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Autore: Yellow Canadair    29/09/2021    1 recensioni
Yoko aprì la porta di uno spiraglio, la catenella di sicurezza non permise altro; le arrivò in volto una sferzata di acqua gelida.
Un lampo cadde davanti alla casa, illuminando per un istante il volto pallido e stanco di quello che una volta era il suo più pericoloso nemico, il lacchè di Adiane, il valoroso avversario di Kamina. E infine il Capitano della Super Galaxy Dai-Gurren, da qualche anno.
Era bagnato, il vecchio mantello che lo avvolgeva rivelava i vestiti strappati, e si reggeva in piedi aggrappandosi a un rudimentale bastone storto e ancora pieno di foglie, forse caduto da qualche albero.
Yoko tolse la catenella e spalancò la porta.
«Ce ne hai messo di tempo.» la rimproverò senza forza.
«Che diavolo ci f… ehi!» esclamò Yoko con uno scatto in avanti. Lo prese maldestramente mentre collassava al suolo, e sfiorando la pelle pallida dell’uomo-bestia si rese conto che qualcosa non andava.
«Sei caldissimo…» mormorò Yoko. A fatica fece passare un braccio di Viral sopra le proprie spalle e lo trascinò dentro casa, chiudendo con un calcio la porta.
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Viral, Yoko Littner
Note: What if? | Avvertimenti: Non-con, Tematiche delicate, Violenza
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Vecchi amici, incubi e notti di pioggia

avvertimenti: tematiche delicate, descrizione vaga di non-con passate.

 

Yoko non aveva paura dei tuoni. A volte la inquietavano, perché il loro fragore le riportava alla memoria il villaggio di Littner, i combattimenti, le esplosioni nel cielo che si portavano via i suoi amici. Però non li temeva perché alla fin fine erano solo tuoni. Era solo pioggia che batteva sul tetto della sua casetta nel prato della scuola, e vento che bussava alle imposte.

Era al sicuro dentro casa sua, nella piccola isola che ormai l'aveva adottata, al calduccio nel suo letto e felice con un libro che stava leggendo: l'indomani ne avrebbe letto un brano in classe ad alta voce, e avrebbe lasciato che i "suoi bambini" lo commentassero liberamente tutti insieme. Con questo pensiero rassicurante in testa e i vestiti già pronti sulla sedia per essere indossati alle sette del giorno dopo, Yoko andò a dormire, spense la lucina sul comodino, diede un'ultima occhiata alle sfavillanti notizie della idol Kyal riportate da una rivista, e si addormentò cullata dalla pioggia che cadeva incessante fuori dalla casa.

Saranno state le tre e mezzo.

Il temporale infuriava ancora.

Rumori strani.

Bam bam bam.

No, impossibile. Era la tempesta. Forse avrebbe dovuto tagliare dei rami pericolanti, il giorno dopo, o avrebbe rischiato di ritrovarseli in testa mentre stendeva il bucato all'aperto.

Bam bam bam!!

Non erano i rami.

Yoko spalancò gli occhi nel buio. Si tirò a sedere sul letto allarmata.

Bam!!

La porta d'ingresso. Qualcuno stava bussando alla porta d'ingresso!

Era notte fonda e la tempesta era furiosa, il vento scuoteva la casa e faceva tremare le tegole.

Yoko scese dal letto e si infilò la camicia da notte. Andò dietro l'armadio e prese il suo fucile. Era sempre pronto all'uso: gli tolse la sicura e avanzò nel buio del corridoio.

Bam… Bam…

Bam…

I colpi perdevano di intensità.

«Chi è?» gridò Yoko una volta giunta davanti all'ingresso sbarrato.

Una voce graffiante e roca attraversò il legno: «Sono Viral.»

Yoko aprì la porta di uno spiraglio, la catenella di sicurezza non permise altro; le arrivò in volto una sferzata di acqua gelida.

