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Autore: Mystery Anakin    01/09/2009    3 recensioni
Quando la vita sembra averti tolto tutto, è proprio allora che bisogna avere la forza di ricominciare e ritrovare da qualche parte la speranza...
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Leah Clearweater
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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And if I say I love you 2 correttissimo
2. La sparizione di Sam

Tre giorni. Erano passati tre giorni. Tre interminabili giorni. E Sam non c'era. Non una telefonata, un biglietto...qualunque cosa, dannazione. Niente. La cosa che odiavo di più era proprio quel senso di impotenza, il fatto di ignorare quanto era successo. Sam, il mio ragazzo, il mio amore, la mia vita fino a quel momento, era scappato. Sparito. Scomparso nel nulla. L'unica cosa che aveva detto prima di andarsene e non tornare più era che usciva per un po'. Sua madre aveva cercato di fermarlo, ma non ci era riuscita. Il padre non era in casa, e così si era dileguato senza alcun motivo o spiegazione. E ora, dopo tre giorni, non sapevamo ancora nulla. Niente di niente. Più cercavo di venire a capo di tutto quel mistero, più mi trovavo allo stesso punto. Era come girare in tondo in un bosco, e trovarsi sempre davanti lo stesso albero. Avevo considerato tutte le possibilità , avevo rivisitato tutto quello che era successo negli ultimi giorni. Ma nulla, nulla mi dava un senso a ciò che aveva fatto. Non si era comportato in modo strano, non era stato molto diverso dal solito. L'unica stranezza era successa la sera stessa. Sam mi aveva telefonato dicendomi che non stava molto bene. Ma perchè doveva scappare, perchè non poteva restare qui e farsi curare, perchè non mi aveva detto niente, perchè? Corrosa dalla preoccupazione e dal non senso di tutto quello che stava succedendo, mi strinsi le braccia intorno alla vita mentre guardavo fuori dalla finestra del salone di casa di Sam. Il cielo era plumbeo, come sempre, e minacciava pioggia imminente. Nell'ingresso si sentivano i singhiozzi sommessi della signora Uley. Non sopportavo quel suo comportamento. Non faceva che mettermi in agitazione e mi confondeva ulteriormente le idee. Tanto più che non serviva a nulla, Sam non sarebbe tornato con i suoi singhiozzi. Mi scostai dalla finestra e uscii dal salone. La porta si aprì e ne entrò il padre di Sam, con il ispettore della polizia.
"...e comunque sto analizzando il caso nei minimi dettagli, non si preoccupi. Ma vede, questo ragazzo è scappato via senza portarsi nulla per dormire o mangiare. Forse non andrà troppo lontano. Il problema è che non sembra la classica fuga degli adolescenti disturbati o con grossi problemi..."stava dicendo.
Entrando lanciarono un'occhiata verso di me. Era evidente che mi avevano menzionata in qualche modo.
"Leah, devo parlarti"disse il padre.
Alzai le spalle. "Mi dica"
Il signor Uley guardò il poliziotto con evidente imbarazzo. Quello ricambiò il suo sguardo e annuì. Il padre di Sam mi guardò con apprensione. Mi chiesi il significato di quella scenetta. Stavo cominciando ad irritarmi, quando il signor Uley, schiarendosi la voce, disse: "Leah..."fece una pausa "Volevo...devo chiederti una cosa"
Un silenzio imbarazzato scese dopo queste parole, interrotte solo dai lievi singhiozzi della signora Uley.
"Sì?"feci impaziente. Non volevo stare un minuto di più in quella casa. Tutto e tutti mi mettevano a disagio.
"Vedi, Leah...è una domanda che a questo punto devo farti. Tra l'altro non penso che...ma non si sa mai..."
Ma cosa mai doveva chiedermi di così imbarazzante? Era così strano vedere il tanto sicuro di sè signor Uley che si imbarazzava in quel modo. Era sempre stato un tipo poco emotivo, sempre silenzioso. Ogni volta che andavo a casa di Sam sembrava una statua di marmo, tanto che mi chiedevo se Sam gli avesse mai parlato. Per quanto mi riguardava, quella che stavamo appena tenendo era la conversazione più lunga che avessimo mai fatto, io e il padre di Sam. Quell'uomo era così diverso da mio padre, scherzoso e aperto con tutti, pieno di vita e allegro.
Dopo aver inspirato a fondo, chiese: "Sei incinta, Leah?" così, come uno sparo, un colpo di pistola quando meno te lo aspetti.
Rimasi a bocca aperta per la sorpresa di quella domanda. Tutto mi aspettavo, persino che mi chiedesse se l'avessi convinto io a scappare, tranne che quello. La cosa era così assurda che pensavo di essermela immaginata per un momento. Il signor Uley, che mi chiedeva una cosa del genere? E che cosa! Quell'uomo con cui avevo scambiato solo dei "buongiorno" e dei "buonasera" molto formali, che mi chiedeva una cosa così personale? Per un attimo mi sentii come invasa nella mia intimità, e reagii con rabbia.
"Cosa?"esclamai tra l'arrabbiato e lo stupito.
Mi accorsi che anche la signora Uley aveva smesso di piangere, e guardava il marito con sguardo vacuo.
