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Autore: Ghostclimber    01/08/2021    1 recensioni
Dal testo, perché oggi tra introduzioni e titoli ciaone:
“Ehi. Non mi aspettavo di trovarti qui, non eri già il migliore?” lo prese in giro.
“Ma ti pare,” rispose Lambo, “Ciofeca ero e ciofeca rimango.” sbottò a bassa voce. Reborn lo guardò in faccia e riconobbe i segni di un'incombente crisi di pianto.
“Da quanto frequenti il poligono?” chiese.
RL, accenni 5927 che vedo solo io
Genere: Noir, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Lambo, Reborn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hitman,
now don't you cry,
I'm just it man,
and you might get fried.
Gun in my pocket,
don't get me wrong,
I'll be your hitman,
I'm a fool for your love
[Queen, The Hitman]







Reborn entrò al poligono di tiro; come sempre, si diresse alla postazione che aveva prenotato senza guardarsi in giro, ma si bloccò sui due piedi quando riconobbe una schiena dall'aria familiare. Non che sapesse riconoscere Lambo in mezzo alla folla, ma la sua maglietta muccata era abbastanza inequivocabile.

Si avvicinò di soppiatto alle sue spalle, mentre il ragazzo posava l'arma che stava usando, una Les Baer davvero pregevole, e premeva il pulsante per far scorrere verso di sé il bersaglio.

Reborn trattenne una risatina: nessun colpo era andato a segno, ma c'era da dire che l'aureola di fori di proiettile intorno alla testa del bersaglio era piuttosto buffa.

Lambo sbuffò e si girò, voltando le spalle al bersaglio; aveva la testa china e non si accorse di Reborn, che senza un reale motivo decise di avvicinarglisi.

“Ehi. Non mi aspettavo di trovarti qui, non eri già il migliore?” lo prese in giro.

“Ma ti pare,” rispose Lambo, “Ciofeca ero e ciofeca rimango.” sbottò a bassa voce. Reborn lo guardò in faccia e riconobbe i segni di un'incombente crisi di pianto.

“Da quanto frequenti il poligono?” chiese.

“Due mesi.” borbottò Lambo.

“Chi è il tuo istruttore?”

“Non ne ho uno. La mia paghetta basta per una postazione, ma non per l'istruttore.” Lambo gli lanciò un'occhiata rapidissima, poi distolse lo sguardo: “Speravo che con un po' di pratica avrei imparato, ma non sta funzionando.” Reborn lo guardò. Era la prima volta che vedeva Lambo impegnarsi in qualcosa invece di poltrire o cazzeggiare, e decise di dargli il beneficio del dubbio.

“Girati.” gli disse.

“Eh?” ribatté Lambo. Reborn non sprecò altre parole: lo prese per un braccio e lo spinse a girarsi verso il bersaglio, premette i pulsanti sulla tastiera della postazione e comandò la sostituzione del bersaglio, che avvenne in un paio di secondi.

“La Les Baer è un'arma pesante e con un rinculo molto importante.” disse, “Come mai l'hai scelta?”

“La usa l'agente Pendergast.” rispose Lambo. Reborn non poté evitare di sorridere.

“E non a torto. Nonostante i difetti, è un'ottima pistola. Si inceppa raramente, si pulisce con facilità ed è molto affidabile. Solo, devi fare particolare attenzione nel prendere la mira.” Reborn impugnò l'arma. Caricò cinque colpi, indossò le cuffie, si mise in posizione e disse: “Guarda. Due mani, così diminuisci il rinculo. Punta basso, circa dieci centimetri più in sotto di quello che vorresti colpire. Lo vedi, che sto mirando alla gola?” Lambo annuì.

“Bene, ora metti le cuffie.” Lambo obbedì e Reborn sparò tutti i colpi, distanziandoli uno dall'altro.