Un lampo cadde davanti alla casa, illuminando per un istante il volto pallido e stanco di quello che una volta era il suo più pericoloso nemico, il lacchè di Adiane, il valoroso avversario di Kamina. E infine il Capitano della Super Galaxy Dai-Gurren, da qualche anno.

Era bagnato, il vecchio mantello che lo avvolgeva rivelava i vestiti strappati, e si reggeva in piedi aggrappandosi a un rudimentale bastone storto e ancora pieno di foglie, forse caduto da qualche albero.

Yoko tolse la catenella e spalancò la porta.

«Ce ne hai messo di tempo.» la rimproverò senza forza.

«Che diavolo ci f… ehi!» esclamò Yoko con uno scatto in avanti. Lo prese maldestramente mentre collassava al suolo, e sfiorando la pelle pallida dell’uomo-bestia si rese conto che qualcosa non andava.

«Sei caldissimo…» mormorò Yoko. A fatica fece passare un braccio di Viral sopra le proprie spalle e lo trascinò dentro casa, chiudendo con un calcio la porta.

La presa però scivolò sui vestiti bagnati e si accasciarono insieme per terra, così Yoko distese l'uomo-bestia sul pavimento dell'ingresso. Immediatamente si formò una pozzanghera sotto al suo corpo, era fradicio come dopo un tuffo in mare.

Aveva la febbre altissima. Che ci faceva lì?! Ma le domande le avrebbe fatte dopo. Yoko si alzò in piedi e corse a prendere delle coperte pulite e degli asciugamani, e aprì il divano letto in sala da pranzo.

Tornò vicino a Viral e cominciò a spogliarlo, mettendo da parte il suo vecchio mantello (lo riconosceva, era quello che aveva molti anni fa quando combatterono insieme a Kamina City) e togliendogli la tecnologica tuta ormai a brandelli, aiutandosi anche con un coltellino affilato per rimuovere i poveri resti di quella divisa.

Non sembrava ferito: forse lo era stato, ma Viral aveva un potere di rigenerazione molto potente; Yoko passò in rassegna le membra del compagno, trovando solo cicatrici più vecchie, che biancheggiavano nella pelle pallida. Non gli tolse gli indumenti intimi, ma lo avvolse in una coperta asciutta.

Quando accolse i lunghi capelli biondi in un asciugamano, Viral aprì leggermente gli occhi e lei si fermò.

«Ehi, tutto ok? Sei dentro casa, adesso ti sposto sul divano e starai meglio…»

Ma l'uomo-bestia non rispose, strinse i denti e sospirò pesantemente, prima di chiudere di nuovo gli occhi.

Yoko gli passò una mano sulla fronte: scottava di brutto, era sicuramente oltre i trentanove.

Radunò tutte le forze che aveva e sollevò Viral con la presa del pompiere. Maledizione, quando il preside della scuola era svenuto e bisognava portarlo in infermeria le era riuscita bene, ma Viral era ben più alto e atletico del preside, almeno due metri di rabbia e nervi e artigli, Yoko si sentì quasi spezzare sotto di lui. Per fortuna, forse per istinto, Viral puntò i piedi a terra, reggendo parte del peso, e il divano era vicino e invitante.

Con la massima attenzione per non fargli battere la testa, Yoko depositò finalmente l'uomo-bestia sul materasso morbido.

«Viral, mi senti?» chiamò Yoko piazzandosi i pugni sui fianchi. «Che ti è successo? Viral?»

L'uomo-bestia aprì di poco le palpebre, le iridi dorate vagarono confuse.

Non era in sé, pensò Yoko scuotendo la testa.

Servivano gli antipiretici: bisognava fargli scendere quella febbre.

Yoko andò a prendere una bustina di un farmaco che di solito usava per i malanni stagionali. Versò mezza bustina in un bicchiere, poi ci ripensò e la versò tutta, e mescolò con un cucchiaino.