"E' importante saperlo, Leah..."mormorò il padre di Sam con occhi bassi.
"No, dannazione! Ma perchè pensate una cosa del genere?" dissi ad alta voce spostando lo sguardo da lui, alla signora Uley immobile con lo sguardo  rivolto verso il marito, e al poliziotto perfettamente calmo, come se si stesse parlando del tempo. Dedussi che era stato proprio lui a suggerire una simile domanda.
"Leah, dobbiamo sapere se Sam abbia potuto anche solo pensarlo, o dedurlo da qualcosa che hai detto o fatto"spiegò il signor Uley.
In quel momento capii. Pensavano che Sam fosse scappato perchè pensava che fossi incinta. Come potevano pensare una cosa così di Sam? Era evidente che non lo conoscevano come lo conoscevo io. Sam non mi avrebbe mai, mai, abbandonata se mi fossi trovata in una situazione del genere. Non era così vile da lasciarmi sola. Era una cosa ripugnante da pensare, e loro lo pensavano del figlio! Ora la mia rabbia aveva raggiunto livelli davvero incontrollabili.
"Ma...come potete pensare che Sam sia scappato per questo?!"esclamai infuriata.
"Tutto è possibile, Leah..."disse il signor Uley.
A quel punto non ci vidi più. "Ma come può pensarlo di SAM? Io mi rifiuto! Lei non lo conosce come lo conosco io!" urlai.
"Io sono suo padre e vedi di moderare i toni"disse il padre ma minaccioso.
"Un padre che scommetto neanche parla con suo figlio!" sbottai, ma non volevo farlo. La rabbia e la frustrazione di quei giorni erano scoppiati.
"Come ti permetti? Tu che ne sai? Sei solo una ragazza"disse arrabbiato ma non scomposto.
"Basta ora" intervenne la moglie con voce tremante "Non dobbiamo litigare, non ci serve a nulla"
Abbassai lo sguardo. Era vero, ma non potevo sopportare che pensassero cose del genere di Sam. Lui non era così. Non lo sarebbe mai stato. Non mi avrebbe mai lasciata, me lo aveva promesso.
"Devi capire che dobbiamo considerare tutte le possibilità" disse il poliziotto con fare professionale.
"Sì, ma sono sicura di quello che dico"ribattei impaziente.
"In tal caso penso che possiamo concentrarci su altro" concluse il poliziotto.
"Bene" annuì il signor Uley.
Guardai l'orologio. Mezzogiorno. Dovevo tornare a casa, l'avevo promesso alla mamma.
"Io dovrei andare" dissi esitante.
"Va bene"mi rispose la signora Uley.
Il signor Uley e il poliziotto confabulavano ad alta voce.
"Salutami i tuoi" disse la signora in un tentativo di apparire normale. Secondo me, appena chiusa la porta avrebbe ricominciato a piangere.
"Allora buon giorno" dissi alzando la mano in segno di saluto e dirigendomi alla porta.
Uscii di casa e chiusi la porta. Inspirai a fondo. Finalmente ero fuori da quella casa. Non ne potevo più, quell'aria così pesante, quell'atmosfera opprimente. E la situazione si era aggravata negli ultimi minuti, con quella specie di interrogatorio. Come si erano permessi di farmi quelle domande? Una cosa così intima! E pensare certe cose di Sam...
Mi misi a camminare veloce, ansiosa di mettere quanta più distanza possibile fra me e quella casa. Non potevo credere che i genitori di Sam fossero così diversi da lui. Non era così fragile come sua madre, e neanche così chiuso come suo padre. Sam era aperto e spontaneo, forte e sicuro di sè. Sapeva esattamente ciò che voleva, proprio come me. Tra i due quella che comandava però ero io, perchè lui non riusciva mai a contraddirmi per molto. All'ondata di ricordi che mi suscitò quel pensiero, mi sentii angosciata, mentre una sensazione strana si faceva largo dentro di me. Avevo come l'impressione che tutto questo, tutto ciò che avevo passato con Sam, non sarebbe più tornato. Era una sensazione stupida, lo sapevo, perchè non si fondava su nulla, ma mi prendeva sopratutto nei momenti in cui ero sola o non avevo nulla da fare. Per questo in quei giorni avevo cercato di rendermi utile il più possibile, mi aiutava a non pensare. E comunque, razionalmente sapevo che era stupido pensare che non avrei rivisto più Sam. Perciò la cosa migliore non era angosciarsi inutilmente, ma cercare di fare il possibile per ritrovarlo. Arrivai a casa ed entrai.
"Ciao ma'"dissi appoggiando la borsa sul divanetto dell'ingresso.
"Ciao Leah, come vanno le indagini?" disse mamma dalla cucina.
"Niente di nuovo, purtroppo" risposi entrando in cucina e sedendomi su una sedia.
La mamma, che stava rimestando qualcosa nella pentola, si girò. "Sei stanca Leah, perchè non ti prendi un po' di pausa? Sono le vacanze estive, e dovresti riposarti"
"Come faccio a riposarmi, con Sam là fuori chissà dove? Potrebbe succedere di tutto" dissi.
