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Autore: Memel    23/08/2021    9 recensioni
Gli amori estivi sono come frutti troppo acerbi o troppo maturi: mai colti al momento giusto.
Ma gli amori che non sbocciano, interrotti prematuramente, a cosa si possono paragonare?
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Akaashi fece scivolare alcuni granelli di sabbia tra le dita, perdendosi nella consistenza ruvida di quelle pietre sbriciolate dal tempo, un pensiero che lo portò a domandarsi se anche lui, i suoi ricordi e i suoi sentimenti, un giorno sarebbero scivolati via così facilmente.
Dalle mani di Bokuto.

[Post Time Skip / BokuAka / Songfic]
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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August_

 

La spiaggia di Yonehara si estendeva placida e lucente, inondata appena dai timidi raggi di un sole pallido e pigro, mentre le poche nuvole rimaste dalla notte precedente sfumavano nelle tonalità pastello dell’alba. 

L’oceano a quell’ora era calmo, uno specchio d’acqua lambito da piccoli spasmi schiumosi che accarezzano la battigia con uno sciabordio lento ma costante.

Un rumore pacifico, quasi impercettibile, disturbato appena dal garrire di alcuni gabbiani mattutini, che già battevano le onde in cerca della loro agognata preda.

Akaashi fece scivolare alcuni granelli di sabbia tra le dita, perdendosi nella consistenza ruvida di quelle pietre sbriciolate dal tempo, un pensiero che lo portò a domandarsi se anche lui, i suoi ricordi e i suoi sentimenti, un giorno sarebbero scivolati via così facilmente.

Dalle mani di Bokuto.

 

Salt air, and the rust on your door
 I never needed anything more
 Whispers of "Are you sure?"
 "Never have I ever before"

 

Non sapeva cosa credeva di trovare in quell’invito scivolato casualmente nella loro ultima conversazione telefonica avvenuta qualche settimana prima.

Eppure, ci aveva comunque sperato.

Aveva ingenuamente sperato che quell’innocua richiesta potesse nascondere uno spiraglio su una realtà che fino a quel momento si era solo concesso di sognare, nella solitudine e nell’intimità delle sue fantasie più nascoste.

“Raggiungimi a Okinawa il prossimo fine settimana!! Il coach ci ha concesso alcuni giorni liberi dopo il ritiro!” la voce di Kotaro gli era arrivata con la stessa intensità di un’onda fragorosa che si abbatte sugli scogli resi aridi da un sole troppo caldo, inondandoli di vita e freschezza

“Sei sicuro? Non sarà un disturbo per te?”

“Non dire sciocchezze! La stanza è grande abbastanza per entrambi e poi hai detto che anche Tenma-san è tornato dai genitori a Miyagi per le vacanze, no? Non vorrai mica startene a Tokyo tutto solo in pieno Agosto?” gli aveva domandato, concludendo le sue parole con una risata tonante che aveva fatto subito sorridere Keiji inconsciamente

Erano passati tanti anni dall’ultima volta che avevano condiviso lo stesso tetto, che avevano dormito a distanza di un respiro l’uno dall’altro.

Eppure i giorni spensierati dei ritiri estivi, della scuola e delle partite del club di pallavolo, sembravano echi di un passato troppo lontano da afferrare, che a volte dubitava persino di aver vissuto davvero.

Bokuto venne a prenderlo in aereoporto sfoderando una camicia dai colori accecanti, e dalla fantasia improbabile, insieme al suo più radioso dei sorrisi.

“Non sei cambiato affatto Akaaashiiii!” urlò festante, sbracciandosi tra la folla di turisti, facendosi subito riconoscere

Keiji cercò di metterlo a fuoco per qualche secondo, inspirando a pieni polmoni l’aria salmastra dell’isola, e cercando di imprimere nella sua memoria ogni tratto del ragazzo che sorrideva a pochi passi da lui: la sua abbronzatura sempre più marcata, i muscoli gonfi e tesi che si intravedevano sotto i vestiti, i capelli inondati di sole e divisi in ciocche selvagge, e infine il suo sorriso, capace di svuotargli la mente come sempre, catturando la sua attenzione con la stessa intensità di quel pomeriggio di tanti anni prima, quando per la prima volta i suoi occhi si erano posati su quel giocatore tanto esuberante ed iperattivo.

