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Autore: D a k o t a    03/09/2021    2 recensioni
[Timestamp di "Zihuatanejo (Every man has his Shawshank)" - ambientata più o meno sette anni dopo]
In cui è il compleanno di Sam, e Dean questa volta proprio non può non festeggiarlo.
"Sam sa perfettamente che la responsabilità di quanto è successo è solo sua e che non può (almeno questa volta!) essere sicuro che si tratti di suo fratello, ma il ghigno che ha sotto i baffi al telefono, il suo ghigno, gli fa venire voglia di catapultarsi al piano di sotto e rompergli il naso con un pugno ben assestato.
Esala un grugnito frustrato, passandosi le mani fra i capelli, mentre Dean dall’altro capo del telefono non può che compiacersi ancora di più.
“Oh, andiamo, Sammy.” comincia, approfittandone per rincarare la dose. “Non ho idea di dove sia il ragazzino, okay? Eileen non può davvero lasciarti un momento da solo, fratellino” "
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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NDA: Praticamente nulla di questa storia è comprensibile senza aver letto Zihuatanejo , si tratta di un time stamp ambientato più o meno sette anni dopo quella storia. 


La versione di Dean

 

Sam sa perfettamente che la responsabilità di quanto è successo è solo sua e che non può (almeno questa volta!) essere sicuro che si tratti di suo fratello, ma il ghigno che ha sotto i baffi al telefono, il suo ghigno, gli fa venire voglia di catapultarsi al piano di sotto e rompergli il naso con un pugno ben assestato.

Esala un grugnito frustrato, passandosi le mani fra i capelli, mentre Dean dall’altro capo del telefono non può che compiacersi ancora di più.

“Oh, andiamo, Sammy.” comincia, approfittandone per rincarare la dose. “Non ho idea di dove sia il ragazzino, okay? Eileen non può davvero lasciarti un momento da solo, fratellino”

Ora, se non fosse che suo fratello impazzisce per suo nipote e che non reagirebbe mai così se non sapesse davvero dove si trovi, Sam avrebbe già fatto scattare – una, due, tre volte - l’Amber alert, ma Dean sembra rilassato, sembra tranquillo e quella sua calma non può che rasserenarlo e fargli capire che, qualsiasi diavoleria abbia in mente suo fratello, il bambino è al sicuro.

Ne ha la certezza quando riconosce la voce di suo figlio, seguita da un deciso “Ragazzino, chiudi il becco o ci farai beccare entrambi”.

Sam scuote la testa e si lascia andare ad uno sbuffo.

“Dean, sappi che non è divertente. Ti avevo detto niente sorprese” ribatte, prima di avviarsi verso la porta, per raggiungere l’appartamento al piano di sotto.

La risata di suo fratello riempie la linea telefonica, mentre suo figlio cerca di appropriarsi del telefono. A volte lo sorprende il modo in cui Dean, lo stesso Dean che era terrorizzato e fragile nei suoi primi giorni a Hurleyville, sia scivolato in quella nuova vita. A volte lo sorprende ancora il sentirlo ridere al telefono e battibeccare in sottofondo con quel nipotino che porta il suo stesso nome e che ama come il suo respiro.

“Oh, sta’ zitto.” ribatte Dean, scuotendo la testa dall’altro lato del telefono. “Non mi sono sorbito anni di “Dean, perché non posso avere uno stupido compleanno normale?” per non festeggiare adesso, Sammy”

Sam apre la bocca per ribattere, ma quando ci prova non ne esce alcun suono se non uno sbuffo frustrato, mentre il sorriso di Dean dall’altro capo del telefono si allarga ancora un po’ perché ha ragione lui, grazie tante.

 

***

Tutto era iniziato quando Dean gli aveva chiesto cosa volesse fare per il suo compleanno. Quando aveva visto gli occhi di suo fratello maggiore illuminarsi, Sam non aveva potuto fare altro che scuotere il capo.

“Dean, stiamo tutti bene, siamo tutti qui e non sono più un bambino: non ho bisogno di festeggiare il mio compleanno” gli aveva detto.

Ed era la verità: tutto quell’attaccamento e tutto quel desiderio di festeggiarlo non era stato nient’altro che un desiderio di normalità, che si era tradotto nel suo presente nel voler festeggiare sempre i compleanni del suo bambino, nel bere una birra con Dean dopo il lavoro, nell’abbracciare Eileen ogni volta che tornava a casa e nell’ascoltarla parlare del nuovo caso su cui stava lavorando. Nell’essere felice perché sì, sono tutti vivi ed era quanto di meno scontato potesse accadergli – quanto di meglio potesse accadergli.