Mia madre mi guardò negli occhi. "Lo ami davvero, è così?"
Non risposi subito. Non era il genere di cosa che si dicevano facilmente a una madre, per quanto comprensiva potesse essere. Ma sapevo che mia madre aveva già capito tutto. "Sì"
Lei mi sorrise. "Se è così anche per lui, tornerà, sta tranquilla. Non potrebbe stare senza di te"
"E se lo avessero rapito?"
"I rapitori avrebbero già dovuto farsi vivi"
Abbassai gli occhi. La cosa non mi convinceva lo stesso: non era un semplice ragazzo adolescente che scappava di casa. C'era qualcos'altro sotto.
"Non so, mamma...la cosa è proprio strana"
"Tornerà, vedrai" mi rassicurò.
"Lo spero".

Quinto giorno dalla scomparsa di Sam. Ero seduta nel salotto di casa mia e fissavo un punto indistinto del tappeto senza vederlo, mentre mia cugina Emily parlava.
"Quindi non potrebbe essere questo" stava dicendo.
Le cose non erano affatto migliorate, anzi, brancolavamo nel buio più totale. Nessuna novità, nessuna notizia, niente di niente. La polizia non aveva fatto progressi, indizi non ce n'erano. Sembrava che Sam fosse scomparso nel nulla, vaporizzato, dileguato. Ormai erano tre notti che non dormivo. Non riuscivo a prendere sonno, la mia mente divagava ovunque e ormai avevo cominciato a pensare le cose più disperate. Pensavo che fosse morto, che lo avessero rapito. Avevo cominciato a pensare addirittura che quello che il poliziotto sospettava fosse vero. Ormai non sapevo più nulla. Ogni ipotesi era sempre più disperata, sempre meno plausibile.
"Vero?"disse Emily e io mi riscossi all'improvviso.
"Sì..."dissi "Non può essere stato rapito, avrebbero chiesto il riscatto. A meno che non ci fosse un'altra ragione, ma è questo il fatto. Sam ha una vita assolutamente normale, cosa può aver fatto per essere rapito?"
Mi passai una mano tra i capelli. Mi sembravano mesi che ripetevo sempre le stesse cose. Sempre le stesse. Tutto non aveva senso. C'era come un elemento che non avevamo considerato.
"E poi come starà? Era malato quando l'ho sentito l'ultima volta. Come farà a procurarsi da mangiare, dove dormirà?" dissi disperata.
Mia cugina mi cinse le spalle con un braccio.
"Vedrai che tutto si sistemerà" mi disse.
Ero stanca di sentirmi dire così da tutti. Non che non ci sperassi, ma questo ripeterlo in continuazione mi dava fastidio. D'altra parte non potevo arrabbiarmi con Emily, lei cercava solo di consolarmi e di rassicurarmi. Forse addirittura ero io che non volevo essere consolata, non mi piaceva quando qualcuno doveva dire belle parole solo per farmi stare meglio. Era una cosa che avevo odiato fin da bambina, quando i genitori ti costruiscono una storia abilmente inventata, solo per smorzare la durezza o difficoltà di certi argomenti. Invece pensavo che anche i bambini dovessero essere messi di fronte alla verità e alla realtà, perchè solo così si può crescere. Comunque apprezzavo il gesto di Emily, perchè mi faceva capire che lei mi voleva bene.
Le sorrisi debolmente per ringraziarla di quell'incoraggiamento.
"Perchè non esci un po', fai una passeggiata? Servirà solo a farti stare meglio. Stare qui a rimuginare non serve a niente" disse Emily con tono confortante.
"No, Emily. Non mi va, preferisco stare qui e aspettare. Non me la sento di fuggire dai miei pensieri. Mi sembra di fare un torto a Sam non pensando a lui e a quanto potrebbe stare male"spiegai.
Emily mi guardò sorpresa:"Lo ami proprio tanto...ti invidio il fatto che tu provi un sentimento così forte"
Sorrisi mesta; era vero. Di solito non parlavo di queste cose con gli altri, ma Emily era da sempre mia amica e confidente e certe cose le capiva. Perciò, con il pensiero che ancora una volta vagava lontano, dissi: "Sì, lo amo. Non ho mai provato un sentimento del genere per nessun altro. Credo di aver trovato l'anima gemella Emily. Lui è tutto per me: è il mio amore, il mio amico, il mio confidente, la mia metà...tutto."
Emily sorrise e non disse nulla.
"E tu Emily? Hai...hai trovato qualcuno?" chiesi esitante.
Lo sguardo di Emily si fece triste e spento, ma solo per un attimo, poi tornò il suo sorriso dolce e appena accennato: "No. Non ancora. Sto aspettando, ma spero, spero sempre. So che lui è lì da qualche parte e aspetta me, e io aspetto lui. Non voglio altro, solo la certezza che un giorno ci sarà. Non m'importa di avere tanti ragazzi...solo lui"
"E' giusto, hai ragione: anch'io la penso come te" dissi.
Detto ciò, restammo un po' in silenzio, poi Emily si alzò dal divano e disse: "Ora vado al supermercato: avevo promesso a tua madre di andare a fare la spesa oggi"
"Ma non ce n'è bisogno, posso andare io" protestai.
