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Autore: crazy lion    04/10/2021    1 recensioni
La caccia. Sin dalla notte dei tempi, l'istinto ancestrale di ogni animale selvatico, e purtroppo, in alcuni casi, anche dell'uomo. Una piccola famiglia di volpi si crede al sicuro nel fitto della foresta, finché la loro quiete non viene spezzata da alcuni colpi di fucile. Sally, unica rimasta, cade in battaglia, ma per sua fortuna qualcuno la aiuterà a salvarsi, in una storia di selvaggia ma dolce amicizia.
Disclaimer: con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare veritiera rappresentazione del carattere di queste persone, né offenderle in alcun modo.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Taylor Swift
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Young-fox-kit


'Cause they got the cages, they got the boxes
And guns
They are the hunters, we are the foxes
And we run
(Taylor Swift, I Know Places)
 
 
 

Taylor e Sally: Amiche e mai nemiche

 
"Che ne dici se facciamo una passeggiata nel bosco, oggi?" chiese Taylor a Joe.
Erano ancora a letto, con i gatti che dormivano intorno a loro: Meredith vicino ai piedi della ragazza, Merlin - il gattino che avevano trovato in quel parco e salvato - accanto a quelli del ragazzo e Olivia e Benjamin in mezzo a loro.
"Perché no?" disse Joe. "Vediamo com'è il tempo, però."
Aprì la finestra e i gatti si lamentarono appena quando videro entrare la luce, ma poi si riaddormentarono.
"Allora?" chiese Taylor con un sorriso.
"C'è il sole, possiamo andare."
Era una domenica di settembre e i due sapevano che avrebbero potuto, purtroppo, sentire degli spari nel bosco. In quel mese, infatti, si apriva la stagione della caccia. Taylor sospirò al solo pensiero. Ricordava che, quando aveva studiato i Greci a scuola, aveva odiato la dea Artemide perché era la dea della caccia. Anche se mangiava carne, prevalentemente pollo e tacchino, era sicura che sarebbe diventata vegetariana se avesse visto ucciderne uno. Aveva deciso, fin dall'adolescenza, di non mangiare certi tipi di carne: la selvaggina, il coniglio, l'agnello e il cavallo. Aveva visto dei video nei quali questi animali erano rinchiusi in delle gabbie piccolissime e sentito il pianto degli agnelli, prima di venire macellati, in un programma. La cosa le aveva fatto tremare il cuore.
"No" si era detta, "Non ne mangerò mai."
"Tesoro?"
Taylor si riscosse dai suoi pensieri.
"Eh? Mi avevi chiamata?"
"Sì, è la terza volta che lo faccio. Va tutto bene?"
"Sì, stavo solo pensando a quanto odio la caccia."
"Anch'io, ma non lasciamo che questo ci rovini la giornata."
"No, infatti."
Ritrovato il sorriso, la ragazza si lavò, si vestì con una tuta da ginnastica e scese in cucina assieme a Joe, che le preparò degli strepitosi waffle con la Nutella. Lei bevve una tazza di latte bianco, che adorava, lui invece optò per un semplice caffè amaro. Dopodiché, si infilarono un paio di scarponi, salirono in macchina e partirono.
Il viaggio per arrivare al bosco durò più di mezz'ora, perché la città era grande e trafficata, ma quando ne uscirono e ci arrivarono parcheggiarono l'auto su un prato vicino a esso e si resero conto del silenzio che permeava tutt'intorno.
"Che pace!" esclamò Taylor.
Si era aspettata di sentire subito degli spari, ma per ora non era così.
Meglio pensò. Speriamo che nessuno cacci, né oggi né mai.
Ma sapeva che era solo un sogno, un desiderio irrealizzabile.
Si inoltrò con Joe nel bosco, calpestando radici e aghi di pino.
"Le fragole!" esclamò a un certo punto, come una bambina di cinque anni la mattina di Natale. "Le prendiamo?"
"Certo."
Le misero in un bicchiere e le lavarono con l'acqua di una borraccia che si erano portati da casa.
"Sono buonissime. Non trovi?" domandò Joe, che se ne cacciò altre in bocca.