Tornò da Viral, posò il bicchiere sul tavolino e si sedette accanto a lui direttamente sul letto. Lo tirò su fino a fargli posare le spalle più in alto, sul bracciolo del divano.

«Viral, ehi, mi senti? Devi bere. Dai.» gli tenne dritta la testa tra l’incavo del gomito e il petto, e gli avvicinò alla bocca il bicchiere di medicina.

Viral aprì di poco le fauci, e Yoko con precauzione gli fece bere il contenuto del bicchiere.

«Oh, bravo, così…»

Fece una pausa. Poi continuò, sempre tenendo Viral contro di sé e mormorandogli parole di incoraggiamento.

Quando il bicchiere fu vuotato fino all'ultimo granello di medicinale, Yoko aiutò Viral a tornare sotto le coperte, poi andò a prendere il phon e cominciò ad asciugare quei lunghi capelli biondi, sporchi per la pioggia, per il fango e per le esplosioni cui Viral aveva certamente assistito. Ci passò le dita dentro per districarli, tenendo la forza del getto al minimo per non disturbare più del necessario l'uomo-bestia che combatteva in silenzio contro un nemico invisibile.

Quando i capelli furono asciutti, andò a prendere il termometro per misurare la febbre. Gli aveva dato il medicinale a cuor leggero: era ovvio che superasse i trentotto gradi; però voleva essere certa che non superasse i limiti umani, o avrebbe dovuto chiamare d’urgenza in ospedale.

Andò nel bagno a prendere il termometro, e prese anche una bacinella, e la riempì di acqua fredda. Fece a pezzi una vecchia maglietta di cotone pulita e la gettò alla rinfusa nell'acqua fredda.

«Che razza di botta era per stendere una testa dura come te?» gli chiese, mentre tornava accanto al suo ospite, anche se sapeva che non le avrebbe risposto. «Domani mi dovrai raccontare tutto.»

Sollevò delicatamente la trapunta per non far prendere troppo freddo al suo ospite, spostò piano il braccio destro, e ci infilò sotto il termometro a mercurio. Era freddo, Viral si mosse per l’intrusione indesiderata, ma Yoko gli risistemò la coperta e subito tornò immobile.

Poi prese la prima pezza, la strizzò, e la posò sulla fronte incandescente di Viral.

La sua espressione sembrò sollevata, mosse la testa come a cercare di più il contatto con la pezza fredda.

«Ah, queste cose da umani funzionano anche con te, vedo.» commentò Yoko.

Cambiò la pezza, ormai calda, e ne mise una nuova e fresca. Viral cercava inconsciamente il sollievo di quei pezzi di stoffa.

«Sempre a rischiare l'osso del collo, hai finito col diventare come il resto della Brigata...»

Si interruppe.

L'uomo-bestia aveva affondato gli artigli nel divano, il corpo si era irrigidito di colpo.

«A… Adiane...»

La febbre alta l'aveva portato al delirio. Bisognava aspettare che la medicina facesse effetto.

«Quella vecchia strega non c'è più…» sussurrò pazientemente Yoko.

«Mi dispiace… mi dispiace, la prego…» mormorò la voce rauca di Viral.

Yoko strinse le labbra. Chissà che diavolo stava sognando. Gli cambiò di nuovo la pezza, gli ravviò i capelli per non bagnarli con la nuova, e gli rimboccò meglio le coperte.

«La prego non… non fallirò ancora, non mi…» aprì gli occhi di scatto, Yoko fece un balzo all'indietro.

L'espressione di Viral lo faceva sembrare più giovane di almeno vent'anni, era terrorizzato, stava tremando.

«La prego, mi perdoni… mi perdoni…» Yoko era interdetta. Che razza di rapporto malato aveva avuto Viral con il suo Generale? Con mani svelte sollevò un lembo della coperta per togliere il termometro: non sia mai che con un movimento inconsulto si rompesse lì, in mezzo al divano-letto.

