Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Vallyrock87    06/10/2021    15 recensioni
Quando si arriva al culmine della propria vita e ci si sente di averla vissuta a pieno, l'unico desiderio che alberga nella nostra mente è quella di andarcene serenamente, felici di ciò che abbiamo vissuto , e va bene così, soprattutto quando durante la vecchiaia ci si sante un po' inutili e si è costretti a dipendere dagli altri. Ed è questo che pensano Rin e Kagome, ora ormai al crepuscolo della loro vita, nonostante i loro mariti vogliano regalargli una vita lunga loro preferiscono andarsene con serenità felici di aver vissuto accanto a loro. Ma per Sesshomaru e Inuyasha, questa decisione non è facile da accettare, così quando Kagome se ne va per lasciare questa terra, i due fratelli, un tempo acerrimi nemici, si ritrovano a condividere un dolore che è difficile da colmare, e da dimenticare. Inuyasha, grazie al fratello riesce a ritrovare un senso per vivere e a rinascere a nuova vita, sarà il sostegno di Sesshomaru quando anche quest'ultimo si ritroverà a piangere per la dipartita della sua sposa.
Questa è una One Shot che descriverà le loro sensazioni, ogni minimo sentimento, raccontato come se fosse il loro diario segreto. visto da tre punti di vista diversi.
Genere: Angst, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Rin, Sesshoumaru, Signora Madre | Coppie: Inuyasha/Kagome, Rin/Sesshoumaru
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Da qualche parte nelle terre dell’ovest, dopo molti anni -


 
Da diverso tempo ho ripreso a vagare come facevo una volta, ma da allora sono cambiate diverse cose. Io non sono invecchiato, come demone mi è quasi impossibile. Ho ripreso il mio cammino, per non pensare, per scacciare i pensieri negativi che ultimamente albergano nella mia mente. Ho cercato disperatamente, senza alcun risultato, di riuscire ad allungare la vita di Rin; mia moglie. Ma ogni ricerca che facessi, da ogni essere a cui mi rivolgessi che credevo potesse avere la soluzione per me, rispondeva sempre allo stesso modo: Rin non poteva più essere salvata un'altra volta, non si può sfuggire al demone della morte, quello è un demone che non può essere sconfitto da nessuno. Nemmeno io che sono il più potente fra tutti, posso fare nulla, non questa volta, non più. Così  mi sono ritrovato, senza un valido motivo, a vagare senza una meta. I miei piedi si muovono ma io non li sento più, sono loro a guidare il mio corpo. Una destinazione non c’è, non esiste. Per la prima volta nella mia lunga vita, mi sento impotente, totalmente sconfitto dal destino, un destino che non voglio accettare. Mi sono ritrovato a recarmi sempre meno spesso al villaggio dove ho lasciato Rin bambina, che si è fatta donna, che mi ha amato, che mia ha dato due figlie e che ora ha perso la sua primavera di bambina, di ragazza, di donna. Non sono molte le rughe che solcano il suo viso, nonostante l’età avanzata,  il suo sorriso è rimasto quello di sempre. Ma io non lo voglio vedere, perché davanti a me c’è sempre quella bambina che mi ha salvato nel bosco, perché, si, Rin mi ha salvato da un abisso profondo da cui non sapevo più risalire. Lei mi ha teso la mano e io l’ho afferrata senza chiedermi dove mi avrebbe portato, chi sarei diventato con lei al mio fianco. Poi è arrivato il mio turno di portarla in salvo, e l’ho fatto tante di quelle volte da averne perso il conto, ma ora non lo posso più fare. Lei però lo sa, lei mi conosce, sa quello che provo e sa che mi dovrà lasciare. Una volta mi ha preso le mani tra le sue, raggrinzite ormai dal tempo, poi mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha detto:

- Signor Sesshomaru, mio unico amore. So che vi dovrò lasciare, ma non piangete per me perché io sarò sempre con voi anche se non sarò più qui con il corpo. –

Quelle parole le ho impresse nel mio cuore,  nella mia anima, per non dimenticarle mai. Avrei voluto risponderle che avrei continuato a cercare, che sarei riuscito a donarle la vita eterna, ma lei come se mi leggesse dentro, come se avvertisse la mia sofferenza, aggiunse:

- Non cercate di allungare ancora la mia vita, non ho bisogno di viverne un'altra. Voi me ne avete fatte vivere molte al vostro fianco. Sono stata felice con voi e con questa felicità me ne voglio andare. Lasciate che io vada, non ho rimpianti di nessun genere. Non so quanto avrò ancora da vivere, ma quando verrà il momento me ne andrò serena, perché voi mi avete regalato la felicità e l’amore di una famiglia. Era tutto ciò di cui avevo bisogno. Io sarò sempre accanto a voi. Non dimenticatevi mai di me. –

Dopo aver udito quelle parole, me ne andai come se stessi scappando, come se quelle stesse parole mi stessero inseguendo e io non potessi fare nulla per fermarle. Non le avevo detto una parola, non ci riuscivo, non c’era nulla da dire. Mi sembrava anche di averla sentita chiamare il mio nome, ma non mi voltai, avvertivo un’ enorme macigno premere  sul mio stomaco, era una sensazione strana che non mi sapevo spiegare. Per diverso tempo, non tornai al villaggio. Non la volevo vedere, non  volevo accettare quella realtà che me l’avrebbe portata via. Non volevo stare lì, fermo e immobile ad aspettare che il tempo passasse. Ed è da quel momento che ho iniziato a vagare senza una meta precisa.

 
Ora sono tornato, dopo non so quanto tempo, forse sono passati mesi, forse un anno? Non saprei dirlo di preciso. Prima di rientrare al villaggio, mi ritrovo a passare vicino ad un enorme distesa di ciliegi in fiore. Il vento porta sotto il mio naso un petalo dei loro fiori. È primavera, per questo quegli alberi sono fioriti. Oltre a quel petalo roseo, il vento mi porta un odore che conosco bene. Sento un gemito provenire dalla stessa direzione da cui proveniva quella brezza, è come se nei dintorni ci sia un animale ferito o qualcosa di simile. Non sono solito fermarmi a soccorrere i feriti, ma questa volta, il mio corpo si muove nuovamente da solo. Seguo quel gemito, finché non mi porta al centro di quei ciliegi. In ginocchio tra gli alberi, con il capo chino c’è qualcuno di cui da tempo non so nulla. Da quando la sua umana si è ammalata e si è rifugiato da qualche parte; forse sui monti, forse vicino al mare, non lo so di preciso e nemmeno mi sono mai interessato di sapere dove fosse. La sua vita non mi è mai riguardata più di tanto;  o almeno era quello che ho sempre detto a me stesso, non comprendendo realmente se fosse davvero così o meno.

