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Autore: Fenrir_23    26/08/2021    1 recensioni
Il contesto è volutamente vago, immaginatevi quello che non capite anche se è intuibile.
“ASLAN!”
Eiji vide la sua stessa mano tesa in avanti che cercava di afferrare il vuoto.
“ASLAN!”
Il ragazzo biondo si girò.
Aveva gli occhi verde acqua pieni di lacrime e una macchia rosso vivo sul fianco destro, che si espandeva a vista d’occhio colando sul pavimento. Si voltò, lo sguardo rassegnato, e sparì nel bianco e nel silenzio assoluto accompagnato da una scia rossa di sangue.
“ASLAN!”
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ash Lynx, Eiji Okumura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Eiji passò delicatamente le dita sulla lapide in pietra davanti a lui, osservando con intensità la foto della persona di cui custodiva il ricordo.
“Ash ...”
Il suo sussurrò si disperse in una folata di vento che lo investì impetuosa. C’era molto vento, lì, a Cape Cod, e nemmeno gli alberi fitti che circondavano il piccolo cimitero riuscivano a schermarlo.
“Era davvero il caso di venire qui, Eiji?”
Un ragazzo moro, poco più basso di lui, dal fisico asciutto, gli si affiancò, posandogli una mano sulla spalla.
"Sì ... io ...”
Sing sospirò con rassegnazione.
“E adesso? Questo non ti restituirà ciò che hai perso, è solo un modo per soffrire di più ...”
Dopo quell’affermazione brusca a cui Eiji rispose con un’occhiata persa nel nulla, il cinese addolcì il tono della voce.
“Mi dispiace.”
L’altro si scostò i capelli dalla fronte,  mordendosi le labbra e assottigliando gli occhi, la gola stretta in una morsa. Improvvisamente si sentì strano, poco presente.
Il rombo fortissimo di un tuono lo fece spaventare, eppure nonostante il fragore della pioggia che arrivò con violenza qualche istante dopo, notò che il cielo era ancora limpido e nessuna goccia d’acqua gli bagnava i capelli.
Sing, di fianco a lui, sembrava non essersi accorto di nulla.
Eiji aprì la bocca per chiamarlo, ma non riuscì ad emettere alcun suono: a quel punto tutto prese a roteare, un senso opprimente di angoscia e di perdita lo invase e di colpo fu il silenzio totale.
C’era un lungo corridoio, un corridoio d’ospedale, davanti a lui e un ragazzo biondo, alto, che indossava un camice bianco, vi camminava al centro allontanandosi sempre di più.
“ASLAN!”
Eiji vide la sua stessa mano tesa in avanti che cercava di afferrare il vuoto.
“ASLAN!”
Il ragazzo biondo si girò.
Aveva gli occhi verde acqua pieni di lacrime e una macchia rosso vivo sul fianco destro, che si espandeva a vista d’occhio colando sul pavimento. Si voltò, lo sguardo rassegnato, e sparì nel bianco e nel silenzio assoluto accompagnato da una scia rossa di sangue.
“ASLAN!”
Eiji, di colpo, si rese conto di essere nella camera di casa sua, in Giappone.
Si sentiva strano, come circondato dall’ovatta, ma la sensazione di poco prima non lo aveva abbandonato: sentiva il bisogno di piangere, anche se non ci riusciva.
Di nuovo il rombo di un tuono, molto vicino.
C’era un vento forte che entrava nella stanza, Eiji si alzò dal letto e scostò le tende dell’unica grande finestra al centro del muro che aveva davanti.
Fuori pioveva a dirotto, l’acqua produceva un frastuono assordante. Qualcuno, alle sue spalle, fece scorrere lo Shoji; quando si girò, Eiji lasciò che le lacrime, finalmente, iniziassero a scorrergli lungo le guance, poteva sentirne la sensazione calda sulla pelle.
Ibe, in silenzio, lo fissava con gli occhi colmi di dispiacere.
Un altro tuono, più forte.
 
Eiji aprì gli occhi di scatto.