Dean si era limitato a rabbuiarsi e ad abbassare il capo, mordendosi le labbra, alla ricerca di qualcosa che Sam potesse volere, che potesse desiderare e…

“Oh, non pensarci nemmeno. Non ti cederò l’Impala, fratellino” aveva detto, più con l’intento di fare una battuta che perché Sam fosse realmente interessato alla sua macchina.

Il maggiore dei Winchester si era chinato verso suo fratello, preoccupato del suo silenzio improvviso: Sam non era mai silenzioso, ben che meno quando si trattava di rispondere alle sue battute.

Ma suo fratello aveva rialzato il capo e aveva sorriso, scuotendo leggermente la testa, con i capelli a coprirgli il volto come una cortina di luce, e aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente.

 

***

E, mentre apre la porta di casa di suo fratello, Sam non può pensare che era stata una pessima, pessima idea, ma all’epoca non si era reso conto che sarebbe finita così, con Dean in combutta con suo figlio di sette anni per organizzare chissà cosa. Scuote la testa, quando osserva la collezione di soldatini rovesciata sul tappeto e sente un odore familiare di torta di mele invadere la stanza.

“Direi che il ragazzino non è portato per la disciplina militare, Sammy. Chissà da chi ha preso” osserva Dean guardando i soldatini a terra, appoggiato allo stipite della porta della camera da letto, mentre suo nipote fa cap0lino alle sue spalle.

Il maggiore dei Winchester non può che scompigliargli affettuosamente i capelli quando gli passa davanti, strappandogli un gemito di irritazione ed un broncio che lo rendono più simile all’uomo che ha davanti e che è davvero il suo fratellino. A volte è difficile credere che quel piccolo terremoto che ha sempre fra i piedi sia davvero niente meno che suo nipote.

“Papà, è stata tutta colpa dello zio Dean!”

Sam non può che squadrarli per un istante tutti e due perché suo figlio conosce le regole sull’allontanarsi e Dean...Dean non può fare a meno di rivolgere a suo nipote un sorriso carico di finta indignazione che si traduce ben presto in un buffetto dietro la testa, accompagnato da un “Dannazione, non ti hanno insegnato che non si fa la spia, ragazzino?”, prima che il maggiore dei Winchester decida di punirlo con il solletico e le sue risate trucchino il senso di quella richiesta di aiuto che assomiglia ad un “papà”.

“Dean” non può fare a meno di sbuffare Sam quando il bambino riesce a sfuggire dalle grinfie di Dean e si rifugia fra le sue braccia, sotto lo sguardo divertito di suo fratello.

Mentre suo figlio affonda la testa nel suo addome alla ricerca di un qualcosa che assomigli ad approvazione, Sam non può fare a meno di guardarli tutti e due e scuotere la testa fra l’incredulo e il divertito.

“Lo zio Dean mi ha aiutato a preparare una torta, papà. Sta cuocendo, vieni a vedere!” riprende suo figlio, aggrappandosi ad un lembo della sua maglietta, e Sam sa che dipende tutto da lui: tecnicamente può sgridarlo per essere sgattaiolato così furtivamente al piano di sotto, ma si limita a scuotere la testa perché non può davvero farlo, non davanti all’entusiasmo negli occhi di suo figlio di sette anni che finge un candore che fa a pugni con il ghigno entusiasta che continua a piegargli le labbra.

 

***
 

Se suo nipote glielo avesse chiesto (ma ovviamente il ragazzino non ci aveva nemmeno pensato: si era limitato a sedersi sul divano, ad allungargli le gambe in grembo e ad appoggiare la testa su quello di suo padre, per poi accendere la televisione, incurante ad ogni protesta su come la torta fosse quasi pronta), Dean avrebbe sbuffato rumorosamente prima di dargli il permesso di infilare un DVD dell’ Era glaciale nel lettore, per poi pensare distrattamente a come quell’eventualità – un appartamento fuori New York, un lavoro che lo costringeva ad aggiornarsi sugli ultimi cartoni animati e sugli ultimi videogiochi, un nipotino di sette anni che gli sorrideva sempre – non sarebbe stata neanche possibile, se non fosse stato per l’uomo che aveva al suo fianco. Ma ovviamente Dean – perché sì, quel nipotino dispotico che si ritrovava portava anche il suo nome – sembrava essere diventato sempre più bravo a convincerlo che quella realtà, l’unica realtà possibile per lui, fosse anche la sua da anni ormai – che sono solo vecchi dolori, vecchie cicatrici quelle che lo fanno svegliare in un bagno di sudore la notte.

“Papà, stavo pensando” trilla con voce allegra, distogliendo gli occhi da quella stupida tigre preistorica nel televisore per rivolgersi a Sam. “Non pensi che Diego assomigli un po’ allo zio Dean?”