 Inuyasha, il mio fratellastro, colui che ho odiato un tempo e che mi è sato indifferente fino a questo momento; è qui davanti a me, in lacrime. Posso sentire il suo dolore come se fosse il mio, lo sento scorrere nelle mie vene, nelle mie viscere, lo trovo insopportabile. Per un attimo il mio sguardo si offusca e, per qualche strana ragione sento la rabbia impossessarsi di me. Assottiglio lo sguardo, dalla mia bocca esce un ringhio. Senza nemmeno rendermene conto, serro i pugni  e i miei artigli si conficcano nella mia mano, ferendomi. Alcune gocce di liquido vermiglio cadono al suolo mischiandosi col terreno. Rimango immobile ad osservarlo, mi sento incapace di avanzare oltre, come se ci fosse una barriera invisibile ad impedirmi qualsiasi movimento. Il corpo di Inuyasha è scosso da forti tremiti, noto che ha  gli occhi gonfi. Mi domando da quanto tempo stia piangendo, e che cosa sia successo. Ma forse dentro al mio cuore posso già sapere quale sia il vero motivo del suo tormento, per questo il suo dolore è anche il mio, per questo improvvisamente mi sento così vicino a lui. Sarà lo stesso che proverò io quando Rin lascerà questa terra.

Ricordo la rabbia di Inuyasha, quella che mi rivolgeva quando mi incontrava, quando ancora bramavo Tessaiga. Era ferito nel profondo, lo leggevo nei suoi occhi, come se lo ferisse il fatto che lo detestassi. Mi odiava, e dentro di me , mi sentivo strano, come se quell’odio mi colpisse aprendo una ferita che forse mai più si sarebbe rimarginata. Tuttavia, in quel momento avevo ignorato quel sentimento. Col tempo il rapporto che avevo con lui è cambiato, ho messo da parte il mio odio ma nonostante questo la mia indifferenza nei suoi confronti non è mutata. Ero a conoscenza di alcune cose soltanto perché me le riferiva Rin, e nemmeno stavo ad ascoltarla molto quando parlava di lui e la sua consorte.

Mi domando ancora perché ora si trovi qui in questo luogo, non molto distante dal villaggio . Dal tempo in cui sono arrivato stando fermo, immobile, nemmeno sembra avermi notato. Ancora una volta come in precedenza, il mio corpo si muove da solo. Io non lo controllo più, sembra quasi che non mi appartenga.

I petali dei ciliegi continuano a volteggiare intorno a noi, il vento smuove le nostre chiome facendole danzare insieme ad essi. Quando gli arrivo vicino, gli poso una mano sulla nuca, lui sussulta dalla sorpresa e leggermente gira il capo, per poi alzarlo e guardarmi negli occhi.

- Se… Sesshomaru! – Esclama tra i singhiozzi e tirando su col naso. I suoi occhi, dorati come i miei, sono talmente colmi di dolore e di tristezza che sento un'altra sensazione sgradevole arrivare dritta al mio cuore.

Faccio qualche passo per ritrovarmi davanti a lui e inginocchiarmi; un gesto che fino ad ora ho riservato solo a Rin ed alle mie figlie. Gli altri non erano degni di tali attenzioni da parte mia. Dopo averlo guardato per qualche istante, decido di fare un gesto inaspettato che colpisce anche me; gli prendo il mento tra indice e pollice e lo obbligo a guardarmi. Per un momento mi ritrovo a scrutare nel suo sguardo come a cercare le risposte che il mio spirito sembra bramare più di ogni altra cosa al mondo. Ma Inuyasha, forse per l’imbarazzo che sia stato io a trovarlo in quelle condizioni, distoglie per un momento lo sguardo, per poi, un attimo dopo, tornare a rivolgerlo su di me. Le sue lacrime mi bagnano la mano, scivolando poi lungo il mio braccio. Continuo a guardare Inuyasha,  aspettando una risposta, per qualche strano motivo voglio sapere la ragione del suo malessere. Lo sento deglutire rumorosamente e tirare un lungo sospiro, come se fino a quel momento lo avesse trattenuto.

- Kagome… non è giusto… io… io  non ho potuto fare nulla per lei. Potevo salvarla… – I suoi singhiozzi si fanno più forti. Io che mi sento colpito da quella rivelazione, lascio andare il suo mento, le mie braccia cadono lungo i fianchi. Non so cosa dire, non so cosa pensare. Come temevo il dolore che sta provando lui, presto sarebbe stato anche il mio, per questo avverto questa strana sensazione allo stomaco.

Sento qualcosa posarsi all’altezza della mia spalla; è la fronte di Inuyasha, io nemmeno l’ho sentito avvicinarsi, talmente sono sconvolto. In un primo momento non faccio nulla, rimango immobile mentre le sue lacrime continuano a scorrere lungo le sue guance. Posso quasi sentire il tonfo che fanno quando cadono sul terreno, e sentirne l’odore col mio fine olfatto. Dopo un lungo periodo in quella posizione, le mie braccia lo circondano stringendolo ancora più vicino a me. Inuyasha si lascia abbracciare aggrappandosi ai lembi del mio Youkata. Mentre lo abbraccio avverto la sua magrezza, sento le sue vertebre attraverso la stoffa. Mi domando da quanto tempo non riesca a riempire il proprio stomaco con un pasto degno di questo nome. Non dico nulla, non aggiungo una parola, continuo ad ascoltare il suo lamento, lasciando che si sfoghi. Il tempo scorre e io non so nemmeno per quanto rimaniamo in quella posizione. Inizio a vedere che la notte cala la sua tenda scura sul giorno, nel cielo, oltre alle stelle fa capolino anche una mezzaluna calante come quella sulla mia fronte.