Mentre richiamava il bersaglio, tolse le cuffie; quando anche Lambo lo ebbe fatto, disse: “Se aspetti un paio di secondi tra un colpo e l'altro, riuscirai a rimetterti nella posizione corretta. Altrimenti, la tua mira sarà perfetta al primo, sfasata al secondo, indecente dal terzo in poi. Invece guarda qui.” la testa del bersaglio era bucherellata, tutti e cinque i colpi erano andati perfettamente a segno.

“Non ci riuscirò mai.” disse Lambo.

“Smettila, provaci.” Reborn caricò la pistola, poi la porse a Lambo tenendola per la canna. Lambo la impugnò mollemente, e Reborn si portò alle sue spalle.

Era di poco più alto di lui, e riuscì ad alzargli le braccia senza faticare. Gli consigliò: “Io ho mirato alla testa perché la mia mira è impeccabile. Tu comincia a mirare al petto. È un bersaglio più vasto, e dovunque colpisci fai danni, soprattutto se usi proiettili Hydrashock.” Lambo si era irrigidito. Reborn proseguì: “Rilassa le spalle. Guarda la canna della pistola, tienila al centro del tuo campo visivo e mira al plesso solare.” Le spalle di Lambo si abbassarono, Reborn assecondò il movimento delle sue braccia lasciandogli correggere la mira e poi chiese: “Ci sei?”

“Ci sono, credo.” rispose Lambo. Reborn gli lasciò andare i polsi, gli mise le cuffie e indossò anche le proprie. Si portò al suo fianco e gli fece un cenno per invitarlo a sparare. Lambo esitò, poi annuì e fece fuoco. Le sue spalle si tesero nuovamente per assorbire il rinculo, poi si prese un istante per correggere di nuovo la mira e sparò di nuovo.

Svuotò il caricatore, posò la pistola e tolse le cuffie; mentre Reborn richiamava il bersaglio, si mise le mani sulla faccia: “Non voglio guardare, avrò fatto schifo...”

“Hai fatto centro tutte le volte, Lambo.” disse Reborn.

“Cosa?” il ragazzo si tolse le mani dalla faccia e guardò il bersaglio, attonito. Reborn indicò un colpo in particolare: “Questo è in pieno cuore. Letale all'istante. Quest'altro è al centro perfetto del busto, gli avresti reciso la colonna vertebrale.” Lambo non parlò, ancora in fissa sul bersaglio, con la bocca aperta. Reborn gli batté una mano sulla spalla e disse: “Non ci voleva molto, ti servivano solo un paio di dritte. Continui da solo?” Lambo annuì.

Reborn si stava già allontanando, quando si sentì chiamare: “Ehi, Reborn!”

“Sì?”

“Grazie.” Reborn sorrise e Lambo si voltò di scatto, voltandogli le spalle. Reborn ridacchiò: chissà quanto gli era costato ringraziare il suo acerrimo nemico.

Mentre prendeva posto e caricava la propria arma, si chiese se per caso Lambo non avrebbe ritorto i suoi insegnamenti proprio contro di lui, ma scacciò il pensiero: in fondo, sapeva che Lambo ormai aveva lasciato perdere l'idea di farlo fuori. Innanzitutto, per quanto sembrasse naturalmente dotato, gli ci sarebbero voluti almeno vent'anni per riuscire a prendere Reborn alla sprovvista, e inoltre ormai aveva allontanato la Famiglia Bovino: Tsuna aveva detto a Reborn che Lambo aveva dichiarato di sentirsi a casa tra i Vongola, e il killer dubitava che avrebbe messo a repentaglio la propria felicità per un rancore inesistente, vecchio di anni e mosso da un mandante di cui non gli importava più nulla.

 

Terminata la sessione, Reborn scaricò l'arma con calma e tolse le cuffie. Si chiese vagamente come fosse andata a Lambo, e si domandò se sarebbe riuscito a prenderlo da parte per discuterne con lui. Aveva lo strano desiderio di aiutarlo ancora: Lambo sembrava essersi messo d'impegno, e l'accenno alla paghetta aveva spinto Reborn a sospettare che lo stesse facendo di nascosto da Tsuna, che nonostante Lambo fosse già maggiorenne cercava ancora di tenerlo fuori dai combattimenti. Forse, invece, dargli un pizzico di fiducia sarebbe stata una buona idea: Lambo era sempre stato il piccolo di casa, e probabilmente ne era stufo marcio, ma da essere un ragazzino vivace e rompiscatole si era trasformato in un ragazzo ombroso e taciturno, mai propenso ad esprimere la propria opinione. Reborn si rese conto che per lui doveva essere frustrante.

