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Autore: La_Sakura    15/09/2021    5 recensioni
Alla madre che non mi ha mai partorito / ho giurato stanotte / le regalerò una malattia / e poi la farò sparire nel fiume
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Serie "Im Sturm des Lebens". Si colloca temporalmente dopo "Firework - Warten auf dich"
Genere: Introspettivo, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Im Sturm des Lebens'
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ET - Capitolo 1

 

Mutter / Rammstein 

(Clicca qui per ascoltare

 

China sulla tomba della madre, Julia si sporse appena per strappare qualche erbaccia che era nata attorno al marmo della lapide. Tre, quattro, cinque fili d’erba che tirò accuratamente dalla radice, uno a uno, e che depositò lì accanto, dove aveva lasciato la borsa.

Si allungò verso la cornice che conteneva la foto di Diete Wagner e ne carezzò il contorno dorato con le dita, piegando le labbra in un timido sorriso carico d’affetto.

«Ciao, mamma.» sussurrò prima di sollevarsi in piedi e spostarsi di qualche passo verso un’altra tomba.

«E ciao anche a te, Oma.» picchiettò la mano aperta sul marmo, come una carezza.

Si sedette a gambe incrociate tra l’erba e la ghiaia del vialetto, quindi posò i gomiti sulle ginocchia e sostenne il viso con le mani: una goccia di pioggia la colpì sulla punta del naso, seguita da un’altra, e un’altra ancora, finché insieme non si trasformarono in un timido acquazzone primaverile a cui lei non diede peso; rimase immobile, lo sguardo perso a osservare le tombe, incurante di ciò che la circondava.

L’anniversario della morte di sua madre, il primo: aveva creduto di essere immune a quel dolore, ma il susseguirsi degli eventi, e il fatto di non avere più il lavoro come valvola di sfogo, l’avevano fatta cadere in quello stato catatonico e apatico da quando, quella mattina, si era svegliata e aveva realizzato che giorno fosse.

Ci aveva scherzato su, per esorcizzare: “Il giorno della caduta”, “Il giorno del tuffo”, tutte espressioni per minimizzare la vicenda, sotto lo sguardo preoccupato di Virgil che, paziente, sembrava solo attendere il suo crollo emotivo.

«Sto bene, Opa.» gli aveva detto, prima che quest’ultimo uscisse per la spesa. Mentiva. Mentiva a sé stessa e anche a lui. Soprattutto a lui. Mentiva perché credeva di stare bene, lo credeva davvero, fino a quando la consapevolezza di essere rimasta sola non la colpì in voltò come un ramo che impedisce il passaggio lungo un sentiero di montagna.

 

Die Tränen greiser Kinderschar                                 Le lacrime di una schiera di bambini anziani
ich zieh sie auf ein weißes Haar                                le infilo su un capello bianco
werf in die Luft die nasse Kette                                 getto nell’aria la catena bagnata
und wünsch mir, dass ich eine Mutter hätte          e desidero di aver avuto una madre

 

Come si può sentire la mancanza di qualcosa che non si ha mai avuto?

Io non ho mai avuto una madre.

Era la frase che si ripeteva più spesso: quando Diete aveva smesso di riconoscerla, quando aveva smesso di urlare grazie agli psicofarmaci, quando era stata ricoverata in clinica e lei non andava mai a trovarla. E non aveva neanche il benché minimo senso di colpa: non era mai stata una madre nel vero senza della parola, era solo la donna che l’aveva messa al mondo fisicamente, ma oltre a quello non c’era nulla. O meglio, c’era stato, ma lei non se lo ricordava.

Non ricordava i sorrisi dolci e orgogliosi che le riservava, o le carezze amorevoli che le donava, perché era troppo piccola, troppo acerba per poter serbare il ricordo di quel calore materno.

Ricordava solo i nonni: le zuppe di Oma, le favole della buonanotte di Opa, gli sguardi orgogliosi di quando portava a casa una buona pagella, l’amore che poteva leggere nei loro occhi ogni volta che si posavano su di lei.