"Lascia stare, è meglio se ti riposi, esci per fare una passeggiata se vuoi, ma ci penso io ai servizi"mi rassicurò.
"Ma non è giusto, sei tu l'ospite!" cercai di controbattere
"Non mi pesa, davvero"
Visto che non c'era nessun modo di protestare, la lasciai andare. Appena Emily chiuse la porta dietro di sè, la casa fu immersa in un vuoto silenzio. Andai alla finestra e guardai il vialetto di casa mia. Un insolito sole inondava la zona. Gli alberi erano più verdi del solito e tutto era più luminoso. E' proprio arrivata l'estate. (meglio virgola) Pensai in quel momento. Una malinconia inaspettata mi inondò il petto al ricordo dell'estate precedente e di quanto mi ero divertita, i tuffi e i falò sulla spiaggia. Ma la cosa che mi mancava di più in quel momento era il suo sorriso, e i suoi occhi così dolci...
Mi scostai dalla finestra, e andai in camera mia. Tutta quella situazione non aveva senso, era assurda. Entrata in camera presi il mio diario e lo aprii: tra le pagine trovai una foto di noi due abbracciati sulla spiaggia l'anno precedente. L'accarezzai e la fissai per un po'. Poi, dopo un po', richiusi il diario con uno scatto.
Ma che faccio? Sto diventando come sua madre, compiango il fatto che lui non  ci sia  e che mi manchi. No, devo...devo cercare qualcosa...
All'improvviso mi accorsi che c'era qualcosa che avevo dimenticato, come un particolare non considerato...come...come il pezzo mancante nel puzzle che era diventata quella situazione. Ma non avevo ancora capito, qualcosa mi sfuggiva, avevo la sensazione che ciò che avevo ignorato fosse vicino, ma non riuscivo a capire dove fosse. Mi guardai intorno. La mia stanza era in un disordine totale. Tra tutte le cose a cui avevo dovuto pensare, non avevo avuto tempo nemmeno di riordinarla. C'erano vestiti sparsi un po' ovunque, carte, fotografie che in quei giorni avevo rispolverato. Ma nulla di tutto ciò che vedevo, (togli la virgola) era ciò che stavo cercando, c'era qualcos'altro. Ma cos'era?
"Dannazione!" esclamai e mi sedetti furiosamente sul letto, mantenendomi la testa.
Cosa...cosa ho trascurato? Ho pensato a tutto, ma niente sembra plausibile.
All'improvviso guardando la foto di noi due che ancora reggevo in mano, mi ricordai di una cosa.
Era sera. La giornata in spiaggia era stata stupenda. Avevamo fatto i tuffi dagli scogli più bassi, esplorato il fondale più a largo, e addirittura costruito un castello di sabbia.
"Se fossimo un re e una regina, vivremmo dentro un castello...non sarebbe una cosa...favolosa?"dissi scherzando.
Sam, che mi cingeva le spalle, si mise a ridere. "Hai ragione" dopo un po' di secondi di silenzio continuò. "Mi piace di più se ricopriamo il ruolo del principe e della principessa, è più romantico"
Questa volta feci anch'io una risatina. "Ok, vada per il principe".
Dopo un po', disse:"Bè, in realtà, anche se non c'è proprio un vero castello, qui a First Beach esiste un posto davvero magico, fiabesco."
Lo guardai in faccia per vedere se scherzava, ma era serio. I suoi occhi non mentivano.
"E dov'è?"
"Vieni"
Mi prese per mano e mi condusse per la spiaggia verso gli scogli. Arrivati alla roccia, dove la spiaggia finiva, guardai la dura parete di pietra. Sembrava quella di sempre, una normale roccia ricoperta di alghe e muschio. Non capivo cosa Sam volesse dire.
"Dobbiamo salire un po' più su del solito" disse.
La cosa non mi entusiasmava molto, comunque cercai di seguirlo. Ci arrampicammo su per la scogliera per un bel tratto. Ad un certo punto Sam si bloccò. Mi guardai intorno: il panorama era stupendo, anche se l'idea di stare così in alto un po' mi metteva paura. Sam m'indicò un punto a un paio di metri di distanza. Guardai meglio e mi accorsi che nella roccia c'era un’apertura dalla quale proveniva una luce soffusa.
Mi avvicinai e guardai all'interno. Uno spettacolo della natura mi si presentò davanti. Era una piccola grotta di una trentina di metri in lunghezza, ma più stretta. Le pareti erano tutte ricoperte di quelli che sembravano cristalli di diverse sfumature, dal giallo chiaro al bianco. La poca luce del tramonto che vi entrava veniva riflessa dalla superficie frastagliata dei cristalli amplificandosi e dando origine a  quell'effetto soffuso. Era stupendo.
"Sono cristalli di sale, ci sono anche altre grotte più su, ma per me questa è la più bella"disse Sam alle mie spalle. "Ti piace?"
"Sì" mormorai piano, ancora incantata di fronte a quella meraviglia.
"Allora, mia principessa, ora che ha gradito la sua nuova dimora, vuole accettare la mia mano?" mi disse in tono cortese.