"Sono fantastiche."
Mentre camminavano si guardavano intorno. Il vento faceva frinire le foglie degli alberi che cadevano a terra, e che poi loro calpestavano con uno scricchiolio. Il sole era caldo, ma faticava a penetrare fra i rami, quindi in realtà lì l'aria era fresca. Il terreno, purtroppo, era fangoso a causa della pioggia che era caduta nei giorni precedenti.
"Per fortuna ci siamo messi scarpe comode" disse Taylor. "E alte, così ci proteggeremo da questo fango."
Odiava l'idea di doverle pulire, una volta a casa, ma andava fatto.
Uno scoiattolo sfrecciò davanti a loro e si arrampicò su una pianta.
"Hai visto che carino?" domandò Joe alla fidanzata. "Aveva una coda lunghissima."
"È vero, era stupendo. Non ero mai stata tanto vicina a una di queste creature."
E chissà quanti animali si nascondevano nelle loro tane al passaggio di quei due umani, si chiese Taylor mentre procedevano. Raccolsero anche dei funghi, perché Joe se ne intendeva. Trovarono chiodini e porcini e li misero in un sacchetto.
"Oggi ti preparerò una bella pasta con la panna e i funghi pe pranzo, sei contenta?"
Lei sorrise.
"Contentissima. Potrò aiutarti?"
"Ma certo."
Avrebbero dovuto pulirli, lavarli e poi metterli in pentola per cuocerli, ma per il momento si concentrarono solo sulla loro passeggiata. Il bosco si trovava in cima a una collina, per cui il terreno era scosceso, pieno di buche e sassi. Taylor scivolò su uno di essi, probabilmente bagnato, e Joe riuscì ad afferrarla prima che cadesse.
"Grazie" gli rispose lei, mentre ansimava.
"Figurati."
Proseguirono il loro cammino in silenzio, raccogliendo ogni tanto qualche bacca. Adoravano mangiarle, perché sapevano di natura e di purezza e poi non c’era paragone fra queste e quelle da supermercato.
“Sai,” disse Taylor a Joe, “ho sempre amato andare per boschi, fin da bambina. I miei genitori mi ci portavano spesso.”
“E facevano bene. È bello camminare nei boschi.”
“Rilassante” specificò la ragazza.
“Esatto, hai usato l’aggettivo giusto.”
 Un rumore destò la loro attenzione.
 
 
 
Intanto, nel fitto del bosco, una famiglia di volpi mangiava felice. Il padre aveva appena catturato un coniglio che divise con la sua compagna, mentre il loro piccolo succhiava il latte dal seno della madre. Era solo un cucciolo di pochi giorni di vita, aveva appena imparato a camminare e aperto gli occhi. Era una femmina, in realtà.
"Sally, non ti allontanare" le raccomandò la mamma a poppata finita, quando la piccola mosse qualche incerto passo fuori dalla tana.
Il padre la prese fra le zampe e si alzò su quelle posteriori, poi disse:
"Vola!"
e la lanciò in aria.
La piccola rise.
"Ma che fai?" chiese Shali.
"Gioco con mia figlia" disse Lionel.
"E non potresti farlo in modo meno pericoloso?"
"Guarda che sono stato attento. Comunque, tu che gioco faresti, Anne?"
La volpe corse dietro alla figlia, che tentò di muoversi più velocemente che poté. Ma era piccola, ancora malferma sulle gambe e la mamma la lasciò vincere.
"Bravissima!" esclamarono insieme i genitori, poi decisero di fare tutti e tre una passeggiata nel bosco.
"Per cacciare bisogna fare piano, altrimenti le prede scappano" disse Lionel alla figlioletta.
"E a volte è necessario stare acquattati per minuti o ore intere prima di acchiappare qualcosa" aggiunse Anne.
Le stavano insegnando come cacciare attraverso il gioco. La piccola volpe si acquattò a terra e attese. Quando vide il padre camminare tranquillo corse e lo azzannò da dietro, affondando i suoi dentini nella carne del maschio, che si lamentò per il dolore.
