Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: MeryAdry    31/07/2021    1 recensioni
Realizzai che la mia forza di volontà non era per nulla paragonabile all'insaziabile desiderio di vendetta del fato, e in una società il cui odio è tramandato di madre in figlia, evitare che tutto quel male entrasse a far parte di me fu un'impresa impossibile.
Il terreno su cui si corre è ruvido, e le gambe si consumano, i pensieri si attanagliano negli angoli più remoti della psiche. Fuggivamo a gambe levate dai nostri ricordi, quando ignoravamo in essi la presenza della verità.
Questa storia si distacca dalla trama originale del manga, i personaggi sono OC creati da me, dalla mia co-ideatrice e disegnatrice @spacemepi e da @imperfectmates, che mi ha aiutata nella revisione dei capitoli.
Ogni copertina presente in questo libro è stata disegnata da @spacemepi (IG).
Genere: Angst, Horror, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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L'istante in cui chiusi gli occhi tremai. Fu la consapevolezza di aver lasciato l'inferno alle mie spalle a scuotermi, un brivido freddo lungo il petto. Nessuno ebbe mai il coraggio di farsi avanti, le mie spoglie cullate da un arido terreno, privo di gloria.

 

Nessuno riuscì mai a capire la mia scelta, nemmeno mia sorella.

 

Ma forse era meglio così, forse era meglio non capirle certe cose.

 

Con il galoppare in sottofondo e i pensieri che si accatastavano l'un sull'altro, mi risultava quasi impossibile render conto a qualsiasi cosa Kaori stesse blaterando. L'unico dettaglio in grado di farmi capire che la bionda volesse instaurare una conversazione con me, fu il moto incessante della sua bocca.

 Faceva parte del suo essere, quella sensazione logorante che le avvolgeva le interiora quando si sentiva privata di risposte esaurienti alle sue domande; la bocca si storceva e il naso si arricciava, come una bambina.

 

«Mi ascolti o fai solo finta?» Uno sbuffo e il suo sguardo era di nuovo sulla strada.

 

La fissai, cercando di formulare qualche frase, ma fallii.

 Non era lei da incolpare, la mia irrefrenabile voglia di fare marcia indietro stava combattendo con il desiderio di accontentare le richieste di mia sorella.

 Avrei certamente sentito la mancanza di quel sentimento di sicurezza che solo il corpo cadetti era riuscito a farmi provare, ma sarei dovuta andare avanti, lasciare alle spalle i miei compagni e imparare ad affrontare nuovi ostacoli da sola. 

 

 Ma l'istante dopo mi trovai di nuovo a graffiare le pareti della mia mente con gli stessi tormenti, che io qui non dovevo esserci e che sarei morta di lì a poco. Ma poi il pensiero della lontananza dai miei compagni parve assumere forme immense, e divenne quella la mia priorità..

 

«Secondo te gli altri ci seguiranno?» Mormorai, rallentando il passo a cavallo.

 Erano già passate due ore da quando io e mia sorella avevamo intrapreso il nostro tragitto verso la sede del corpo di ricerca, la stanchezza iniziava a farsi sentire.

 

 Silenzio. D'altronde, c'era d'aspettarselo da parte sua.

 

 «Io...Io non penso sai? Siamo solo noi quelle suicid-»

 

 «Smettila, siamo già qui. Non possiamo tornare indietro.» Aveva ragione, davvero tanta ragione: se ci fossimo abbandonate alla paura, nessuno sforzo sarebbe valso.

 

Era forse la decima volta, da quando i primi raggi solari erano trapelati dalla finestra, che me lo ripeteva. L'unica cosa rimasta da fare era convivere con la costante spossatezza, la rabbia di non essere invincibili, ma solo corpi riempiti di uno spirito manipolabile. E in quel momento lo eravamo davvero, pagine bianche pronte ad essere macchiate di sangue e di lacrime, pur di inalare secondi di libertà.

 

 Meritava un minimo di compassione, chi come me ha paura di quegli esseri, chi dubita delle proprie scelte, pensando che forse era meglio lasciare il ruolo da eroe a chi ne era capace. 

 

 Ma persone come Kaori ne erano capaci, ed era questo che mi poneva al centro della bufera, in una terra esanime che mi condannava a morte al primo sospiro.

 

 Quella paura, a furia di sporcarmi l'animo, la stava provando un po' anche lei, se pur cercasse di negarlo.

 La vidi guardare tristemente il suo bracciale, sapevo quanto fosse importante per lei: in fin dei conti, era tutto ciò che le era rimasto dopo una notte di promesse, false speranze, tra braccia che cercavano disperatamente conforto a vicenda.

 Di quelle preoccupazioni lei se ne cibava, bruciandosi la gola con il più atroce dei veleni, quel miscuglio letale tra speranza e disperazione, il volto familiare di una amicizia pronta a svanire negli anni.

 

 

 Rivolsi il mio sguardo alla strada dinnanzi a me, immersa nel mio assillante silenzio, e, solo in quel momento, scrutai da lontano una struttura in pietra, le torri alte che parevano voler solleticar le nuvole con le loro cime appuntite; eravamo giunte a destinazione.

 Non mi accorsi di aver accennato un sorriso fin quando mia sorella non me lo fece notare, sollevando le sopracciglia più e più volte. Ah, lei e i suoi modi strani di comunicare le emozioni!

 Surreale, a dir poco irrealistico, il groviglio nel mio stomaco, quel piccolo topolino che iniziò a scavarmi le interiora non appena mettemmo piede alla base del corpo di ricerca. 

 Fu cruciale per me sentire il rumore delle catene rugginose grattare le mura esterne del castello, il cuore in gola sembrava volermi tranciare la trachea a momenti.

 

 Forse non ci avrei mai fatto l'abitudine, forse invece ero già consapevole che questa sarebbe stata la mia nuova realtà. 

 

 L'inizio della fine.

   
 
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