«È tutto a posto, è tutto a posto…» cercò di rassicurarlo la maestra, estraendo il termometro. «Sono Yoko… ti ricordi di me? La… la scimmia nuda. La donna del Gurren Lagann.» disse sperando che quelle parole facessero breccia nella nebbia.

Quaranta e due. Yoko impallidì.

Viral richiuse gli occhi, una pezza fredda si depositò sulla sua fronte e sembrò perdere quelle povere energie che aveva.

Yoko decise di aspettare mezz’ora: se non avesse cominciato a sfebbrare, avrebbe chiamato il medico.

Pezza dopo pezza, Viral rimaneva caldissimo, mentre la pioggia fuori continuava a cadere.

E lui continuava a mormorare. Basta. La prego. Quello no.

Fu solo verso l'alba che il termometro tornò al di sotto dei trentotto.

Yoko sospirò e aggiustò le coperte del suo ospite. Stava morendo di sonno, ma non aveva avuto cuore di lasciare il vecchio compagno in preda agli spasmi della febbre.

Era vero che gli inizi, con lui, non erano stati dei migliori. Che diamine, l'aveva persino rapita! Però erano passati almeno quindici anni. Era diventato parte della famiglia Dai-Gurren. Simon era stato così contento di averlo al suo matrimonio!

Cosa ci facesse lì, Yoko non ne aveva idea. Però aveva bussato alla sua porta, le aveva chiesto aiuto, e lei gli era rimasta vicino fino allo scampato pericolo.

Aveva delirato parecchio. Ed era stato agghiacciante, uno spaccato del passato del soldato che Yoko non si sarebbe mai aspettata: la pregava di fermarsi, di non fargli del male, di perdonarlo. Tremava, mentre diceva quelle cose.

Adiane lo torturava?

Le cicatrici che aveva… era stata quella donna-bestia, a fargliele?

Beh, se le meritava tutte, pensò Yoko. Inutile raccontarsi favole, Viral in quel periodo aveva ucciso e tormentato gli umani che tornavano in superficie.

Ma quel pensiero non la consolò. Forse l'età, e lo stare tanto a contatto con i bambini, ma non riusciva a provare sentimenti di vendetta verso una persona che ormai era un vecchio amico.

Era solo un povero cristo che le aveva chiesto aiuto.

Gli rimboccò le coperte e si avviò verso la camera da letto: dormiva tranquillo, e forse anche lei sarebbe riuscita a farsi un paio d'ore di sonno.

 

~

 

"Sono a scuola! Tornerò per pranzo. Acqua e qualcosa da mangiare sono accanto a te nel salotto, cucina e bagno sono a tua disposizione.

Non so che diavolo ci fai qui, ma non provare a scappare mentre non ci sono altrimenti chiamo Leeron.

Yoko"

Viral si prese la testa tra le mani. Aveva ancora la febbre, ma era riuscito a mettersi seduto per bere l'acqua dalla caraffa che Yoko gli aveva lasciato vicino al divano-letto.

No, per carità. Niente Leeron. Avrebbe aspettato la donna, l'avrebbe ringraziata, e poi avrebbe chiamato qualcuno per farsi venire a recuperare.

Erano anni che non aveva la febbre. Così alta, per di più. Si sentiva debole e spossato.

Ed era nudo, cosa che lo metteva decisamente a disagio. Era stata la donna a spogliarlo? Probabile. La sera precedente c'era un temporale tremendo, i suoi vestiti dovevano essere completamente bagnati, se non distrutti dalla polvere cosmica.

C'era un tovagliolo bianco di bucato che copriva qualcosa sul tavolino vicino a lui. Lo prese tra due artigli e ne sollevò un lembo: c'era del pane.

Scosse la testa, nauseato: l'idea di mangiare gli diede allo stomaco, e ricoprì il pane.

