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Autore: epices    31/07/2021    18 recensioni
La storia inizia con il ritorno di Fersen su suolo francese dopo la guerra americana, ma gli eventi non saranno quelli noti, anche perchè il bel Conte non tornerà da solo.
“E l’amore guardò il tempo e rise, perché sapeva di non averne bisogno. Finse di morire per un giorno, e di rifiorire alla sera, senza leggi da rispettare. Si addormentò in un angolo di cuore per un tempo che non esisteva. Fuggì senza allontanarsi, ritornò senza essere partito, il tempo moriva e lui restava”. (L. Pirandello)
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Si trovavano seduti attorno al tavolo riccamente imbandito, tutti e tre e solo in quel momento ad Oscar sembrava di star ritrovando il ritmo regolare dei respiri.
Era stata completamente travolta, dalle emozioni prima e dalla nonna poi. Nonostante non sapesse neppure di cosa stesse parlando, l'aveva trascinata con sè in giro per stanze e corridoi, in un mondo a lei del tutto sconosciuto, aprendo bauli di cui solo la governante stessa conosceva esattamente il contenuto ed estraendone meraviglie e ricercatezze come la tovaglia di fiandra che aveva scelto per la cena; raffinata ma non appariscente, impreziosita da inserti in pregiato pizzo di Calais. Una di quelle che facevano ai tempi del matrimonio di Madame, e che in quegli anni era difficile trovarne di uguali...e poi i candelieri d'argento e i bicchieri di cristallo…
Sembrava quasi volesse l'approvazione ad utilizzare suppellettili così pregiate per una cena che vedeva suo nipote come ospite.
Lavorava a Palazzo da decenni e sapeva come andavano fatte certe cose ma non osava decidere di far sedere il suo ragazzo allo stesso tavolo di nobili di così alto rango, nonostante la felicità di averlo rivisto e il desiderio intimo e segreto di accoglierlo proprio così, con tutti gli onori.
Come lei, nel profondo del cuore, pensava meritasse.
Oscar era troppo frastornata per opporsi a quell'uragano rappresentato dall'anziana governante...alla fine si era ripresa molto più in fretta di lei che aveva finito con l'approvare ogni cosa. Cercando di rimanere presente a se stessa mentre i pensieri vagavano in una direzione che, al momento, non osava scandagliare, aveva ribadito ciò che pensava fosse già noto.
“Nonna, hanno combattuto la stessa guerra; non importa se uno come ufficiale e l'altro come soldato semplice. Mi conosci da sempre...lo sai che ti direi la stessa cosa anche di fronte a degli sconosciuti. A maggior ragione, stiamo parlando di Andrè...è tornato a casa...”
Ed era strana la sensazione di avere il suo nome di nuovo sulle labbra. Inaspettata, potente.
E bellissima.
“Sei sicura Oscar? Potrà davvero restare?”- aveva chiesto la donna, con un tono che tradiva, insieme, timore e speranza. E cercando di osservare bene le emozioni che passeggiavano sul volto della ragazza o, almeno, quelle che lei lasciava trapelare.
“Sì...se lo vorrà...”
Aveva risposto piano, quasi timidamente, consapevole del fatto che, forse, tale decisione non dipendeva esclusivamente da lei...
Non sapeva cosa aspettarsi, le sue uniche certezze erano il fatto che fosse ancora vivo e la felicità della nonna che non stava più nella pelle. E non avrebbe potuto essere altrimenti.
Aveva dovuto prepararla però; non sapeva come avrebbe potuto reagire a quella situazione assolutamente inaspettata ed improbabile. O meglio, impossibile, volendo dar credito alle scarne informazioni che avevano ricevuto in quegli anni.
Proprio per questo, tornando dalla radura, aveva pregato i due uomini di aspettare ai margini del parco e si era incamminata, in preda ad una matassa di emozioni impossibile da sbrogliare, verso la porta delle cucine. Sicuramente, dopo la notizia anticipata da Pierre, si era già messo in moto quel meccanismo perfetto volto ad accogliere tutti i personaggi più illustri con l'eleganza sobria ed il lusso misurato caratteristici della famiglia Jarjayes; non conoscendo il grado di importanza degli ospiti di quella sera, certamente si stava puntando al meglio.