 

But I can see us lost in the memory
 August slipped away into a moment in time
 'Cause it was never mine

 

“Sono Akaashi Keiji, vengo dalla scuola media Mori e gioco come alzatore, piacere di conoscervi”

Aveva detto con tono fintamente impassibile, fedele maschera dei tanti tumulti che quel giorno lo avevano scosso senza dargli tregua: l’imbarazzo nel sentire gli occhi dei titolari addosso; la tensione derivata dal memorizzare i nomi dei futuri compagni e dall’essere compiacente ed educato verso il coach e i suoi nuovi senpai; l’ansia di non soddisfare le aspettative che vedeva brillare negli occhi dei ragazzi allineati davanti a lui, che lo scrutavano avidamente, domandandosi incuriositi quale destino le sue mani avrebbero saputo concretizzare nei prossimi tre anni.

Ma tra tutti, l’unico sguardo che aveva sentito davvero bruciare addosso era quello che apparteneva a colui che più di tutti era stato oggetto e causa del suo perenne stato di agitazione.

Bokuto Kotaro, maglia numero 4, schiacciatore e nuovo emergente asso della squadra.

Occhi da gufo magnetici e famelici, incastonati tra due folte sopracciglia costantemente tese e un sorriso allegro ed abbagliante.

Akaashi sentì improvvisamente caldo, un calore simile a quello dei flebili ma tiepidi raggi di un sole inatteso, capace di scaldare anche la più gelida delle giornate.

“Potresti aiutarmi ad allenarmi con le schiacciate solo per un po’?” lo aveva sentito domandare, dopo un primo, ma non ultimo, maldestro tentativo di storpiare il suo cognome

Un po’.

Che grande bugia.

Bokuto Kotaro non conosceva mezze misure. 

Per lui era sempre tutto o niente.

E questo Akaashi lo avrebbe capito presto, nel bene e nel male.

 

And I can see us twisted in bedsheets
 August sipped away like a bottle of wine
 'Cause you were never mine

 

Faceva caldo quella notte, nonostante si trovassero tra le rinomate fresche colline della prefettura di Saitama l’afa di Agosto li aveva sorpresi ugualmente, rendendo gli ultimi giorni dell’annuale ritiro estivo della squadra, ormai agli sgoccioli, insopportabili e tediosi.

Il liceo Shinzen aveva messo a disposizione anche alcune aule nel seminterrato dell’Istituto, considerate le più fresche di tutto l’edificio, dove le ultime squadre rimaste avevano potuto mettere i loro futon e cercare di conquistare il tanto agognato, e meritato, riposo dopo ore di massacranti amichevoli.

Bokuto aveva insistito per dormire nel corridoio vicino alle scale, dove i pallidi barlumi di una tenue luna rischiaravano i gradini di legno consumati dal tempo, protestando per il buio opprimente e le terrificanti storie di fantasmi e strani mostri che Konoha e Komi avevano deciso di raccontargli quella stessa sera a cena.

Akaashi lo aveva seguito senza protestare, accettando senza lamentela alcuna anche il tedioso compito di sorvegliare il sonno del suo capitano, almeno fino a quando non avesse cominciato a ronfare, o meglio russare, sonoramente.

Solo allora avrebbe potuto chiudere gli occhi.

Ma i suoi occhi non sembravano avere alcuna intenzione di staccarsi dal corpo assopito del ragazzo steso a pochi centimetri da lui: seguivano come ipnotizzati il ritmico ondeggiare del petto di Kotaro, poi salivano alle labbra, umide e dischiuse, ai cui angoli brillavano alcune gocce di saliva simili a piccole perle, e poi si perdevano sulle ciocche che ciondolavano mollemente sull’ampia fronte, ancora umide dopo il veloce bagno avvenuto poco prima.

Keiji strizzò le palpebre stanche, sforzandosi di lottare contro il sonno che prepotentemente veniva a reclamare i propri spazi.

Sentiva di star perdendo la sua battaglia con Morfeo, quando improvvisamente un movimento secco e imprevisto di Bokuto lo destò del tutto, catturando nuovamente la sua attenzione.

La sua visuale d’un tratto era cambiata, e davanti ai suoi occhi sonnolenti ora si parava la schiena imponente e tesa che tanto conosceva bene.

Quella stessa schiena che per tanto tempo era stata la sua unica e preferita visuale, il solido muro da cui tante volte aveva scorto la vittoria, ciò a cui spesso si era mentalmente aggrappato nei momenti in cui la sua fidata lucidità e concentrazione erano venute meno.

L’unica ancora che aveva il potere di riportarlo con i piedi per terra quando la sua fervida immaginazione, a tratti paranoia, gli faceva perdere ogni rapporto con la realtà che lo circondava.

La percorse ancora una volta, senza fretta, accarezzandone i contorni e le curvature con lo sguardo, seguendo muscoli e ossa, sentendo il battito accelerare nell’intravedere dei lembi di pelle nuda affiorare dal tessuto stropicciato e sudato del pigiama.