Si guardò intorno: il salotto di casa di Yoko era piccolo, ma confortevole e moderno. Una parete era interamente rivestita da una grande libreria, e dall'altra parte della stanza c'era una poltrona e un tavolino: evidente postazione della donna quando voleva rilassarsi leggendo.

Il lato opposto invece ospitava un mobile basso il cui ripiano era zeppo di fotografie in cornice. Da dov'era, e con la febbre che lo cuoceva a fuoco lento, non riconosceva i volti, ma capiva che erano tante foto di gruppo.

Si versò un dito d'acqua e lo bevve a piccoli sorsi. Poi si rimise sotto le coperte, spossato, coprendosi gli occhi con una mano artigliata. Si sentiva agitato, si strinse al petto la trapunta con la quale Yoko l'aveva avvolto la sera prima. Adiane. Sentiva nelle orecchie la voce di Adiane. Era morta, non esisteva più. Era morta molto tempo fa. E allora perché arrivava, nella notte, a gridargli che era un traditore, che era un buono a nulla, che era la vergogna dell'esercito di Lord Genome…

Viral scattò in piedi, tenendosi la coperta sulle spalle e barcollando via da quel letto che stava diventando una graticola.

Si guardò attorno, alla ricerca di qualche distrazione che lo trascinasse via dagli incubi. Improvvisamente quelle fotografie incorniciate gli sembrarono interessanti, o almeno in grado di allontanare i suoi fantasmi per un po'.

Si tolse i capelli dalla faccia quando arrivò al cospetto del mobile delle foto.

Quelle che gli erano sembrate foto di gruppo in realtà erano foto di mocciosi umani. E in mezzo a loro, in ogni foto, c'era Yoko.

Una maestra con i suoi alunni, anno dopo anno, classe dopo classe. Viral cercò un moccioso-bestia.

Ma fu inutile: gli uomini-bestia non hanno il potere della Spirale.

Non hanno figli.

Guardò una bambina bionda attaccata alla gonna lunga di Yoko, con un cerchietto di fiori bianchi in testa e la donna che si chinava verso di lei.

Distolse lo sguardo, fece faticosamente un altro passo e vide Kamina.

Era esattamente come lo ricordava, con quel ghigno da stronzo, i tatuaggi, gli occhiali da sole assurdi. Non era una foto, ma un piccolo ritratto.

Viral rilassò le spalle. «Sei rimasto nella memoria dei tuoi compagni, eh, scimmia nuda?» gli disse ghignando.

Accanto al ritratto c'era una foto del suo compare, quello rissoso, Kittan. Attorno a loro, altri volti che erano scomparsi in quella maledetta notte mentre lui e Simon pilotavano il Gurren Lagann e cercavano di riportare a casa tutti quanti.

Si sorprese nel trovare anche lui stesso, tra le foto di gruppo. Non tagliato, non in una cornice defilata. In mezzo agli altri, come membro della Brigata Dai-Gurren.

Erano le foto del matrimonio di Simon e Nia, ma non solo: anche belle foto scattate in momenti di calma al quartier generale, una gita tutti insieme alla quale non voleva andare ma Kiyoh aveva insistito, la festa per il secondogenito di Daiakka e Kiyoh...

Era al limite: diede un altro sguardo di sfuggita al volto di Kamina, poi tornò nel letto, si chiuse la coperta sopra la testa, e scivolò in un sonno nebbioso e confuso.

 

~

 

Yoko percorse i pochi metri tra la scuola e la foresteria dove abitava più in fretta del solito.

Arrivò alla casa e aprì con precauzione la porta, ben attenta a non sbatterla. Nel salotto non c’era nessuno. Letto divelto.

«Buongiorno. Giornata interessante, a scuola?»

Si girò verso la cucina.

Viral era in piedi vicino alla finestra, con i tendaggi verde acqua ben chiusi, da cui filtrava la luce esterna.