"Ti ho fatto troppo male, papà?" chiese Sally.
"No, piccola, tranquilla. Non mi esce nemmeno molto sangue, ora passa."
Il padre andò a lavarsi in un ruscello poco distante e madre e figlia lo seguirono per bere.
"Come ti senti, tesoro?" gli chiese Anne.
"Meglio, grazie. Non esce più sangue. Sally ha i dentini ancora piccoli, non mi ha fatto molto male."
"Comunque sei stata brava, tesoro, hai capito la tecnica" si complimentò con lei Anne.
"Grazie, mamma."
"Figurati, è la verità."
Era un peccato non avere un altro cucciolo con cui giocare, si disse Sally. La mamma e il papà ne avevano avuto un altro assieme a lei, ma era nato morto. Poteva vedere sui loro musi la tristezza e il dolore che questo lutto provocava loro. Le dispiaceva saperli così addolorati, ma non sapendo come aiutarli si dimostrava sempre gioiosa e allegra per farli sorridere.
"Mi dispiace per il fratellino" disse a un certo punto.
Non ne avevano mai parlato.
I genitori si rabbuiarono e lei si chiese se non avesse fatto male a tirare fuori quell'argomento. Ferirli era l'ultima cosa che voleva.
"Anche a noi, tesoro, non sai quanto" rispose Lionel, la voce rotta dal dolore.
"È molto dura" ammise Anne con le lacrime agli occhi. "Ma adesso abbiamo te e siamo felici così. Non dimenticheremo mai il nostro cucciolo e tu non lo sostituirai, perché sarebbe ingiusto e impossibile, ma averti con noi ci dà speranza."
"Esatto. Tu sei la gioia della nostra vita" disse Lionel.
Per la prima volta nella sua breve esistenza, Sally si commosse. Le parole dei genitori erano state forti, d'impatto, e li riteneva molto coraggiosi a voler andare avanti nonostante la sofferenza. Si sentiva lusingata al pensiero di essere la loro ragione di vita.
Diventerò una volpe bravissima, una cacciatrice fantastica! pensò. Così io sarò fiera di me stessa e loro ancora più orgogliosi di me.
"Posso fare una passeggiata da sola? Prometto che no mi allontanerò troppo."
I genitori glielo concessero e la piccola si mise a camminare nel folto del bosco andando sempre un po' più veloce, fino a fare una piccola corsetta. Ma era ancora troppo debole perché durasse a lungo. Difatti, cadde a terra e ruzzolò per qualche metro, sporcandosi di fango. Rise di cuore per la sua goffaggine ed era sicura che, se i genitori l'avessero vista, avrebbero sorriso. La piccola giocò un po' con il fango, impastandolo con le zampe, ma poi qualcosa catturò il suo sguardo. Una rana sguazzava in una pozzanghera lì vicino.
"Potrei prenderla" si disse la piccola.
Se ce l'avesse fatta, sarebbe stata la sua prima preda. Si acquattò, come le avevano insegnato i genitori, e attee. La rana uscì dalla pozzanghera saltellando e la volpe la seguì mentre strisciava sul terreno. La rana gracidò e Sally prese la rincorsa. Ma la sua preda riuscì a fuggire e lei si ritrovò senza niente fra i denti.
Cavolo. Peccato.
Poi arrivarono delle figure che non aveva mai visto prima. Camminavano in posizione eretta, con come gli animali che si muovevano a quattro zampe, e portavano al fianco qualcosa che la volpe non riuscì a vedere. Poi uno di loro tirò fuori quella cosa strana, che Sally non avrebbe saputo nemmeno descrivere, e vi fu un gran fragore. Quando Sally si accorse della lepre a terra e capì che era morta, corse via, verso la tana dei genitori.
"Mamma, papà!" chiamò quando fu vicina. "Ci sono dei cosi che uccidono gli animali!"
I genitori si guardarono.
"Avremmo dovuto parlartene" disse Anne. "Si chiamano cacciatori, uccidono le prece come noi, o le lepri, o gli uccelli."
"Ma perché?"
"Per mangiarli."
Sally si rattristò.
"Non ci faranno del male, vero?"
