proprio per questo che aveva scelto di andare da Law, nella speranza che potesse essere più comprensivo e meno stronzo per una volta. Un po' ne era amareggiato.
"Cosa c'è di tanto assurdo?" Chiese allora il modello, poggiando anche lui con stizza la tazzina sulla porcellana e incrociando le braccia.
Trafalgar lo guardò con eloquenza, traforandolo con la patina di freddezza del suo sguardo e il biondo -che non era mai stato in grado di reggere il confronto con quegli occhi indagatori- arrivò quasi ad avere le lacrime agli occhi.
"Tu non mi capisci."
"No Cavendish sei tu che non capisci." Ribattè immediatamente e il fatto che non avesse usato lo ya finale, lo faceva sembrare ancora più duro.
Law in realtà non era arrabbiato con lui, conosceva Cavendish da quando al suo ultimo anno di medicina gli era svenuto davanti in corridoio.
Aveva avuto un calo di pressione dovuto alla sua pessima alimentazione e allo stress che aveva accumulato restando chiuso in camera per giorni a studiare per la sua tesi di laurea. Il biondo allora lo aveva portato in infermeria ed era rimasto al suo fianco fino al suo risveglio. Ovviamente Law ne era rimasto profondamente colpito, dal momento che Cavendish stesso aveva sempre professato di "odiarlo visceralmente perché lui era l'unico degno di essere la stella della facoltà."
Che poi il biondo non studiasse medicina e quindi loro due non appartenessero alla stessa facoltà era irrilevante.
Alla fine però, anche Law aveva dovuto ammettere di averlo giudicato male; Cavendish si era rivelato una persona estremamente leale e anche un buon amico, gli aveva confidato del suo disturbo dissociativo dell'identità e Law non l'aveva mai giudicato per questo suo problema.
Eppure, per quanto non ci fossero mai stati segreti tra di loro, non avevano mai apertamente parlato delle loro relazioni o gusti sessuali.
Il chirurgo aveva sempre trovato molto più attraenti gli uomini, rispetto alle donne e non se n'era mai fatto un gran problema, sapeva anche delle continue avventure di Cavendish con le sue fan, ma il fatto che potessero piacergli anche i ragazzi non lo stupiva più di tanto. Infondo aveva sempre sostenuto che il tipo ideale di Cavendish fosse qualcuno disposto a passare la sua vita a dargli attenzioni, indipendentemente dal sesso.
Ma Bartolomeo era tutt'altro discorso.
"Non lo conosci affatto, quindi non parlare come se la sapessi lunga sul suo conto." Law non perse la sua compostezza nemmeno per un secondo, la sua espressione rimase completamente neutrale mentre accavallava le gambe, fregandosene bellamente dell'indignazione del suo amico.
"Lascialo perdere, sai anche tu che quel tipo non fa per te." Law non ebbe bisogno di ricordargli che conosceva il proprietario del Barto-club fin troppo bene, perché sapeva che Cavendish in realtà ne era consapevole e si stava semplicemente ostinando a negare l'evidenza.
"Dammi un motivo valido per farlo allora."
L'hai voluto tu.
"É un casinista, un pagliaccio, un menefreghista, un idiota patentato, non sa cosa sia l'educazione e ha rischiato di essere arrestato almeno dieci volte, nessuno con un po' di materia grigia si metterebbe con un tipo del genere."
Quando vide gli occhi di Cavendish distogliere lo sguardo dal suo e fissarlo sulla tazzina vuota, si sentì soddisfatto di aver posto fine al suo ennesimo delirio, ma subito dopo sentì il tonfo di un paio di stivali sul pianerottolo e cambiò idea.
"Mi ci pulisco il culo con le stronzate di quel bastardo Killer! Se prova a lamentarsi ancora della consegna gli stampo la faccia sulla portiera nuova!"
Eustass Kidd -il suo fidanzato- non si era mai fatto problemi a sbraitare per i corridoi del loro condominio, soprattutto quando era incazzato con qualche cliente della sua officina.
Cavendish sentendo le imprecazioni colorite del rosso, si ricordò un dettaglio non poco irrilevante sul suo caro amico che tanto criticava i suoi gusti in fatto di ragazzi. Per la prima volta da quando quando aveva messo piede in quella casa, sentì di avere il coltello dalla parte del manico e sorrise malizioso, mentre il chirurgo ancora boccheggiante cercava una spiegazione plausibile per giustificare la sua ipocrisia.
"Dovrei proprio cercarmi un gentiluomo che possa reggere degnamente il confronto con il tuo fidanzato sai? Ah e quando è stata l'ultima volta che lo hanno portato in caserma? Una settimana fa?" 