Si diresse verso l'esterno, perso nei suoi pensieri, e quasi non udì la voce che lo chiamava: “Reborn!” stranamente, però, sentì molto bene il lieve “Ma cosa mi sono fermato a fare...” che seguì.

Si voltò e vide che Lambo era in piedi davanti alle poltroncine della sala d'aspetto. Si fermò e disse: “Scusa, ero sovrappensiero. Com'è andata?” Lambo arrossì.

“Molto bene. Volevo... volevo ringraziarti di nuovo.”

“Non c'è di che. Torni subito a casa? Ti serve un passaggio?”

“Ah... no, io veramente... ho un appuntamento, torno poi in metro.” Reborn annuì, chiedendosi come mai si sentisse vagamente deluso all'idea di non poter dare uno strappo a Lambo.

Si salutarono di fronte all'ascensore: Lambo proseguì verso l'uscita e Reborn scese al parcheggio. Prese la cosciente decisione di non domandarsi come mai aveva appena avuto l'idea di chiedere alla direzione quando fosse il prossimo turno prenotato da Lambo.

 

Presto, trovarsi al poligono di tiro divenne un'abitudine.

Dopo un paio di mesi, Reborn propose a Lambo di andarci insieme, a meno che lui non avesse altri impegni successivi. Stranamente, gli appuntamenti di Lambo non caddero più dopo una sessione al poligono. All'inizio, i viaggi furono dolorosamente silenziosi, ma dopo un po' cominciarono a discutere di pistole, di armi da fuoco in generale, e Lambo era sempre più interessato a ciò che diceva Reborn. Il killer, d'altra parte, amava avere uno spettatore così attento. L'idea che ci fosse qualcosa di più non lo sfiorò o, se lo fece, rimase a galleggiare nel retro della sua mente, come un simpatico elefante rosa che ha improvvisamente deciso di diventare una parte integrante dell'arredamento.

“Devi tornare subito a casa?” chiese Reborn una tiepida sera di giugno.

“Non lo so, dovrei avvertire Tsuna...” rispose Lambo, esitante.

“Avvertilo.” Reborn mise su un pesante accento siciliano e proseguì: “Ti farò un'offerta che non potrai rifiutare.” Lambo rise.

“Dovevi fare l'imitatore, altro che il killer.” dichiarò. Non disse nulla riguardo a Tsuna, ma estrasse il cellulare e digitò rapidamente un messaggio, poi lo ripose.

“Ti lascia molta libertà.” commentò Reborn, “Non hai nemmeno aspettato una risposta.”

“Credo sia convinto che finalmente ho trovato una ragazza seria con cui stare.”

“Che gli hai raccontato?”

“Ma niente, in realtà. Ha intuito che vado sempre nello stesso posto da un po', stavo già sudando freddo, ma non so come era convinto che io andassi ad aspettare una ragazza nel bar dove lavora per uscire insieme.”

“Come diavolo è arrivato a inventarsi che è un bar?”

“Non lo so, ma sto cominciando a pensare che nel tempo libero scriva fanfictions.” Reborn scoppiò a ridere di gusto: “Oh, mio Dio, ce lo vedrei, quelle che ti fanno cariare i denti!”

“Sì, sono d'accordo!” rispose Lambo, sghignazzando a sua volta. Pochi istanti dopo, Reborn svoltò nel vialetto di una piccola casetta isolata in un quartiere periferico.

“È... casa tua?” chiese Lambo.

“Sì. Dobbiamo fare un discorso serio, io e te.” Reborn parcheggiò davanti alla saracinesca ancora chiusa del garage: era inutile portare dentro l'auto, avrebbe comunque dovuto tirarla di nuovo fuori per riaccompagnare Lambo a casa.