"Se staremo nella tana, in teoria no" disse Lionel.
Si nascosero tutti e tre al suo interno, mentre gli spari continuavano. Rimasero acquattati, l'uno accanto all'altro.
"Andrà tutto bene" mormoravano i genitori a Sally, ma tutti tremavano.
C'era il pericolo che i cacciatori trovassero la tana.
"E se ci scoprono?" chiese la piccola-
"Non lo faranno" rispose Lionel, mostrando una sicurezza realmente non provata.
Quando gli spari cessarono, Sally avrebbe voluto uscire, ma i genitori le dissero di restare ancora lì per qualche minuto. Volevano assicurarsi che tutto fosse finito, pensò la piccola, per proteggerla.
Ma quando uscirono si accorsero di aver commesso un grave errore. I cacciatori si erano avvicinati alla loro tana più di quanto le volpi avessero immaginato. Sally, paralizzata dal terrore, non riuscì a muoversi e il padre la prese per l'orecchio e la tra trascinò via. Le volpi correvano, mentre i cacciatori le inseguivano, poi spararono. Colpirono il padre alla testa, che cadde sul terreno.
"Papà!" gridò Sally, inorridita dalla ferita e dal sangue.
Poi i cacciatori colpirono anche la madre, nello stesso punto. Sally guaiolò più forte di quanto avesse mai fatto. Aveva assistito al più orribile degli spettacoli. I suoi genitori erano morti e un dolore lancinante le si fece strada nel petto. E adesso toccava a lei.
 
 
 
Taylor e Joe sentirono gli spari, che però cessarono presto,
"Meno male!" esclamò la ragazza.
Ma dopo diversi minuti ripresero e lei e Joe furono colpiti da un verso ce non avevano mai sentito. Sembrava sofferente.
"Andiamo a vedere" le disse il fidanzato e la prese per mano.
Seguirono quello che sembrava tanto un pianto e trovarono una piccola volpe a terra. Il sangue le usciva da un fianco. A poca distanza da lei giacevano altre due volpi, di sicuro i genitori. Ma non respiravano più.
"Oh mio Dio" mormorò Taylor. "Fermi!" esclamò poi, quando i tre cacciatori stavano per sparare di nuovo. "Non vi permetterò di ucciderla."
"Dobbiamo" disse uno di loro, alto e con la barba lunga. "La carne di volpe è secca e densa, perché non ha quasi grasso, ma è molto buona. Quella dei cuccioli, tra l'altro, mmm!"
Il cacciatore si leccò le labbra e i suoi compagni lo imitarono.
Taylor inorridì. Quegli uomini si stavano prendendo gioco di un animale ferito, penando a quando avrebbero potuto gustarlo.
Che schifo! pensò.
"Andate via!" sibilò, guardando ognuno di loro in volto.
"Altrimenti che fai?" le chiese quello che aveva parlato, con aria di sfida.
"Chiamo la polizia."
"Che non ci farà niente, perché la caccia è permessa" disse il secondo, un po' più basso del primo e più vecchio, a giudicare dai capelli grigi.
"Allora la guardia forestale" intervenne Joe. "Sono sicuro che non ve la lasceranno passare liscia."
"Andiamo via" dissero i cacciatori e si allontanarono parlando fra loro.
"I-io mi chiamo Sally" disse la volpe.
"Ha parlato?" chiese Joe.
"Sì, e noi abbiamo capito ciò che ha detto. Com'è possibile?"
"Non lo so." Erano entrambi scioccati. Era tutto assurdo. "Ma non c'è tempo per domande del genere, adesso. Dobbiamo portarla in una clinica veterinaria dove la cureranno."
Taylor si sfilò la camicia e la avvolse attorno al corpo di Sally, per cercare di arrestare l'emorragia. L'indumento si intrise subito di sangue.
"Mio Dio, sta perdendo tantissimo sangue. Sbrighiamoci, forza."
Sapevano che muovendola avrebbero potuto farle più male, ma non c'era il tempo di chiamare una clinica affinché arrivasse qualcuno di più esperto a dire loro cosa fare. Corsero fino all'auto e salirono. Joe prese Sally dalle mani di Taylor e la adagiò in uno scatolone che aveva nel bagagliaio.