Da notare poi come quel bastardo che generalmente non presta mai attenzione alle sue parole dovesse ricordarsi proprio quel dettaglio.
Law a quel punto avrebbe dovuto dire qualcosa, ma l'ingresso del rosso nella cucina dell'appartamento che dividevano, lo salvò da quello che sarebbe stato un misero tentativo di arrampicarsi sugli specchi.
"Ciao Eustass, che piacere vederti!" Salutò giovialmente il biondo, mentre il diretto interessato lo liquidava con un gesto della mano sana e si prendeva una birra dal frigo.
Poggiò lo sguardo sulla figura del suo fidanzato e la vena omicida con cui lo stava guardando lo lasciò interdetto. Ricambió l'occhiata del fidanzato con una confusa, dimentico della rabbia di poco prima al telefono, per portare tutta la sua attenzione su Law.
"Dammi almeno il tempo di fare stronzate prima di incazzarti!" Disse, ritrovandosi subito dopo la risata cristallina del modello a inondargli le orecchie. Okay doveva essere per forza successo qualcosa.
Normalmente Kidd avrebbe reagito guardando il chirurgo ancora più male di come stava facendo lui e lo avrebbe provocato fino a capire quale era il suo problema, ma in quel momento non si sentiva responsabile della stizza di Law, e infondo anche a un tipo poco perspicace come lui era evidente che la colpa dovesse essere di quel coglione con la faccia da Barbie.
Cercò di recuperare quel briciolo di pazienza che (non) possedeva e si avvicinò al moro appoggiandogli la birra fredda sulla spalla.
"Lascia perdere quella merda di thè." Gli disse e quando Law ebbe afferrato la lattina, ignorò i commenti di Cavendish sul suo linguaggio inappropriato nei riguardi del thè e ne prese una nuova anche per sé.
Dopo aver bevuto un lungo sorso di birra, il moro ritornò impenetrabile come suo solito.
"Va bene Cavendish-ya per questa volta hai vinto, ma non ho ancora capito cosa vuoi da me."
Disse, osservando con la coda dell'occhio Kidd poggiato al frigorifero che si sforzava di bere la birra con fare disinteressato, anche se era evidente volesse sapere cosa stava succedendo.
"Ma come Trafalgar, tu hai molta più esperienza di me con le relazioni romantiche, ho bisogno di un tuo consiglio su come chiedergli di uscire."
E a quel punto la risata che riempì la stanza fu quella del meccanico.
"Trafalgar e romantico non stanno bene nella stessa frase." Commentó ad alta voce e il diretto interessato dovette dargli ragione almeno nella sua mente, lui di romanticismo non ne capiva niente. Poi che non avrebbe mai ammesso che Kidd aveva ragione ad alta voce erano un altro paio di maniche.
"Sei perfettamente in grado di chiedere un appuntamento da solo."
"Certo, quando si parla di donne."
"E cosa cambia?"
"A Bartolomeo non posso fare un complimento su quanto è carino o cose simili."
E per la seconda volta il rosso non si trattenne dal ridere, arrivando anche ad avere le lacrime agli occhi.
"Non devi fare uno sproloquio da gran cavaliere per chiedergli di uscire a bere qualcosa." Gli fece notare il moro, cercando di ignorare il suo ragazzo che continuava a spanciarsi, come se esattamente cinque minuti prima non fosse entrato in quella cucina con la voglia di pestare a sangue qualcuno.
"Ma insomma voi siete fidanzati e non sapete pensare proprio a niente di romantico?" A quella domanda le risate di Eustass scemarono velocemente e Law sentì il bisogno di bere perché la sua gola era improvvisamente diventata secca.
"Senti un po' Barbie al maschile, ti sembro forse un idiota da fiori e cioccolatini?" Chiese il rosso, lasciando completamente allibito il modello.
"Come diamine avete fatto a mettervi insieme allora?"
"L'ho incontrato in un locale e gli ho chiesto di scopare." Semplice e conciso come solo Eustass Kidd sapeva essere.
"Tutto qua?" Continuò imperterrito il biondo, come se per lui fosse inconcepibile una cosa simile.
"Sono finito in pronto soccorso dopo una rissa e quando l'ho rivisto gli ho chiesto di scopare di nuovo."
Disse fiero e Cavendish si passò una mano nei capelli esasperato. Notando la sua reazione, Law non provò nemmeno a dirgli che erano una coppia estranea a molte convenzioni sociali: non avevano mai festeggiato un anniversario, o ancora peggio San Valentino.
"Non ho davvero idea di come facciate a stare insieme!" Urlò stizzito e Law alzò semplicemente le spalle, perché anche lui si era arreso, provare a capire cosa gli piacesse così tanto di Eustass-ya era una battaglia persa in partenza.
