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Autore: BlueBell9    02/09/2021    3 recensioni
Vale davvero la pena mettere tutto in discussione per un'unica persona?
È un dubbio che ti pungola la coscienza di notte, che ti impedisce di dormire e che non riesci mai a zittire.
Ti allontani da lui per riprendere fiato, gli occhi incollati al suo viso. Il verde che divampa in quelle iridi ricambia il tuo sguardo, vivo e incantevole, provocandoti quasi una sorta di bruciore sotto pelle. È quella sensazione che provi da sempre in sua presenza, quel lieve calore che ti scalda il cuore e che te lo fa tremare quando ti rendi conto che una singola persona è capace di farti stare così bene, senza bisogno di camuffare la tua natura o nascondergli i tuoi difetti.
Non è necessario imbrigliare il tuo carattere e importi un comportamento degno della società Purosangue nella quale entrambi siete cresciuti, che tanto inorridisce davanti a quei sentimenti ritenuti inutili quanto dannosi. Evan ti accetta per quello che sei, senza riserve o giudizi, con quel sorriso che gli piega appena le labbra e quegli occhi che sono quanto di più dolce tu abbia mai visto.

[Dorcas/Evan, Emmeline/Evan]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dorcas Meadowes, Emmeline Vance, Evan Rosier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Questione di prospettiva







Dormitorio di Serpeverde, inverno 1976

«A cosa pensi?»
«Ti interessa?»
«Lo trovi così strano?»
Lui, che dal soffitto del letto a baldacchino ha orientato le iridi sul tuo volto, ti fissa indecifrabile.
Non puoi fare a meno di sorridergli, cercando di fare del tuo meglio per mostrarti disinvolta. Non ti senti a disagio perché siete entrambi nudi, sdraiati sul tuo letto, né perché il torpore dell'amplesso sta lentamente svanendo lasciando spazio a un silenzio scomodo.
Il sesso non ti imbarazza, è una pulsione naturale che trovi del tutto legittima e che detesti sentire etichettata come un tabù.
Quello che davvero ti imbarazza – e ti affascina allo stesso tempo – è il modo in cui lui ti affronta: diretto, fissandoti negli occhi e senza alcuna ombra di esitazione. È qualcosa a cui non sei abituata: ai ragazzi non piace scontrarsi con tanta sicurezza. Li intimorisce, come il tuo cognome del resto.
Rosier, invece, non solo non sembra infastidito dal tuo modo di fare, anzi, pare quasi apprezzare tanta schiettezza. Da quando hai iniziato a parlarci – tua madre ti ha inviato dozzine di gufi, esasperandoti ad allacciare i rapporti con quello che molto probabilmente sarà il tuo promesso –, lo hai visto più di una volta inclinare le labbra in quel sorriso appena accennato e invitante.
Evan, ti costringi a correggere mentalmente, non Rosier.
È un nome dolce, quasi poetico, sebbene in lui non ci sia traccia né di dolcezza né di poesia. Ti sembra invece di scorgere una certa freddezza e tragedia in quelle iridi verdi così inespugnabili.
«Più che altro mi chiedo il perché» riprende lui, apatico, strappandoti da quelle riflessioni e pretendendo attenzione.
Ecco, se proprio devi trovargli un difetto, non ti piace il modo in cui svicola dalle tue domande. Sembra, in un certo senso, fuggire da te.
Scrolli le spalle, flemmatica, puntando un gomito sul materasso per sorreggerti la testa con una mano.
«Potrei volerti conoscere meglio» rispondi ragionevole, sentendoti un po' esposta. Non perché il lenzuolo che ti copre il seno è scivolato in basso, mostrando centimetri della tua pelle. Ha già visto tutto quello che c'era da vedere nel momento in cui avete ceduto alla passione, togliendovi con impazienza i vestiti di dosso. «In fondo siamo quasi fidanzati» aggiungi, giusto per dare più legittimità alla tua proposta.