Diete era solo uno sguardo spento, due occhi inespressivi che osservavano il mondo dalla sedia a dondolo. Una bambola vuota, priva di espressioni, di sentimenti, di affetto. Priva di vita.

 

Keine Sonne die mir scheint                                      Nessun sole splende per me

keine Brust hat Milch geweint                                   nessun seno ha pianto latte

in meiner Kehle steckt ein Schlauch                       nella mia gola è infilato un tubo

Hab keinen Nabel auf dem Bauch                          Non ho l’ombelico sulla pancia

 

Era cresciuta senza una madre, ed era cresciuta bene.

Era cresciuta bene?

Era cresciuta, quello era indubbio.

Alzò lo sguardo al cielo: la pioggia stava rallentando, ma continuava comunque imperterrita a scendere su di lei, su di loro, su tutto ciò che la circondava.

Era cresciuta, credeva di essere anche maturata, si era sentita una donna forte, consapevole e convinta di sé, fino a quando…

Genzo.

Chiuse gli occhi e contrastò la sua coscienza, impedendo che quel nome le riempisse la testa, le orecchie e il cuore: non era il momento, non poteva affrontare anche quello, non quel giorno.

Riaprì le palpebre e si asciugò le gote, ignorando le lacrime che scorrevano lungo di esse: si voltò verso la tomba della madre e cercò di ripensare a quando era stata l’ultima volta che aveva interagito con lei, interagito davvero. Scavò a fondo, nella memoria, ma non trovò nulla che potesse consolarla, che potesse farle ricordare di averla avuta, una madre, nella sua vita. Una madre vera, non solo un ventre in cui crescere e da cui venire al mondo. Una madre amorevole, una madre impaziente, una madre arrabbiata, una madre imperfetta, una madre.

 

Ich durfte keine Nippel lecken                                 Non ho potuto leccare nessun capezzolo

und keine Falte zum Verstecken                              e nessuna piega per nascondersi

niemand gab mir einen Namen                               nessuno mi ha dato un nome

gezeugt in Hast und ohne Samen                            generato in fretta e senza sperma

 

Abbassò lo sguardo, pervasa dalla delusione di aver fallito: era venuta al cimitero con l’intento di riappacificarsi con il suo passato, di perdonare quella madre assente, ma non era riuscita a trovare nessuno appiglio che le permettesse di pronunciare quelle parole.

Io ti perdono.

Non credeva di doverle alcun perdono, in fondo le piaceva la sua vita, e pensava che Oma sarebbe stata orgogliosa della donna che era diventata.

Oma, sì. E sua madre?

Diete.

Sua madre.

Mutter.

 

Der Mutter die mich nie geboren                            Alla madre che non mi ha mai partorito

hab ich heute Nacht geschworen                          ho giurato stanotte

ich werd ihr eine Krankheit schenken                     le regalerò una malattia

und sie danach im Fluss versenken                          e poi la farò sparire nel fiume

 

Pensò che avrebbe di gran lunga preferito non sapere.

Perché le avevano raccontato da subito la verità?

Perché non dirle che Oma era sua madre, e Diete una sorella?

Perché non raccontarle una bugia, per farla vivere meglio?

Perché le bugie hanno vita breve.

Così diceva sempre Oma. Lo ripeteva all’infinito, ogni volta che lei mentiva su qualcosa.

Come avrebbe potuto dirglielo, se le avessero mentito su quella verità?

Ma lei avrebbe vissuto meglio.

Lo avrebbe fatto?

 

Mutter.

 

Strinse le mani a pugno e le portò alle tempie, chiudendo gli occhi, mentre decideva se, nella sua vita, avrebbe preferito una bella bugia alla brutta verità con cui era cresciuta.

Tu non sei mia madre.

 

Mutter.