E lei non avrebbe voluto niente di meno.
Si era affacciata alla porta della cucina e, scrutando tra le domestiche indaffarate, aveva scorto la nonna impartire ordini dall'alto di un piccolo sgabello, posto in posizione tale da non intralciare il lavoro ma efficace affinchè lo sguardo potesse abbracciare tutta la stanza ed avere sotto controllo l'attività di ciascuno. Tra le mani brandiva un cucchiaio di legno che faceva ondeggiare in ogni direzione come se, in quel modo, potesse spostare - o scaraventare, a seconda della situazione - le persone esattamente dove lei pensava andassero collocate.
Non aveva potuto fare a meno di sorridere, poi l'aveva chiamata con voce ferma ma spolverata di una nota di dolcezza al pensiero di quanto meritasse quella felicità che stava per donarle.
“Nonna, vieni qui fuori per favore, ti devo parlare”
Lei si era voltata di scatto, con le mani sui fianchi, un po' infastidita da quella interruzione.
“Oscar! Ma cosa dici! Con tutto quello che c'è da fare! Chi sono queste persone...Pierre dice che sono in due...”
Poi, attirata da qualcosa oltre la testa della ragazza, si sollevò sulle punte dei piedi per vedere meglio.
“Annette...Annette!...ANNETTE!!! Ci vogliono più patate in quello stufato! Altrimenti il sugo non avrà mai la giusta consistenza! E tu ti vorresti sposare in primavera!?! Ma cosa mai farai mangiare a quel povero ragazzo! Oh! Santa Pazienza...non posso credere che siamo ancora a questo punto!”
Oscar non era riuscita a trattenere una risatina divertita di fronte alle modalità organizzative della donna che le aveva fatto da madre. Per fortuna c'era stata lei...
“Solo un minuto, ti prego...”
Di fronte al tono, tornato serio, la governante aveva dovuto, a malincuore, lasciare le sue incombenze e aveva raggiunto Oscar oltre la soglia.
“Vieni, sediamoci un attimo” - aveva proposto la ragazza, indicando la panca di pietra posta a lato dell'uscio. Sulla seduta ancora si percepiva la tiepida carezza del sole di quel pomeriggio. La nonna l'aveva osservata sospettosa fino a quando l'espressione indecifrabile del suo viso aveva iniziato a preoccuparla.
“Allora, vuoi dirmi cosa succede?”
Oscar aveva preso fiato, si era girata verso di lei e aveva preso, tra le sue, le piccole mani callose, testimoni di una vita passata al servizio della sua famiglia. Si era sentita travolgere da un'onda di affetto al pensiero di tutto ciò che aveva fatto per lei, di tutte le volte che l'aveva vista piangere e di tutte le volte che si era asciugata le lacrime di nascosto.
Con i pollici, aveva iniziato, quasi senza rendersene conto, ad accarezzarle lievemente le dita.
“Nonna, le due persone che sono arrivate oggi, senza preavviso...giù alla radura...le conosci anche tu” - aveva iniziato con lo sguardo basso, cercando di rovistare nella mente per trovare le parole più adatte affinchè la rivelazione non risultasse troppo sconvolgente anche se era sicura non ci fosse un modo per non renderla tale. La governante la scrutava senza parlare, perplessa da quella reticenza, che nulla aveva a che vedere con i modi, solitamente sbrigativi, della sua padrona.
“Una è il Conte Hans Axel di Fersen...ti ricordi di lui?”- aveva iniziato, alzando lo sguardo per osservare la sua reazione. La nonna aveva annuito in silenzio.
Sì che ricordava quel giovane straniero bello come un angelo; aveva frequentato assiduamente il Palazzo, tanti anni prima. Le era sembrato fossero amici lui e Oscar. A lei si illuminavano gli occhi all'annuncio delle sue visite come mai era successo con nessun’altro...aveva sospettato provasse qualcosa per quel giovane ma correva voce fosse l'amante della Regina. Chissà se poi era davvero così o se si trattava di uno degli innumerevoli pettegolezzi della Corte; la gente che non aveva niente da fare doveva pur trovare un modo per far passare il tempo!