Avrebbe potuto allungare una mano, anche un dito soltanto, e sentire sotto i suoi polpastrelli il costante calore che emanava.

Avrebbe voluto tuffarvisi, conoscerne l’odore, il sapore.

Ma i centimetri che li separavano gli apparivano insormontabili, voragini che era certo lo avrebbero inghiottito, lui e suoi stupidi sogni, le sue timide speranze.

Ed improvvisamente ebbe freddo.

Un gelo mai conosciuto lo avvolse: quello che accompagna la consapevolezza di chi sa di aver perso in partenza, di chi capisce che il sogno rimarrà sempre sogno, di chi si scontra con la realtà e con le dure verità che essa porta con sé.

Quel muro che prima sembrava essere stato fatto per proteggerlo, per essere scalato ed avvicinarlo così ad una bellissima fantasia, ora gli appare come una prigione da cui lui può solo ammirarne la vista da lontano, senza alcuna possibile di raggiungerla.

Chiuse gli occhi, cedendo finalmente al sonno che gli solleticava la mente sempre più stanca, sperando che almeno Morfeo possa regalargli ciò che la realtà gli ha ormai crudelmente strappato.

Pregando che il calore che tanto brama lo attenda nei suoi sogni, insieme a sapori e odori che mai conoscerà.

 

Your back beneath the sun
 Wishin' I could write my name on it
 Will you call when you're back at school?
 I remember thinkin' I had you

 

Una palla da beach-volley dall’aria consumata rotolò ai suoi piedi, facendogli alzare lo sguardo dal volume che stava sfogliando.

“Dai Akaaaashiii, alzami la palla! O hai forse dimenticato come si fa?” lo stuzzicò Kotaro, mentre si immergeva passo dopo passo nelle acque cristalline della baia, dandogli improvvisamente le spalle prima di tuffarsi completamente e scomparire per qualche istante dalla sua visuale.

Giusto il tempo che servì a Keiji per posare la sua lettura, sfilarsi gli occhiali, raccogliere la palla e andargli incontro.

Si lasciò lambire le caviglie dalla acqua fresca, sospirando per quella sensazione piacevole, mentre con lo sguardo si mise a cercare il punto in cui avrebbe fatto capolino la zazzera argentea e lucente di Bokuto.

Dopo pochi istanti lo vide riemergere tra mille schizzi, la testa reclinata all’indietro nel tentativo di riprendere fiato e la schiena quasi già asciutta per il sole rovente, sulla cui carne tesa brillavano lacrime salate e pennellate di sabbia.

Prese un respiro profondo, inghiottendo l’ennesimo boccone di panico, e si sforzò di chiamarlo, sentendo in bocca un retrogusto amaro che conosceva molto bene, e che sembrò quasi dimenticarsi quando finalmente intravide gli occhi limpidi di Kotaro incastrarsi nei suoi per alcuni bellissimi e interminabili attimi.

Una volta catturata la sua attenzione, Keiji strinse a sé la palla, accarezzandola sovrappensiero, assaporandone la ruvidità, prendendo tempo per gustarsi quel momento solo suo, ripetendo gesti e movimenti un tempo meccanici e automatici e ora quasi dimenticati, ma che per tanti anni erano stati la sua quotidianità.

Il suo mondo.

Trattenne il respiro, saggiando l’aria, e poi con un pigro ma deciso slancio alzò la palla, spazzando via ogni indecisione dai muscoli quasi arrugginiti, liberando quella forza che aveva quasi dimenticato di possedere.

Poi ritornò in acqua tra mille schizzi, rimanendo per qualche istante accecato dal bagliore del sole di fronte a lui: non quello alle sue spalle, che gli solleticava la schiena e gli pizzicava la nuca, no, ma il sole che vide librarsi davanti ai suoi occhi come un lampo accecante, un corpo plasmato dall’esperienza, maturo, istillato di talento e fuoco, che brillava di luce propria. 

L’unico in grado di scaldarlo davvero.

L’unico a cui vorrebbe avvicinarsi fino a bruciarsi del tutto.

 

Back when we were still changin' for the better
 Wanting was enough
 For me, it was enough
 To live for the hope of it all
 Cancel plans just in case you'd call
 

Quella notte Akaashi proprio non riesce a prendere sonno.

Non fa che fissare il soffitto chiaro, quasi perlaceo, poi la finestra, aperta sull’oceano.

Tutto pur di evitare di lasciar cadere lo sguardo sulla persona che dall’altro lato del materasso già dorme: i capelli sparsi sul cuscino come una corona d’argento, il viso adornato da un sorriso abbozzato e un’espressione placida, serena.