Si diresse alla porta d'ingresso, seguito dal ragazzo, ed entrambi si tolsero le scarpe appena entrati: non vivevano più in Giappone da anni, ma entrambi avevano continuato a mantenere quell'abitudine. Reborn fece strada verso la cucina e invitò Lambo a sedersi, poi gli versò un bicchiere di latte, mise la caffettiera sul fuoco per sé ed estrasse un fascicolo da uno stipo.

“Cos'è?” chiese Lambo, fissando il bicchiere e il fascicolo come se entrambi fossero intenzionati a morderlo. Reborn, senza guardarlo, rispose: “I Bovino hanno terminato la pazienza con te, Lambo. Quello è un rapporto del Cedef che dice che se non mi uccidi entro la fine del mese manderanno un sicario a far fuori te.”

“Ah. Ma che bella notizia.” la caffettiera gorgogliò. Reborn spense il fuoco e si riempì una tazzina, poi si sedette al tavolo di fronte a Lambo e lo fissò negli occhi.

“Innanzitutto, devi sapere che Tsuna non è al corrente di tutto. Ad esempio, non sa che questa è la quinta volta che i Bovino mandano qualcuno ad ucciderti.”

“Tecnicamente, non lo sapevo neanch'io. Ehi, sei bravo a dare le notizie sconvolgenti!”

“Lo so, ma abbiamo poco tempo. Oggi è il venti giugno, entro dieci giorni avrai un sicario dietro al culo e devi decidere cosa fare.”

“Le altre volte ho vissuto nell'ignoranza, non si può...?”

“Lambo. Sei un adulto, ormai.” Reborn sentenziò. Gli occhi di Lambo si riempirono di lacrime e il ragazzo voltò la testa dall'altra parte: “Sì, beh, sembri essere l'unico a pensarlo.”

“Hai motivi per mettere in dubbio il mio giudizio? Preferisci che io ti tratti come fanno tutti gli altri?”

“...no...” la voce uscì dalle labbra di Lambo in un soffio. Reborn allungò una mano verso di lui e l'appoggiò sul suo polso. Lambo fissò lo sguardo nel suo.

“Le altre volte ci ho pensato io.” rivelò Reborn, “Un proiettile nel cuore con il logo dei Vongola, di modo che fosse inequivocabile.” per qualche motivo, Lambo arrossì.

“Vuoi pensarci tu stavolta?” Lambo si ritrasse.

“Reborn!” protestò.

“Che c'è?”

“Se sbaglio? Se mi tiro indietro? Se colpisco un passante?”

“Sarò con te tutto il tempo. Sceglieremo una zona isolata e se tu dovessi sbagliare o cambiare idea lo farò io al tuo posto.”

“E io farò di nuovo la figura della mezza calzetta.” disse Lambo, mettendosi a guardare nel proprio bicchiere come se contenesse la risposta alla vita, l'universo e tutto il resto.

“No. Ascolta, Lambo...” Reborn prese un respiro profondo, “Uccidere una persona non è una cosa da poco. Se chiedi a Colonnello, ti può raccontare di quanti militari hanno deciso di piazzarsi dietro a una scrivania perché sono del tutto incapaci di uccidere qualcuno. E sono alte sfere di tutti gli eserciti mondiali, non dei semplici passacarte. E sono rispettati. E poi, di questa cosa Tsuna non deve sapere nulla. Chi mai potrebbe prenderti in giro?”

“Tu.” fu la risposta di Lambo.

“E io ti sto dicendo che non lo farò.” Lambo alzò gli occhi su Reborn, che aggiunse: “Idem se non te la senti. Dimmelo e non ne saprai più nulla.” Lambo ci pensò su e Reborn lo lasciò fare. Era una strana sensazione, averlo lì in casa propria, seduto al tavolo della cucina a stringere tra le mani un bicchiere che Reborn stesso aveva comprato, che aveva usato innumerevoli volte, ma per il momento non era qualcosa che gli creasse disagio.