"Finché qualcosa funziona bene e ti piace perché dovresti cambiarla?" Rispose invece Kidd e forse non si era nemmeno reso conto di aver fatto intendere che non avrebbe mai cambiato Law con nessun altro.
"Si okay, ma io non ho ancora idea di cosa fare con Bartolomeo." Esclamò sconsolato, con il tono simile a quello di un bambino che fa i capricci.
"Se proprio non sai come cazzo chiederlo, fai in modo che sia lui ad invitarti no?" Se ne uscì alla fine il rosso e Law era già pronto a ribattere e dirgli che era un idiota senza cervello, ma Cavendish non glielo permise.
"Ma certo! Hai perfettamente ragione! Come ho fatto a non pensarci prima! Che siano donne o uomini il mio fascino funziona su tutti!" Esclamò.
Si alzò in piedi con gli occhi azzurrissimi che luccicavano e il moro non ebbe più niente da dire.
Era il piano peggiore che avesse mai sentito, ma se poteva servire a toglierselo di torno andava bene anche per lui.
Finalmente l'ottimismo tornò a luccicare nello sguardo di Cavendish che, dopo aver ringraziato Kidd, aveva fatto per uscire dalla stanza, ma poi era tornato sui suoi passi con l'espressione di chi aveva dimenticato di dire qualcosa di importante.
"Comunque sei proprio sicuro di non volerla provare la maschera? Guarda ch-"
"Un'altra parola e sei morto."

 

Bartolomeo si rese presto conto che c'era qualcosa che non andava più bene nella sua vita, come se d'improvviso la sua quotidianità lo stesse soffocando poco per volta.
All'inizio aveva cercato di ignorare il senso di vuoto che aveva costantemente sullo stomaco, ma poi aveva dovuto provare a capire cosa gli mancasse tanto insistentemente, ma -dalle sue attentissime elucubrazioni mentali- non aveva cavato fuori niente.
Eppure ci aveva pensato a tutte le cose che erano cambiate nella sua vita in quei mesi, aveva riportato alla mente tanti particolari a cui uno come lui non avrebbe mai pensato di fare caso e tra questi aveva ritrovato anche un paio di occhi da cerbiatto inondati di lacrime.
Ricordava ancora perfettamente la notte in cui li aveva visti e le emozioni di quel momento erano ancora incise nei suoi sensi, vivide come se le avesse provate solo pochi minuti prima, quando in realtà erano passate intere settimane.
Se si guardava le mani, ci vedeva ancora stretti i polsi di Cavendish, se respirava l'aria intrisa di tabacco del suo locale, sentiva ancora il profumo alle rose che il modello si portava addosso come una seconda pelle, se solo osava pensare a quegli occhi piangenti, la scena del biondino che dormiva spalmato su di lui, con la testa poggiata sul suo petto e le mani strette nella sua presa tornava vivida, pronta a riempirlo nuovamente di brividi e a premergli sempre di più, quel peso nel petto.
"Oi Barto! C'è gente che ti aspetta sul retro!" Esclamò una voce femminile da dietro il bancone e il verde non si preoccupó nemmeno di voltarsi a vedere a chi appartenesse.
Sospirò, togliendo i piedi dal tavolo su cui si era stravaccato a pensare e si diresse sul retro del Barto-club per incontrare i clienti, imponendosi di spegnere i pensieri, non poteva permettersi il lusso di starsene fermo a riflettere su sé stesso.
Il locale gestito da Bartolomeo il cannibale, era abbastanza gettonato nei quartieri più malfamati di quello che veniva definito il Nuovo Mondo e d'altronde anche il suo proprietario godeva di una buona -o pessima, dipendeva dai punti di vista- fama.
Il suo soprannome se l'era guadagnato quando era il capo di una gang di criminali e anche se ormai si era ripulito -ispirato dalle gesta di Rufy, un esuberante pompiere che insieme al suo gruppo di amici attaccava spesso briga anche con i criminali più pericolosi- non aveva perso quell'appellativo che in molti avevano frainteso.
Perché infondo lui non era una persona spregevole, semplicemente si era sempre fatto beffe di tutti ed aveva un modo di fare maleducato e apparentemente menefreghista, per cui difficilmente riusciva a farsi apprezzare dalle persone.
Era stato proprio questo il motivo per cui aveva trovato molto strana la proposta di quel Suleiman, quando gli aveva chiesto di fare da guardia del corpo al modello biondo.
"In giro dicono che sei come una barriera dura da abbattere." Gli aveva detto mentre quel tipo, seduto al bancone di fianco a lui a bere un brandy.
