Undicesima parte
Hear this voice from deep inside
It's the call of your heart
Close your eyes and you will find
The way out of the dark
Here I am (Here I am)
Will you send me an angel?
Here I am (Here I am)
In the land of the morning star (Here I am)…
(“Send me an angel” – Scorpions)
Trascorse ancora
qualche settimana e, a dispetto delle fosche previsioni di Elizabeth e dei suoi
propositi di rivalsa, la situazione andò risolvendosi quasi da sola,
naturalmente e senza spargimenti di sangue. Gli informatori di Re Henry
riuscirono a scoprire che Perkin Warbeck (o Richard, che dir si voglia) si era
rifugiato in Borgogna e che si era riunito alla sua Catherine e al figlioletto
neonato, senza dimostrare più il benché minimo interesse per la corona
d’Inghilterra. Inoltre, gli stessi informatori erano venuti a sapere anche che
Edward Plantagenet non era con lui, né ci era mai stato. Chissà, forse si era
rifugiato in Scozia o da qualche altra parte in Francia, tra i sostenitori
degli York ma, come si poteva ben immaginare, Re Henry non avrebbe certo potuto
inviare soldati in Francia o in Scozia per cercare Edward o per catturare e
interrogare Warbeck sulle sue reali intenzioni.
Pareva, dunque, che
le ombre che potevano insidiare il trono di Henry e dei suoi figli fossero
svanite nel nulla e così anche Isabella di Castiglia, rassicurata, decise di
concedere la sua benedizione al fidanzamento tra sua figlia Caterina e Arthur,
il figlio maggiore di Henry ed Elizabeth.
Tutto risolto,
dunque? Beh, non per Elizabeth, che si sentiva ancora umiliata per la figura da
perfetta imbecille fatta davanti a Sir Richard e Maggie e che voleva riconquistare
la sua dignità o qualche sciocchezza
del genere.
Il marito, però, a
quel punto ne aveva abbastanza delle rimostranze e dei capricci di Elizabeth!
“Insomma, si può
sapere che cosa vuoi?” la rimproverò pochi giorni dopo. “Hai ottenuto tutto
quello che desideravi, la corona è al sicuro, Warbeck è in Francia con la
famiglia e Arthur sposerà Caterina d’Aragona. Cos’altro c’è che non va? Non ne
posso più delle tue ossessioni, sei diventata persino peggiore di mia madre!”
“Come puoi non
rendertene conto da solo, Henry?” reagì indispettita lei. “Va bene, in questo
momento il trono è assicurato ai Tudor e il matrimonio tra Arthur e Caterina si
farà, ma tu credi davvero che quel traditore di Warbeck se ne starà tranquillo
in Francia con la famiglia? Magari sta organizzando un esercito per attaccarci
di nuovo. E Edward, poi? Non sarà svanito nel nulla, no?”
“Secondo te io dovrei
far guerra alla Francia solo perché
sospetto di Warbeck? Ma ti ascolti quando parli? In Borgogna ho spie e
informatori che osservano ogni mossa di quell’uomo, che ormai da mesi è innocuo
e dedito solo alla sua famiglia” rispose bruscamente Henry. “Tuttavia, se
soltanto tentasse qualcosa, ne sarei immediatamente informato e sarei pronto ad
accoglierlo se mai dovesse tornare in
Inghilterra con intenzioni bellicose.”
Elizabeth si
irrigidì, ma non poté obiettare perché, per una volta, doveva ammettere che suo
marito aveva perfettamente ragione.
“In quanto a Edward,
certo non è svanito nel nulla, ma non ce lo vedo proprio a tramare nell’ombra
per impossessarsi di una corona che nemmeno vuole. Probabilmente qualcuno dei
sostenitori degli York lo tiene sotto la sua protezione e lui se ne sta lì
tranquillo” continuò il Re.
“O magari è proprio
in Galles, nella tenuta di Sir Richard e sotto la sua protezione” insinuò malignamente Elizabeth.
“Ancora con questa
storia? Eppure sei stata tu stessa a far perquisire la tenuta e le terre di Sir
Richard e i nostri soldati non hanno trovato tracce del ragazzo. Lo avevano
nascosto, secondo te? Magari in Borgogna? Bene, come ti ripeto non mi sembra
molto ragionevole dichiarare guerra alla Francia per questo e tanto meno
perdere un uomo fidato come Sir Richard” ribatté Re Henry, spazientito. “Anzi,
a questo punto ho preso la mia decisione al riguardo: andrò io stesso dai Pole
e offrirò la grazia e la liberazione per Edward in cambio del loro giuramento
di fedeltà ai Tudor.”