 

Quanto sarebbe stata diversa, la sua vita, se non avesse avuto la spada di Damocle di essere la causa del malessere della donna che l’aveva messa al mondo? Quanto sarebbe stata diversa, in quanto donna, se avesse imparato ad esprimere meglio l’affetto, senza chiudersi dietro le sue mura di difesa? Quanto dolore in meno avrebbe causato alle persone che la amavano, se solo fosse stata a sua volta amata, da piccola, e non rinnegata come uno sbaglio, un errore di cui disfarsi?

Mutter.

 

In ihren Lungen wohnt ein Aal                                  Nei suoi polmoni abita un’anguilla

auf meiner Stirn ein Muttermal                                 sulla mia fronte una voglia

entferne es mit Messers Kuss                                     la rimuovo con il bacio di un coltello

auch wenn ich daran sterben muss                        anche se per questo devo morire

 

La pioggia aveva smesso di cadere su di lei, e un timido sole aveva fatto capolino tra le nubi bianche, nel tentativo di riscaldare la terra e asciugarla dopo quelle lacrime piovute dal cielo, assieme alle lacrime che Julia aveva versato in quel frangente.

Lacrime per una madre che non aveva mai avuto, per una madre assente suo malgrado, che non l’aveva vista crescere, lacrime di pietà verso Diete e verso sé stessa, perché la sua vita era un riflesso di quella della genitrice, e se ora si trovava in quella situazione era anche colpa sua.

La pietà si trasformò in rabbia, un rantolo di amarezza le grattò la gola mentre cercava di calmare i singulti, i pugni piantati sulle tempie come a voler comprimere la testa per far uscire tutto quello che la teneva ancora legata al suo passato.

 

Mutter.

 

Come in un circolo vizioso, era ricaduta negli errori del passato, errori non suoi, ma che si portava dentro, come un’impronta genetica, una pericolosa malattia ereditaria che la divorava dall’interno, di cui avrebbe fatto volentieri a meno ma che non poteva ignorare. Non voleva ignorare. Perché non voleva finire come sua madre, non voleva dimenticare chi era, non voleva cancellare tutto il suo mondo per uno stupido errore.

Non poteva mollare.

 

Mutter.

 

Si sollevò in piedi, e lanciò un ultimo sguardo alla tomba di sua madre.

«Ti perdono, mamma.» mormorò, cercando di sorridere, come se avesse davvero davanti a lei sua madre, come se Diete potesse davvero vederla.

Un ricordo sfocato, lontano nella memoria, di un sorriso dolce e carico d’amore, la sferzò, mentre una leggera folata di vento le mosse i capelli.

 

Mutter.

 

E fu lì che, finalmente, comprese: comprese le intenzioni di Oma, le premure di Opa, e comprese anche il dolore di Diete, ciò che l’aveva spinta a chiudersi nel suo mondo, un mondo in attesa.

 

Mutter.

 

Comprese che sua madre l’aveva amata dal primo istante, ma non era stata abbastanza forte, né in grado di sopportare l’abbandono. Ma comprese anche che non era colpa sua, e che poteva smettere di colpevolizzarsi.

Si sentì improvvisamente più leggera. Arrivò persino a sorridere, scoprendo i denti e aprendo la bocca: allargò le braccia, chiuse gli occhi e sollevò il volto al cielo.

Rise.

Finalmente libera.

 

entferne es mit Messers Kuss                                     la rimuovo con il bacio di un coltello

auch wenn ich verbluten muss                                 anche se devo morire dissanguato

 

Pianse nuovamente, ma stavolta le lacrime si portarono via tutto il suo passato: il dolore, il rimorso, la rabbia, e tutto ciò che per ventisette anni si era portata dentro, ciò che l’aveva rosa dall’interno, divorandola, spegnendola, uccidendola lentamente.

«Ti perdono, mamma…» ripeté, sentendosi sempre più leggera, e realizzando che la spada di Damocle ora non pendeva più sulla sua testa, bensì giaceva appesa al suo fianco, pronta a essere usata nella vita, per affrontare ciò che la attendeva.

 

Mutter,                                                                           Madre

Oh gib mir Kraft                                                           oh, dammi la forza.




   
 
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