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Autore: Woody Lee    29/09/2021    1 recensioni
"Ne ho visti di casini nella vita amico, ma questo è enorme!" *Risate*
"Ti posso capire, la fine del mondo fa schifo" *Risate e Applausi*
"Ecco un altro tour introspettivo per voi." *Isteria Generale*
"Un altro? Ma ho appena mangiato!" *Risate e Applausi*
Genere: Dark, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto sarebbe finito. Il tempo, come l’avevamo fatto partire, si sarebbe fermato con un avvenimento che negli anni a seguire, i pochi superstiti, chiameranno ‘Giorno del Giudizio’ o ‘la fine del genere umano”.
Ero alla spiaggia quando appresi la notizia. Il mondo era in anarchia. Rivolte, guerre, omicidi, ingiustizie erano diventati pane quotidiano per gli ultimi programmi tivù a cui era concesso trasmettere. 
Avevo le lacrime agli occhi e non dormivo da due giorni, ero esausto. Le uniche persone a cui tenevo erano morte o chiuse in qualche bunker nel sottosuolo ad aspettare la fine.
Mi sedetti sulla sabbia, fredda. L’oceano pareva troppo irruente per potergli parlare, non avrebbe più ascoltato le parole di un singolo uomo. La tempesta si avvicinava alla costa con una velocità quasi ingannevole, il vento mi fece venire la pelle d’oca. È così che ci si sente prima di morire?

Abbiamo rovinato un mondo intero, usato senza precauzioni e senza sensi di colpa ogni sua fonte di vita ed energia, ucciso ogni animale ormai logorato dalla malattia, dalla fame e siccità così come ormai moriva la gente ogni giorno. Su di un pezzo di carta scrissi il mio nome e lo lasciai volare via, trasportato dal vento e provai ad immaginarmi il suo percorso tra strade vuote, palazzi abbandonati e spenti, blocchi di cemento altissimi, scatole di lamiere. Mi immaginai un bambino che guardava volare quel pezzo di carta e farsi domande a cui nessuno avrebbe risposto. Mi immaginai una donna, la quale volevo del bene, odiarsi per tutto quello che era senza rimorso. Mi immaginai un vecchio, al culmine della sua vita, riflettere sui suoi errori e a come proteggersi da ogni autocommiserazione. Vorrei che ci fosse un modo per riconoscere i ‘bei vecchi tempi’ prima di lasciarseli alle spalle, viverli fino in fondo ed esserne felici e dire “io sono qui, lo sono stato e ci sarò ancora”. 
Il mio nome sul pezzo di carta svolazzava in un punto imprecisato del mondo, ben lontano da me. Cadde sulle ginocchia di una giovane ragazza, anch’essa presa dai suoi terribili pensieri. La sua famiglia giaceva accanto a lei, dormivano tutti. Lèsse il mio nome più volte per non dimenticarlo, quello sarebbe stato l’ultimo contatto con un altro suo simile, l’ultima persona che avrebbe mai conosciuto. Si ricordò del suo vecchio amore, svanito nel nulla, dimenticato nel tempo e pianse. Un padre, accanto a lei, le strinse la mano e le stette vicino coccolandola.
Mi alzai in piedi e mi avvicinai all’acqua. Solo alla vista pareva essere gelida, portatrice di sciagure. Mi tolsi le scarpe e mi bagnai i piedi. Il fiato si mozzò dal freddo.

Ovunque alla fine dei tempi. Ecco dov’ero. 

Prima non era così, tutti avevano da fare. C’era chi aveva un lavoro, chi aveva un hobby, chi aveva semplicemente voglia di uscire di casa e passeggiare, chi telefonava ad un amico, chi si sposava, chi si lasciava, chi dava un bacio alla mamma, chi aveva il compito di fare la spesa, di pagare le bollette, chi faceva un viaggio, chi finiva in manette, chi cucinava, chi rideva per una battuta, chi si prendeva cura degli altri, chi lèggeva un libro, chi scriveva una poesia, chi guardava un film, c’era chi ascoltava e chi faceva la musica, chi urlava e chi bisbigliava, chi amava, chi odiava, chi correva, chi saltava, chi prendeva i soldi e chi li perdeva, chi moriva, chi nasceva, chi si dava la colpa, chi si abbracciava, chi salvava una vita, chi aveva il potere di eliminarne una. C’erano così tante cose da fare prima ma nessuno capiva che quello era il senso compiuto di una vita. Fare. Fare cose per renderci simili agli altri. Essere simili agli altri per fare cose. Per non essere soli. Anche io facevo cose, mi divertivo, mi teneva in forma, sia di corpo che di mente, ora tutto è spento. Riesco a percepire il pentimento nell’aria, la paura e la pietà.

Scrissi il mio nome sulla sabbia con un bastone cosicché dall’alto potessero riconoscermi e dire “Ecco un altro che vuole misericordia”. 
Feci un passo nell’acqua e le mie caviglie quasi cedettero. 

La guerra nucleare era imminente e non ci sarebbe rimasto più nulla da ammirare per ricordare l’umanità. Avremmo deciso di distruggere tutto pur di svanire da questo pianeta, il nostro orgoglio ed egoismo non avrebbero lasciato scampo a nessuno e a niente. Ogni forma d’arte, dalla più insignificante alla più grande rivelazione artistica, sarebbe passata inosservata a chiunque vedendo la grande superficialità a cui l’uomo si era abituato fin dalla sua nascita evolutiva. Magari non all’inizio, ma col tempo ci siamo riusciti. 
Io, un misero uomo, con mezzo busto in acqua, avrei deciso con la mia mente e con la mia volontà come finire la mia vita. L’unica certezza ormai, sentita fin dentro alle ossa da tutti, era che la morte, in quel caso, dovesse essere una decisione personale, un traguardo da raggiungere con la sola forza di volontà; chi diceva che era per avere una fine diversa da quella degli animali, per distinguerci. Morire da essere umano.

Chiusi gli occhi. Feci un altro passo. L’acqua mi arrivava al petto. L’oceano era attorno a me. Mi chiuse in un pugno, pronto tirarmi verso il basso e farmi suo per sempre e io lo volevo. Lo decisi nell’istante in cui nella mia mente apparve mia sorella che chiamava il mio nome, forse lo stava leggendo sul pezzo di carta o dall’alto, sulla spiaggia. Io sapevo di essere pronto.
L’acqua mi coprì la testa e mi unii ad essa senza paura. Le bolle di aria mi accarezzavano il viso salendo in superficie. Aprii gli occhi e sorrisi. Le mie lacrime avrebbero viaggiato nell’eco sistema oceanico per sempre, così volevo credere. I suoni ovattati delle onde e le pulsazioni del mio cuore che rallentavano. Un fulmine esplose a pochi metri da me. Sentii la sua energia passarmi il corpo facendomi provare gli ultimi brividi negli ultimi istanti. 

Ero dove volevo essere. 
Ovunque alla fine dei tempi. 
Ecco dov’erano tutti. 








  
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