“Tu vuoi fare cosa???” trasecolò Elizabeth, ma non
poteva protestare ancora, la scelta di Henry era la più giusta e avrebbe
risolto la faccenda una volta per tutte. Continuare a perseguitare i Pole e
Edward era controproducente, nessuno di loro rappresentava una vera minaccia
per il Regno e, anzi, se avessero continuato a tormentarli sarebbero passati
dalla parte del torto. Allora sì che qualche sostenitore degli York avrebbe
avuto buone ragioni per organizzare qualche sommossa o attentato contro i tiranni Tudor! Per una volta Henry aveva
preso la decisione più saggia e ad Elizabeth non restava che inghiottire
l’orgoglio ferito e consolarsi con il matrimonio di Arthur e Caterina, che
avrebbe rafforzato ancora di più la casata Tudor e il loro trono.
Il vero problema fu
quando il messaggio di Re Henry, che annunciava una sua visita in settimana,
giunse alla tenuta di Sir Richard e Erik dovette spiegarlo a Edward!
“Perché Re Henry
viene qui? Anche lui vuole perquisire tutte le proprietà di Sir Richard per
cercarmi? Vuole riportarmi in prigione… o magari farmi giustiziare?” esclamò il
ragazzo, fuori di sé dalla preoccupazione.
“No, no, Edward, non
fare così, è proprio tutto il contrario” cercò di calmarlo l’uomo. “Sir Richard
mi ha fatto leggere la lettera del Re e dobbiamo essere felici del fatto che
lui voglia venire qui perché potrà significare l’inizio di una nuova vita per
te e per tutti noi. Sai, Re Henry ha scoperto che Warbeck, o Richard come lo
conosci tu, è andato in Francia con la sua famiglia e che non ha più alcun
interesse verso la corona d’Inghilterra. Ha saputo anche che tu non sei con
lui, che non hai mai cospirato contro i Tudor, perciò sarebbe disposto a
concederti la libertà con una dispensa speciale.”
“Io non ci credo” si
ostinò il giovane. “Perché mai Re Henry dovrebbe farlo? Lui mi considererà
sempre una minaccia per il solo fatto che esisto e io… io non voglio niente da
lui, lui ha rovinato la mia famiglia, li ha fatti passare per traditori, è un
uomo cattivo e pensa solo al potere!”
Erik sospirò dentro
di sé, rendendosi conto che la cosa più difficile sarebbe stata proprio
convincere Edward a recedere dalle sue posizioni intransigenti… Prese dolcemente
il ragazzo per le spalle e lo attirò a sé, cercando il suo sguardo.
“Ascoltami, Edward,
ascoltami bene” gli disse con pazienza e tenerezza. “Ti ho già spiegato tempo
fa che essere liberi e vivere una vita adulta può significare anche, a volte,
fare delle cose che non ci piacciono, te lo ricordi?”
Imbronciato, Teddy si
costrinse ad annuire.
“Questa è una di
quelle volte. Senti, io lo so cosa pensi del Re, ma nessuno di noi può
cancellare il passato e riscriverlo come vuole. Credi che per me sia stato
facile accettare di andare avanti dopo che quei soldati Danesi distrussero il
mio villaggio e uccisero la mia famiglia e i miei amici? Certo, mi sarebbe
piaciuto andare a cercarli e fare a loro quello che avevano fatto a me, ma non
sarebbe servito a niente, anzi. Loro mi avrebbero ucciso, l’avrebbero avuta
vinta una volta per tutte, e io adesso non sarei qui, non ti avrei mai
conosciuto, non sarei così felice insieme a te. Ho dovuto accettare una cosa
terribile con la speranza che la mia vita sarebbe potuta ricominciare da capo
da qualche altra parte, che sarei stato di nuovo felice… ed è stato così, perché
ho incontrato te.”
Edward, sulle prime,
non voleva ascoltare le sagge parole di Erik, continuava a fare l’offeso e a
sfuggire il suo sguardo, ma quando l’uomo iniziò a raccontargli di nuovo delle
terribili esperienze vissute da ragazzino qualcosa si mosse nel suo cuore, una
piccola spina lo intaccò e gli fece capire che non era lui ad avere l’esclusiva
della sofferenza, che altre persone avevano passato momenti ancora più atroci e
dolorosi e che erano riusciti a superarli. La voce pacata di Erik lo calmava e
lo incantava e, senza quasi rendersene conto, Edward si trovò a seguire tutto
quello che l’uomo diceva, perdendosi ancora una volta nell’azzurro placido dei
suoi occhi, dello stesso colore del lago davanti al quale lo aveva sposato.