Infine, Lambo disse: “Davvero sarai lì con me?”

“Davvero.”

“E sceglieremo un posto dove non potrei colpire un passante neanche in ragione del corollario della Legge di Murphy?”

“Sarebbe?”

“Se qualcosa non può in alcun modo andare male, lo farà comunque.” Reborn ridacchiò: “Promesso.”

“Allora ok. Ci... ci voglio provare.” Lambo bevve l'ultimo sorso dal suo bicchiere di latte e si alzò.

Reborn terminò il caffè e si mise in piedi di fronte a lui, gli mise le mani sulle spalle e fissò gli occhi nei suoi: “Sono fiero di te, Lambo.”

“Così mi metto a frignare.”

“Nascondi la faccia, così faccio finta di non accorgermi.” Lambo fraintese il suggerimento e, invece di voltarsi, si gettò tra le braccia di Reborn, che lo accolse fin troppo di buon grado.

Decise che, dopo quella faccenda, avrebbe fatto meglio a rimettere un po' di distanza tra loro.

 

“Tsuna, io esco!” annunciò Lambo. Indossava la solita camicia muccata, con sotto una maglietta nera a maniche corte, abbastanza anonima da passare inosservata se qualcuno l'avesse visto; era d'accordo con Reborn che avrebbe lasciato la camicia nel cassettino del cruscotto, entrambi concordavano che Tsuna si sarebbe insospettito molto meno nel vederlo uscire vestito come al solito.

“Con la tua dolce metà?” chiese Tsuna, un sorriso malizioso in viso.

“Con...”

“Con me.” disse Reborn dalla soglia. Tsuna inciampò da fermo e si aggrappò allo stipite della porta: “Veramente?!”

“Andiamo, Lambo.”

“Non è come...”

“Devo chiamare Gokudera.”

“E che c'è di diverso dal solito?” sospirò Reborn, poi si rivolse a Lambo: “Muoviti, non voglio fare tardi.” lo trascinò fuori e gli aprì la portiera dell'auto, fingendo di non sapere di avere gli occhi di Tsuna piantati nella schiena.

“Ma sei pazzo?!” lo aggredì Lambo non appena Reborn salì in auto a sua volta.

“Lascia fare, siamo sempre in tempo per smentire. Almeno così si concentrerà sulla notizia del secolo invece di chiedersi come mai io e te stiamo uscendo insieme.”

“Se I-Pin lo viene a sapere mi uccide...” si lamentò Lambo.

“State insieme?”

“Ma va'. È che mi picchierà per non averle detto una cosa del genere.”

“Te la tengo ferma mentre chiarisci la situazione.” disse Reborn con calma, immettendosi nel traffico.

“Ti conviene, altrimenti...”

“Altrimenti?”

“Non lo so, non ci ho ancora pensato.” Reborn ghignò.

“Ho prenotato a tuo nome in un locale e ho fatto in modo che l'informazione venisse fatta sfuggire. È una trattoria isolata fuori città, e sarà vuota perché ho fatto in modo che lo sia.” Lambo si tolse la camicia e si schiantò contro lo schienale del sedile.

“Sei nervoso?” chiese Reborn.

“Un sacco.”

“Poi ti porto fuori a ubriacarti.”

“Ecco, adesso sono ancora più nervoso.”

“Cosa ti farebbe rilassare?” chiese Reborn.

“Non lo so, credo... mettermi a cantare le canzoni della Disney, forse?”

“...ma in fondo un po' di nervosismo fa bene.” Lambo rise, forse un po' troppo forte, ma Reborn giudicò che andasse ancora bene. Fermo ad un semaforo, aprì il portaoggetti davanti al cambio ed estrasse una scatoletta con il logo dei Vongola.

“Tieni. Carica la pistola, e metti il colpo in canna, mi raccomando.”

“Agli ordini.” Lambo prese i proiettili e cominciò a infilarli uno ad uno nel caricatore. Prima di inserire l'ultimo, lo guardò: “Ehi, wow...” commentò.

