Yamaguchi era sempre stato un ragazzo timido. Dover dire la sua davanti ad una massa lo aveva sempre fatto sentire a disagio. Eppure ritrovarsi a guidare una squadra gli veniva naturale, stare dietro ai suoi compagni, incitarli e guidarli lo faceva stare bene, lo faceva sentire visto, orgoglioso. Parlando d'orgoglio, doveva tutto al suo primo anno di liceo, al suo primo anno al Karasuno, sì, si era sentito messo in disparte, lasciato all'ombra degli altri primini, ma gli era servito. Lo aveva fatto migliorare, gli aveva fatto alzare la testa e dire: "Ora basta. È il momento di cambiare". E l'aveva fatto, tra alti e bassi, il capo che prima teneva basso per paura di spiccare si è alzato per guidare la squadra. Ricevere la maglia da capitano era stato il suo più grande orgoglio e il suo più grande traguardo. Doveva molto al club di pallavolo del Karasuno: gli aveva insegnato cos'era la dedizione, la sconfitta, l'orgoglio, l'amor proprio, il lavoro di squadra e la passione. E per questo ne sarebbe sempre stato grato.

Quando ricevette la maglia col numero 1 si sentì realizzato, i suoi anni di duro lavoro avevano dato finalmente i loro frutti. Tuttavia non ricordava cosa fosse successo con esattezza: ricordava lo sguardo a metà tra la contentezza e la sfida di Hinata, ricordava lo sguardo impassibile di Kageyama e quello fiero di Yachi, ricordava lo sguardo pieno d'orgoglio di Tsukishima, ma oltre a questo non ricordava nient'altro. Più tardi quella sera, mentre tornavano a casa, ricorda Tsukishima dire: «Te la sei meritata», ma non ricorda di aver risposto a quell'affermazione. Ricorda che la mattina dopo aveva pensato di aver sognato tutto, per poi ricredersi una volta incontrato Tsukishima. Ricorda di aver pensato di non meritarla, di non esserne degno per poi ricredersi quando i suoi amici gli avevano fatto aprire gli occhi su quanto nessuno di loro sarebbe mai stato un capitano migliore. Ricorda le luci, gli applausi, il tifo di quell'anno; ricorda l'amara dolcezza di quel torneo, dell'essere arrivati quasi alla cima. Arrivarono terzi, nel Torneo di Primavera, e questa fu la più grande vittoria sotto il punto personale: i suoi sforzi, la sua passione, la sua dedizione erano state ripagate nel migliore dei modi. Ricorda lo sguardo dispiaciuto di Tsukishima quando gli disse di non avere intenzione di continuare con la pallavolo dopo il liceo, ricorda la rabbia di Kei, la sua frustrazione, le sue urla, ma ricorda anche quando alla fine Kei capì che lui volesse smettere, che era appagato così, che ormai la sua esperienza con quello sport era arrivato al capolinea, per quanto lo amasse ancora. 

Ci ripensa ancora al suo terzo ed ultimo anno al Karasuno, mentre si divide tra college e lavoro, ma non rimpiange le sue scelte e cammina a testa alta qualunque cosa accada; perché se c'è una cosa che il Karasuno gli ha insegnato è proprio il non dover guardare in basso ma alzare la testa, tirarsi su le maniche e lavorare duro per ottenere ciò che si vuole. E i tre anni passati in quel liceo sono ancora catalogati tra i ricordi migliori che possiede.

Note dell'autrice:

Okay, questa è un po' diversa dalle altre storie. Ho voluto incentrarmi su Yamaguchi perché come già detto è uno tra i personaggi più incompresi e meno discussi di Haikyuu. E trovarlo tra i personaggi più odiati di quest'anime mi ha fatto (scusate il francesismo) incazzare di brutto. Quindi ho cercato di rendergli un pochino di giustizia, spero di averlo fatto. Grazie a chiunque leggerà questa one shot, fatemi sapere cosa ne pensate💕