“Sir Richard pensa
che la cosa migliore da fare sia parlare chiaramente al Re e fargli vedere che
in effetti tu adesso vivi con noi, che anzi da molti mesi ormai sei tornato con
la tua famiglia e che questo non ha portato a nessun complotto contro la corona”
spiegò Erik. “Naturalmente il Re non dovrà sapere che è stato proprio Sir
Richard a incaricarmi di liberarti, non deve perdere la fiducia che ha in lui o
saremo tutti perduti. Il Re dovrà credere che, in effetti, la tua liberazione è
avvenuta grazie a un piano architettato dai sostenitori di Warbeck e che sono
stati i suoi uomini a farvi scappare, però poi lui ha capito che la sua
famiglia era più importante di una corona, che ciò che davvero voleva era
vivere in pace con sua moglie e suo figlio. Così ti ha fatto portare qui e lui
si è nascosto in Francia temendo una vendetta dei Tudor…”
“Vuoi dire che il Re
vorrà vedermi? Che saprà che sono sempre stato qui e che abbiamo ingannato
Elizabeth? Ma non possiamo, si arrabbierà e io…” il giovane sembrava di nuovo
perduto nel suo terrore e Erik si sentì spezzare il cuore, sapeva che gli stava
facendo male ma quella era l’unica soluzione, l’unico modo per poter veramente
sperare di avere una vita tranquilla insieme a lui, senza più dover temere le
inferenze dei sovrani.
“Nessuno ti farà del
male, Teddy, questo te lo prometto” dichiarò, stringendolo più forte come a
volerlo proteggere da tutto il male del mondo. “Ti ho detto tantissime volte
che ti amo, che sei tutta la mia vita e che per te sarei pronto a uccidere e a
morire, adesso sei tu che devi essere forte e coraggioso e fidarti di me. Ti
fidi di me, Teddy?”
Il ragazzo era
veramente spaventato, ma il calore delle mani di Erik, la tenerezza nella sua
voce e nel suo sguardo sembravano entrargli nel sangue e infondergli una forza
che non aveva mai nemmeno sospettato di avere.
“Sì, io… io mi fido
di te, Erik” disse, cercando di tenere ferma la voce. “Cosa devo fare?”
“Non sarà facile, ma
adesso sei cresciuto, sei maturato e io so con certezza che sarai in grado di
fare quello che devi, ne sono più che sicuro” riprese l’uomo. “Sì, Re Henry vorrà
vederti e, prima di firmare la dispensa con cui ti restituirà la libertà, vorrà
anche parlare con te, sentire la tua versione dei fatti. Dovrai essere
sufficientemente bravo e determinato per convincerlo che le cose sono andate
davvero come sostiene Sir Richard, che i Pole ti hanno accolto con gioia e
nascosto, ma che non sapevano niente del piano per liberarti e che quello è
stato tutto organizzato da dei sostenitori di Warbeck e degli York, che Sir
Richard non conosce.”
Negli occhi scuri di
Edward si leggevano mille emozioni contrastanti: paura, confusione, turbamento,
un vago senso di inadeguatezza, ma anche una piccola luce di speranza, una
fiammella accesa dalle parole di Erik, dalla presenza dell’uomo che amava
accanto a lui, che non lo avrebbe mai lasciato solo e che non avrebbe permesso che
qualcosa di orribile potesse accadergli.
“Io… non so se sono
in grado di mentire… e se mi chiedesse delle cose difficili? Se io mi
confondessi e dicessi qualcosa di sbagliato?” chiese, aggrappandosi alle
braccia di Erik come se lui potesse davvero trasmettergli la sua calma e la sua
saggezza.
L’uomo gli accarezzò
teneramente i capelli e gli sorrise.
“Edward, tu sei un
Plantagenet e sei un Principe, provieni da una famiglia di Re e sono sicuro che
saprai tenere testa benissimo al sovrano” replicò. “Sei più intelligente di
quanto tu stesso non creda e comunque non dovrai mentire, non del tutto, dovrai
semplicemente… nascondere una parte della verità. Lo so che sarà difficile, ma
non te lo chiederei se non fossi certo che sarai in grado di farlo.”
A dirla tutta Erik
non era poi così sicuro che il povero ragazzo non si sarebbe impappinato, ma
doveva aiutarlo a credere in se stesso, perché soltanto così avrebbero avuto
una possibilità.
“Quando parlerai con
Re Henry, pensa a tua sorella, al tuo nipotino e… e a me, se vuoi” gli suggerì.