“Ci lascerai la firma.” rispose Reborn, “Leon li ha fatti apposta per te.” il camaleonte, che si era messo a prendere il sole sotto al parabrezza, alzò la testolina e guardò Lambo, che disse: “Grazie, Leon, sono una figata.” il camaleonte fece saettare la lingua nel nulla.

Lambo lanciò un'ultima occhiata al proiettile, che recava non solo il logo dei Vongola ma anche il simbolo del suo Anello di Fulmine, poi lo inserì e mise la sicura.

Reborn parcheggiò a spina di pesce in un posto riservato, poi entrambi smontarono.

“Ma ci cascherà?” chiese Lambo, “Insomma, io qui non ci sono mai stato...”

“Sei mai uscito con un altro uomo?” Lambo assunse un sanissimo colorito da aragosta bollita.

“Ecco, io... un paio di volte, credo, ma... ehi, da quand'è che sono affari tuoi?”

“Da quando non ti ci ho mai visto in giro, e tu sei la persona più appariscente che conosco, Varia esclusi. Non ti ho mai visto con un uomo.”

“Certo, perché non è che li ho portati al luna park!”

“Premesso che avresti anche potuto, il punto è questo. Tu con gli uomini ci esci di nascosto, scovare un ristorante in culo ai lupi dove non ti conosce nessuno sarebbe una scelta logica. Avrai notato che sono vestito un po' diverso dal solito, no?”

“Già, e ammetto che non ci ho mai pensato, ma se l'avessi fatto avrei giurato che avresti preso fuoco a contatto con una tuta dell'Adidas.”

“In effetti prude.” ammise Reborn, un po' contrariato, “Ma se mi vedessi da lontano, riusciresti a riconoscermi senza ombra di dubbio?”

“Neanche in un milione di... ok, lo ammetto, sei un genio.”

“Cazzo, non stavo registr... ok, non agitarti, è di fronte a noi.”

“Cosa faccio?” Reborn si chinò su di lui e gli cinse le spalle in un abbraccio lascivo, poi gli sussurrò all'orecchio: “Fingi che io ti abbia appena detto qualcosa di erotico, imbarazzati e cacciati le mani in tasca. Prendi la pistola, appena si avvicina fai fuoco.” Lambo ridacchiò e arrossì, poi si allontanò appena e si ficcò le mani in tasca, così a fondo che si chiese se sarebbe riuscito a toccarsi le ginocchia con la punta delle dita.

L'uomo di fronte a loro aumentò il passo, senza mettersi a correre, ma ora era evidente anche a Lambo, che lo stava guardando solo con la coda dell'occhio, che si stava dirigendo in tutta fretta verso di loro. Reborn si chinò di nuovo su di lui e sussurrò: “Ora!” Lambo estrasse la pistola, e lo stesso fece l'uomo di fronte a lui.

“Perfetto.” bofonchiò Lambo, senza abbassare l'arma: uno stallo alla messicana era decisamente l'ultima cosa che avrebbe desiderato.

Poi, un'ombra calò sullo sconosciuto. Reborn sibilò: “Abbassa la pistola.” e la sua arma apparve, premuta contro la tempia dell'uomo, che si affrettò ad eseguire.

Reborn lanciò una rapidissima occhiata a Lambo e chiese: “Tu o io?” Lambo esitò.

Da un lato, sarebbe stato facilissimo dire a Reborn di procedere: era già in posizione, non poteva sbagliare, ma dall'altro... Lambo sollevò la pistola, che aveva abbassato appena appena, e sparò.

Un solo colpo, e sul torace del sicario si allargò una macchia di bagnato. L'uomo cadde a terra con un tonfo quasi inudibile e Reborn abbassò la pistola, che si trasformò in Leon e gli si arrampicò su una spalla.

“Che ne facciamo adesso?”

“Ci penserà la squadra Vongola per lo smaltimento dei rifiuti, li ho già preallerta...” Reborn si interruppe, poi mormorò: “Questo non va bene...”