"Sei sicuro che non sia privo di polvere?"
"Sicuro, non preoccuparti. Fa' in modo che abbia sempre aria."
Taylor tenne aperto lo scatolone. Sally respirava a fatica. Joe si mise alla guida e partirono di gran carriera. Per fortuna trovarono una clinica veterinaria lì vicino. La portarono dentro e spiegarono a una segretaria, seduta dietro un bancone, cos'era successo.
"Dobbiamo portarla via subito" disse un veterinario chiamato dalla donna. "Ha perso molto sangue."
La tirò fuori dallo scatolone delicatamente, parlandole con dolcezza. Le diceva di non preoccuparsi, che sarebbe andato tutto bene. La volpe guaiolò appena e il veterinario la portò via. A Taylor e Joe non restò altro da fare che sedersi in sala d'aspetto e attendere.
"E se non dovesse farcela?" chiese lei con le lacrime agli occhi.
"Almeno sapremo di aver fatto tutto il possibile per lei" disse Joe, ma anche lui era triste e preoccupato, la fidanzata glielo leggeva in faccia.
"Come mai ha parlato, secondo te?" chiese Taylor.
"Non lo so, magia forse, o magari stiamo solo sognando."
"C'è un modo per scoprirlo, Pizzicati il braccio."
"Ahi!" esclamò Joe dopo averlo fatto,
"Visto? Non stiamo sognando. La magia non esiste, ma non c'è altra spiegazione. Anche se... beh, smettiamola di farci domande e lasciamo che questa cosa sia avvolta dal mistero, anche perché non è la più importante, adesso."
"Hai ragione."
Rimasero in silenzio ad attendere e a sfogliare distrattamente qualche rivista. Il tempo sembrava andare a rallentatore. I minuti divennero ore, e dopo un po' Joe andò a prendere a Taylor, che era sul punto di crollare.
"Bevi qualcosa di caldo, dai. Ti farà bene."
"Che cos'è?"
Le lacrime le appannavano la vista.
"Cioccolata, me ne sono presa una anch'io."
"Grazie."
Bevvero piano, perché scottava, ma il suo calore e gli zuccheri li aiutarono a sentirsi più in forze.
Dopo sette ore di attesa, il veterinario uscì.
"L'intervento è andato bene. Il cucciolo, anzi, la cucciola, è salva."
Taylor e Joe trassero un lungo sospiro di sollievo. La ragazza si era anche recata in una chiesa lì vicino per pregare, mentre aspettava.
"Grazie, Signore!" esclamò. "E grazie anche a lei, le ha salvato la vita."
"Ora dovrà stare qui per qualche giorno e poi andare in un centro di riabilitazione per animali selvatici, prima di essere liberata."
"Io faccio parte di uno di quei centri a Los Angeles, sono una volontaria" disse Taylor. "Ce la posso portare io."
"D'accordo. Volete vederla?"
I due sorrisero e annuirono. Sally era sdraiata in un trasportino, sveglia, ma ogni tanto chiudeva gli occhi.
"È ancora sotto l'effetto dell'anestesia, ma tra poche ore svanirà."
La piccola vomitò, ma il veterinario spiegò che era una reazione che poteva capitare a causa dell'anestesia. Mise la volpe in un altro trasportino e portò via quello sporco.
"Ciao, piccolina" disse Taylor con tutta la dolcezza possibile. "Come ti senti?"
Nessuna risposta.
"Puoi parlare, ora. Siamo soli."
"Ho sonno" disse la piccina.
"Quanto tempo hai?" le chiese la cantante.
"Quattro settimane, ero appena uscita dalla tana. I miei genitori sono morti, vero? Ho provato a svegliarli, ma avevano sempre gli occhi chiusi."
"Sì, purtroppo non ci sono più" le disse Joe. "E ci dispiace tanto. Non è giusto quello che i hanno fatto."
La volpe guaiolò con un verso straziante, che esprimeva tutta la sua sofferenza.