Poi non era più venuto a Palazzo...aveva sentito vociferare che fosse partito per la guerra americana e anche Oscar glielo aveva confermato, in seguito. Se era lì quel pomeriggio significava che era tornato sano e salvo. Almeno lui. Che inutile spreco di giovani vite, la guerra!
E un'emozione che cercava, da tempo, di seppellire in fondo al cuore aveva iniziato a riemergere, inumidendole gli occhi. Aveva lasciato le mani di Oscar per asciugarli rapidamente con il grembiule.
“Nonna...”- aveva ripreso lei, indovinando i suoi pensieri e prendendole di nuovo le mani tra le sue. La donna, passato il breve momento di commozione, era tornata a guardarla in volto. La giovane aveva le guance arrossate, era chiaro fosse emozionata.
“L'altra persona...”- si era fermata, non avendo quasi il coraggio di dirlo. Aveva fissato gli occhi nei suoi stringendole più forte le mani.
“L'altra persona è...Andrè”
Ecco...lo aveva detto.
La nonna l'aveva guardata come se le avesse appena parlato in un'altra lingua. Era rimasta immobile, in silenzio, non riuscendo a dare un senso a ciò che aveva appena udito.
“Nonna...hai capito?”- Oscar aveva scrutato ogni piega del suo viso, inclinando il capo, preoccupata. Aveva sentito dire che un’emozione smisurata potesse essere fatale ad un cuore non più giovane e già provato.
“Sì...No...Non credo...non è possibile”- aveva balbettato, abbassando lo sguardo e scuotendo piano la testa.
“Nonna...guardami. Non mi potrei mai sbagliare e non ti potrei mai mentire su una cosa come questa. Lì, oltre quei cespugli, c'è Andrè...”- aveva ripreso piano, con tono pacato, allungando il braccio per indicare il luogo a cui si stava riferendo.
La nonna aveva scosso la testa con forza, ad occhi chiusi, quasi a non volersi lasciare andare a quell'illusione che, troppe volte, aveva sognato si avverasse. La voce già sporcata dal pianto.
“Andrè...Andrè...il nostro Andrè? Ma come è possibile? E' proprio vero? Oscar, dimmi che è vero!”
Lei aveva annuito, sorridendo e stretto al petto la vecchina ormai sopraffatta dall'emozione. Non era più riuscita a trattenersi - come lei poco prima del resto - e da dietro gli occhiali le erano scese copiose lacrime che le avevano inumidito la camicia. Tutto il suo corpo era scosso da violenti singhiozzi. Erano rimaste così per un po', strette una tra le braccia dell'altra, come avevano fatto allora. Ma queste lacrime avevano tutt'altro significato.
Poi un sentore riscoperto da poco l’aveva raggiunta, insieme alla certezza che lui adesso fosse lì, a un passo da lei, dopo aver osservato, a distanza ravvicinata, le reazioni dell'unica parente che gli era rimasta. Aveva alzato gli occhi lucidi mentre sembrava che nulla potesse placare la reazione della governante.
“Nonna...”- la voce roca e profonda, da uomo fatto, era risuonata in quel luogo che ancora custodiva l'eco della sua vocetta squillante di bambino. L'anziana donna si era immobilizzata all'istante, poi aveva girato appena il capo, notando dapprima solo gli stivali consunti. Lentamente aveva alzato lo sguardo, facendolo scivolare sulla figura di quell'uomo ora presente al posto del ragazzo che abitava i suoi ricordi. La figura forse più snella che la guerra si era fatta sentire, il torace più ampio e le spalle più larghe. I capelli erano più corti - arrivavano appena alla base del collo - ma quando arrivò al suo viso e trovò i suoi occhi, ogni incertezza venne fugata.
Se la panca di pietra fosse diventata all'improvviso rovente, non avrebbe potuto alzarsi più rapidamente, gettandoglisi addosso, continuando a singhiozzare ancora più forte e a tastarlo con le piccole mani per convincersi che fosse davvero lui, che fosse davvero lì.
“Andrè! Andrè! Sei proprio tu! Credevo fossi morto, che non ti avrei mai più rivisto!”