 Continuando a tenere Inuyasha tra le braccia, mi trascino verso il tronco di uno dei ciliegi, lui non sembra accorgersi di questo cambiamento di posizioni. Mi sfilo la mia Moko-Moko dalla spalla e la poso sul suo corpo, cercando di scaldarlo. Un gesto che mi viene quasi spontaneo, come se fossero anni che mi prendo cura di lui. Tra le mie braccia Inuyasha, mi dà l’impressione di essere come una bambola rotta, una di quelle che confezionavano per Rin le donne del villaggio. E, che poi quando diventava troppo vecchia e logora, lei buttava via, oppure le abbandonava in qualche angolo della capanna della sacerdotessa Kaede. Mi ritrovo a chiedermi se anche un essere vivente può essere considerato così, qualcosa di vecchio e logoro da essere buttato via o dimenticato in un angolo per un po’ ed essere sostituito da qualcos’altro di più bello e nuovo. In fondo, forse, è ciò che ho sempre fatto con lui; l’ho sempre abbandonato lasciandolo al suo destino, senza preoccuparmene troppo.

  Alzo gli occhi al cielo per  osservare i rami dei ciliegi fioriti, vedo i petali dei fiori cadere al suolo come se fossero dei candidi fiocchi di neve. L’erba sottostante è ricoperta di uno strato roseo, come una soffice coperta, alcuni di questi petali si posano anche su di noi, come se la nostra presenza per loro non fosse così importante. Poso nuovamente il mio sguardo su mio fratello. Finalmente ha smesso di piangere e si è addormentato. I suoi lineamenti sono tutt’altro che distesi, la sua espressione, testimonia il suo dolore anche mentre dorme. Tutto intorno a noi è primavera, ma nell’anima di Inuyasha e tornato a bussare l’inverno. È come quando gli alberi sono spogli, come morti, quando cade la neve e per gli umani inizia a fare molto freddo. Per Inuyasha in questo momento fa ancora freddo. È vestito di primavera, ma sotto di essa vi è un’ altro strato d’inverno. Rimango ancora un po' ad ascoltare il suo respiro e ad osservarlo, e dopo qualche minuto mi addormento anche io senza nemmeno rendermene conto.

Il mattino arriva presto, sono il primo ad aprire gli occhi. I petali dei ciliegi, durante la notte, ci hanno coperto completamente. Chinando la testa di lato, scruto i movimenti di Inuyasha. Riesco a vedere il repentino movimento del suo torace, ha gli occhi chiusi, non sembra volersi svegliare. Mentre dorme noto che le sue orecchie canine emettono dei piccoli fremiti. Sta sognando. Una speranza si fa spazio nel mio cuore, e per la prima volta durante la mia lunga vita mi ritrovo a pregare che non faccia qualche incubo. Una certezza si allarga nelle mie viscere, Inuyasha ha già sofferto troppo, troppe persone a cui teneva e che erano legate a lui, sono morte. Mio padre, quella umana che lo aveva dato alla luce e di cui non ricordo il nome, Kikyo quella sacerdotessa per cui aveva perso la testa e che lo aveva sigillato all’albero sacro, un albero con cui anche io ho avuto a che fare un tempo. La mia memoria corre a Rin e al ricordo di quando, anche quella volta, ho dovuto proteggerla sigillandola all’interno, l’esperienza più atroce di tutta la mia esistenza. Torno a posare il mio sguardo su Inuyasha, che ancora una volta ha dovuto affrontare il dolore per la perdita di una persona che amava.

 
“Finirà mai tutto questo dolore? Smetterai mai di soffrire fratello?”

Gli rivolgo queste domande che sono destinate ad essere portate via con il vento, lui non le sentirà mai uscire dalla mia bocca e non potrà mai rispondermi. Riprendo la mia Moko-Moko e la risistemo sulla spalla destra. Cercando di tenere Inuyasha ben stretto a me, mi rialzo, scrollandomi di dosso i petali dei fiori. Ancora non si è svegliato, lo sistemo bene tra le mie braccia e con un balzo mi alzo in volo. Ho deciso di portarlo in un luogo in cui non mi reco da tempo. Lì il mio sfortunato fratello potrà stare al sicuro. Ripensando a ciò che sto facendo ora, senza alcuna remora nei suoi confronti; Rin, torna a farsi viva nei miei pensieri, ripenso a  quante volte ho fatto per lei ciò che sto facendo ora per Inuyasha; tenerla al sicuro, lasciando Jaken con lei quando io non ero presente, accertandomi che stesse bene. Quando lei morrà non avrò più nessuno a cui riservare certe attenzioni, nessuno mi verrà incontro con le braccia tese gridando: “Signor Sesshomaru, siete tornato!”, non sentirò più nessuna voce stridula di bambina, nessuno penserà che il mio è un animo buono. Sento una fitta al cuore, che fa vacillare per un attimo la mia andatura. Ancora una volta, il mio sguardo si posa sul mio fratellastro, mi assicuro che sia ben saldo tra le mie braccia e poi, un pensiero, un altro, si fa strada nella mia mente. Lui vivrà una vita lunga quanto la mia, forse riusciremo a vedere il mondo del futuro dal quale arrivava la sua Kagome. Ancora un altro sguardo si posa su di lui. Forse mio padre quell’ultima volta, intendeva dirmi che quel qualcuno da proteggere sarebbe dovuto essere mio fratello? Avevo forse sbagliato ad occuparmi solo ed esclusivamente di Rin? dovevo occuparmi anche di Inuyasha? Dovevo proteggerlo dalle sofferenze che hanno sempre attanagliato la sua anima? Avrei dovuto stargli accanto anche quando la sua umana si era ammalata? Avrei dovuto andarlo a trovare nel loro rifugio? Soffriva anche per questo?

Tutte queste domande vorticano nella mia mente, senza trovare una risposta. Ma c’è una cosa di cui in questo momento sono consapevole; d’ora in avanti Inuyasha diventerà la persona di cui avrò cura, la persona che proteggerò a costo della mia stessa vita. Mi stupisco dei miei stessi pensieri, col tempo e grazie a Rin, il mio intero essere è mutato; non bramo più il potere, non mi interessa più dimostrare di essere il più forte, lo scopo della mia vita ora, è diverso da quello che avevo più di mezzo secolo fa, almeno, credo che sia passato tutto questo tempo.