"Negargliela sarebbe stupido e insensato, mio signore, dal momento che la qui presente..." mi girai e lo guardai negli occhi "la ama alla follia"
Sam rise e io insieme a lui. Poi mi si avvicinò e posandomi delicatamente le mani sul viso, mi baciò piano.
Mi riscossi dal ricordo. Ma certo, tutto avevo pensato fuor che quello. Mi sembrava di aver considerato tutte le ipotesi, ma non mi era venuto in mente che potesse...
Dovevo provare, se c'era ancora anche la minima speranza di trovarlo, dovevo considerarla. Mi alzai di scatto dal letto e mi cambiai i vestiti per uscire di casa. Corsi fuori dalla mia stanza, giù per le scale fino alla porta. Prima di uscire pensai di lasciare almeno un biglietto per far capire dove ero andata. Presi il block notes che di solito usavamo per la spesa e buttai giù due righe.
Sono uscita. Non so quando tornerò. Mi è venuta in mente una cosa importante, forse l'ho trovato.
Scritto questo, mi lanciai fuori dalla porta diretta a First Beach, con un misto di emozioni: speranza, ma anche paura, rabbia e tutto quello che avevo accumulato in quei giorni.

Il mare era agitato quel giorno. Le onde si rifrangevano sugli scogli con un sonoro scroscio. Gli spruzzi dell'acqua mi bagnavano il viso, ma non era una sensazione spiacevole, anzi, mi rendeva lucida, dato che in quei giorni non avevo dormito per niente. Mi guardai intorno e osservai quella spiaggia così piena di bei ricordi per me. Era assurdo, lo sapevo, ma era come se uno scrittore un po' pazzo avesse tracciato dentro di me una singola parola, così semplice, così breve, ma piena di implicazioni immense. Fine. "Fine", era la parola che in quei giorni ricorreva in continuazione. Ma come potevo pensarlo, se in realtà non era finito nulla? Avevo paura, solo questo. Paura di non rivedere più Sam. Sì, era così. Altrimenti cos'altro poteva essere?
Cercando di ignorare il misto di sentimenti che la vista di quel paesaggio mi infondeva, guardai verso lo scoglio dove ero salita l'ultima volta. L'entrata della grotta era molto in alto. Incuteva un certo timore a vederla, ma dovevo provare. Era un tentativo disperato, lo sapevo, ma in fondo ero disperata. E poi qualcosa mi legava a quel posto, sapevo che era lì che dovevo andare. Era come se quel giorno io e Sam ci fossimo scambiati una promessa, come se tacitamente ci fossimo detti che quello era il nostro posto segreto, un posto che solo noi conoscevamo e solo per noi aveva un significato speciale. Cosa poteva fare una roccia ripida di fronte al nostro amore? Non sarebbe stata certo lei a fermarla. No, nessuno avrebbe potuto farlo, nessuno avrebbe potuto separarmi da Sam. Altrimenti non avrei più vissuto, perchè una vita senza la persona che ami è vuota e incompleta.
Cercando di ignorare la ragione che mi diceva di non salire con il vento e la roccia scivolosa, mi arrampicai su un masso. Poi appoggiai un piede su una pietra e l'altro in un incavo abbastanza grande. Continuai così per diversi metri. Poi ad un certo punto ci fu un'onda più grossa, e l'acqua schizzò sulla roccia a cui mi tenevo con una mano, che scivolò senza trovare più appiglio. All'improvviso persi l'equilibrio e guardai di sotto. Avevo fatto un lungo tratto ed ero ad un'altezza notevole. Mi  venne un capogiro, e all'improvviso non capii più dov'era la roccia alla quale mi stavo tenendo. Mentre sentivo anche le gambe scivolare, tentai di rimettermi in equilibrio. Uno spuntone non poco lontano mi salvò. Mi aggrappai ad esso con tutte le mie forze, e mi rimisi  in assetto per risalire. Tremante ricominciai a salire, imponendomi di non guardare in basso. Pian piano la roccia cominciò a diventare meno ripida e a curvarsi. Alla fine riuscii ad arrivare ad un punto dove gli scogli erano abbastanza in pendenza, in modo da non costituire più un pericolo. Dopo un po' di fronte a me comparve un'apertura nella roccia, e mi accorsi che era quello il posto. Ce l'avevo fatta, alla fine. Ero arrivata. Di fretta cercai di mettermi in piedi, tendendomi in equilibrio sui piedi. Raggiunsi l'apertura e mi precipitai dentro. Dopo qualche secondo, durante il quale gli occhi si abituarono al buio della grotta, mi guardai intorno. La grotta era stupenda come sempre, e i cristalli rilucevano di luce propria. Mi guardai intorno e lo vidi. Era lì, in un angolo, accasciato per terra, tremante. Indossava solo un paio di pantaloni, mentre il resto del corpo era scoperto. Non seppi descrivere la seria di emozioni che provai in quel momento. Gioia, dolore, sollievo, e amore. L'amore grande che provavo per lui si riversò in me, tanto che mi sembrava di non poterlo contenere. Mi sentii le guance bagnate, ma in quel momento non aveva importanza. Erano passati solo pochi giorni, ma mi erano sembrati un'eternità. Ora che era davanti a me non mi sembrava reale, forse era solo una mia allucinazione. Forse era un sogno: dopo aver tanto desiderato quel momento, avevo finito per immaginarlo. Quell'ambiente strano, con quei giochi sulle pareti, e io che inspiegabilmente mi ritrovai le guance bagnate, senza ricordare quando avessi cominciato a piangere. Ma ormai non sentivo più nulla, il mio pensiero era concentrato unicamente sul ragazzo disteso per terra. Lentamente, come se un regista avesse di proposito rallentato la pellicola di un film, sentii i miei piedi staccarsi da terra e mettersi a correre nella sua direzione.