Lui l'aveva stretta forte, sollevandola quasi da terra e stampandole un grosso bacio su una guancia. Anche la sua voce era strozzata.
“Sì nonna, sono io...sono tornato”
Oscar li aveva osservati, commossa. Quante volte la nonna aveva provato a chiederle se avesse avuto qualche informazione, se poteva sperare e credere che lui sarebbe tornato...
Poi un giorno era diventato inutile parlarne; da quando le mezze notizie erano diventate una certezza; da quando aveva incontrato quel soldato, reduce di guerra. E da allora non aveva più voluto parlarne...come se quello fosse stato il rimedio...
Aveva accompagnato quell’uomo fin dagli anziani genitori di un commilitone caduto, ad esaudire il desiderio di un amico morente.
E aveva provato a chiedere, a capire. Qualcuno avrebbe pur dovuto conoscere Andrè Grandier, soldato semplice, classe 1754.
Senza crederci troppo aveva provato a descriverlo; era sicura non fossero in molti come lui...probabilmente nessuno.
Ma per una fortuita coincidenza il soldato lo ricordava. Si erano salutati pochi giorni prima della sua partenza...non avrebbe mai dimenticato un tipo singolare come Andrè, l'unico che possedeva un libro e un taccuino in quella sua sacca rattoppata e, la sera, se era possibile, leggeva poesie in francese ai ragazzi che morivano di nostalgia sognando la patria lontana. Oscar ricordava di aver sorriso richiamando quell'immagine; sì, era proprio da lui fare una cosa del genere...
Il soldato Grandier avrebbe dovuto imbarcarsi su una certa nave, qualche giorno dopo di lui. Ma c'era stata una forte tempesta al largo delle coste del Massachusetts e quella nave aveva subito danni irreparabili; correva voce che la quasi totalità degli uomini fosse andata dispersa in mare...
Del Conte di Fersen, invece, non sapeva nulla.
Quel giorno era sprofondata in una voragine dalla quale non era più riuscita a risalire. Non sapeva nemmeno come aveva fatto a sopravvivere; forse di qualche utilità erano state le parole della nonna: “Lui non avrebbe mai voluto vederti così!”
Sì,era vero...ma cosa avrebbe fatto lui al suo posto!?!
Da allora erano trascorsi più di due anni. E lei aveva smesso di chiedere, di informarsi e di interessarsi a tutto ciò che poteva avere una qualche attinenza con ciò che stava accadendo oltreoceano. La guerra era finita e le persone a lei care non erano tornate in patria; si era chiusa in un guscio di dolore e aveva pensato di non avere più lacrime.
Fino a quel pomeriggio.
 

Non appena Pierre, ubbidendo ai suoi ordini, era corso via, si era lasciata cadere sulle ginocchia, il viso nascosto tra le mani, in un gesto per lei del tutto inusuale. Troppo grande il carico di emozioni per poterlo reggere stando in piedi. Non voleva la vedessero piangere come una bambina, ma le sue spalle sussultavano senza tregua. Non si era così accorta degli sguardi allusivi intercorsi tra i due uomini; il Conte di Fersen aveva guardato Andrè in modo interrogativo, aprendo le braccia in un gesto di stupore e impotenza, come se lui potesse avere la soluzione di quella situazione a portata di mano. Il Conte, Oscar così fragile non l'aveva mai vista e nemmeno immaginata.
Andrè, con un cenno del capo gli aveva fatto intendere di avvicinarsi a lei e Fersen, annuendo in silenzio, aveva accolto quel tacito consiglio. Era sceso da cavallo e le si era portato di fronte, inginocchiandosi per poter essere alla sua altezza.
“Madamigella Oscar, perdonatemi per quest'improvvisata...forse avremmo dovuto annunciarci, venire a Palazzo...”
Non sapeva bene cosa dire il Conte, non aveva certo immaginato di trovarsi in una simile situazione. Oscar, per lui, era sempre stata la roccia contro la quale si infrangevano le onde della sua vita. Parlando si era avvicinato ancora di più, le aveva appoggiato le mani sulle spalle in una carezza gentile che voleva essere insieme una consolazione e una richiesta di scuse. Non riusciva a capire se lei lo stesse ascoltando; singhiozzava sempre più intensamente e lui non aveva saputo far altro che portarsi la sua testa alla spalla per darle un sostegno.