Riemergo dai miei pensieri per scrutare il paesaggio intorno a noi. Il mio palazzo non è distante. Dopo pochi istanti, lo scorgo tra le nuvole. Mi affretto, aumentando la velocità, in poco tempo mi ritrovo ai piedi dell’enorme scalinata. Questa struttura l’avevo fatta costruire per poter dare una casa a Rin. Come quello di mia madre, sorge tra le nuvole. Una volta che fu ultimato, decisi poi di lasciarla vivere tra i suoi simili, a palazzo lei sarebbe sempre rimasta sola. Io sarei sempre dovuto allontanarmi, per un motivo o per l’altro, almeno al villaggio non avrebbe vissuto il resto della sua esistenza in solitudine.

Ora quella struttura si mostra fatiscente e abbandonata, non credo di averci mai vissuto nemmeno per un giorno. Percorro la lunga scalinata, fino ad arrivare alla porta  d’ingresso. Faccio posare i piedi di Inuyasha a terra e, con la mano libera la faccio scorrere lentamente, dato che il tempo sembra averla danneggiata in qualche modo. Riprendo mio fratello tra le braccia ed entro nella mia dimora, tutto qui è polveroso, nessuno ci ha mai abitato. Non ho mai nemmeno avuto l’accortezza di assumere del personale che se ne curasse. Cerco una stanza, una qualsiasi. Salgo gli scalini che portano al piano  superiore. Finalmente riesco a trovare una camera, sul pavimento vi è un futon vecchio ma, visto che nessuno lo ha mai usato sembra in buono stato. Entro nella stanza e vi adagio Inuyasha, per la prima volta cerco di essere il più delicato possibile nei suoi confronti. Visto il suo stato, ho l’impressione di potergli fare male in qualche modo. Gli porto una mano dietro la nuca e la accompagno poggiandola sul cuscino, ancora non si è svegliato, forse non dormiva da diverso tempo. Rimango ad osservarlo, i suoi occhi sembrano essere ancora più gonfi di quello che erano la sera precedente, i suoi lineamenti sono tirati e le sue guance sono ancora rigate di lacrime. Quasi non lo riconosco più, sembra l’ombra di ciò che era, anche lui, come me non è invecchiato, ma il dolore sembra averlo consumato. Mi sfilo nuovamente la mia Moko-Moko e lo copro, lo vedo tremare e penso che abbia freddo. Dopo qualche istante, lascio la stanza, ma prima di andarmene definitivamente rivolgo ancora una volta uno sguardo a mio fratello, sento che il motivo per cui lui sta ancora dormendo è solo perché io gli sono accanto. Sembra essersi rilassato un po’con la mia presenza, nonostante il suo malessere. Ma per il momento devo lasciarlo solo, ho bisogno di andare da Rin, devo sapere se sta bene, ne sento il bisogno.

Dopo qualche ora, torno a palazzo, quasi mi precipito nella stanza dove ho lasciato Inuyasha. Una strana sensazione mi assale, temo che lui non ci sia più, che una volta sveglio, se ne sia andato. Ma con mia immensa sorpresa e sollievo,  è ancora lì, sembra essersi appena risvegliato. Lo vedo guardarsi intorno, confuso, non sembra ricordare ciò che è successo il giorno prima. Dopo aver scrutato la stanza in cui si trova, punta i suoi occhi su di me, lo vedo sbattere le palpebre più volte.

- Sesshomaru… dove… dove mi trovo? – Mi chiede spaesato, con voce roca e tremante, tiene tra le mani la mia Moko-Moko, come se fosse una reliquia.

- Sei nel mio palazzo. – Cerco di mantenere un tono distaccato, ma per quanto possa essere difficile, la mia voce mi tradisce. Tuttavia, Inuyasha non si accorge di questo, sembra soltanto sorpreso di trovarsi qui.

- Perché? Perché sono qui? – Non riesco a vedere nulla nello sguardo che mi rivolge, ma sembra sorpreso, lo capisco dal tono della sua voce. Mi guardo intorno e osservo il degrado in cui versa il palazzo. Fisso il mio sguardo su Inuyasha, la sua magrezza scuote in me una sensazione alquanto sgradevole, che non so descrivere. Non sono mai stato molto bravo a capire i sentimenti.

- Questo palazzo cade a pezzi, avrai il compito di rimetterlo a nuovo. – Cerco di mascherare le mie emozioni dietro a uno sguardo impenetrabile, sperando che lui non fraintenda le mie intenzioni. I suoi gesti però mi fanno capire che ciò che temevo è successo. Ha abbassato la testa e stringe forte la mia Moko-Moko tra le mani, dopo qualche istante rivolge lo sguardo su di me, e ciò che vedo è un misto di emozioni: rabbia, frustrazione e forse odio. I suoi occhi tornano ad essere lucidi, digrigna i denti.

- Come puoi approfittarti di me in questo momento… sei … sei un bastardo Sesshomaru. – Le sue parole sembrano essere taglienti come rasoi, il suo sguardo diventa ancora più iroso, guardandomi attraverso le ciglia mi lancia sguardi di fuoco.

- Sciocco! Non ho intenzione di usarti come mio schiavo, ma avrai un compito ben più importante. – Prendo una pausa per vedere l’effetto che le mie parole hanno su di lui, e sembra che in questo momento sia perplesso. – Dovrai assumere il personale adeguato, in modo che ritorni come quando è stato costruito. – Se prima la sua espressione era perplessa, ora sembra essere stupito.

- Ma… ma per quale motivo mi fai fare questo Sesshomaru. Io… ho sempre pensato di non contare nulla per te. Perché ora? – Cerco di darmi un contegno, mascherando i miei sentimenti, ma le sue parole sono come un pugno ricevuto in pieno stomaco e fa male. Lo osservo ancora una volta.

-  Devi ricominciare a vivere, Inuyasha. – Senza attendere che mi dica altro, lascio la stanza senza curarmi di riprendere la mia coda. Non voglio che le sue parole mi colpiscano ancora, credo di averne avuto abbastanza per oggi.

Lascio il palazzo in volo, ho bisogno di schiarirmi le idee e non c’è nulla di meglio che un po' di aria fresca che mi sferza sul viso. Mentre vago per il cielo, la mia mente ritorna all’incontro con Rin di questa mattina. Era felice come sempre di rivedermi, sapevo che comprendeva il motivo per cui mi sono allontanato. Sono rimasto con lei per tutto il tempo possibile, io non le ho detto nulla, ma lei mi ha raccontato ogni cosa successa durante il periodo in cui non ci siamo visti. Mentre mi parlava, nella mia mente vorticavano diversi pensieri, uno su tutti quello sulla sua morte. Chissà come mi sentirò quando lei non ci sarà. Mi ridurrò come Inuyasha? Impossibile non riuscirei mai a piangere. Tuttavia, è soltanto questione di tempo, non posso fare nient’altro che aspettare, per la prima volta nella mia vita mi sento impotente; eppure, è effettivamente così non posso cambiare le cose, devo rispettare la sua volontà.