«Oh, sei sveglio.» disse lei tirando il fiato. Poi ci pensò: «Come fai a sapere che io…?»

«Che lavori in una scuola?» disse con voce roca Viral. «Il casino che fanno i mocciosi arriva fin qui. E ti ho vista lì dentro dalle finestre. Non era un grande mistero.» concluse.

«Bene, visto che sei in piedi e hai voglia di chiacchierare… che ci fai qui? Saranno almeno tre anni che non vedo la tua faccia!» disse togliendosi il soprabito. «Da quando ti avevano sbagliato il taglio di capelli, e dovevi prendere servizio sulla Super Galaxy Dai-Gurren.» si ricordò, richiamando alla memoria un caschetto biondo e striminzito risalente ad alcuni anni prima.

«Già…» mormorò Viral toccandosi le punte dei capelli ormai lunghi. «Ero in missione diplomatica, eravamo appena entrati in orbita quando uno dei pannelli della carlinga ha avuto problema… sono uscito per ripararlo e…»

«Tu sei uscito a ripararlo? Il capitano? Non c'era un meccanico a bordo?» chiese sospettosa Yoko riponendo il soprabito sul suo braccio, prima di portarlo nell’armadio.

«C'era. Siamo andati insieme, ma siamo stati sorpresi da una tempesta cosmica che ha investito l'aeronave…» si prese una sedia, ci si accomodò sopra al contrario, a cavalcioni, appoggiando le braccia sullo schienale.

«Lui è riuscito a tornare dentro, io sono stato scaraventato verso la Terra.»

«Meno male…»

«Un rischio da correre.» minimizzò Viral. «L'astronave rischiava di essere risucchiata dalla tempesta, invece è riuscita a mettersi in salvo.»

«E tu come hai fatto a sopravvivere?» Yoko si sedette vicinissima a lui e posò la testa sulle braccia, sopra il tavolo, in ascolto della storia.

«La tuta che avevo addosso era progettata per difendermi dalle radiazioni e dalla polvere geospaziale… e anche dal contatto con l'atmosfera. Negli ultimi dieci chilometri di caduta però si è surriscaldata, il paracadute si è aperto solo parzialmente, ma sono riuscito a impostare una rotta di emergenza in modo da finire nel braccio di mare davanti a un'isola...»

«Questa.»

Viral annuì, e si ammutolì all'improvviso. Sembrava stesse riprendendo fiato. In effetti era stato un monologo piuttosto lungo, per i suoi standard.

«Rimettiti a letto!» lo esortò Yoko alzandosi e facendo per aiutarlo a rialzarsi. «Te la sei vista brutta stanotte. Non ti sforzare.»

«Umpf» sbottò l'uomo-bestia, levandosi in piedi senza bisogno di aiuto. «Il peggio è passato, ehi! Ehi!» protestò vedendo le mani di Yoko raggiungere la propria fronte. Ma le mani della maestra erano abituate a quelle anguille dei suoi alunni.

«Hai ancora la febbre alta! Hai preso le medicine che ti ho lasciato?»

«Non sono necessarie. Sto bene e ripartirò al più presto. Mi serve solo un telefono.»

Yoko scosse la testa. «Non hai acceso la televisione, vero? Le comunicazioni sono interrotte per via di una tempesta cosmica. I telefoni non funzionano.»

Viral strinse i denti. «Non ci voleva...»

«Non cambiare argomento.» disse Yoko, tenendo tra due dita la bustina azzurra. «Adesso prendi questa, ok? Tanto non ti faccio muovere da qui, in queste condizioni. E oggi pomeriggio passa il mio medico, così ti darà un'occhiata.»

 

~

 

Viral non fu d'accordo, ma la febbre salì di nuovo nel pomeriggio, e superati i trentotto gradi perse ogni diritto decisionale. Riposava nel divano-letto e Yoko rimaneva attorno a lui, controllando che la febbre non salisse troppo.