Così diversa dalla maschera di sudore e tensione che Keiji cerca di nascondere, di illudersi che non esista.

Conosceva bene l’epilogo a cui quella breve vacanza lo avrebbe inesorabilmente condotto, ma aveva lo stesso osato sperare di sbagliarsi: aveva ingenuamente voluto credere che le cose erano cambiate, che loro erano cambiati.

Sì, effettivamente erano cambiati.

La vita li aveva lentamente trasformati, portandoli giorno dopo giorno, anno dopo anno, su strade differenti, destinate ad allontanarli.

Aveva lottato contro quella nuova realtà, cercando di occupare ogni minuto libero con la sua presenza, anche se virtuale, anche se compressa dentro uno schermo o nascosta in un auricolare.

Ma la verità era che lo aveva perso nel momento stesso in cui aveva messo piede fuori dal campo, il suo mondo.

Perché se Bokuto era il mondo di Akaashi, la pallavolo era il mondo di Bokuto.

Ma a Keiji dopotutto andava bene così: aveva deciso di accontentarsi degli spiragli che Kotaro gli offriva, pendendo dalle sue labbra senza mai protestare, temendo il giorno in cui le sue telefonate e i suoi messaggi sarebbero diventati sempre più radi, fino a scomparire del tutto.

Finalmente si costrinse a voltarsi verso il profilo inghiottito dall’oscurità che riposava al suo fianco russando sonoramente, del tutto inconsapevole dei muti deliri che stavano avendo luogo proprio accanto a lui.

Keiji fissò ancora una volta la schiena che si alzava e abbassava ritmicamente a pochi centimetri da lui, concedendosi di annegare in quella visione per qualche ultimo istante, prima di rifugiarsi nella gabbia dorata e confortevole dei suoi sogni, l’unico mondo in cui sapeva di non poter perdere.

Di non poterlo perdere.

 

'Cause you weren't mine to lose
 You weren't mine to lose, no

But do you remember?
 Back when I was livin' for the hope of it all

For the hope of it all

 

 

Gli amori estivi sono come frutti troppo acerbi o troppo maturi: mai colti al momento giusto.

Ma gli amori che non sbocciano, interrotti prematuramente, a cosa si possono paragonare?

Sono forse i fiori che non sopravvivono all’inverno e muoiono nel freddo e nell’indifferenza?

O sono i frutti nascosti e più impervi, mai destinati ad essere raggiunti da mano alcuna?

Che deperiscono soli, affogando nella loro stessa dolcezza e nel loro stesso, eccessivo, amore, che nessuno mai potrà conoscere e assaggiare.

 

 

 

 

- - -
 
N O T E
 

Succede che scopro Folklore (l’ultimo album di Taylor Swift) e ne rimango folgorata, tanto da volerci scrivere qualcosa. Tra tutte, quella che più mi ha ispirato è la canzone “August”, un mese a cui sono molto legata (e non solo perché cade il mio compleanno lol) perché mi sembra un mese molto intenso e malinconico, dolceamaro, carico di sfumature da analizzare e studiare. E il tema degli amori estivi e degli amori acerbi è qualcosa che da sempre mi affascina. Aggiungiamoci che devo assolutamente mettermi a scrivere più BokuAka ed ecco che la frittata, o meglio la oneshot, è fatta! XD

Allora, non so che pastrocchio è venuto fuori perché ho scritto molto di getto, ma spero che in qualche modo vi sia arrivato il mix di emozioni (e di angst!) che volevo comunicare. Da multishipper penso che Haikyuu sia un terreno molto fertile per esplorare diverse declinazioni e nuance di relazioni e rapporti, e tra questi adoro soprattutto studiare quelli che hanno per protagonista Bokuto. E la BokuAka per me è angst puro, è amore doloroso e mai sbocciato, è malinconia e sentimenti platonici, almeno per me. Mi piace vederla così ma adoro leggerla in tutte le salse ovviamente XD

Bene ora mi taccio che tra un po’ queste note diventano una ff a parte XD

Fatemi sapere cosa ne pensate, anche una critica o i vostri 2 cents sul tema, e mi scuso se la mia scrittura risulta a tratti acerba ma ho ripreso a scrivere dopo anni solo da Gennaio e lavorando il tempo a disposizione è sempre troppo poco, ma sto cercando di impegnarmi per affinare il mio stile.

Ultima cosa, momento réclame: nella mia ff in corso “The Deer & The Owl” tratto molto del rapporto tra Bokuto e Akaashi, non lasciatevi spaventare dalla scritta “OCxCanon”, ho cercato di contestualizzare e incastrare tutto, fidatevi! XD

Grazie e a presto! <3

Mel

   
 
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