COM’E’
CHE NON
RIESCI PIU’ A VOLARE
Tutto tace attorno
all'uomo. Si ode solo il suo respiro, che va, nell'albeggiare
dell'ennesimo
giorno estivo.
…
Comincia
un nuovo giorno. Un altro
giorno da scontare, un altro giorno uguale a tutti gli altri.
Alzati, esci
di casa, porta fuori
il cane, vai a comprare il giornale, torna a casa, bacia tua moglie e
tuo
figlio, riesci di casa, dirigiti in ufficio ad ascoltare i soliti
clienti
insoddisfatti, esci dall’ufficio alle sei e vai a bere un
bicchierino al bar di
Jò con i colleghi, torna a casa, cena, un po’ di
tv e poi vai a dormire. Routine,
solita noiosa routine.
Sono
vent’anni che vai avanti così,
nessun cambiamento, nessuna botta a scuotere questa monotonia. Per
quanto
ancora sarà così? Hai quarantacinque anni, quindi
alla pensione ne manca ancora
di tempo. Pazienza, devi avere pazienza. In fondo, di cosa ti lamenti?
Hai una
casa, un posto fisso, i soldi non ti mancano, hai un cane fedele, una
moglie
splendida e un figlioletto adorabile. Eppure… eppure
qualcosa ti manca. Se ti
chiedessero “sei felice?” risponderesti con
cipiglio sicuro, “ma certo, non mi
manca niente.” Ma poi forse capiresti che stai solo mentendo
a te stesso. Pensi
sia solo una sciocca sensazione, la eludi, fai finta che non esista,
eppure non
puoi non accorgertene. Il vuoto. A
volte ti senti soffocare, tanto sei oppresso da tutto il vuoto che hai
dentro.
Ci
sono momenti in cui ripensi a
quando eri giovane, ai tuoi sogni, alle tue aspettative e dopo qualche
bicchierino di troppo ci ridi su, raccontandole a chi ti ascolta.
Volevi
cambiare il mondo, volevi essere un eroe, qualcuno che poi sarebbe
stato
ricordato. Ora disprezzi tutto ciò: erano solo idee
sciocche, infantilismi.
Sciocchi infantilismi, sì. L’importante
è convincersene. Però a volte hai dei
rimpianti, cerchi di scacciarli ma loro rimangono, inossidabili, ben
ancorati
alle pareti del tuo cervello. E allora ti viene da piangere, ma un uomo
adulto
non piange per dei ricordi, l’occhio lacrima
perché ci sarà un moscerino che vi
è entrato. L’ennesima scusa rivolta a te stesso,
l’ennesima giustificazione per
un qualcosa che non riesci ad accettare.
Sei
infelice.
La
tua famiglia ti ama, ma non lo
capisce. E non lo capisci nemmeno tu, o forse non vuoi capirlo.
Preferisci
andare avanti per la tua strada stretta e diritta, giorno dopo giorno,
fingendo
che tutto vada bene. Del resto è da venti anni che fai
così, ormai ci sei
abituato, svoltare ora sarebbe solo un rischio.
A volte ti
chiedi se sia tutto qui,
ma poi inevitabilmente decidi di non ti risponderti. Appoggi la testa
sul
cuscino e ti addormenti.
A
volte però, mentre chiudi lo
sportello dell’auto accingendoti ad entrare in casa, ti fermi
un attimo, alzi
gli occhi e guardi il cielo che s’abbruna.
Ed
è in quei momenti che ti chiedi,
com’è che non riesci più a volare.