Gli posò l'ennesima pezza fresca sulla fronte rovente, spostandogli i capelli con gentilezza.

«Tutto questo trattamento… non hai altro da fare?» mormorò Viral senza aprire gli occhi.

«Non sei proprio abituato a queste cose, vero?» rispose Yoko. «È normale aiutare un compagno, no? E poi sei stato tu a venire qui.»

«Non pensavo di fermarmi… volevo solo usare il telefono.» si spiegò l'uomo-bestia.

«Potevo sempre mollarti svenuto sullo zerbino e farti aspettare lì che tornasse la linea telefonica. Scenario migliore?»

Viral ghignò lievemente. «Meglio ora.»

Yoko rispose ilare: «Oh, "meglio ora"? Allora anche il rude Viral apprezza un po' di contatto umano!»

L'uomo-bestia sospirò, ma non aggiunse altro.

«Cerca di stare tranquillo. Hai sentito il dottore… potrebbe essere una risposta del tuo corpo allo stress del naufragio, e alle ferite.»

«Impossibile.» la beffò Viral. «La rigenerazione che mi ha donato Lord Genome…»

«Rigenera il tuo corpo, non cura la febbre. E non serve a nulla contro tutto il freddo che hai preso e la fatica che hai fatto per non lasciarci la pelle» gli ricordò Yoko.

 

~

 

Viral scattò a sedere sul letto. Ansimava. Aveva la testa piena di paura, una sensazione che gli costringeva i polmoni tra dita dure e fredde. Perché da qualche tempo gli incubi erano più frequenti e più vividi? Eppure era convinto di essersi lasciato alle spalle gli anni con Lord Genome, la presenza conturbante del Generale Adiane e quella prepotente di Tymilph.

Alle spalle, come i segni delle frustate che gli lasciava la donna.

Alle spalle, come quando lo immobilizzava e si sfogava su di lui.

I sogni erano vividi, l'angoscia di quei momenti gli calava addosso come un sudario.

Che cazzo, sospirò l'uomo-bestia. Non riusciva a strapparsi i cattivi pensieri dalla testa, era come rimanere impigliati con le gambe a un maledetto lenzuolo unto.

Erano pensieri irrazionali, lo sapeva. Gli arrivavano nel cervello come fitte, e non riusciva a mandarli via definitivamente.

Debole

Traditore

Spazzatura.

La voce di Adiane continuava a tormentarlo. Tymilph rideva, e toccava, e rideva, e si teneva la pancia, la sua risata riempiva la stanza che odorava di sesso e di sangue.

VIRAL. Torna immediatamente qui. Non ho finito.

Viral. Hai sentito cosa ti ha detto il tuo Generale? Obbedisci.

«Viral?»

Viral sobbalzò, i suoi pensieri ossessivi si scontrano con un muro di realtà; nell’oscurità, gli occhi color miele della donna lo scrutavano pieni di apprensione. Una mano era posata delicatamente sulla sua spalla.

«Ehi, ti è successo qualcosa? Un incubo?»

La mano di Viral si chiuse su quella di Yoko, probabilmente senza che nemmeno se ne accorgesse. Con l’altra si coprì il volto e, aiutato dalla maestra, si tirò a sedere sul letto.

«Sto benissimo.» sputò fuori in fretta.

«Non stai benissimo!» protestò Yoko. «Ti svegli in queste condizioni quasi tutte le notti, pensi che non me ne accorga?»

«Donna, non immischiarti.»

Yoko represse il prurito alle mani. Viral aveva la febbre alta da giorni, non voleva infierire. Alla fine scandì: «Sei a casa mia. Nel salotto di casa Littner. Ci siamo solo noi, è tutto tranquillo qui.»

Era un metodo che usava con i bambini nel panico, per arginare le loro paure: descrivere il presente li rassicurava, e mostrava loro che non c’era motivo di aver paura nell’immediato.