Dean si limita a fare una smorfia e ad alzare gli occhi al cielo, scuotendo la testa davanti al sorriso che, maledizione, non può che incurvare le labbra di Sam. Ma non può deludere suo nipote, non può dirgli di no, non quando ha quel sorriso e quando solo un mese prima lo aveva costretto a guardare Shrek insieme a Sam e ad Eileen (già immaginava come gli si sarebbero gonfiate le guance, quando a fine film avrebbe esclamato oltraggiato “Preferivi Shrek, zio Dean?”).

 

***

La vita non si è mai trattenuta dal tirare loro il tappeto sotto i piedi, lasciandoli a cercare di recuperare l’equilibrio perché non piombassero a terra, tentando al contempo di non trascinare nient’altro con sé – non i delicati soprammobili che si trovavano sopra il camino di casa di Lisa, non il berretto di Bobby, non quel bunker che per anni avevano chiamato casa -, quindi vedere la macchina di Eileen arrivare nel parcheggio è un sollievo quasi quanto lo è dopo il vederla a fianco a Sam con suo nipote sulle ginocchia, mentre suo fratello è chinato sulla sua torta di compleanno. Dean fa quasi fatica a non immaginare di vedere le sue aspettative deluse di nuovo, a concentrarsi solo sulla voce di suo nipote.

“Papà, devi esprimere un desiderio!” esclama il piccolo di casa Winchester.

Per tutto il breve tempo che dura la pausa di silenzio che segue, Sam ha gli occhi fissi sulle calamite sul frigorifero di casa di Dean, dove sono attaccate le foto che hanno scattato da quando si sono trasferiti a Hurleyville. Ce n’è una di suo figlio, ancora minuscolo, che dorme rannicchiato in posizione fetale, e una di Dean con la sua banda di marmocchi, con cui ride nell’erba alta. E sono tutte splendide, ma la sua preferita è quella che Claire ha scattato al secondo compleanno di Dean; sono tutti e quattro chini sulla torta di compleanno e Sam ricorda che voleva aiutare suo figlio a spegnere le candeline, ma non riusciva neanche a soffiare, tanto era grande il sorriso che gli piegava le labbra.

“Papà, soffia!” lo esorta nuovamente, riportandolo al presente.

Quando finalmente lo asseconda, di fronte al cipiglio ironico di suo fratello e allo sguardo premuroso di Eileen, Sam sorride al compleanno che ha sempre sognato e non pensa a nessuno che non sia lì.

 

***

“Sei sicuro che vada tutto bene?”

Eileen ha lo sguardo vigile su suo cognato e suo figlio che fanno la lotta sul tappeto davanti al televisore, mentre fa quell’osservazione. Un angolo della bocca di Sam non può che piegarsi nell’accenno di un sorriso nel vedere il suo piccolo terremoto ridere di gusto mentre Dean è sopra di lui, intento a fargli il solletico.

“E’ quasi ora di andare a dormire. Va tutto bene laggiù, Dean?” non può fare a meno di chiedere al bambino, anche solo per assecondare Eileen.

Per tutta risposta non riceve altro che un sorriso sdentato, prima che fra le risate il piccolo Dean decida di alzare un pollice in su verso la mamma, per poi controbattere solamente:

“Quale Dean, papà?”

Sam sbuffa appena ed incrocia le braccia sul petto. Dean – suo fratello Dean – non può fare a meno di sentire gli angoli della bocca sollevarsi, osservandolo con la coda nell’occhio fare il broncio come un bambino - “Hai sentito, Sammy? E’ proprio mio nipote! Oh, andiamo, smettila di fare il muso”.

 

 

***

“Ehi, posso camminare da solo, zio Dean!” suo nipote gli sbadiglia contro la spalla, quando lo prende in braccio, e si rannicchia ancora di più contro il suo petto.

Dean non può fare a meno di ridere e scuotere il capo, in un gesto di divertito diniego.

“Piantala e sta’ fermo, terremoto. Andiamo dalla stessa parte” ribatte semplicemente, e il bambino anche con gli occhi chiusi non può che immaginare il sogghigno che gli piega le labbra.

“Domani tu, papà e la mamma mi raccontate cosa è successo dopo che mi sono addormentato” gli ingiunge prima di abbandonarsi di nuovo al sonno, cullato dal lento, inesorabile battito del cuore di Dean.