Ora da qualche parte provavo anche paura, paura che Sam non si sarebbe alzato da quella posizione. Con coraggio, una volta accanto a lui, gli presi la testa fra le braccia e scuotendolo lo chiamai più volte. Dopo un po' di minuti, vidi le sue palpebre aprirsi e chiudersi, mentre lui disorientato si guardava intorno.
"Sam...?" dissi ancora una volta.
La sua risposta fu uno sguardo perso nel vuoto, come se stesse vedendo qualcosa che io non potevo vedere. Durò solo un attimo, però. Subito i suoi occhi si colmarono di comprensione, e di un'inaspettata e inspiegabile paura.
"Leah?" sussurrò.
"Sì" risposi con un sorriso.
Non sembrava felice di vedermi, anzi, sembrava impaurito e preoccupato di qualcosa. Ma perchè?
"Come stai?" gli chiesi.
Non rispose alla domanda, al contrario si alzò a fatica e mi guardò. Ora nel suo sguardo c'era anche una punta di rabbia.
"Cosa c'è?" gli chiesi esitante.
"Perchè sei qui?"
Quella domanda, detta con un tono così accusatorio, mi lasciò di stucco. Perchè ero lì? Perchè ero lì??
"Come perchè?" dissi "Sei sparito, il cellulare non squilla, tutti ti cerchiamo disperati e tu mi chiedi perchè sono qui?"
Lui rimase un attimo in silenzio. Poi, con un tono leggermente più calmo, mormorò:"Io..."
"Cosa è successo?" chiesi.
Lui abbassò gli occhi nervoso. "Non...oh...io, io non lo so!" esclamò.
"Come?" chiesi allibita.
Lui tornò a guardarmi: "Sì, io non lo so, ma sono pericoloso Leah...vai via di qui, ti prego"
"No!" esclamai "Che significa pericoloso? Cosa dici?"
"Io...non posso e non so spiegartelo, Leah" rispose.
"Perchè l'altra sera sei scappato così? Cosa avevi? Stai male? Dimmelo, Sam!"
"Non...posso...io..." balbettò. Inaspettatamente, si prese la testa fra le mani e si mise in ginocchio "Io sto impazzendo"
Sconcertata e intimorita da quelle parole, mi avvicinai a lui e lo abbracciai. Subito si scostò da me. Rimasi fissa dov'ero.
"Sam, ascoltami. Io voglio aiutarti, ma tu devi dirmi cos'hai"
"No, no. Non posso, io sono un mostro...mi odieresti..." disse.
"Come potrei mai odiarti?" esclamai, poi mi avvicinai un po' a lui "Sam, qualunque cosa ti sia successa, io ti aiuterò, ti starò accanto"
Lui mi guardò e io gli sorrisi. Poi mi avvicinai di più e lo abbracciai di nuovo. Pur se non ricambiò, questa volta non si scostò da me. Fu bellissimo anche così. Ora potevo risentire il suo profumo, accarezzare i suoi capelli...però il calore della sua pelle non era lo stesso, come la consistenza dei muscoli.
"Dai, dimmi cosa è successo" gli intimai.
Lui si girò verso di me e mi guardò "Non adesso Leah, devo capirlo bene prima io, poi ti prometto che te lo spiegherò"
Se possibile quella frase mi preoccupò ancor di più. Infatti o era realmente come mi stava dicendo, e allora era qualcosa che probabilmente riguardava una malattia o cose del genere; oppure stava fingendo e questo avrebbe significato qualcosa di altrettanto grave, visto che non voleva dirmelo. "Sì, ma cosa diremo ai tuoi?"
"Che avevo bisogno di riflettere..."
"Sai che tuo padre non accetterà certo questa scusa. Tra l'altro ho paura anche per come potrebbero prenderla" dissi.
"Lo so...vedrò di cavarmela"
Lo osservai bene. Dalla sua espressione sembrava sincero. Chissà cosa celava dietro quello sguardo lontano che aveva. Non saperlo mi dava profondamente fastidio. Mi sentivo esclusa, quando invece volevo essere con lui. Provai un brivido freddo nel sentire quel distacco tra noi. Non mi piaceva affatto, né la sensazione, né il fatto che non potessi sapere cosa avesse.
"Tu, piuttosto, come hai fatto a salire fin qui?"
La domanda mi distolse dai miei pensieri.
"Credevi forse che non ce l'avrei fatta da sola?" chiesi con una punta di ilarità nella voce.