«Già» commenta lui, incolore. «Che cosa vuoi sapere?» chiede disponibile, anche se gli occhi sono guardinghi.
È folle essere compiaciute per così poco, vero?
«Qualcosa di personale?» azzardi sfacciata.
Evan inarca un sopracciglio, appena sorpreso.
«Tipo?»
«Non lo so. Qualcosa che non hai mai detto a nessuno» proponi audace.
«Non credi di essere troppo pretenziosa?» ridacchia lui, quasi beffardo. «Nemmeno ci conosciamo» sottolinea logico.
«Appunto» ribatti all'istante, sentendo anche un genuino senso di irritazione. «Tu non ci stai nemmeno provando a far funzionare questo fidanzamento» lo accusi, non riuscendo a camuffare del tutto l'amarezza.
Evan ti rivolge un'occhiata ironica.
«Punta più in basso con le tue domande, Meadowes, e potrei anche accontentarti» afferma leggero, piegando le labbra in un sorriso lieve.
«Dorcas» lo correggi all'istante. «Almeno potresti iniziare a chiamarmi per nome» affermi indispettita.
«Dorcas» concede, continuando a guardarti. Non aggiunge altro e questo ti fa supporre che non sia interessato ad approfondire il vostro rapporto. Con un guizzo di fastidio, realizzi che finora si è esposto solo sul versante fisico – e grazie tante, quanto ci vuole a spogliarsi per fare sesso con una persona? – ma non ti hai mai fatto intuire niente quello che gli passa nella testa. «Mi piace il tedesco» rivela poi, facendoti sgranare gli occhi per la sorpresa. «Ho iniziato a studiarlo da bambino e non ho mai smesso» termina sovrappensiero, incurante del tuo sbigottimento.
Ti avvicini a lui, il volto illuminato da un sorriso trionfante, e gli sfiori il torace in una lenta carezza. Evan calamita immediatamente gli occhi a seguire quelle dita che gli toccano la pelle, lente e leggere, ma non ti dice di smettere. Sembra quasi gradire.
«Ti ho visto qualche volta in Sala Comune leggere dei libri dai titoli stranieri» ricordi soprappensiero, rammentandoti anche che hai giusto prestato un grammo di attenzione a quello che aveva tra le mani perché i tuoi occhi erano quasi completamente rivolta al suo viso, corrucciato in un'espressione concentrata.
«Ti sei mai innamorato?» quella curiosità ti scivola fuori dalle labbra ancor prima che tu possa solo pensare di fermarla.
Evan ti fissa stranito, la fronte aggrottata.
«Perché questa domanda?» chiede con un guizzo di sorpresa nelle iridi chiare.
«Così» minimizzi, ignorando l'agitazione che ti sconquassa le membra in attesa della risposta. «È troppo pretenziosa?» ironizzi giocosa, buttandola sullo scherzo e utilizzando esattamente lo stesso termine che lui ha pronunciato qualche attimo fa.
Lo vedi trincerarsi dietro un silenzio oscuro, interrompendo il contatto visivo e spezzando quel clima sereno.
«Una volta» mormora e anche se usa un tono talmente basso da essere a malapena udibile, ti sembra che quelle due parole risuonano nel Dormitorio Femminile con la forza di un Bombarda.
Ingoi il vuoto insieme alla delusione che senti chiuderti la gola.
«E perché non ha funzionato con quella ragazza?» insisti, cercando di zittire quel grumo di sentimenti – possibile che sia fastidio? – che inizia a pungolarti il petto.
Non sai nemmeno perché vuoi saperlo, né perché provi una sorta di gelosia feroce all'idea che possa esserci un'altra. Evan non ha mai prestato particolare attenzione a nessuna, constati mentalmente e una piccola parte di te era soddisfatta di questo.
Non hai nemmeno preso in considerazione la possibilità che ci possa essere una rivale.