"Adesso, però, ci siamo qui noi, e anche se non siamo i tuoi genitori ci prenderemo cura di te. Verremo a trovarti ogni giorno e quando uscirai di qui ti porteremo in un posto dove ti terranno per un po' prima di liberarti."
"Ma io ho paura! Sono troppo piccola, non ce la faccio da sola."
"Non ti libereremo subito" disse Taylor. "Ma fra qualche mese, quando sarai abbastanza grande da farcela. Non pensarci, adesso."
"E i tuoi genitori ti hanno dato un bellissimo nome" disse Joe.
Certo, era anche assurdo che gli animali dessero i nomi ai cuccioli, in natura questo non accadeva, ma tanto i due ormai erano abituati a quelle stranezze. Ricordavano ancora il giorno, di pochi mesi prima, in cui due bambole di porcellana di Taylor si erano trasformate in due bambine vere per qualche giorno. Sorrisero a quel ricordo.
"Stai pensando ad Hannah e Valentina?" chiese lei,
"Sì, e tu?"
"Idem. Mi mancano tanto! Vorrei che fossero rimaste bambine per sempre e che avessimo detto ai nostri amici di averle adottate o qualcosa del genere."
"Già, ma purtroppo no è stato così, e anche a me dispiace."
Joe sospirò.
Sally chiuse gli occhi e si addormentò.
"Andiamo a casa."
"No, voglio essere qui quando si sveglierà."
"Ma Taylor, sei stanca. Hai bisogno di riposare."
"Sto bene. Portami un'altra cioccolata e qualcosa da mangiare, per favore."
Lui obbedì e le rimase accanto fino a quando, alcune ore dopo, Sally si svegliò. I veterinari erano venuti più volte a controllarla e si erano congratulati con Taylor e Joe.
"Se non l'aveste fasciata e portata qui subito, sarebbe morta di sicuro" aveva detto una dottoressa.
"Meno male che abbiamo fatto la cosa giusta, allora" aveva risposto Joe.
"Siete qui?"
Una piccola vocina li distrasse. Era Sally.
"Sì, tesoro, siamo qui. Non ti abbiamo lasciata."
La volpe inspirò ed espirò profondamente, come se fosse sollevata che non l'avessero fatto.
"Come vi chiamate?"
"Giusto, abbiamo dimenticato di presentarci. Io sono Taylor."
"Ed io Joe."
La piccola provò ad alzarsi in piedi, ma ricadde sul cuscino.
"Non fare sforzi" le disse la ragazza, "o rischierai che ti si tolgano i punti. Per qualche giorno dovrai solo riposare."
"Ho fame."
Taylor uscì e andò a dire a una veterinaria che credeva che la piccola avesse fame.
"Per ora può solo bere, non mangiare carne. Ha quattro settimane, è troppo piccola. Ha bisogno di latte. Normalmente di quello della madre, ma in mancanza di ciò proverei con il latte di capra. Venga."
La accompagnò in una piccola cucina dalla quale tirò fuori una bottiglia dal frigo.
"Ne tenete sempre un po' di scorta?"
"Sì, nel caso ci serva per i cuccioli. Il latte vaccino fa loro male, quello di capra meno." La veterinaria ne scaldò una tazza e la mise in un biberon. "La prenda in braccio e le dia questo."
"Grazie."
Taylor tornò nella piccola stanza, con delicatezza tirò fuori Sally dal trasportino, si sedette e le offrì la tettarella. Dopo un momento di esitazione, la volpe iniziò a succhiare con avidità.
"Guardala, Joe. Come divora!"
"È un bene, vuol dire che si sta riprendendo."
"Fra una settimana inizierà a mangiare la carne, ora è troppo presto" disse Taylor.
La veterinaria non le aveva detto così, lo sapeva perché un'altra volontaria gliel'aveva detto una volta.
Sally trascorse in clinica tre settimane e i suoi progressi si vedevano ogni giorno. Presto ricominciò a camminare e iniziò a bere latte. Aveva sempre molta fame e beveva tanto, cose che la aiutavano a rimettersi in forze. I veterinari le tolsero i punti dopo due settimane. Le sarebbe rimasta una cicatrice sul fianco, ma non importava. Taylor e Joe andavano a trovarla ogni giorno, e quando erano soli le parlavano.