"Ho un lavoro per cui potrei pagarti davvero bene e in più sarebbe solo per un breve periodo." E chi era lui per dire di no ad un po' di soldi facili? Aveva accettato senza fare tante domande e solo in seguito aveva scoperto che sarebbe stato la guardia del corpo di un modello.
"Quello che vuoi ma niente giacca e cravatta." Aveva risposto così al messaggio in cui il manager gli dava appuntamento e il giorno dopo si era presentato al lavoro, conoscendo per la prima volta quel principino egocentrico e con la puzza sotto al naso che era Cavendish.
La prima giornata l'avevano passata a guardarsi male, mentre il biondo continuava a lamentarsi del fatto che un tipo come lui avrebbe potuto ledere alla sua immagine brutto com'era e a litigare, perché il verde non riusciva ad imparare il nome del modello, continuando a chiamarlo Cavolo invece che Cavendish.
Il proprietario del club all'inizio non aveva capito il senso di quel lavoro: il biondo sembrava avere la stima di tutti ovunque andasse, grazie al suo comportamento estremamente gioviale con chiunque -meno che con lui ovviamente- e in più non sembrava correre il minimo rischio.
Dovette aspettare la sera per rendersi conto che Cavendish non aveva bisogno di essere difeso dagli altri. Al massimo era il contrario.
Rinchiuso con il biondo nella camera d'albergo dove avrebbe alloggiato per tutta la settimana con il modello, aveva finalmente scoperto la fregatura dietro a quel lavoro che gli era sembrato fin troppo facile.
Si era sentito come il signor Utterson al primo incontro con Mr Hide, con l'inquietudine che prendeva pian piano possesso della sua persona di fronte a quella che sembrava l'incarnazione pura del male.
L'unica differenza era che Cavallo bianco non aveva bisogno di alcuna iniezione per prendere il sopravvento sul biondo, bastava che Cavendish si addormentasse.
Il suo primo pensiero fu quello di chiamare il manager per chiedergli se ci fosse qualche modo di frenare quel pazzo, ma questi gli aveva spiegato che sarebbe rimasto in quelle condizioni finché non sarebbe crollato esausto o si sarebbe svegliato e allora Bartolomeo aveva capito di aver firmato la sua condanna a morte.
La sua più grande fortuna quella notte, fu la completa assenza nella stanza di oggetti contundenti -che probabilmente avevano rimosso a posta per loro- altrimenti oltre agli innumerevoli graffi e i lividi che aveva ricevuto prima di riuscire ad immobilizzarlo, si sarebbe trovato ferite ben più gravi.
Chiunque sano di mente poi, avrebbe lasciato il lavoro a gambe levate il giorno dopo, ma il contratto che non aveva letto lo aveva letteralmente incastrato in quella follia e lui non aveva potuto farci niente.
La sera del giorno dopo fu inaspettatamente Cavendish a rivolgergli la parola, dopo che il verde aveva passato gran parte del giorno in silenzio, allontanandosi da lui appena ne aveva la possibilità.
"Ascolta so che quello che ha fatto Suleiman non è affatto corretto, domani parlerò con lui e ti farò sollevare da questo incarico, ma per favore ora vattene." Gli aveva chiesto con il tono incerto.
"E poi tu cosa fai Cavolo? Non puoi legarti da solo." Gli aveva risposto scherzando lui e il biondo lo aveva guardato sorpreso.
"Non ce l'hai con me per quello che è successo ieri?"
"Nah." Aveva risposto laconico il verde, continuando a fumare sul terrazzino della lussuosa suite in cui alloggiavano.
"Come puoi dire una cosa del genere? Ti ha fatto male, io l'ho fatto e poi-" Ma Bartolomeo non gli aveva dato il tempo di finire, afferrandogli il polso e sbattendoglielo quasi in faccia.
"Anche io ti ho fatto male." Disse, alludendo ai lividi che si intravedevano, ora che il fondotinta con cui erano stati coperti si stava cancellando.
"È diverso." Ribatté strattonando via il braccio dalla sua presa, non sapendo tuttavia cosa aggiungere.
"Cavolo qui la vittima sei tu, non io." Gli disse soltanto il verde, sbattendogli quella consapevolezza in faccia, con la stessa potenza di una secchiata d'acqua gelida.
E poi non avevano parlato fino alla sera successiva.
"Legami al letto, per favore." Aveva biascicato Cavendish il terzo giorno, esausto dopo una giornata passata dietro alla macchina fotografica, senza però far troppo caso a ciò che stava dicendo.
"Detta così suona proprio male Cavolo." Aveva sghignazzato invece Bartolomeo e poi quando il compagno aveva realizzato le sue stesse parole, era arrossito completamente..