Lei si era lasciata guidare, aveva appoggiato la fronte alla giubba morbida anche se troppo consunta per le abitudini di un nobile, grata per quel conforto, ma non si era mossa da quella posizione accartocciata su se stessa.
“Credevo foste morti...vi credevo morti...” - ripeteva come una litania, tra le lacrime e i singulti.
“Buon Dio, Madamigella, non fate così...vi prego...”
E aveva iniziato ad accarezzarle piano la schiena come gli era capitato di fare ogniqualvolta si era ritrovato a consolare...una donna.
Sì, proprio così.
Ed aveva rivisto tutte le immagini di lei, adolescente sfrontata, orgogliosa ed incredibilmente coraggiosa. E poi giovane donna generosa che la preoccupazione per le sorti della sua Regina aveva fatto danzare in alta uniforme una notte intera.
Ora invece era una donna adulta – bellissima tra l'altro – che, mostrando una fragilità sconosciuta, piangeva tra le sue braccia e forse lo aveva aspettato e aveva pregato affinchè tornasse vivo. Era quasi commosso e non potè fare a meno di stringerla un pò di più.
Si ritrovò a pensare, suo malgrado, che se quanto aveva udito in quella notte americana rispecchiava davvero la realtà, forse allora...
Aveva provato a buttarla anche sull'ironia il Conte, con un mezzo sorriso nella voce.
“Spero queste non siano lacrime di disperazione per avermi rivisto...so di avervi dato diversi grattacapi. O per aver rivisto Andrè, forse? Lui è un uomo adulto, giuro sul mio onore di non essere responsabile delle sue azioni!”- aveva concluso non riuscendo poi a trattenere una risata fragorosa.
Già, Andrè...
Perchè non era Andrè che le stava parlando?
Oscar aveva sollevato il volto e aveva rivolto a Fersen uno sguardo stranito, quasi non capacitandosi di essere lì, tra le sue braccia. Guardandosi intorno con il viso rigato di lacrime, aveva osservato Andrè poco più in là, accovacciato con l'evidente intento di raccogliere le pistole e riporle nella loro custodia.
Con la cura che aveva sempre riposto in ogni cosa, le sue dita si muovevano in modo leggero ma deciso, accarezzando dapprima il metallo delle armi, definendone ogni dettaglio, poi i bordi della piccola valigia fino a farne scattare la serratura e risvegliando in lei ricordi lontani e sbiaditi ma mai cancellati e ora riemersi più vividi che mai.
No, non avrebbe dovuto farlo lui...
Si sollevò barcollando leggermente e lo raggiunse, posando una mano sulle sue per fermarlo.
“No, no...lascia stare...” - quasi gli sussurrò, probabilmente troppo vicina ma non riusciva a stargli più lontana di così.
Aveva sollevato il capo Andrè, ritrovandosela accanto di nuovo, dopo tutti quegli anni e la paura di non poterla più rivedere e di morire senza averle detto di persona ciò che le aveva scritto in quel foglio stropicciato che forse lei non aveva mai letto.
La paura di non potersi tuffare, per l'ultima volta, ancora nei suoi occhi.
Persi e lucidi di lacrime, in quel giorno lontano.
Esattamente come ora.
I suoi occhi...
Si erano incrociati gli sguardi e c'era stata esitazione nei gesti ma poi, spinti da una forza invisibile, si erano mossi contemporaneamente l'una verso l'altro, stringendosi in un abbraccio reciproco, di quelli che avevano fatto parte della loro vita, una vita fa.
Prima delle Guardie Reali, di Versailles, di Fersen, di loro adulti e di tutto il resto.
“Pensavamo fossi morto...” - era tutto ciò che lei riusciva a dire tra i singhiozzi.
Avrebbe voluto chiederle tante cose Andrè ma non riuscì ad aprire bocca. L'aveva solo stretta più forte che poteva come se ogni domanda non fatta avesse il potere di aumentare l'intensità di quell'abbraccio. E lì, questa volta con il viso affondato sulla spalla del suo vecchio amico, Oscar aveva dato sfogo a tutte le lacrime trattenute in quegli anni.