“Pensa che tu puoi salvarci tutti, che non puoi permetterti di sbagliare perché
altrimenti finiremmo tutti arrestati o peggio, e che sarai così bravo da
rendere orgogliosa la tua famiglia, i tuoi genitori e i tuoi zii che dal Cielo
ti guardano, ti proteggono e vogliono che tu sia libero e felice.”
Ora gli occhi di
Edward brillavano di una luce diversa, di una fierezza che gli derivava dalla
consapevolezza di poter fare, finalmente, qualcosa di grande e importante per l’uomo
che amava e per tutta la sua famiglia. Era ancora spaventato, ma sentiva che
Erik, Maggie e tutti i Plantagenet gli avrebbero dato la forza per fare ciò che
doveva.
“Va bene, Erik, farò
quello che mi hai detto, sarò bravo e anche tu sarai fiero di me” affermò con
decisione.
L’uomo lo prese tra
le braccia e lo avvolse in un tenerissimo abbraccio.
“Io sono sempre fiero
di te, Teddy” mormorò tra i suoi capelli.
Lo sollevò e lo portò in camera, lo depose con
tenerezza sul letto e, sempre accarezzandolo dolcemente sul viso e sui capelli,
lo baciò lungamente e languidamente. Aveva bisogno di sentirlo tra le sue
braccia, di sentire la sua morbidezza e il suo sapore, di sapere che non gli
sarebbe accaduto niente, che non lo avrebbe perduto mai, che tutto sarebbe
finito bene perché Teddy era un ragazzo buono e tenero che aveva già sofferto
abbastanza. L’abbraccio si fece intenso e profondo e Erik si perse nella dolcezza del contatto sempre più intimo con Edward,
un contatto che riempiva entrambi di tenerezza, calore, felicità infinite
mentre le loro anime e i loro corpi si fondevano insieme, dando ad entrambi il
coraggio e la determinazione necessari per superare l’ultimo ostacolo e
iniziare finalmente una nuova vita fianco a fianco.
Due giorni dopo, quando Re Henry giunse alla
tenuta dei Pole con le sue guardie del corpo ma senza Elizabeth (che, a quanto
pareva, si era rifiutata di subire una nuova umiliazione davanti all’insulsa
cugina…), ad accoglierlo c’era Sir Richard con moglie e figlio e, accanto a
lui, Erik e… Edward, che forse per la prima volta in tutta la sua vita sembrava
veramente un Principe.
Il Re non si sorprese più di tanto nel vedere
il ragazzo insieme alla sua famiglia. Una parte di lui, forse, aveva sempre
saputo che il giovane Plantagenet era molto più vicino di quanto tutti
pensassero, ma quella stessa parte sapeva anche che Edward non era affatto una
minaccia per il suo trono e che non si sarebbe mai lasciato coinvolgere in
nessuna cospirazione, che era buono, gentile e semplice, qualsiasi cosa potesse
pensare di lui la Regina.
Sir Richard salutò con deferenza il suo
sovrano e lo invitò ad accomodarsi nella sua casa, dopo aver ordinato ai
servitori di offrire un ristoro alle guardie del Re e agli stallieri di
occuparsi dei cavalli. Re Henry fu fatto entrare nel salone della tenuta dei
Pole dove ebbe il posto d’onore, mentre Sir Richard e tutti gli altri entravano
nella stanza dopo di lui. Ottenuto il permesso di parlare, l’uomo iniziò a
raccontare al Re la sua versione dei fatti, così come Erik l’aveva già spiegata
a Edward. Re Henry appariva calmo e interessato e ascoltava con bonarietà la
narrazione di Sir Richard, ma il suo sguardo cercava più spesso il giovane Edward
che, in piedi accanto al camino, gli puntava addosso gli occhi scuri senza
timore o timidezza, ricordandogli fin troppo bene il bambino impertinente che,
tanti anni prima, durante la sua cerimonia di insediamento, aveva esclamato
davanti a tutti Un giorno io sarò il Re!,
provocando una mezza sincope alla povera sorella Maggie!
“Molto bene” disse ad un certo punto il
sovrano, interrompendo a mezzo una stupenda arringa conclusiva di Sir Richard. “Adesso,
però, vorrei scambiare due parole con Edward, ci sono alcune domande che mi sto
ponendo e alle quali solo lui può dare risposta.”
Era giunto il momento. Libertà o prigionia?
Vita o morte?
Maggie si tormentava le mani, Sir Richard
ostentava sicurezza e, per darsi un contegno, prese in braccio il piccolo
Henry. Edward, invece, dopo aver scambiato uno sguardo con Erik e aver tratto
tutto il conforto e il coraggio possibili dai suoi limpidi occhi azzurri, drizzò
ben alta la testa e si presentò al cospetto di Re Henry.
Fine undicesima parte