"Ma come ti permetti!" Aveva urlato con voce stridula il modello, armandosi di cuscino e inseguendolo per tutta la suite, dimentico della sua stanchezza di poco prima.
"Se la prendi tanto sul serio inizieró davvero a pensare che ti piaccio." Lo sfottè ancora il verde, continuando a girare intorno all'idromassaggio rotondo che avevano al centro della stanza.
"Con quella cresta e quell'anello al naso? Ma non farmi ridere! Cosa sei un toro?"
E Bartolomeo rise ancora più forte, continuando a girare fino a quando il modello non gli si lanciò addosso, sbilanciandolo e facendo cadere entrambi nella vasca che era ancora piena d'acqua e petali di rosa dal bagno del biondo di poco prima.
"Che grande matador che sei Cavolo!" Lo prese in giro ancora, ma stavolta il biondo cominciò a ridere insieme a lui.
Avevano imparato a sopportarsi poco per volta, con il mondo chiuso fuori dalla porta della loro stanza e forse quella era stata solo una sensazione di Bartolomeo, ma si era sentito davvero libero di essere sé stesso in quelle quattro mura, solo e semplicemente Bartolomeo.
La quarta sera si erano seduti sul terrazzo e il verde aveva iniziato a rollare qualche canna, offrendone anche al modello che, inaspettatamente, aveva accettato di fumare insieme a lui.
"Perché stai facendo questo?" Gli aveva chiesto Cavendish dopo un paio di tiri, aveva la testa poggiata sulla spalla del verde, ma in quel momento a nessuno dei due sembrava fregare molto di quel gesto.
"Eh?" Lo aveva fissato l'altro con le pupille dilatate, senza davvero aver capito la domanda.
"Idiota, perché mi stai aiutando?"
"Perché questo è quello che farebbe una persona che ammiro molto."
"Non pensavo avessi un idolo." Ammise il biondo.
"Rufy-senpai è una bella persona, porta avanti i suoi sogni con la sua forza di volontà e non si arrende di fronte a niente, in più non lascerebbe mai solo qualcuno che è in difficoltà e che considera suo amico."
"E tu vorresti essere come lui?" E il verde annuì.
"A dire il vero mi basterebbe che tutti quanti la smettessero di considerarmi ancora un delinquente, i tempi in cui ero Bartolomeo il Cannibale sono finiti." Cercò di pronunciare quelle frasi senza far scorgere l'amarezza nel suo tono di voce, ma probabilmente non ci riuscì molto bene, perché gli occhioni azzurri di Cavendish lo fissarono di sbieco.
Il biondo dal canto suo sapeva perfettamente cosa volesse dire vivere con la consapevolezza di non poter essere completamente sé stessi e anche se le loro storie erano diverse, si sentì davvero vicino a Bartolomeo. Gli accarezzò una guancia con la mano sinistra, perché aveva bisogno di sentire quella vicinanza che provava con lui, diventare qualcosa di reale.
"In questa stanza Cavendish e Cavallo bianco sono due persone diverse, sei stato tu a dirmelo. Quindi anche Bartolomeo e il Cannibale possono essere due cose diverse, non sentirti in dovere di essere ciò che non sei." E il verde aveva solo annuito alle sue parole, voltandosi verso Cavendish che ormai aveva gli occhi chiusi e stava per addormentarsi.
Fu in quel momento che Barto guardò davvero il biondo per la prima volta e ogni secondo in più passato a soffermarsi sul suo volto, in quegli attimi che precedono il sonno, gli fece pensare che era davvero bello.
Il penultimo giorno della loro -non più tanto forzata- convivenza notturna, rimasero entrambi svegli per tutta la notte.
Bartolomeo si era rifiutato di legare il biondo perché non stava bene e ovviamente Cavendish aveva passato la notte a lamentarsi per quell'inutile preoccupazione del verde.
"Chiudimi a chiave nella stanza almeno! Non startene sdraiato qua come l'idiota!" Gli aveva urlato, quando il verde si era steso al suo fianco sul grosso materasso.
"Se ti lascio solo con Cavallo bianco sarai in grado di difenderti da lui?"
"Non mi importa se fa del male a me!" Protestò ancora il biondo.
"Se continui a parlare così continuerò a pensare che ti piaccio." Ghignò il verde, dandogli le spalle.
"Smettila con questa storia e ascoltami una buona volta io-"
"Non ti sento sto dormendo." Troncò la conversazione sul nascere.
Poi quella settimana che all'inizio gli era sembrata infinita, era giunta alla fine, facendolo sentire quasi vuoto mentre sbloccava la serratura della suite con la sua tessera.