"Siete un po' come la mia mamma e il mio papà. Anche loro erano dolci come voi" disse un giorno Sally, mentre Joe la teneva in braccio e la accarezzava.
"Ne siamo felici" rispose Taylor.
"Quando mi porterete al centro di riabilitazione?"
"Fra una settimana."
"E verrete sempre a trovarmi?"
"Io lavoro lì il pomeriggio, quando non canto."
"Quando non canti, cosa vuol dire?"
"Sono una cantante, una persona che canta per altra gente."
"Non capisco. Cosa vuol dire cantare?"
"Adesso te lo faccio sentire."
"I remember tears streaming down your face
When I said, “I’ll never let you go”
When all those shadows almost killed your light
I remember you said, “Don’t leave me here alone”
But all that’s dead and gone and passed tonight
 
Just close your eyes
The sun is going down
You’ll be alright
No one can hurt you now
Come morning light
You and I’ll be safe and soundDon’t you dare look out your window darling
Everything’s on fire
The war outside our door keeps raging on
Hold onto this lullaby
Even when the music’s gone
Gone
[…]"
"Sei bravissima!" esclamò Sally. "Quindi cantare vuol dire questo?"
"Sì, io canto tante canzoni."
"Joe, canti anche tu?"
"No."
"E allora cosa fai?"
"È difficile da spiegare a qualcuno che non è un umano. Io... io sono un attore, recito nei film."
"Fammi sentire" disse Sally, che appariva sempre più curiosa.
Lui si schiarì la voce e disse qualche battuta di un film in cui aveva recitato, cambiando tono di voce.
"Oh, quindi recitare è questo."
"Esatto."
Passato il periodo in clinica, Taylor e Joe dovettero pagare un'ingente somma di denaro per le cure di Sally. I soldi non erano un problema e lo fecero con piacere, visto che i veterinari erano stati così bravi. Poi presero in mano il trasportino in cui si trovava, salirono in macchina e si diressero a Los Angeles, nel centro di riabilitazione per animali selvatici dove Taylor lavorava.
Tutti i volontari accolsero benissimo Sally, dicendo che il suo pelo rosso era bellissimo.
"La volpe è già stata curata, quindi?" chiese Angela, una volontaria amica di Taylor.
"Sì, in una clinica. Il centro era troppo lontano, sarebbe morta prima di arrivare qui."
"Beh, allora vediamo come si comporta in questi giorni. Facciamola uscire."
La portarono in una stanza nella quale c'erano solo Taylor, Joe, Angela e Sally. La volpe sapeva di non dover parlare in presenza di estranei, o li avrebbe spaventati, e quando uscì, barcollando sulle zampe, fece qualche passo.
"Vedo che è ancora molto provata e stanca" disse Angela. "Anche se, come mi avete detto, ha un grande appetito. Dovrà restare qui quattro mesi, il tempo che i cuccioli passano con la madre, e poi tornare in libertà."
La volpe camminò un altro po', poi si sdraiò a terra e guardò Angela spaventata.
"Non devi avere paura di lei" le disse Taylor. "Vuole aiutarti, come noi, e ti vuole bene."
"È vero" disse la ragazza. "Se non ha bisogno di particolari cure, potremmo anche lasciarla libera in giardino, qualche volta."
Nei giorni che seguirono Taylor e Joe fecero di tutto per passare più tempo possibile con Sally. La coccolavano e giocavano con lei. La ragazza aveva comprato una pallina che la piccola si divertiva a inseguire e a riportare ai due.
"Abbiamo una volpe da riporto!" esclamò Joe.
Quando poté mangiare carne cruda, a cinque settimane di vita, fu ancora più contenta.
"È buonissimo!" esclamò, mentre addentava una coscia di pollo davanti ai due. "Volete provare?"
"No, agli umani questo tipo di carne cruda fa male."
"Davvero? E cosa mangiate, allora?"
Fu Taylor a rispondere.