«Chi ti dice che era una ragazza?» rilancia lui serio. Al silenzio allibito che segue, rilassa il viso in un sorriso divertito. «Sto scherzando, Dorcas, per tua fortuna non sono attratto anche dagli uomini» afferma tenue, mettendosi seduto al bordo del letto, recuperando la bacchetta che aveva appoggiato sul comodino e dandoti le spalle.
Ti stampi sul volto un sorriso di circostanza, avvicinandoti a lui e sfiorandogli una spalla con un bacio.
«Non sapevo riuscissi ad essere anche ironico» commenti forzata, la voce che è alterata in un suono quasi stridulo. «Sei una continua sorpresa, liebchen» aggiungi, dando sfoggio a quel poco che sai del tedesco.
Lui si volta di scatto, bloccandoti quella mano con cui gli stavi vezzeggiando la pelle dell'avambraccio in una presa ferrea. Vedi il suo volto rigido, gli occhi verdi che mandano lampi e che ti trafiggono con una collera così insopportabile che quasi ti lascia senza fiato.
«Non chiamarmi mai più così» sibila brutale.
Sbatti le palpebre, attonita da quel cambio repentino di umore.
«Perché ti sei arrabbiato?» chiedi confusa, corrugando le sopracciglia con stizza quando lo osservi ignorarti e alzarsi dal letto per rivestirsi. Serri la mascella, oltraggiata da quella mancanza di rispetto. «Evan, se pensi che tollererò che-»
«Che cosa?» ti fredda lui, tornando a guardarti e bloccandosi dall'allacciare la cintura dei pantaloni. «Che me ne vada dopo che abbiamo scopato?» continua con una rabbia che riesci comunque a percepire nonostante faccia di tutto per controllarla. «Mi dispiace deluderti, Meadowes, ma non ho nessuna intenzione di prendere ordini da te. Se ci tieni tanto ad avere un cane, esci con uno di quelli che sei solita portarti a letto» consiglia inesorabile, inarcando le sopracciglia e storcendo il viso in una smorfia di disgusto.
Fai davvero fatica a contenerti e a ignorare la tentazione di alzarti e schiaffeggiarlo.
«Quando fai così sembri davvero un bastardo» ribatti subito, gelida.
«Mi è stato detto» commenta Evan, piatto, indifferente al fastidio e alla delusione che legge sul tuo volto. «Ma del parere degli altri me ne frega poco» afferma superiore.
«Anche del suo?» replichi sferzante, aprendo bocca con il solo scopo di ferirlo. «Di quella ragazza?»
Lui rimane in silenzio, accusando il colpo.
«Deve essere orribile» commenta poi, con quel sorriso crudele studiato apposta per ferire. «Saper di poter manovrare tutti i ragazzi che vuoi tranne quello che sposerai. È questo che ti infastidisce, vero Meadowes?»
Non dici nulla, ti limiti solo a girare la testa per scappare da quello sguardo.
Il problema con lui, elabori svelta, è che permette di vedere solo una piccola parte di sé. Appena qualcuno cerca di andare oltre quell'armatura di noia, gelo e impenetrabilità che lui sfoggia con tanta testardaggine, viene brutalmente respinto.
Come ha appena fatto con te.
Rosier non vuole essere compreso, non gli importa nulla di quello che il mondo pensa di lui. Lo lascia indifferente.
E questo significa che per lui sei un volto tra i tanti.
Trattieni a stento le lacrime che minacciano di sfuggirti quando senti la porta del Dormitorio chiudersi. Non piangerai per lui.
Evan – Rosier – non ne vale la pena.





Dormitorio di Serpeverde, inverno 1977

«Evan, no
Nemmeno ti ascolta, continuando a baciarti quel punto del collo che sa provocarti il solletico.
«Quanto sei scemo!» esclami tra le risate, afferrandolo per le spalle con l'intenzione di spingerlo via.
Non lo smuovi di un centimetro e rimani sorpresa quando lui si blocca, alzando il viso dal tuo collo e puntandoti quelle iridi verdi dritte addosso. Ha l'ombra di un sorriso sulle labbra e un'espressione così serena che, per un attimo, rimani incantata.