Dopo avere vagato nuovamente per un altro giorno, faccio ritorno al castello. Con la rinnovata speranza di trovare Inuyasha ancora lì. Mi dirigo nella camera dove l’ho lasciato, ma mi accorgo che lui non c’è. Affino i miei sensi e lo cerco in tutto il castello, il mio cuore martella fortemente contro la gabbia toracica, sembra quasi che voglia uscire dal petto. Sento il mio respiro farsi pesante, diventa sempre più corto e affannoso. Le mie membra sembrano essere pesanti come piombo. Improvvisamente, l’odore di mio fratello mi arriva alle narici, sento il cuore rallentare il suo ritmo frenetico, mi volto alla mia sinistra e vedo una delle porte scorrevoli divelte, ma non credo sia stato Inuyasha, bensì il tempo a farla cedere. Lo scorgo con la schiena poggiata al tronco di un ciliegio ormai morto, a causa dell’incuria. Ha le braccia incrociate al petto e un’espressione corrucciata. Decido di avvicinarmi, nel momento in cui mi ritrovo di fronte a lui, vedo un lampo passargli nello sguardo mentre si volta verso di me, è arrabbiato, forse non è convinto di ciò che gli ho detto qualche giorno fa. Eppure, il suo stato di salute sembra starmi a cuore più di ciò che non creda, guardo il suo viso scavato e la sua veste che sembra stargli grande, ora che ha perso molto peso. Ci guardiamo negli occhi senza dire nulla, ma dopo poco la sua espressione sembra mutare, ora appare leggermente più rilassato. Ha abbassato le spalle, quasi si volesse arrendere a qualcosa di invisibile che io non posso vedere.

- Io… non sono sicuro di poter fare ciò che mi chiedi. – Mi inginocchio come ho fatto nella radura di ciliegi e gli poso una mano sulla fronte. Inuyasha sembra sorpreso da questo gesto, tanto che sussulta leggermente al contatto. Io stesso sono sorpreso di ciò che sto facendo. Sembra che gli anni abbiano cambiato totalmente quello che sono; non riesco più ad essere quel demone privo di sentimenti che ero un tempo. Decido di non trattenermi più, e di lasciare che le sensazioni che sto provando in questo momento, fluiscano dentro di me come se fossero una sorgente di acqua fresca.

- Tu ce la puoi fare Inuyasha, hai bisogno di ricominciare e puoi farlo benissimo anche da qui. Se ti ho dato questo compito è per poterti rendere utile in qualche modo. – Lascio scivolare la mano che si è fermata sulla sua nuca, capendo di essermi lasciato andare un po' troppo, di essermi esposto maggiormente ai suoi occhi.

La sua espressione è indecifrabile per me; ha gli occhi e la bocca spalancati, ma non dice nulla. Soltanto il vento sembra voler raccogliere la testimonianza dei nostri sentimenti in questo momento. Mi ritrovo a scrutare il paesaggio di questo castello fatiscente, immaginandomi come sarebbe diventato con le cure appropriate e sperando che dando quel compito a mio fratello anche lui sarebbe potuto rinascere a nuova vita. Mentre sono perso in questo turbinio di pensieri, sento qualcosa avvolgermi il collo. La presa è debole, per un momento mi ritrovo a pensare di avere ingenuamente abbassato le mie difese, ma quando mi volto per vedere che cosa mi stia circondando, mi accorgo che Inuyasha mi è saltato al collo e sembra che i suoi occhi si siano  nuovamente riempiti di lacrime.

- Grazie, Sesshomaru. -  In questo preciso istante, mi sento come se venissi colpito da qualcosa che non  so descrivere, sento un calore propagarsi nel mio cuore. È come se la sua gratitudine fosse qualcosa che aspettavo da diverso tempo, come se non ci fosse nulla di più importante per me. Con il pollice gli asciugo alcune delle sue lacrime, che ora non sono di dolore come lo furono qualche giorno fa.  Poso il mio mento sulla sua testa e lo stringo a me.

- Non piangere Inuyasha, non piangere. -  Ma il suo fiume di lacrime non sembra arrestarsi, lui si stringe ancora di più a me, sembra che il conforto che gli do, lo faccia sentire meglio e ciò sembra far stare bene anche me. Non mi muovo, e così restiamo in questa posizione per diverso tempo.

Passano così i mesi e Inuyasha, rinvigorito dal compito che gli è stato assegnato, ha fatto rinascere il mio palazzo. Io ho ritenuto opportuno che potesse avere bisogno di un aiuto in più, così ho deciso di andare a richiamare il mio fedele servitore; Jaken. Da quando avevo iniziato a vagare senza una meta, il kappa aveva deciso di tornare dal suo popolo, sembrava annoiato dalla vita che faceva accanto a me, così l’ho lasciato andare. I rapporti tra lui ed Inuyasha non sono dei migliori dato che passano la maggior parte del tempo a litigare, ma almeno lui si è rimesso in forze.

Da quando Kagome si è ammalata, Inuyasha ha smesso di combattere così ho deciso di fargli da insegnante, in modo che si riprenda in tutto e per tutto. Visto che avrebbe vissuto nel mio palazzo, ho fatto in modo che avesse uno Youkata migliore di quello rosso e sgualcito, (che un tempo gli aveva donato mio padre), facendogliene confezionare uno.  Gli ho fatto anche avere un’armatura, con due protezioni per le spalle, che al momento non sono ancora pronte.

Ho deciso di consegnargli io stesso il suo yokata composta da: Un Hitoe* bianco come il mio, una Kosode* da indossare sotto, e degli Hakama* bianchi. L’Hitoe sulle maniche e sulle spalle ha delle strisce di colore viola, sulle  quali vi sono disegnati dei glicini. Questo tipo di fiori sono simbolo di longevità, gli ho scelti io stesso, è il mio augurio per la sua nuova vita; che possa vivere a lungo e felice. Dentro il mio animo, spero che continui a vivere qui in questo palazzo, accanto a me, in fondo è anche questo il significato di questo dono. Mentre mi dirigo verso la sua camera, il mio cuore sembra volermi uscire dal petto, mi sento agitato. Ho improvvisamente paura che rifiuti il mio regalo per lui. Mi ritrovo davanti alla sua porta con il pacchetto in mano, e per un attimo ho quasi voglia di andarmene, ma prendo ugualmente la decisione, senza farmi annunciare, di entrare nella camera. Inuyasha sembra sorpreso, ma poi il suo viso si rilassa un po’. Il suo sguardo cade sul pacchetto che ho in mano.

