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Autore: Florelle    01/09/2009    1 recensioni
A volte ci sono piccoli momenti di amicizia che ci fanno toccare la felicità. Rating giallo perchè si parla di omosessualità.
Genere: Generale, Introspettivo, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’autostrada, le macchine che sfrecciano veloci e tu che sbadigli per l’ennesima volta. Non riesci proprio ad entrare in funzione prima di mezzogiorno.
“Non era obbligatorio che tu ti alzassi così presto.” Sussurro, ben sapendo che lo hai fatto volentieri, che non vuoi mancare neppure un momento perchè non sappiamo quando ci rivedremo e sicuramente non sarà fra un mese.
Se mi ci sono voluti tanti anni per decidermi a venire a trovarti, è altamente probabile che mi ci voglia quanto meno un anno per tornare.
“Lo sai, detesto andare a giro quando il giorno si fa caldo come l’inferno. A te si abbassa la pressione e a me prende il mal di testa.” Bofonchia.”Magari ci fermiamo a prendere un altro caffè.”
“Ok. Ma non chiamarlo caffè quella brodaglia lì.” Scherzo, ravviandomi i capelli.
“Ho detto caffè non espresso. Ma come fai ad essere così pignola già alle...sette e mezzo?” mi sbeffeggia, mentre per l’imbarazza prendo a strusciare i palmi delle mani sui pantaloni.
“Perchè sono sveglia da almeno un’ora e sono nata per romperti le scatole.” Affermo.
“Fossi nella tua dolce metà ti ammazzerei.” Mi prende in giro, sa benissimo che anche lei non ama svegliarsi presto.
“Ma io sto sveglia, mica faccio alzare gli altri di solito. E poi ci sono tanti bei modi per far risvegliare dolcemente.” Lo punzecchio. Alza gli occhiali da sole per strusciarsi gli occhi.
“Vuoi che guidi io?” mi propongo, non mi fa paura guidare su strade che non conosco, anzi, mi dà ancora di più il gusto dell’avventura.
“Naaah. Ho già dato prova della mia poca cavalieriazione ieri sera. Quanto sono patetico da ubriaco?”
Cavalieriazione..cavalieriazione... mi sa che questa parola non esiste nel vocabolario, spiacente.” Puntualizzo, aggiustandomi i Ray-Ban sulla punta del naso come fossero occhiali da vista.
“Non fare la stronza professoressina. Sai quello che voglio dire.”
“Bè, per me è un piacere guidare. Sì, anche sulla statale del lungo mare alle quattro del mattino.” Mi riferisco alla tirata della sera prima.
“Rispondi alla mia domanda. Quanto ero patetico?”
“Vuoi una risposta sincera o..”
“Se volessi una risposta non sincera, chiederei alla mia mamma.” Gorgheggia lui.
“Piuttosto patetico. Soprattutto considerando il fatto che lui non ti ha considerato di striscio.” Gli rammento.
David e i suoi amori non corrisposti. Credo che sia il ragazzo più sfortunato che conosca da questo punto di vista. E’ un bel ragazzo, è gentile, carino, affidabile, fors un po’ troppo timido.
Ed è per questo che nessuno sembra volerselo prendere, se non per una notte e via e lui non è mai stato il tipo per queste cose. Adesso c’è questo tizio, che abbiamo conosciuto in un locale una sera, che è italiano come me e gay come lui. E che si è appiccicato a noi come una gomma da masticare, ma a quanto pare non ne vuole sapere di lui.
Lui alza il volume dello stereo a manetta, la musica cresce melanconica e romantica.
“Beata te che sei donna.”
“Non ci sono tutti questi vantaggi.. E c’è un incomodo una volta al mese per tanti tanti anni.”
“Ma voi credete ancora all’amore, al romanticismo, alle rose rosse e alla magia di una serata.” Blatera, anche se sappiamo entrambi che non è proprio così.
Silenzio. David si stanca a parlare di mattina, anzi è stato incredibilmente loquace. Forse è colpa della sbornia di ieri sera. Guardo il paesaggio che cambia, i palazzi che si defilano e restituiscono la vista del mare. La luce è già fin troppo abbagliante. Qua è la qualche duna accarezza dolcemente il paesaggio...e poi spunta un villaggio, una città, una centrale elettrica a carbone, perchè le guide turistiche non possono scrivere che siano centrali nucleari. David si sbottona la camicia azzurra-oggi ne ha scelta una stranamente sobria, forse perchè ha preso la prima cosa che gli capitava a tiro.