«Dillo di nuovo» mormora sommesso.
Sgrani gli occhi scuri, perplessa.
«Cosa, che sei scemo?» domandi scherzosa.
«No, quello che hai detto prima» ribatte lui, tranquillo. «Trovo eccitante quando tenti di comandarmi» ammette affascinato, con quello sorriso che diventa completo.
Ti scappa da ridere di cuore mentre scuoti la testa.
«Come se ci riuscissi davvero» osservi realista. «Tu fai solo quello che vuoi» rinfacci poi, appena contrariata.
«Non direi» replica Evan, all'istante, con un tono così basso e vibrante da provocarti una serie di brividi e un nodo allo stomaco. «Mi pare di averti accontentata quando avevo la testa tra le tue gambe e mi supplicavi di continuare» insinua sfacciato, facendoti arrossire.
Dopo esserti ripresa dalla shock iniziale, cerchi di tirargli uno schiaffo sul capo.
«Sei davvero scemo» esclami, fingendoti sdegnosa e cercando di liberare senza davvero provarci i polsi che lui ha stretto in una mossa salda. «Lasciami!» pretendi divincolandoti.
Evan ti lancia un'occhiata che sottolinea quanto abbia capito la tua farsa.
«Se vuoi davvero dare un ordine, dovresti farlo senza ridere» suggerisce leggero. «Più fermezza, Emme» ti sprona giocoso.
Prendi un profondo respiro, irrigidendo i lineamenti e stampandoti addosso un'espressione determinata.
«Basta» comandi imperiosa, fissandolo sconvolta quando lui non accenna a prestarti ascolto. Anzi, inizia a baciarti la mascella. Hai quasi la tentazione di chiudere gli occhi e di cedere alle sue premure ma l'orgoglio ti impone di mantenere la tua posizione. Fa davvero uno sforzo enorme per evitare di essere distratta da quelle labbra che, leggere e ammalianti, hanno cominciato a scendere, lambendoti la gola. «Hai dett-»
«Ti ho solo suggerito come imporre un ordine» ti interrompe delicato, intuendo già dove andrai a parare. Stacca a malapena le labbra della tua pelle, mormorandoti contro quelle parole. Non lo puoi vedere ma sei sicura che sta sorridendo nel saperti in pugno. «Non ho mai detto che poi avrei ubbidito» ti ricorda sagace, allontanandosi quanto basta per guardarti in volto con un sorriso che sa di trionfo.
Decidi quindi di giocare d'astuzia. Porti una mano dietro al suo collo per tirarlo verso di te, contro la tua bocca. Lui ti asseconda docile, liberandoti i polsi per appoggiarsi meglio sulle braccia così da evitare di pesarti addosso. Per dare maggiore credibilità alla tua strategia, continui a baciarlo con passione e infili una mano tra i suoi capelli castani, un gesto che sai adora.
Evan ricambia, lambendoti le labbra con la punta della lingua prima di incontrare la tua. E, anche se sei estremamente consapevole che è ben lontano dall'aver abbassato la guardia, continui a fingerti schiava del desiderio.
Che poi, ad essere oneste, non si tratta affatto di finzione: sei realmente attratta da lui e non ne hai mai abbastanza.
Evan è una droga che crea dipendenza.
È nel momento in cui lo senti muoversi sopra di te, cambiare posizione in una più precaria ma che gli permettere di sfiorarti il profilo del seno, che recuperi la lucidità. Senza perderti in troppi pensieri, con un movimento repentino lo spingi via di lato, costringendolo ad appoggiare la schiena sul materasso e sovrastandolo con un sorriso vittorioso che ti illumina il viso.
«Oppure, invece che parlare, potrei passare direttamente all'azione» affermi audace, ignorando il rossore che senti scottarti le guance. Seduta sopra il suo bacino, con il lenzuolo che è scivolato via e espone tutta la tua nudità, ti senti andare a fuoco per l'imbarazzo.