- Sesshomaru. Che cos’è? – Mi dice indicando ciò che sto tenendo tra le mani. Come quando abitava con la sua umana, Inuyasha ha deciso di farsi costruire un mobile su cui si può anche dormire, lui lo chiama letto, e lo ha fatto sistemare al centro della stanza. Mi avvicino e vi poso il pacchetto. Lui mi osserva senza perdersi ogni mio movimento. Non gli dico nulla, aspetto che si avvicini e lo apra. Dopo avermi guardato per alcuni istanti, decide di venire a vedere che cosa ho poggiato sul letto. Scosta i lembi della carta che avvolge l’abito, prende l’Hitoe, di fattura pregiata, per le spalle e lo spiega, alzandolo lo rimira tra le mani girandolo più volte. Poi rivolge lo sguardo su di me.

- Che cosa significa Sesshomaru? – Mi chiede incredulo, senza capire. Ci guardiamo per qualche istante, lui ha la fronte corrucciata.

- Ora vivi a palazzo, ti ho dato la possibilità di dirigerlo, dovrai avere l’abbigliamento adeguato. Ti farò avere anche un armatura e un paio di calzature adatte. – Inuyasha si limita a guardarmi e ad annuire. Nel mio cuore spero che comprenda il significato di quei fiori e il reale motivo del mio dono.

Senza dire nulla, lascio la sua camera. Mi dirigo ai piani inferiori, ogni inserviente che incontro si inchina rispettosamente al mio passaggio,  senza curarmene continuo il mio cammino, per poi chiudermi nel mio studio. Inuyasha, lo ha fatto allestire in modo che nessuno potesse venirmi a disturbare mentre sono in questa stanza. Ricordo ancora il giorno in cui me la fece vedere, era euforico e moriva dalla voglia di vedere la mia espressione quando avessi visto questa stanza. Nel momento in cui entrai qui e vidi gli occhi di Inuyasha brillare, impercettibilmente le mie labbra si curvarono leggermente all’insù. Lui capì che mi era piaciuta, sorrise a sua volta e non mi disse nient’altro, gli bastava soltanto questo; un flebile gesto, segno del mio riconoscimento nei suoi confronti. Nel tempo in cui lui ha iniziato a vivere qui, sembra comprendere maggiormente le mie emozioni. Anche durante gli allenamenti, sembra capire i miei pensieri anche solo con uno sguardo. Gli sto insegnando a migliorare la sua tecnica e la sua postura dato che è sempre stata molto sgraziata. Non è stato facile ma Inuyasha mi è sembrato determinato a rinascere e si è messo d’impegno, deve ancora migliorare molto, ma i risultati sono buoni e sono sicuro che ci riuscirà.

Prendermi cura di lui mi ha aiutato a scacciare i cattivi pensieri, anche se so che prima o poi dovrò affrontare la realtà che mi attende. Ma adesso con Inuyasha al mio fianco so che sarà tutto diverso d’ora in poi.

- Cinque anni prima. –


 
Mi ritrovo a guardare il mare, nuovamente perso nei miei pensieri. È passato un mese, da quando io e Kagome ci siamo trasferiti qui. La sua malattia sembra non darle tregua, ci siamo rivolti a diverse persone, che credevamo ci potessero essere d’aiuto, invece, niente poteva fare in modo di farla guarire. Nessuno sapeva spiegare che tipo di malattia avesse, ho anche provato a cercare una soluzione per poterla rendere immortale. Ma lei ha troncato sul nascere i miei intenti.

- Inuyasha, non ti permetto di farmi una cosa simile… – Un colpo di tosse aveva scosso il suo fragile corpo, e l’aveva costretta a piegarsi su sé stessa. Quando era riuscita a riprendere il controllo aveva proseguito, dicendomi qualcosa che mi fece sentire come se la mia anima si stesse lacerando in diversi punti. - …io non voglio l’immortalità, non voglio vivere ancora a lungo. Sono felice di avere vissuto la mia vita accanto a te, e di averti dato una figlia, sarò serena per questo quando me ne andrò. Ma non voglio che tu sia triste per me, devi ricordarmi sempre per ciò che abbiamo passato insieme, per le  nostre avventure e di quando siamo diventati genitori. Tu sei stato un padre e un marito straordinario, non avrei potuto desiderare di meglio.  Ma ti prego sii felice anche quando non ci sarò più. – Mi aveva posato una mano tremante sulla guancia, asciugandomi le lacrime che avevano iniziato a solcarmi le guance, io nemmeno me ne ero accorto.Quella volta ero scappato, quelle parole mi facevano troppo male per poter restare in quella stanza con lei. Mi rifugiai nel bosco che circondava la casupola che avevo costruito io stesso, non rimasi molto li, sapevo che avrei dovutoprendermi cura di lei, ma avevo bisogno di riprendere il controllo di me stesso, di scacciare via quei pensieri che mi tormentavano. Tornai verso sera, lei si era addormentata e non osai svegliarla. Così sono passati i giorni e il mio dolore è cresciuto ma, mi sono imposto di non mostrarmi debole di fronte a lei. Tuttavia, mi risulta sempre più difficile.

Io non sono cambiato molto da quando l’ho conosciuta, il mio aspetto ora può sembrare più maturo, ma non sono sicuro di esserlo davvero. Kagome porta su di sé i segni del tempo, sembra anche molto più anziana di ciò che è, la sua malattia la sta completamente consumando. Non sopporto di vederla spegnersi ogni giorno sempre di più, so che per lei il tempo è come una manciata di sabbia portata via dal vento; ogni giorno potrebbe essere l’ultimo. Il solo pensiero mi strazia il cuore. Fare qualsiasi cosa, per lei, diventa  ogni giorno sempre più difficile, la devo aiutare a compiere anche il più semplice gesto. Non mi pesa fare tutto questo, ma la sofferenza che porto nel mio cuore e sulla mia anima, mi pesa come un macigno.