"Hai ragione, non conosco ancora le cose che non sai fare da sola" rispose lui divertito e in quel momento tutto sembrò essere tornato normale, anche Sam.
"Ascolta" dissi "Dobbiamo innanzi tutto uscire fuori di qui. Devi tornare a casa, riposarti, sei in condizioni pietose"
"No" sbottò, poi a una mia occhiata malevolo continuò più calmo: "Non posso tornare a casa, non ora"
"Così peggiorerai solo la situazione, e poi perchè?"
"Ma non capisci?!" esclamò "Io sono pericoloso! Anche il fatto che tu sia qui adesso...ti stai mettendo in un pericolo che neanche immagini! Leah, ascolta, ho bisogno di risolvere la situazione, poi potrò tornare a casa e stare con te"
"Io non ti lascio solo" affermai decisa "Preferisco sottopormi al pericolo piuttosto che restare senza di te di nuovo"
"No, non voglio che tu sia coinvolta, devo sbrigarmela io"
A quel punto persi le staffe. "Ma insomma, cosa devi fare di così pericoloso? Almeno dimmelo, Sam, come faccio a restare indifferente mentre tu magari rischi la vita?"
Ci fu un momento di silenzio, poi Sam mi si avvicinò e per un momento riprese la sua consueta espressione.
"Leah, ti prego, ascoltami" disse lentamente "E' una cosa di cui ora non ti posso parlare. Non preoccuparti per me, ti prometto che non rischierò la vita, starò bene. Ma è per il bene di tutti che adesso devo stare qui per un po'."
"Per quanto?" chiesi ansiosa
"Non lo so...il tempo necessario a sistemare le cose"
Abbassai lo sguardo sconfortata. Ero così felice di aver ritrovato Sam, ma quella situazione non mi piaceva neanche un po'. Non sopportavo che dovessero esserci segreti tra noi, e poi, a quanto pareva, non era neanche una cosa da nulla. In altri casi l'avrei spuntata io, e alla fine Sam avrebbe confessato. Questa volta però era così deciso a non dirmi nulla che non potevo non arrendermi. E poi lo vedevo così debole, e non mi andava di insistere ancora e magari peggiorare il suo stato. Lentamente e controvoglia annuii piano, sempre con gli occhi bassi.
"Bene, credimi è la cosa migliore per adesso" disse Sam decisamente sollevato.
"Ma io verrò a trovarti, costi quel che costi" protestai.
"Aspetta, no, è pericoloso"
"Ma Sam, ora che ti ho ritrovato, come credi che possa starmene a casa pensando che tu sei qui da solo?"
Sam sembrò pensarci su un attimo, poi disse: "Senti, è pericoloso, più pericoloso di quanto immagini..."
"Verrò comunque, non riuscirai ad impedirmelo" dissi decisa.
"E va bene" disse "ma ti chiamerò io, e ti dirò quando potrai venire"
Siccome era il meglio che potevo ottenere dissi: "Bene, allora faremo così"

Per tre giorni andai a trovare Sam nelle ore che lui mi indicava. Quando potevo gli portavo qualcosa da mangiare, vestiti, una coperta. Mi sentivo sciocca a comportarmi così, quasi Sam fosse un ricercato. Per quanto riguardava lui, non sembrava molto contento quando io andavo a trovarlo. Al contrario, era sempre scuro in volto e imbronciato. Questo m'impensierì parecchio, Sam non era così. Era stato sempre solare e spensierato, aperto con tutti e sensibile. Ora sembrava che fosse cresciuto troppo in fretta, che fosse diventato un uomo adulto e non un ragazzo. Il suo modo di parlare era molto più lento. Aveva un non sapevo bene cosa di grave nella voce. E poi c'era il fatto che era cambiato fisicamente. I suoi muscoli non erano più lunghi e affusolati, ma duri e grossi. Era come se avesse fatto mesi e mesi di durissimi allenamenti in palestra quando in realtà era passata solo una settimana. Non avevo ancora avuto il coraggio di chiedergli come avesse fatto, né perchè. In quel momento tutto ciò che m'importava era stare con lui, vederlo, sentirlo parlare.
Guardai la grotta e inspirai a fondo pensando. Era strano trovarsi lì dopo tanto tempo e in quella situazione. In un certo senso quella grotta stava diventando una parte importante della mia vita, anche se non capivo bene che tipo di momento di essa stessi attraversando. Non avere la situazione sotto controllo era una delle cose che odiavo di più, ma quella volta era un po' diverso. Per quanto quella situazione mi irritasse, non la sentivo del tutto brutta, perchè Sam era con me, e questo mi rassicurava.
"A cosa pensi?" mi chiese Sam.
Mi riscossi al suono della sua voce.
"Oh, a nulla" dissi "Solo a quanto è bello che tu sia di nuovo qui con me"
Lui fece un debole sorriso, poi abbassò lo sguardo.
"Che c'è?" gli chiesi.
Lui guardò da un’altra parte imbronciato: "Leah, è pericoloso che tu stia qui"
"Ancora con questa storia?" esclamai esasperata. "Sam, per favore, ne abbiamo già parlato e abbiamo trovato questa soluzione"
"No! Non è una soluzione abbastanza sicura, è meglio se ci sentiamo solo per telefono" esclamò.