Nonostante non sia la prima volta che finite a letto insieme, c'è ancora quel tremore che ti scuote le membra e che ti obbliga a provare un moto di vergogna.
E gli occhi verdi di lui, diventati improvvisamente torbidi, non ti aiutano a rallentare il battito cardiaco. Ti scivolano addosso come lava bollente sulla pelle, facendoti alzare ancor di più la temperatura corporea.
«Mi piace il tuo modo di pensare» approva carezzevole, appoggiando le sue mani sulle tue anche. «E poi» continua, riprendendo a sorridere e facendoti maledire quell'idea che giudicavi tanto geniale. «Da questa prospettiva sei una visione, liebchen» mormora roco.
Abbassi le palpebre e nemmeno ti accorgi di smettere di sorridere quando un pensiero cupo ti affiora alla mente.
«Che c'è?» domanda Evan, accigliandosi, vedendo le tue labbra piegarsi in una smorfia amareggiata.
«Niente» rispondi, cercando di scacciare via le nuvole che si sono abbattute ad oscurare quello spiraglio di sole che vi siete ritagliati, approfittando di un'uscita ad Hogsmeade che ha allontanato dal Castello gran parte degli studenti. «È che non pensavo di poter essere così felice» spieghi schietta.
Non speravo di ritrovarti, vorresti aggiungere ma sai che non è necessario. I tuoi occhi parlano per te e, anche se non vorresti, per un istante – maledetto, unico istante – saettano verso il suo avambraccio sinistro, dove sai che cosa è celato dietro quell'incantesimo che gli rende la pelle candida.
Lui corruga la fronte, intercettando il tuo sguardo. Rimane un attimo in silenzio, illeggibile, prima di sospirare e portarsi seduto, facendo forza sulle braccia. Indietreggi leggermente, una mano di nuovo sul tuo fianco ti impedisce ulteriore fuga.
«Andrà tutto bene» assicura determinato, fissandoti dritto negli occhi e sistemandoti una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.
«Come può andar bene?» replichi afflitta, in un sussurro, scuotendo il capo. «C'è una guerra» sottolinei e, per un attimo, la prospettiva che fra meno di un anno sarete fuori dalle mura protettive di Howgarts, catapultati in mezzo agli scontri tra i seguaci del Signore Oscuro e gli Auror, ti stringe la gola.
«Sono addestrato» ribatte Evan, pratico. «Sopravviverò» promette rassicurante.
Non scomparirò di nuovo, sembra dirti guardandoti in faccia senza alcuna esitazione ma tu sai che, in un clima incerto come quello in cui vivete, non si è nemmeno sicuri di arrivare al giorno dopo, figurarsi sperare di arrivare vivi al termine del conflitto.
Sempre che ci sia, una fine. Ti sembra di vivere da così tanto tempo in guerra – contro i Mangiamorte, persino contro te stessa quando si tratta di lui – da non ricordarti nemmeno che cosa significhi la pace.
«Lo so» bisbigli fioca, inumidendoti le labbra e azzardando ad alzare lo sguardo su di lui. «Però le perdite sono inevitabili, specie se...»
«Stai dalla parte sbagliata?» ti interrompe, asciutto.
Ha inarca un sopracciglio con quell'aria di sfida che ti ha sempre irritata a morte.
«Non volevo dire questo!» ti difendi piccata, aggrottando la fronte. «Specie se combatti in prima linea» precisi con forza. «Ti conosco: preferiresti morire piuttosto che fuggire» affermi sicura, la voce che tradisce una chiara nota di disapprovazione.
Evan ti fissa un solo istante, analitico.
«La fuga è la soluzione dei deboli» sentenzia sprezzante.
«O dei furbi» ribatti subito, impetuosa. «A volte detesto la tua testardaggine» confessi amareggiata.