“La polizia?” chiese Lambo, sentendo le sirene in avvicinamento. Reborn lo ghermì per un braccio e lo trascinò dietro ad un angolo, poi guardò fuori con cautela: “Merda. Ci hanno chiuso il sentiero.”

“Chi li ha chiamati?”

“Non possono essere arrivati così in fretta. Probabilmente erano in zona e hanno sentito lo sparo. Siamo fottuti, Lambo, non abbiamo via d'uscita.”

“Possiamo buttarci nei boschi.”

“Sì, ma prenderanno la targa della mia auto e scopriranno che ero qui.” Reborn meditò, poi disse: “Vai da solo. Io in qualche maniera me la caverò.”

“Dammi corda, Reborn.” rispose Lambo. Il killer non fece in tempo a chiedere specifiche, si ritrovò solo le labbra di Lambo sulle proprie.

Troppo sconvolto per reagire, si lasciò sbattere contro il muro e rispose al bacio; quando Lambo infilò una mano sotto all'elastico dei suoi pantaloni, si rese conto di essersi dimenticato tutti i motivi per cui aveva pensato di allontanarlo dopo quella missione. Si ritrovò a stringergli le natiche con entrambe le mani, poi una voce chiamò: “Ehi, voi due!” Lambo continuò imperterrito a baciarlo, fin quando una mano non li prese entrambi per una spalla e li costrinse a dividersi.

“Che c'è, siete sordi?” Reborn boccheggiò. Era un agente di polizia.

“Oh... oh mio Dio, noi...” balbettò Lambo, “Non... non è illegale baciarsi qui, no? La prego, mi dica di no, non posso essere schedato per una cosa del genere, oh cazzo, i miei mi ammazzano!”

“Senti, ragazzino, c'è un cadavere a venti metri da qui, ne sai qualcosa?” chiese l'agente. Lambo sgranò gli occhi: “C'è un che cosa?!” chiese.

“Un cadavere.”

“Oh, Madonna.” disse Reborn, comprendendo finalmente il piano di Lambo, “Qualcuno è stato male?”

“Gli hanno sparato.”

“SPARATO?!” sbottò Lambo, poi si sporse come se volesse guardare dietro le spalle dell'agente, che lo prese per una spalla e lo sospinse al suo posto.

“Non c'è niente da guardare, ragazzino. Voi avete notato qualcosa?”

“Noi... no, siamo... ecco, noi siamo qui da poco.”

“Abbiamo sentito lo sparo meno di tre minuti fa.” l'agente strizzò gli occhi e Lambo arrossì fino alla punta delle orecchie, ma quella che per Reborn era una palese ammissione di colpevolezza divenne tutto d'un tratto un colpo di genio. Lambo disse: “Ecco, io... mi sa che ero un po' preso, ecco...”

“Non possiamo vederci molto spesso.” mormorò Reborn, mettendo su una bella espressione contrita, “I suoi genitori sono molto... molto all'antica, e... non ci vedevamo da mesi... sa...” l'agente fece una smorfia, ma più disgustata che scettica.

“Non...” cominciò Lambo, “Non dovrà prendere i nostri dati, vero?” chiese, la voce tremante di un terrore che, Reborn lo sapeva, era del tutto reale, anche se per ben altri motivi.

“Perché sa, alcuni amici di famiglia sono in polizia, e se dovessero scoprire che ero qui con il mio fidanzato... potrebbero dirlo ai miei e... oh, mio Dio, amore, è la volta buona che mi ammazzano!” Lambo si gettò tra le braccia di Reborn e cominciò a sussultare. Il killer lo strinse a sé e rivolse all'agente uno sguardo supplice.

“La prego.” bisbigliò. Un altro agente si avvicinò e chiese: “Testimoni?”

“No, erano troppo impegnati a limonare.” il secondo agente li squadrò e ghignò.

“Non avete proprio sentito niente?” chiese.

“No, niente, lo giuro!” disse Lambo, con la faccia ancora affondata nella felpa di Reborn. La sua voce era stridula e colma di panico, e il primo agente roteò gli occhi. “Antò, questi due non ci serviranno a un cazzo.” disse.