La sesta notte il verde tornò in stanza più tardi del solito, Suleiman aveva insistito per offrirgli qualcosa da bere come ringraziamento per il suo lavoro. Lui non aveva potuto rifiutare e poi, brillo com'era, si era accorto di che ore fossero solo dopo parecchio tempo.
A quel punto Bartolomeo liquidò il manager e iniziò a correre, inciampando nei suoi stessi passi e sbattendo contro tutte le pareti del corridoio.
Al suo arrivo aveva trovato la stanza completamente buia e avvolta nel silenzio, ma la cosa che lo aveva messo più di tutte in allarme, erano i vestiti e gli oggetti buttati alla rinfusa sul pavimento.
Cavendish era spuntato poco dopo dal bagno, con un asciugamano premuto sulla guancia destra e aveva sgranato gli occhi alla vista di Bartolomeo, appoggiato alla porta di ingresso con le braccia conserte.
Ovviamente il biondo aveva provato in tutti i modi a distogliere l'attenzione dell'ex criminale dal suo volto ancora umido di pianto, ma il fatto che Cavendish facesse finta di niente, non aveva fatto altro che irritarlo ancora di più.
"Cos'hai sulla guancia?" Gli aveva chiesto alla fine.
"N-niente, cioè un… brufolo! Già, stavo cercando di detergermi il volto per farlo andare via." Provò ad inventare una scusa, ma non servì a niente, perché Bartolomeo aveva cominciato ad avanzare verso di lui, costringendolo ad indietreggiare a sua volta.
Alla fine il verde riuscì ad acciuffarlo e a strappargli l'asciugamani, trovando un taglio profondo a rigargli la guancia.
Cavendish boccheggiò appena, cercando di spiegargli che non voleva si preoccupasse troppo per una cosa da niente, ma il suo discorso fu troncato dalle labbra del verde poggiate esattamente su quella ferita.
"Adesso puoi piangere." Asserì Bartolomeo, stringendo a sé il modello ancora incredulo e bastarono quelle tre semplici parole a far crollare Cavendish, tra le braccia della persona che si era convinto di odiare di più.

 

Quando tornò al salone principale, il cannibale notò subito l'aria tesa che si respirava nella stanza.
I clienti sembravano essere tutti impegnati a consumare i propri drink, ma qualcosa nel loro modo di sussurrare e guardarsi intorno, sembrava essere cambiato improvvisamente.
Bartolomeo non capì subito la situazione, di sabato sera la gente era tanta e non riusciva a scorgere cosa stesse succedendo da un'ampia distanza.
Bastò un solo attimo, il lamento di qualcuno e le urla agitate dei clienti riecheggiarono per la stanza e l'ex-criminale scattò in avanti.
Una fragorosa risata gli rimbombò nei timpani come il peggiore dei suoi incubi e non ebbe alcun dubbio su chi fosse il proprietario di quella voce.
"Smettila!" Urlò a gran voce quando il biondo entrò nel suo campo visivo e questi distolse immediatamente l'attenzione dal ragazzo a cui stava puntando un coltello alla gola.
"Tempismo perfetto cannibale, era proprio te che cercavo." Sorrise Cavallo pazzo, lanciando il ragazzo contro a un tavolo e avvicinandosi lentamente al verde.
"Abbiamo un conto in sospeso." Continuò ad avanzare, affilando sempre di più lo sguardo.
Bartolomeo cercò di mantenere il sangue freddo mentre il resto dello staff urlava ai clienti di allontanarsi e chiamare un'ambulanza.
"Pago in contantanti o con l'assegno?" Chiese ironicamente il proprietario, mentre il locale si svuotava velocemente, tra le urla e il frastuono dei bicchieri e dei piatti frantumati. Per lo meno erano tutti salvi.
Tuttavia non ebbe il tempo di tirare un sospiro di sollievo, perché Cavallo pazzo si era già avventato su di lui.
I suoi riflessi furono abbastanza pronti da evitare parzialmente il fendente, ma l'alter ego di Cavendish riuscì ugualmente a sfiorargli la guancia, aprendo un taglio sottile sulla sua pelle.
La stessa guancia che Cavendish si era ferito settimane prima.
Il verde si portò una mano a coprire il punto appena colpito e indietreggiò lentamente, mentre la risata sguaiata dell'alter ego gli riempiva le orecchie.
"Sei un fottuto pazzo." Dichiarò alla fine, puntando lo sguardo sul modello che in quello stato, non sembrava nemmeno riuscire a parlare.
Provò a colpirlo ancora, ma Bartolomeo riuscì ad afferrargli il polso con cui reggeva la lama e a trattenerlo.
Strinse la presa con veemenza e con sua grande sorpresa vide l'espressione del biondo vacillare, fu allora che si ricordò dei lividi sui polsi di Cavendish e di come il biondo si ferisse da solo per mantenere il controllo.