«Non dovresti criticarla tanto» replica lui, più calmo, la fronte che cancella quelle pieghe che l'avevano increspata. «È lei che ci ha riuniti» ti ricorda ironico, accennando un sorriso.
Ti accarezza la guancia, lentamente, facendo scivolare poi la sua mano fino al tuo collo. Inclina il capo, incatenando lo sguardo ai tuoi occhi e sorridendoti mite.
Quando fa così, davvero non riesci a evitare di sentire una stretta al cuore. Vederlo così sereno, senza quella maschera di apatia e distanza che si è cucito addosso negli anni, ti riporta alla mente il bambino con cui sei cresciuta, quello che hai imparato ad amare e conoscere.
«Lasciamoci le preoccupazioni a domani, vuoi?» soffia contro le tue labbra, prima di tornare a baciarti.
Con una punta di lucidità, mentre lui ti trascina con sé sul letto per ripiombare in quel vortice di passione, ti chiedi se valga davvero la pena quello che stai facendo. Se mettere in crisi i tuoi ideali e la tua morale pur di averlo di nuovo al tuo fianco sia sensato e non una follia, come tutti – i tuoi amici, tuo padre, tua zia – non fanno altro che ripeterti.
Vale davvero la pena mettere tutto in discussione per un'unica persona?
È un dubbio che ti pungola la coscienza di notte, che ti impedisce di dormire e che non riesci mai a zittire.
Ti allontani da lui per riprendere fiato, gli occhi incollati al suo viso. Il verde che divampa in quelle iridi ricambia il tuo sguardo, vivo e incantevole, provocandoti quasi una sorta di bruciore sotto pelle. È quella sensazione che provi da sempre in sua presenza, quel lieve calore che ti scalda il cuore e che te lo fa tremare quando ti rendi conto che una singola persona è capace di farti stare così bene, senza bisogno di camuffare la tua natura o nascondergli i tuoi difetti.
Non è necessario imbrigliare il tuo carattere e importi un comportamento degno della società Purosangue nella quale entrambi siete cresciuti, che tanto inorridisce davanti a quei sentimenti ritenuti inutili quanto dannosi. Evan ti accetta per quello che sei, senza riserve o giudizi, con quel sorriso che gli piega appena le labbra e quegli occhi che sono quanto di più dolce tu abbia mai visto.
Gli accarezzi il viso, incantata, e dentro di te sai di avere una risposta a quella domanda.
Sì, Evan ne vale la pena.
Ne vale dannatamente la pena.






"Il cuore puoi legarlo, farlo tacere,
bendarlo, ma quando trema c'è poco da fare.
"
Tourgiarov













Questa storia è nata dall'iniziativa di Gaia Bessie Un personaggio per tutte le stagioni, sul gruppo Facebook Apri le Challenge, chiudi le Challenge. Avevo proposto Evan e mi sono uscite le combinazioni Evan/OC (dove ho utilizzato Emmeline, che non è un mio OC ma Gaia mi ha gentilmente concesso di usarla ugualmente) e Evan/Dorcas.
(In realtà sono uscite altre due combinazioni ma tutte faremo finta che quel Evan/Piton sia un'allucinazione collettiva. O almeno, io lo farò)
La citazione di Tourgiarov è stato il prompt che mi ha ispirato, tanto che ho potuto fare a meno di utilizzarla all'interno della storia (quel lieve calore che ti scalda il cuore e che te lo fa tremare”).
È la prima volta che scrivo qualcosa in seconda persona e devo dire che è stato un esperimento straniante, anche se ha richiesto una revisione e una riflessione più approfondita del solito (leggasi: ho lasciato questa storia nella sua cartella per circa due mesi prima di decidermi sul da farsi).
Vorrei ringraziare di cuore Paige che non solo mi ha fatto il piacere di leggere in anteprima ma mi ha anche spronata a pubblicare. Grazie davvero, tesoro <3
Alla prossima,
Blue






   
 
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