Presto si rese conto di essersi svegliato da un sogno tremendamente vivido. Si guardò bene intorno, riconoscendo nel buio  i contorni familiari del soggiorno della villetta dov’era ospite da qualche tempo, illuminati dalla luce flebile del televisore lasciato acceso,  a pochi metri da lui. Una gigantesca libreria occupava tutta la parete alla sua sinistra.
Si strinse nelle spalle, quasi infreddolito - indossava una canottiera e dei pantaloncini che ora gli sembravano troppo leggeri - il vento fece sbattere con forza l’unica finestra che era stata dimenticata socchiusa  ... si alzò a chiuderla, poi tornò sul divano ad angolo dove aveva dormito, fissando un punto imprecisato. Ricordò di essere rimasto sveglio a guardare un film poliziesco che però poi l’aveva annoiato.
L’immagine del sogno, di Aslan (ora era solo Aslan) che spariva circondato da quel silenzio assordante, della sua lapide a Cape Cod, tornò a fare capolino nella sua testa come una flash: tutta l’angoscia che gli aveva smosso lo fece scoppiare in un pianto liberatorio, che si sforzò di sopprimere contro le proprie ginocchia.
Il ricordo della paura provata nei lunghi novanta giorni senza nessuna notizia di lui continuava a tormentarlo, nonostante si fossero ritrovati.
Quel giorno, al suo rientro in Giappone, aveva ricevuto una telefonata da Max che gli aveva parlato del tentato assasinio di Ash. Eiji aveva fatto di tutto per tornare a New York il prima possibile, ma al suo arrivo aveva avuto un’amara sorpresa: Ash era scomparso nel nulla. Dopo essersi ripreso quel tanto che bastava, era scappato dall’ospedale senza lasciare alcuna traccia. Per tre mesi nessuno aveva avuto notizie, per tutto quel tempo Eiji aveva brancolato nel buio, prima speranzoso, poi preso da un’angoscia insopportabile, senza sapere nemmeno se la persona che amava così tanto fosse ancora viva. Il resto era un’altra storia.
Il suono sordo di piedi nudi che scendevano lungo la scalinata aperta che portava al piano superiore lo destò dai suoi pensieri.  Quando i passi si fermarono Eiji  non riuscì comunque ad alzare lo sguardo perché  gli venne di nuovo da piangere: si sentiva dannatamente stupido e infantile.
“Eiji cosa fai lì così?” Gli domandò Aslan, con tono di scherno che però celava una punta di sospetto, avvicinandosi a passi veloci. “ Hai paura del temporale? In effetti qui sono molto ...” L’atteggiamento dell’americano cambiò radicalmente quando fu abbastanza  vicino per accorgersi che Eiji stava piangendo.
“... Eiji?”
La sua voce tradì una nota di grande apprensione.
Il ragazzo giapponese sentì il calore del corpo dell’altro che gli si faceva velocemente più vicino; Aslan  gli si era seduto accanto sul divano, la fronte che premeva sulla sua tempia sinistra, un braccio appoggiato al suo ginocchio e il destro che gli circondava le spalle.
“Eiji ... cosa c’è?”
Il giapponese si lasciò scivolare contro il petto nudo dell’altro: avvertì l’odore della pelle sudata che si mischiava a quello dello shampoo usato poche ore prima, formando uno strano miscuglio.
“Solo un sogno assurdo.” Mormorò, sospirando.
“Va tutto bene.”
Il silenzio di Aslan, accompagnato dalla stretta del suo braccio che si rafforzava, fu abbastanza eloquente.
“Ho sognato di una discussione che ho avuto con i miei genitori prima di partire.”
Ritentò il moro. Non voleva dire all’altro la verità su quel sogno che l’aveva fatto tanto agitare, perché sapeva quanto lui si sentisse in colpa a riguardo.