“Lo vedo. Fuori dalle palle, questa zona è una scena del crimine.” il secondo agente pareva scocciato dall'esibizione di Lambo, che era apparso quasi come una caricatura anni Novanta dell'omosessuale medio. Reborn prese il ragazzo per un braccio e lo spinse verso l'auto, poi giunse le mani e rivolse un lieve inchino agli agenti: “Grazie.” disse, gli occhi colmi di lacrime per l'istinto a mettersi a ridere, “Dio vi benedica.” prese Lambo per mano, aprì l'auto con il comando a distanza, non mancò di lanciare un'occhiata di sfuggita al cadavere, come un normale civile morbosamente curioso, poi aprì la portiera del passeggero, spinse dentro Lambo, si chinò e gli diede un bacio a fior di labbra.

Si mise al posto di guida e avviò il motore senza dire una parola. Con un paio di rapide manovre, fece retromarcia e imboccò il sentiero che portava alla trattoria; allo stop svoltò verso la campagna e guidò per qualche minuto. Senza preavviso, a un certo punto girò a destra, senza neanche mettere la freccia, e si infilò in una mulattiera.

Spense il motore, strinse il volante tra le mani e prese un bel respiro. Aprì la bocca come per parlare, ma invece si lasciò sfuggire una risata spontanea.

“Cazzo, Lambo, sembravi Lussuria, stavo morendo!” riuscì a dire.

“Beh, in effetti stavo imitando lui, a un sacco di gente dà fastidio la checca media.” Reborn ululò un'altra risata. Era isterico, se ne rendeva conto, ma non era mai stato tanto vicino ad un arresto, e Lambo con la sua folle idea aveva salvato la situazione in maniera davvero magistrale.

“Porca miseria, dovremmo davvero lasciare tutto e darci alle imitazioni...” disse, col singhiozzo, asciugandosi una lacrimuccia che gli era sfuggita.

“Sì, come no, insieme...” bofonchiò Lambo, “Avanti, adesso non ti vede nessuno, puoi menarmi.”

“Menarti per cosa?” chiese Reborn.

“Per... prima, insomma... ti ho baciato e non ti ho neanche chiesto il permesso.” Reborn si fece serio.

“Innanzitutto, se fosse servito per tirarci fuori dalla merda, avrei accettato anche di farmi rompere una gamba. E poi...” Reborn allungò una mano verso Lambo: “A te è piaciuto?”

“Beh...” disse Lambo, lentamente, “Sì...” ammise, sfiorandogli timidamente le dita con le proprie.

“Anche a me.”

“Reborn, mi piaci da un sacco.” sbottò Lambo.

“Sai, credo che anche tu non mi dispiaccia, in fondo.” confessò Reborn, poi si sporse e lo baciò con dolcezza. Si baciarono a lungo, senza nessun pensiero in mente, poi Reborn si scostò e disse: “Non abbiamo neanche bisogno di smentire con Tsuna.”

“Possiamo continuare a far finta che sia normale?” chiese Lambo.

“In che senso?”

“Nel senso, sì ok, usciamo, non è chissà che roba.”

“Diventerà pazzo.” commentò Reborn, poi ghignò: “Mi piace.”

“Però a I-Pin lo dobbiamo spiegare, insomma, vorrei non farmi squartare adesso che sono felice.”

“A I-Pin lo spieghiamo.” concordò Reborn, poi gli bisbigliò in un orecchio: “Ho tante cosucce in mente da fare, credo che ci vorrà un bel po' di tempo...”

“Beh, per prima cosa...” cominciò Lambo, ma Reborn lo interruppe: “Per prima cosa, andiamo a casa mia. Se mi tengo addosso questa schifezza ancora per troppo tempo, prendo fuoco per davvero.” Lambo rise di cuore. Reborn, mentre avviava il motore, pensò che non aveva mai sentito un suono più bello in tutta la vita.

 
   
 
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