Fino a quando un familiare sentore di cuoio, frammisto ad una nuova nota salmastra, era riuscito a placare l’inquietudine del suo animo. Andrè le aveva accarezzato piano i capelli, in silenzio, appoggiando una guancia sulla sua nuca.
E aveva continuato fino a quando le sue spalle non avevano smesso di tremare.


Ora i due uomini stavano mangiando di gusto con grande soddisfazione della nonna; Fersen non lo aveva mai visto mangiare così voracemente e in modo tanto rilassato; evidentemente i mesi di traversata si erano fatti sentire. Andrè...beh, Andrè era sempre Andrè da quel punto di vista...
Stavano raccontando allegramente, tra un boccone e l'altro, le loro avventure americane. Con ironia, cercando di sdrammatizzare. Oscar aveva capito, era pur sempre un militare...Andrè voleva nascondere a sua nonna tutta la cruda realtà delle battaglie combattute corpo a corpo, i rischi che aveva corso e le angherie probabilmente subite dalla popolazione. La cosa stupefacente, a cui non era affatto abituata era l'affiatamento tra i due; si erano capiti al volo.
Che il Conte fosse un ospite gradevole e un conversatore brillante lo aveva sempre saputo.
La vera scoperta era Andrè.
Le sue qualità le aveva sempre apprezzate ma ora era davvero incontenibile. Aveva un eloquio fluido e divertente, la sfrontatezza dell'adolescenza accompagnata dall'esperienza della vita vissuta e stava dimostrando tutto il suo acume e la sua intelligenza; non parlava più solo se interpellato e aveva imparato a non abbassare più lo sguardo...anche se con lei non lo aveva mai fatto...
Era un uomo libero adesso.
Scosse impercettibilmente il capo mentre, con la forchetta, rovistava piano nel piatto per cercare, almeno, di dare l'impressione di mangiare. C'era un'atmosfera particolare quella sera nell'antica dimora dei De Jarjayes.
La nonna aveva voluto che i due reduci si lavassero accuratamente prima di cena; aveva fatto scaldare tanta acqua che ci si sarebbero potuti annegare. Ma il bagno non era riuscito a cancellare del tutto quella vena di trascuratezza, probabilmente inevitabile dopo mesi in mare, che conferiva loro qualcosa di ferino e selvaggio, incredibilmente affascinanate. Oscar stessa ne era ammaliata; non riusciva a distogliere lo sguardo da chi le stava di fronte nonostante tutti gli sforzi che stava facendo per non risultare inopportuna.
E aveva notato che tutte le domestiche, probabilmente, condividevano il suo pensiero. Non ci avevano nemmeno provato a nascondere espressioni di apprezzamento e risatine eccitate quando, nel pomeriggio, richiamate dal pianto rumoroso della nonna, si erano affacciate alla soglia della cucina. In un battibaleno avevano affollato lo spiazzo antistante, dove i carretti dei fornitori abitualmente consegnavano le merci necessarie alle numerose esigenze di una dimora nobiliare. C'era stato un attimo di stupore e immobilità generale quando avevano notato i due uomini, perchè anche Fersen, nel frattempo, si era portato al fianco di Oscar e incrociandone lo sguardo, aveva sorriso, sinceramente contento, di fronte a quella scena di ricongiungimento familiare.
Raggiunta la consapevolezza di ciò che stava accadendo, era stato il caos più totale. Fersen nessuno lo aveva riconosciuto o aveva dato segno di riconoscerlo; soltanto una graziosa cameriera, probabilmente pescando nella sua memoria, gli si era avvicinata, nell'euforia del momento ed esibendosi in un inchino aggraziato, aveva osato dargli il benvenuto.
“Bentornato anche a voi, Signore..”
Ma tante erano state le occhiate fugaci di apprezzamento dirette al Conte svedese. Nulla di nuovo in fondo.
Andrè invece, che in quella casa ci era cresciuto, era stato letteralmente travolto da un'onda di gonne e cuffiette candide che cercavano un abbraccio, una stretta di mano, un bacio sulla guancia. Oscar sospettava che, senza la sorveglianza vigile della nonna, qualcuna gli sarebbe saltata addirittura in braccio. Alla fine era stato salvato dall'anziano giardiniere che, riuscito a farsi largo, gli aveva piazzato due sonore pacche sulle spalle e lo aveva abbracciato commosso.