“Meno male che siamo usciti dalla città prima dell’apertura degli uffici..se no eravamo bloccati nel traffico.” Dico, per tenerlo sveglio.
“Già.” Mi risponde quasi in automatico, senza badare troppo ai miei discorsi. I nostri silenzi sono un monumento alla comunicazione non verbale, riusciamo ad interpretare l’uno i pensieri dell’altro.
Prendo il cellulare, mando un sms al mio amore per descriverle l’emozione del paesaggio che cambia: stiamo dirottando verso il nord e la campagna.
David mi guarda con la coda dell’occhio e sospira.
“A volte penso che sarebbe stato meglio mi avessero tirato una fucilata.”
“Non dirle nemmeno per scherzo certe cose.” Della guerra non vuole mai parlare. A chiunque gli chieda qualcosa, mette le mani avanti con imbarazzo e dice timidamente lo, bevakhashà, no grazie. Rimane silenzioso, guardando la strada. Ha perso l’allegria contagiosa che aveva quando da studente l’ho conosciuto. Dopo essere ritornato dalla Striscia è sparito per tre mesi, la chiamano depressione post traumatica.
Sfioro la sua mano sul cambio perchè ho detto anche troppo e no c’è molto che le mie parole possono fare. Anche lui si accorge di aver esagerato alza gli occhiali e mi dice:
“Ma si dai, una cosa romantica. Come in Yossy & Jagger!” scherza.
“Devo commentare sul perchè ti piaccia quel film?” lo prendo in giro, facendogli una linguaccia.
“Oggi comunque ti porto a fare la strada sul Golan, così vedi dove hanno girato il film e..”
“E risparmiami sogni erotici a voce alta!” scherzo, guardando fuori dal finestrino il paesaggio che si fa prima verde tenue, poi gradatamente sempre più scuro. Assomiglia quasi alla mia campagna e la cosa mi sorprende.
E di nuovo mi incanto a guardare la natura e la strada che comincia a salire. Il cd termina ma né io né lui ci facciamo caso, rimaniamo incantati a guardare l’asfalto a sentire la presa dei pneumatici ormai caldi sulle curve.
La calura rende tutto magico, capisco perchè gli antichi Greci fossero affascinati dalle rifrazioni dell’afa e chiamavano questa l’ora di Pan.
Allo stesso tempo credo sia uno di quei piccoli momenti di felicità semplice e perfetta. Riesco ancora a provare commozione per un paesaggio, a stupirmi per la gentilezza di un amico e a sorridere per lo stambecco che saltella ignaro al limitare della macchia. Mi sto rilassando, ho addosso l’infantile torpore che precede un riposare tranquilla e senza paure.
“Metti il cd nero, per favore?” mi chiede. Io lo prendo dal cassetto della macchina e lo apro con cura quasi religiosa- ci tiene tantissimo. E’ un maniaco per i suoi cd, li fa toccare solo alle persone di cui si fida ciecamente.
Lo infilo nel lettore e premo play, la musica parte di nuovo a volume altissimo e non diciamo una parola.
David preme il buttone shuffle e facilmente indovino la traccia cinque senza guardare il display: amiamo entrambi alla follia questo cd.
Ancora non parliamo, ognuno immerso nei suoi pensieri o forse solo stanchi di riempire l’ambiente con parole già dette.
Ad un certo punto ci incontriamo, come ruote di uno stesso asse, sulla medesima nota, perdiamo il ritmo e cominciamo a ridere. Una risata lunga e chiassosa, che sovrasta la musica stessa.
“Siamo tutti matti!” esclamiamo in simultanea e ancora giù a ridere che quasi la macchina sbandi.
A David prende anche il singhiozzo e tra i singulti mi chiede, con la voce che sbalza in acuto:
“A pochi metri c’è un posto di caffè ci fermiamo, ‘sis?”
“Ovvio, bro!” accetto io e ci scambiamo un cinque, sorridendo.
   
 
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