“Sei un pessimo bugiardo.” Commentò Aslan. “Eiji ...” Quando Eiji finalmente alzò un po’ la testa, si trovò ad incrociare gli occhi verde acqua dell’altro - vicinissimi, tanto che quasi gli parve di sentire il solleticare delle ciglia bionde contro le proprie - che lo fissavano con tenerezza unita a una buona dose di decisione. “ ... ho sognato di nuovo che eri morto.” Gli confessò alla fine Eiji, abbassando un po’ la testa. “Poi c’era un lungo corridoio d’ospedale. Tu sanguinavi e io ... non riuscivo a raggiungerti.”
Gli mancò la voce, ma prima che potesse dire o fare altro si sentì afferrare per le spalle e spostare leggermente indietro.
Fuori il vento soffiava fortissimo, fischiando nel passare fra le fessure delle saracinesche abbassate.
Il cuore prese a battergli all’impazzata quando incrociò di nuovo gli occhi dell’altro puntati dritti nei suoi; poteva sentire il suo respiro vicino solleticargli gli zigomi, le labbra e il mento.
“Eiji io ...”
“Lo so.”Rispose prontamente quest’ultimo, aggrappandosi alle sue braccia quando sentì che la mano che gli si era posata dietro il collo, accarezzandolo all’attaccatura dei capelli, lo spingeva in avanti.
L’altra, tremante, gli sfiorò una guancia.
Eiji si limitò a rafforzare la presa dietro i gomiti di Aslan, chiudendo gli occhi, per fargli capire che anche lui desiderava quel contatto. Non era la prima volta che le loro labbra si incontravano in quel modo, ma l’emozione era ancora tanta per entrambi. Poteva percepire l’insicurezza nel respiro irregolare dell’altro, sapeva quanto quel gesto e quelle emozioni potessero essere per lui qualcosa di complesso da gestire e, nonostante l’insicurezza che a sua volta provava,  gli sorrise e ricambiò. Era un bacio lento e umido guidato dall’americano, ma privo di malizia, che continuò con piccoli tocchi sulle guance e poi di nuovo sulle labbra ... Eiji cercò un contatto con le  mani di Aslan e quando lo trovò le strinse con forza mentre lasciava che i loro sentimenti e le parole non dette si esprimessero in quel gesto.
Ti amo,
Anche io,
mi dispiace,
Fa niente,
Voglio stare con te.
Alla fine scivolò di nuovo contro il petto di lui, rimanendo ad ascoltare i battiti del suo cuore e avvertendo una pace che venne interrotta solo da un altro tuono molto forte.
“Se non hanno dato l’allerta meteo non c’è da preoccuparsi.”Mormorò Aslan, la voce calmissima, guardando verso le saracinesche abbassate dell’ampia portafinestra dal cui terrazzo, di solito, si vedeva il mare.
Eiji annuì leggermente, ormai completamente abbandonato contro il corpo dell’americano.
“Non hai freddo così?” Domandò. L’altro aveva addosso solo un paio di pantaloncini.
“Stanotte non fa caldo...”
“Siamo in uno dei paesi più caldi al mondo.” Affermò Aslan, con voce contrariata.”E tu mi sei addosso come una coperta, come faccio ad avere freddo?”
Eiji mise su un finto broncio.
“L’aria condizionata è troppo alta.” Borbottò, lamentoso.
“Principessina.”Lo continuò a schernire il biondo.
“Stronzo di un americano.”
Entrambi si abbandonarono ad una risata divertita, poi Aslan si fece di nuovo serio e tornò a cercare lo sguardo di Eiji, che si era tirato a sedere. Il giapponese notò il suo imbarazzo - a dispetto di tutto il suo carattere, Aslan era impacciato quando doveva esprimergli affetto a parole - ma evitò di farglielo capire perché sapeva che altrimenti si sarebbe perso tutto quello che lui stava per dirgli.
Lo vide aggrottare le sopracciglia e socchiudere gli occhi, afferrargli il viso con entrambe le mani e far cozzare le loro fronti.
“Te lo ripeterò tutte le volte che serve, Eiji.”
La voce di Aslan vibrò in quel momento. “ Voglio stare dalla tua parte ... per sempre.”
 
   
 
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