I giorni scorrono e passano lenti, inesorabili. Mi sento sempre più appesantito da tutti questi pensieri che agitano il mio animo. Quando riesco a specchiarmi nelle acque del mare, vedo la mia immagine riflessa. Non riconosco la figura che vi è rappresentata in quello specchio d’acqua; il volto leggermente scavato, le ombre scure sotto gli occhi e i capelli arruffati, scompigliati, spenti. Gli angoli delle labbra sono rivolti all’ingiù. Provo a fare un sorriso, ma ciò che ottengo è una smorfia spaventosa, innaturale, inizio a somigliare a quel mostro che hanno sempre dipinto gli abitanti dei vari villaggi durante gli anni. Come mi sono ridotto, sto diventando l’ombra di ciò che ero un tempo, quando avevo combattuto contro Naraku. Da quando Kagome si è ammalata ho smesso di combattere e ho appeso Tessaiga al chiodo, non posso più essere un guerriero se devo badare a lei. Kagome è la cosa  più importante che possiedo e voglio starle vicino fino all’ultimo istante, non ho più tempo per il resto.

Per cercare di farla stare meglio, le ho costruito una struttura  in cui potesse dormire più comoda. Nel suo tempo lo chiamano letto. Ho fatto del mio meglio per far sì che questo… letto possa essere per lei il più confortevole possibile. L’ho costruito in modo da poterle dormire accanto, ma le mie notti diventano sempre più insonni; notte, dopo notte, dopo notte. Provvedo io a prepararle colazione, pranzo e cena. Ogni volta cerco di sforzarmi di mangiare qualcosa, quando sono in sua compagnia, non voglio che si preoccupi per me. Ma ogni volta finisco per rigurgitare tutto ciò che ho mangiato nel giardino dietro casa, cercando sempre di non farmi vedere da lei. Tuttavia, un giorno come tanti, mentre  siamo seduti a tavola e stiamo mangiando in silenzio, lei mi afferra per un polso con le sue esili mani tremanti e raggrinzite, mi scopre il braccio, poi mi guarda e sempre con la sua voce tremante mi dice:

- Inuyasha, da quando hai perso così tanto peso? – Abbasso la testa, sento le mie orecchie appiattirsi sul mio capo. Non oso guardarla in faccia, mi vergogno troppo di confessarle ciò che mi sta succedendo, soprattutto perché non riesco a capirlo nemmeno io. La vedo far vagare lo sguardo sulla stanza per poi fermarsi su Tessaiga, e torna a guardarmi negli occhi. – Uccidimi Inuyasha. Ti prego, io non ho più nulla da fare, che  cosa resto ancora qui se il risultato che ottengo è questo. – Dice infine indicandomi. Ho pensato talmente tante volte di cercare di nascondere ciò che provavo ai suoi occhi, da non accorgermi che lei, ormai, lo aveva notato comunque.

- No… io… io… - Balbetto, le mie parole inciampano una sull’altra. Sono sconvolto da ciò che mi sta dicendo. Mi alzo da tavola e, senza pensarci, senza dire nulla mi fiondo fuori. Improvvisamente, sento che all’interno di quella casupola l’aria si è fatta pesante, irrespirabile. Mi dirigo verso il bosco, e corro finché i miei muscoli, perlomeno ciò che ne resta, non mi fanno male e i miei polmoni bruciano. Cerco di riprendermi e torno indietro, so che non posso lasciarla sola a lungo. Rientro nella capanna, ma non la trovo  seduta al tavolo dove l’ho lasciata. Mi dirigo in camera da letto e la trovo lì, seduta su quello che lei chiama materasso. Ha la testa china e si rigira il suo bastone tra le mani, quello che da un po' di tempo l’aiuta a reggersi in piedi, gliel’ho fatto io con un ramo che ho trovato nel bosco. Faccio qualche passo nella stanza, le assi del pavimento scricchiolano sotto i miei piedi nudi. Lei si volta e mi guarda, noto che ha gli occhi lucidi, ha pianto. Serro i pugni e mi maledico per essermi comportato in quel modo. Lei tende una mano verso di me e mi invita a sedermi accanto a lei. Non dico nulla e faccio ciò che mi ordina. La osservo, sempre in silenzio, e aspetto che mi dica qualcosa. Mi guarda negli occhi e alla fine, si decide a parlare:

- Inuyasha, tu stai sprecando il tuo tempo qui con me. Sono vecchia ormai, il mio unico desiderio è quello di andarmene, mi sento inutile. Guardati, guarda come ti stai riducendo a causa mia, io non voglio questo, non voglio che tu annulli la tua vita per me. Tutto questo non ha senso è soltanto un’ attesa inutile, quindi per quale motivo non porgli fine adesso? Non ho nemmeno più potere sul rosario, l’ho annullato tempo fa e non capisco perché tu lo porti ancora. – Conclude senza mai distogliere lo sguardo da me, sembra dispiaciuta di sentirsi un peso. Ma non è questo ciò che lei è. Le prendo le mani e mi sforzo di non piangere, ributtando indietro le lacrime che stanno per uscire. Gli occhi mi pizzicano, e io deglutisco, cercando di trovare il coraggio e le parole giuste.

- Stupida, non pensare di essere questo per me, non sei per niente un peso. E poi… - Mi fermo un attimo, improvvisamente le parole si sono inceppate nella mia gola un’altra volta. - … e poi non farei mai una cosa del genere, non potrei mai ucciderti. – Kagome sembra essersi addolcita e mi guarda amorevolmente. Mi si avvicina e mi fa una carezza.

- Il mio Inuyasha. Promettimi una cosa. – La guardo sconcertato, senza capire che cosa voglia che le prometta ora. – Non cambiare mai, rimani sempre orgogliosamente il mezzo demone che ho amato e che a sua volta mi ha amata. – Le sue parole mi portano indietro nel tempo, a quando mi aveva detto che sarei dovuto rimanere un mezzo demone ed essere orgoglioso di questo. Orgoglioso di essere me stesso. Non le dico nulla ma so che lei comprende che sarei rimasto sempre fedele a quella promessa. – Sai una cosa Inuyasha? – Aggiunge sorprendendomi. – Mi sarebbe sempre piaciuto che tu e Sesshomaru foste andati d’accordo. Ma forse avrò l’occasione di vederlo dal posto in cui andrò. – La guardo stupito da ciò che mi sta dicendo e, dopo tanto tempo mi ritrovo a pensare al mio fratello maggiore, a quello che non mi ha mai accettato, quello che mi ha odiato e che poi non si è più curato di me e di ciò che mi stava accadendo. Penso a Rin e al fatto che anche lei stia invecchiando, chissà se anche lui avrà cercato un modo per farla vivere più a lungo, forse lui riuscirà a salvarla, in fondo lo ha fatto tante volte.