"Sai benissimo che non accetterò mai...non posso stare senza vederti, senza sentire la tua voce..."
Lui scattò in piedi: "Ma non capisci? Tu potresti morire e sarebbe tutta colpa mia!"
"Ora basta, questo discorso l'avevamo già fatto, non mi va di ripeterlo" ribattei.
"NO!" urlò Sam così forte che trasalii "Tu adesso vai via!"
Rimasi allibita da quella sua reazione improvvisa. "Sam!" esclamai.
Improvvisamente e inaspettatamente, Sam cominciò a tremare violentemente e a chiudere e aprire nervosamente i pugni. "Sam, cos'hai?"
Sembrava che fosse in preda a una crisi epilettica e la cosa mi spaventava a morte.
"Và via Leah!" urlò.
"Cos'hai? Cos'hai?" gridai in preda al panico.
Gli spasimi del suo corpo non accennavano a fermarsi, anzi sembrarono peggiorare, tanto che si accasciò per terra.
Mi avvicinai di più a lui, ma proprio in quel momento sentii un rumore provenire da fuori.
"Leah, sei tu?"
Era la voce di Emily. Ma cosa ci faceva qui? Guardai verso Sam e la mia paura continuò a crescere: ora era disteso a terra e si teneva ferme le braccia.
"Leah?" gridò di nuovo Emily.
Sapendo di non avere scelta urlai:"Aiuto!!"
Sentii i passi di Emily avvicinarsi. Mi voltai di nuovo verso Sam e lanciai uno strillo. Sam non c'era più. Al suo posto c'era un enorme lupo grigio, alto almeno due metri, con uno sguardo feroce e denti aguzzi.
In quel momento Emily entrò. "AAAHH! Leah cosa succede?" urlò.
"Andiamo via!" gridai.
Troppo tardi. Il lupo si girò e guardò me che ero appoggiata alla parete della grotta, immobile. Il mio cervello non ragionava, ero incapace anche solo di pensare che quello fosse Sam. Era impossibile.
Il lupo lanciò un terribile verso e si gettò verso di me. Sono morta, pensai.
"NO!" urlò Emily e si gettò di fronte a me. Tutto avvenne come in un sogno, come se ciò che impiegava un secondo per accadere, accedesse in un'ora. Il lupo guardò Emily, e cambiò espressione. I suoi occhi divennero strani, come ipnotizzati. Non fermò però il suo gesto che era quasi terminato. E il suo artiglio feroce e letale colpì Emily in volto.

Salve a tutti! Eccomi con il secondo capitolo della storia. Come avete potuto notare, per Sam e Leah in questo capitolo le cose cominciano a mettersi male. Inoltre, ho cercato anche di descrivere come ho immaginato il ferimento di Emily. Spero che l'idea sia da voi apprezzata! Comunque volevo ringraziare quanti hanno letto la storia e soprattutto chi l'ha recensita. Mi raccomando non smettete di farlo, perchè è molto importante per me ricevere il vostro parere! Intanto passo ai ringraziamenti personali.
Lady Airam: Sono contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere davvero! Spero che anche questo capitolo ti piaccia, e sarei davvero contenta di riceve altre tue recensioni. Per quanto riguarda il finale, volevo rassicurarti: non andrà a finire male...vabbè poi leggendo capirai! A presto! :)
sweetmoon: Ciao! Sai che anche quando ho letto la tua recensione stavo per commuovermi? Hai proprio ragione la storia si poteva leggere con il sottofondo di My Immortal, canzone che tra l'altro mi piace tantissimo :)! Ho notato che anche tu sei della mia stessa idea sul personaggio di Leah, personaggio che sento anche molto vicino. Che altro dire, spero che anche il seguito ti possa piacere, io ci metterò tutto l'impegno per essere all'altezza! Aspetto altre tue recensioni mi raccomando! Ciao ciao!
Padme Undomiel: Salve! Ma chi si vede! La BR (sai per cosa sta ;))! Comunque volevo ringraziarti per la recensione molto formale e precisa (:P). A parte gli scherzi sono contenta che la storia ti piaccia. Devo chiederti perdono per gli errori, ma sono una svampita! Grazie comunque per l'aiuto che mi hai dato, ora ho le idee più chiare su cosa devo correggere. Spero solo che il seguito sia all'altezza delle tue aspettative! Io farò il possibile, poi si vedrà :) Ciao tvttttttb
Shine: Ciao!! Non scusarti per il ritardo, so benissimo che non potevi recensire prima! :) Sono contenta che il capitolo ti sia piaciuto! Vedo che siamo in tanti a pensare che Leah sia stata trattata ingiustamente! Poco male, ci dà lo spunto per le fan-finction!! Comunque spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto, e aspetto con ansia altre tue recensioni, che come sai mi aiutano molto ad andare avanti con il mio lavoro! A presto tvttttb
Un saluto anche a chi sta solo leggendo questa storia. E mi raccomando RECENSITE please. Potete anche dire che la storia vi fa schifo, ma recensite vi prego! Grazie a tutti e alla prossima!!!!
Mystery Anakin      
  
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