"La cuciniamo su un fuoco."
"Un fuoco come quelli che si vedono quando qualcuno incendia un bosco?"
"Più o meno" rispose Joe.
Una mattina Angela disse di provare a portare Sally fuori in giardino. Intanto la volpe aveva fatto amicizia con un'altra della sua specie, arrivata al centro con una ferita a una zampa. Le due passavano molto tempo a giocare insieme, visto che avevano la stessa età, e amavano correre e farsi gli agguati.
"Chissà se anche con il mio fratellino avrei fatto così" disse a Taylor.
"Avevi un fratello?"
"Sì, ma è nato morto."
Povera Sally, quante disgrazie le erano capitate.
Una volta in giardino. Taylor e Joe aprirono il trasportino.
"Ora che devo fare?" chiese Sally, che si guardava intorno spaventata.
"Uscire e camminare un po'" le disse il ragazzo.
La volpe fece qualche passo dentro il trasportino, ma poi tornò indietro.
"E se mi succede qualcosa?"
"Non ti accadrà niente, guarderemo ogni tua mossa."
"Prometti, Taylor?"
"Prometto."
Sally le diede la zampa che la ragazza strinse piano, come per suggellare un patto, poi la volpe uscì e ascoltò i suoni della natura. Gli uccellini cinguettavano, in lontananza un cane abbaiava. Mosse qualche incerto passo sull'erba e poi tornò indietro.


"Per oggi basta" disse. "Sono stanca."
Mentre la riportavano dentro, infatti, si addormentò.
"Non è andata bene come speravo" disse Taylor ad Angela. "Sarà rimasta fuori qualche secondo."
"Non importa, è sempre un progresso, anche se piccolo. Faremo altri tentativi."
Giorno dopo giorno la volpe passava sempre più tempo fuori dal trasportino. Camminava, giocava con una foglia, e si acquattava quando vedeva qualcosa che gli umani non riuscivano a captare. Poi strisciava e infine attaccava, tornando con una lucertola in bocca,
"Sta imparando a cacciare!" esclamò Taylor, mentre vedeva la volpe mangiare la lucertola.
Le dispiacque per quel piccolo animaletto, ma le volpi erano carnivore, non poteva farci niente.
E così, passarono quattro mesi nei quali i due fidanzati coccolarono e riempirono di baci Sally. Era un po' come una figlia per loro, come lo erano i gatti di casa. Vederla crescere e diventare sempre più sicura di se stessa era meraviglioso per i due.
"Ora è pronta per andare" disse Angela un giorno. "Ha quattro mesi, può farcela da sola. Portiamo il trasportino nel bosco e vediamo che succede."
Così fecero, ma arrivati lì Sally iniziò ad agitarsi. Era il luogo dov'erano morti i suoi genitori, era normale che si sentisse a disagio.
"Portiamola in un altro bosco. Ce n'è uno qui vicino" disse Angela, dopo che Taylor e Joe le ebbero spiegato qual era il problema.
Così fecero e Sally fu più tranquilla.
"Ora faremo una cosa che si chiama soft release. Apriremo il trasportino e vedremo cosa fa. Se esce, significa che è pronta per andare."
Fu Taylor ad aprirlo, con mani tremanti. Egoisticamente sperò che Sally non si muovesse, che restasse lì dov'era senza nemmeno guardar fuori, perché le voleva bene e non sopportava l'idea di perderla.
La volpe fece qualche passo incerto, poi uscì, tese le orecchie e si guardò intorno.
"Addio, devo andare" mormorò, sentendo il richiamo del bosco e della vita selvatica.
Sussurrò quelle parole così piano che solo Taylor e Joe le sentirono.
"Addio, piccola, buona fortuna" le augurarono tutti e tre.
Poi, commossi, la guardarono andare via. Taylor scoppiò in singhiozzi e Joe la prese fra le braccia.
"Sapevamo che sarebbe andata così" le disse. "Ma capisco il tuo dolore."
La ragazza si calmò presto. Sally se n'era andata, era vero, ma in tutti e tre sarebbe rimasto un bellissimo ricordo.
   
 
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