Serrò la presa il più possibile.
"Cavendish." Provò a chiamarlo, ma le sue parole fecero agitare ancora di più Cavallo pazzo.
"So che riesci a sentirmi." Continuò imperterrito, schivando appena in tempo un calcio che gli sarebbe affondato nello stomaco.
"Ridammelo." Pronunciò ancora con il tono di voce alterato, prima di decidere che aveva sentito le risate di quel maniaco per troppo tempo e che ne aveva abbastanza.
Avvicinò la fronte alla sua e dopo averlo guardato brevemente negli occhi, azzerò la distanza tra i loro volti.
Il dimenarsi del biondo non riuscì a fermare la foga dell'ex delinquente, che tenne la bocca incollata alla sua fino a quando non sentì qualcosa di bagnato in faccia. Bartolomeo sorrise appena sulla sua bocca, sentendo il sapore salato delle sue lacrime, Cavendish era tornato.
"Ti conviene nasconderti ora Cavolo, ammeno che tu non voglia essere arrestato." Gli sussurrò all'orecchio il verde quando si staccarono e Cavendish non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo, perché le sirene della polizia in lontananza lo convinsero a seguire il consiglio dell'altro e a nascondersi al piano di sopra del locale.

 

"Cosa ho combinato questa volta?" Chiese il biondo, girando leggermente la cannuccia nel suo bicchiere.
Quasi due ore dopo l'arrivo della polizia, i due ragazzi si erano trovati ad essere gli unici occupanti del Barto-club e il proprietario aveva invitato Cavendish a bere qualcosa con lui.
Il modello dal canto suo era letteralmente senza parole, ricordava solo di essersi ritrovato nel bel mezzo di un locale con le labbra di Bartolomeo premute sulle sue e le sirene della polizia alle spalle.
"Niente di che, hai solo mandato in ospedale un paio dei miei clienti." Spiegò il verde, versandosi anche lui un generoso bicchiere di prosecco, dalla bottiglia che avevano appena stappato.
"Si certo, mai visto un dettaglio tanto irrilevante." Gli fece il verso il biondo, iniziando a bere il contenuto del suo bicchiere.
"E comunque perché sei venuto qua?" Contenuto che ovviamente gli andò di traverso solo al sentire quella frase.
Tossicchiò un poco, prima di trovare il coraggio di fissare il proprio sguardo in quello scuro di Bartolomeo.
"Che domanda stupida, dovresti essere onorato della mia presenza." Commentó con fare altezzoso, incrociando le braccia e come sempre, professandosi offeso per quell'affronto.
Bartolomeo allora rise di gusti, guadagnandosi ancora una volta l'indignazione del biondo, che poi tanto -Barto lo sapeva- non era davvero offeso.
Passarono ancora un po' di tempo a parlottare e svuotare la bottiglia di prosecco che avevano davanti, fino a trovarsi entrambi brilli.
"Sai cosa mi ha colpito di te?" Biascicò Cavendish e Bartolomeo lo invitò a continuare.
"Sei talmente idiota da credere che in me ci sia qualcosa di buono." E infondo quella risposta il verde un po' se l'aspettava.
"Te l'ho già detto Cavendish, se continui in questo modo penserò che tu sia innamorato di me." Una frase che avrebbe dovuto suonare ironica, ma Bartolomeo l'aveva pronunciata con una tale serietà, da ricevere lo sguardo interrogativo e lucido del biondo su di sé.
Si guardarono veramente per la seconda volta, i loro occhi di nuovo lucidi e i loro corpi a pochi centimetri di distanza.
"Sei stato tu a baciarmi, forse dovrei iniziare a credere che quello innamorato sia tu." Non seppe dire nemmeno se aveva articolato la frase correttamente, ma il sorriso grande e appuntito che si allargava sul volto di Bartolomeo, non gli lasciò alcun dubbio sul fatto che il verde avesse capito.
"Mi sa che allora è meglio verificare." Fu l'ultima frase che pronunciò l'ex-criminale, prima di avventarsi ancora una volta sulle labbra dolci e morbide del biondo che stavolta, rispose animatamente al bacio.

 

Law era seduto sul divano quando sentì il suo cellulare vibrare.
Controllò il mittente più per deformazione professionale -come faceva con le chiamate di emergenza dell'ospedale in cui lavorava- che per reale interesse verso quella persona.
Rimase molto stupito di trovare una foto inviata da Cavendish in chat, stupore che si amplificò ancora di più quando il moro controllò il fantomatico messaggio.
"Mssone computa" recitava la didascalia sottostante, mentre dalla foto riuscì a stento a distinguere i contorni di un paio di lunghi capelli biondi e di una cresta verde.