 

***

Quando si addormenta, nella cameretta di casa di Dean - “Papà, posso dormire qui questa notte?”-, Sam non smette un secondo di guardarlo. La curva della sua nuca, i capelli color cioccolato sulle piccole spalle, e quella ciocca che gli cade disordinata sulla fronte, le mani strette intorno al cuscino; non può che osservarlo e desiderare di fissare quell’immagine a fuoco nella sua retina così da vedere solo lui ogni volta che avesse chiuso gli occhi, di sostituirla a qualsiasi incubo, a quel passato preso di striscio che lo tormenta la notte, che sembra ancora attendere la sua soluzione.

La porta si spalanca e Dean si ferma qualche secondo, prima di sedersi alla piccola scrivania che ha sistemato in camera di suo nipote - “Voglio che abbia i suoi spazi anche a casa mia, Sammy”.

Gli si siede accanto in un automatismo: è come l’ombra di un ricordo, di un passato mai dimenticato, di passaggio.

“Hai intenzione di guardarlo dormire tutta la notte come una sorta di papà orso, Sammy?” gli chiede Dean, in un accenno di solo lieve rimprovero, prima di scuotere lievemente la testa. “Non è la prima volta che si ferma a dormire qui. Dannazione, morirei prima di lasciare che gli succeda qualcosa”

Sam sorride appena – un sorriso di cui non vale la pena parlare – perché il problema a volte è proprio quello: che lo sa. L’essere tutti vivi è un lusso enorme, non può fare a meno di pensarlo ogni mattina, ma è anche un lusso che non concede alcun diritto all’oblio.

“Stavo solo pensando” afferma, scuotendo appena le spalle, prima di prendere coraggio e confessare, abbassando appena la voce. “A volte mi chiedo cosa gli racconterò della nostra famiglia”

Dean non può fare a meno di sorridere e alzare le spalle, nella penombra che avvolge la stanza. Ci sono cose che, all’alba della cinquantina, non mette in discussione. Il loro passato, il provare a costruire qualcosa dopo un’esistenza che ha cercato in tutti i modi di amputare loro i mezzi è una di quelle. Le sue labbra si incrinano in una smorfia di diniego.

“Oh, io so cosa gli racconterò, Sammy” afferma poi, con sicurezza.

Sam inarca un sopracciglio nel voltarsi verso di lui, chiedendosi se suo fratello sia davvero convinto di quello che gli sta dicendo.

“Ah sì? E cosa gli racconterai, Dean?” chiede, sospirando.

La risposta di Dean arriva serena, puntuale e inaspettata come un temporale estivo.

“Gli racconterò che non sono sicuro che tutti gli angeli veglino su di lui perché sono dei fottuti bastardi” afferma, annuendo in maniera convinta davanti allo sguardo incredulo di Sam. “Ma che sono sicuro che almeno uno lo faccia”

Dean si ferma per un attimo, perché ci sono cose su cui non apre bocca e poi c’è la vita di Sam. Quella che ha sempre pensato che gli riguardasse, che dovesse proteggere dal mondo, anche se Sam quel mondo sembrava gestirlo meglio di quanto avesse mai fatto lui.

“E gli racconterò che suo padre ha conosciuto il diavolo in persona, ma nulla lo spaventa di più della possibilità di deluderlo” non può fare a meno di concludere. 

 

 

(Quando Dean gli aveva chiesto cosa volesse fare per il suo compleanno, suo fratello aveva rialzato il capo e aveva sorriso, scuotendo leggermente la testa, con i capelli a coprirgli il volto come una cortina di luce, e aveva detto la prima cosa che gli era venuta in mente.

“Va bene qualsiasi cosa, finché siamo tutti insieme”

Dean l’aveva guardato come se avesse davanti a sé uno specchio deformante che lo riportava all’immagine di suo fratello da bambino, poi un sorriso gli aveva piegato le labbra, tirandogli gli angoli della bocca e facendo spuntare le fossette ai loro lati, per poi distendergli il resto della bocca perché “Oh, dannazione, tu non cambi proprio mai, Sammy”. Sam aveva pensato ad un’obiezione, ma poi si era ritrovato a sorridere con lui e aveva pensato che aveva fatto la scelta giusta.)



NDA. 
Incredibile quanto tempo sia passato dall'ultima volta che ho scritto nello show e incredibile che una OS così cretina abbia avuto una gestazione di mesi e mesi, ancora più incredibile che nel mezzo abbiamo anche saputo che comunque sia Dean lo rivedremo/risentiremo, in qualche veste. Ad ogni modo, Zihuatanejo è una storia che ho amato tanto e al di là della complicata gestazione di questa storia sono felice che sia venuta alla luce in qualche modo. Ci sono tanti spaccati, anche più profondi di Zihuatanejo che mi piacerebbe raccontare, quindi spero di vederci presto!

 

   
 
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