Viral sospirò. La presa sulla mano di Yoko si affievolì, finché le due mani si separarono senza una parola.

«Metto su l'acqua. Ormai siamo entrambi svegli, tanto vale farci una bella tisana, no?»

Una tazza fumante fu servita davanti all'uomo-bestia, in una bella tazzina azzurro fumo con il bordino dorato. Yoko si sedette sul bordo del letto accanto a lui, e mise le due tazze e i biscotti sul tavolino del salotto spostato davanti ai loro piedi.

«Questa concilia il sonno. Dovresti riposare meglio.» disse Yoko con dolcezza.

Viral ringraziò con un cenno del capo.

Non riusciva a farlo parlare nemmeno con le formule di cortesia, pensò Yoko, che speranze aveva di fargli vuotare il sacco sugli incubi che evidentemente lo tormentavano?

«Senti, non è affare mio, e non sei costretto a parlarne con me, ma… è tutto a posto? Ti sei agitato molto, stanotte…»

Le labbra di Viral si schiusero, si intravidero i suoi denti aguzzi. Guardò fuori dalla finestra: buio, la pioggia, il silenzio.

«Dev’essere stata la febbre.» mentì.

«Se ti servisse aiuto… lo sai che puoi venire qui, vero?»

«Ho detto qualcosa mentre dormivo?» chiese. L’uomo-bestia non sembrava arrabbiato. Sembrava triste.

Yoko mentì a sua volta: «No. Non si capiva molto.» una parola di troppo, e Viral si sarebbe richiuso nel suo guscio. Inutile metterlo in imbarazzo rivelando di conoscere dettagli fin troppo dolorosi del suo passato.

Viral, sospettoso, sollevò lo sguardo su Yoko: non lo guardava con pietà, ma era preoccupata.

Preoccupata per lui… tsk. Gli umani non se lo riescono proprio a togliere, questo vizio.

 

~

 

Yoko si affacciò all’uscio di casa, e guardò l’astronave ripartire.

Erano passati cinque giorni da quando Viral aveva bussato durante una notte di tempesta, e ne era passato solo uno da quando gli era scesa la febbre senza bisogno di farmaci.

E appena era tornato in condizioni accettabili, aveva telefonato a Kamina City per farsi venire a prendere: Simon era stato più che felice di riavere accanto il proprio co-pilota, sparito nello spazio durante una tempesta cosmica appena dopo un decollo, mentre era fuori dalla nave madre per riparare personalmente un pannello.

La sua rigenerazione era miracolosa, pensò Yoko, ma per quanto fosse potente non c’era proprio nulla da fare per quello che l’uomo-bestia si portava dentro.

Adiane, Tymilph… sepolta nel passato di Viral c’era una storia terribile di cui ora era la solitaria e segreta custode.

Un mezzo saluto prima di partire, un ringraziamento marziale per essersi presa cura di lui.

Il solito Viral, sospirò Yoko.

Almeno, aveva accettato di portare con sé un vasetto della tisana rilassante.

Yoko lo osservò controluce, mentre saliva sulla collina verso il portellone di un’aeronave.

Si voltò, dando le spalle al tramonto. Il vecchio mantello strappato ondeggiava nel vento.

La salutò da lontano.

Yoko rispose, e infine chiuse la porta.

 

 

Dietro le quinte...

Omg!! ho ricominciato a scrivere!! grazie per aver letto! grazie per essere passati!
Aiuto! ditemi voi per favore se sono riuscita a mantenere IC questi due personaggi! Hanno avuto così poche interazioni nel canone, che è stato non poco complicato gestirli, e non sono nemmeno sicura di esserci riuscita! Purtroppo sono parecchio arrugginita con la scrittura, ma spero di essere riuscita a trasmettere qualcosa di carino, con questa breve storia!

Grazie a chiunque sia passato di qui!

Un grazie ancora più grande a chi recensirà!

Yellow Canadair


 

  
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