Dalla totale assenza di "i" nella frase e la foto tutta sfocata, a Law fu ovvio che il suo amico dovesse essere parecchio ubriaco.
Bloccò il telefono senza rispondere, per poi continuare a fare zapping da un canale all'altro del televisore, alla ricerca di qualche programma appena decente da guardare.
"Cazzo questa bastarda scotta!" Esclamò a gran voce Eustass, e no, non se la stava prendendo con una persona, ma con un paio di pizze surgelate che aveva buttato nel microonde.
Trafalgar allora afferrò di nuovo il cellulare, per spedire a Cavendish una risposta che molto probabilmente non avrebbe nemmeno mai letto.
'Per la cronaca io dell'amore non ci capisco un cazzo.' Gli scrisse, mettendo poi definitivamente da parte il cellulare.
Una ventina di imprecazioni e bestemmie dopo, Kidd spalancò la porta della cucina con un calcio, tenendo in bilico tutte e due le pizze sull'unico braccio sano, perché portarle una alla volta sarebbe stata un'umiliazione.
"Non c'è niente da vedere in tv." Dichiarò Law dopo aver passato in rassegna tutti i canali del digitale terrestre e Kidd -come capitava sempre in quelle situazioni- non fece una piega, stendendosi sul divano con la testa sulle cosce del moro e afferrando l'altro telecomando per accendere il lettore DVD.
Il chirurgo a quel punto riprese il libro che poco prima aveva poggiato sul bracciolo del divano e cominciò a leggere.
I titoli di testa si fecero spazio sullo schermo, con l'inconfondibile soundtrack e il titolo che preannunciava l'inizio di una storia che ormai entrambi conoscevano benissimo.
"Arancia meccanica" era stato il primo film in assoluto che avevano visto insieme e da quella volta era diventato un po' il loro film: folle e violento come Kidd, controverso e grottesco come Law.
Il moro ancora se la ricordava la prima volta che lo avevano visto, era stata una delle migliori notti di Halloween della sua vita.
Ricordava le ore che lui e il meccanico avevano passato a spaventare i ragazzini che bussavano alla porta di casa sua, il sesso in maschera e la bottiglia di rum che il rosso si era scolato senza battere ciglio.
Che poi Eustass-ya già normalmente non era chissà quanto perspicace, figuriamoci metterlo di fronte ad un film distopico di Stanley Kubrick mentre era ubriaco alle quattro del mattino.
Law aveva passato mesi a rinfacciargli di non aver mai capito quel film, così quando il meccanico ne aveva trovato il DVD -a uno di quei mercatini a cui il fidanzato lo trascinava, alla ricerca di chissà quale libro introvabile e improponibile- non aveva potuto fare a meno di comprarlo. Da allora avevano consumato quel dischetto per mesi e l'iniziale divertimento del chirurgo era diventato pian piano esasperazione.
Questo almeno finché non erano passati alla fase successiva.
"Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pit, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova milkbar vende "latte+", cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quello che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all'esercizio dell'amata ultraviolenza." Pronunciò Kidd, imitando il tono di voce del protagonista e riproducendo anche la sua espressione mentre reggeva il bicchiere di quella roba che nel film spacciavano per latte.
E proprio in quel momento, sul volto di Law comparve un sorriso genuino, di fronte al suo fidanzato idiota che aveva memorizzato le battute di "arancia meccanica" a furia di rivederlo e ora sapeva fare una delle imitazioni dei personaggi più strampalate delle storia. Il tutto ovviamente per non ammettere di fronte al moro che le prime volte che avevano visto il film, non ci aveva capito un cazzo.
Semplice quotidianità
, pensò Law, mentre continuava a premersi il libro -di cui non aveva ancora girato nemmeno una pagina- in faccia, per non fare vedere al rosso il suo sorriso.
Semplice quotidianità, fecero eco i pensieri di Kidd, mentre dalla sua prospettiva strategica, si godeva la vista del suo fidanzato sorridente e anche se lo sapeva che quella di non trovare niente in TV, era una scusa, non l'avrebbe mai detto a Law, perché si rinfacciavano già troppe cose.

"É buffo come i colori del vero mondo diventino veramente veri solo quando uno li vede riflessi sullo schermo."
Ed era vero per Bartolomeo, perché avrebbe ritrovato sempre la parte buona di sé stesso riflessa nelle iridi chiare di Cavendish a notte fonda.
Ed era vero per Kidd, perché avrebbe ritrovato sempre il sorriso di Law riflesso sullo schermo della TV, mentre erano sdraiati su un divano a riguardare un vecchio film a notte fonda.

   
 
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