“Ragazzo, pensavamo di non vederti più...mi devi raccontare tutto. Ho da parte una bottiglia di Calvados che aspetta solo di essere aperta! Te lo ricordi, vero? Quello che portava Jacques dalla Normandia!”
La nonna aveva colto l'attimo e, sbraitando ordini, aveva disperso la piccola folla, non prima di aver ordinato di accogliere il Conte con tutti gli onori. Poi aveva rivolto ad Oscar una muta domanda e, al suo cenno di assenso, aveva preso il nipote sottobraccio, avviandosi verso l'interno.
“La tua vecchia stanza è ancora libera. Ma mi dovrai raccontare molte cose, scriteriato di un nipote! Sembra quasi che non ti abbia cesciuto io! Mai una lettera in questi anni! E la guerra è finita da tempo...per chi mi hai preso! Credi che non lo sappia!?!”
Non senza prima aver notato Oscar e Fersen seduti a chiacchierare amabilmente sulla panca con il sorriso che lei gli rivolgeva reso ancora più luminoso dalla luce calda del tramonto, Andrè aveva fornito una risposta divertita, inghiottita però dall'uscio delle cucine.

 

Ma proprio di quello si stava parlando in quel momento.
“Hans si è ammalato; è stato colpito da una febbre sconosciuta proprio quando dovevamo imbarcarci. Abbiamo rischiato la vita insieme talmente tante volte che non mi sembrava proprio il caso di lasciarlo solo. Anche se in quell'occasione non sapevo assolutamente come aiutarlo. Per fortuna c'era un medico che sapeva il fatto suo...”
Hans? Faceva uno strano effetto sentire Andrè chiamare per nome una persona che in passato nemmeno avrebbe potuto salutare per primo...
“Già...Andrè è stato un'ottima spalla, il miglior compagno d'armi che potessi desiderare. Insostituibile direi. Non che avessi molti dubbi a riguardo, dopo averlo visto per anni al Vostro servizio, Madamigella Oscar. Siete d'accordo?”
Oscar sorrise in segno di assenso ma quando incrociò gli occhi di Andrè non potè fare a meno di abbassare lo sguardo.
Cosa dovrei rispondere Fersen? Lo so...lo so bene...
“Di sicuro, per i meriti conseguiti in battaglia, gli verrà conferita qualche onorificenza o qualche carica. Mi piacerebbe poter continuare a lavorare con lui, sempre che voi, Oscar, siate d'accordo. D'altronde è passato talmente tanto tempo che vi sarete abituata a farne a meno”
Oscar si irrgidì e sbarrò gli occhi, senza osare guardare nulla, se non la bordura dorata del piatto.
“Avete intenzione di fermarvi in Francia, dunque, Fersen?”- riuscì a rispondere dopo aver deglutito più volte.
“In realtà no...solo il tempo di riprendermi dalle fatiche del viaggio di rientro in Europa. Poi la mia intenzione sarebbe quella di tornare nel mio Paese, manco ormai da troppo tempo. Ma Andrè potrebbe venire con me...”
Oscar percepì gli angoli del cuore accartocciarsi e le dita si strinsero più forte attorno alla forchetta.
“Come avete osservato correttamente voi, Fersen, Andrè non è più al mio servizio. E' libero di prendere qualsiasi decisione. Credo che l'unica persona con cui dovreste parlarne sia proprio lui”
“E' una cosa a cui sto pensando solo da qualche giorno. Mi sono talmente abituato alla sua presenza che non so se riuscirei più a farne a meno. E' stato un'ottima compagnia anche al di fuori dei campi di battaglia...ce ne sono capitate delle belle!”
E su queste parole esplose in una sonora risata prima di sporgersi verso Andrè e colpirlo con una cordiale spallata. Allungando poi il braccio destro attorno alle sue spalle e tirandoselo contro con fare ammiccante, cercò conferma alle sue parole.
“Non è vero My sweet love?

   
 
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