- Tsk, non succederà mai, e poi sono più che sicuro che preferirebbe amputarsi, nuovamente lui stesso un braccio, piuttosto che avere a che fare con me. – Kagome mi guarda con un sorriso, sembra quasi divertita dalla mia reazione, riesco a vedere, anche se flebile, un luccichio nei suoi occhi.

- Se succedesse, significherebbe che almeno non sei più solo, e lo stesso varrebbe per lui. Rin ormai è anziana anche lei e non vivrà ancora a lungo, non per quanto possa essere concepito da un demone almeno. E poi sono passati diversi anni ormai dalla sconfitta di Naraku, anche Sesshomaru è cambiato, non è più quello di una volta e sono più che sicura, che avrà bisogno del sostegno di qualcuno quando Rin non ci sarà più. E tu sai benissimo più di me quanto lui sia talmente orgoglioso da non riuscire ad ammetterlo. Moroha, Towa, Setsuna, hanno ormai la loro vita, le loro famiglie ed è giusto che sia così. Avrete bisogno l’uno dell’altro. Lo so che potrà essere assurdo ma io spero che vi riavvicinerete, in modo da non vivere più in solitudine. – Le sue ultime parole, mi fanno pensare a quando non c’era nessuno al mio fianco, nessuno da amare, da proteggere, a quando dovevo nascondermi o combattere i demoni che cercavano di mangiarmi perché mi trovavano sbagliato e appetitoso. Sarei tornato indietro?  Sarei di nuovo stato quell’ Inuyasha? Che cosa avrei fatto dopo che lei…? Sento l’ansia assalirmi, non voglio tornare ad essere solo a non avere nessuno al mio fianco, sento la terra aprirsi sotto ai piedi, non riesco a vedere il mio futuro, che cosa ne sarà di me?

Ma la prospettiva che sia proprio Sesshomaru a colmare questo vuoto, non mi dà molto conforto. Non si è mai curato di me, nemmeno negli ultimi tempi, e sono più che sicuro che lui sia a conoscenza della nostra situazione. Eppure, una piccola luce di speranza sembra volermi dire che forse nulla è impossibile, che forse ha ragione Kagome;  Sesshomaru nel corso degli anni è cambiato, forse potrebbe accettarmi finalmente come fratello, come membro della sua famiglia. Una lotta interiore si sta muovendo dentro di me, è un idea folle quanto impossibile che tutto questo possa accadere. Scaccio quei pensieri come a volerli cancellare, mi butto all’indietro sul letto e rivolgo lo sguardo al soffitto della capanna che io stesso ho costruito.

- Ah… ma che dici, non succederà mai una cosa simile ti dico. Sesshomaru tiene a cuore soltanto alla vita di Rin e delle gemelle, degli altri non gli importa nulla, soprattutto di me. -  Kagome che non ha smesso di osservarmi per tutto il tempo, si gira, a fatica, per guardarmi in faccia, mi posa una mano sulla gamba e mi da due colpetti.

- Non perdere le speranze Inuyasha, non farlo mai. E vivi felice sempre. -  Lei ha compreso il mio stato d’animo, ormai gli anni vissuti insieme le hanno permesso di conoscere ogni lato di me, del mio essere, per questo ora mi capisce.

Da quando Kagome ed io abbiamo parlato, passano diverse lune, ormai non le conto nemmeno più, lo scorrere del tempo non ha più alcuna importanza per me. Continuo a prendermi cura di lei, ma i miei gesti ormai sembrano essere meccanici, gesti che per abitudine compio senza rendermene conto. Ogni mattina, prima che lei si svegli scendo dalla scogliera sulla quale abbiamo la casa e vado a farmi una passeggiata sulla spiaggia. Non amo molto l’odore del mare, quel profumo entra nelle mie narici pungendo il mio fine olfatto. Ma il rumore delle onde mi dà un senso di quiete e per quel poco, mi distende i nervi. Una miriade di pensieri scorrono nella mia mente senza mai fermarsi, sono sempre gli stessi ormai da un po' di tempo a questa parte. A volte mi chiedo se davvero potrò mai trovare la felicità in questo mondo.

Oggi però il tempo non sembra essere dei migliori, ed anche il mio umore è pessimo, non che di solito sia positivo, ma oggi sembra essere ancora più nero del solito e il tempo sembra essere dello stesso avviso. Ho una strana sensazione, sento che la morsa allo stomaco si sta intensificando ancora di più e il cuore sembra volermi uscire dal petto. Un unico pensiero mi attraversa la mente; Kagome. Ripercorro di corsa la strada da cui sono arrivato alla spiaggia e mi dirigo verso casa. Quando entro, vengo accolto dal silenzio più assoluto, mi dirigo verso la camera da letto e la vedo, stesa, respira a fatica. Alzando una mano mi indica di avvicinarsi a lei. Faccio ciò che mi dice e mi siedo al suo capezzale. Il suo respiro sembra soltanto un sussurro.

- Inu… Inuyasha… brucia il mio corpo e spargi le ceneri nel pozzo mangia ossa. – Sono costretto ad avvicinarmi per sentire che cosa mi sta dicendo, nonostante il mio udito, le sue parole non riescono ad arrivarmi.

- Ma che cosa stai dicendo, non posso bruciarti se sei ancora viva. – Lei mi rivolge un sorriso molto flebile poi mi passa una mano sul viso.

- Inuyasha, non essere sciocco, lo hai capito anche tu che non mi resta molto da vivere. Il mio tempo è giunto al termine ormai. – La guardo  stringendo i pugni, non riesco più a trattenermi, le lacrime sfuggono al mio controllo e scendono sul mio viso cadendo sulla stoffa che ricopre il letto.

- Kagome io… io…-  Non so cosa dire, cosa fare, la mia voce è spezzata da forti singhiozzi che non riesco a fermare. Lei fa scorrere la sua mano sulla mia guancia asciugandomi le lacrime.

- Inuyasha, non dimenticarmi, e non dimenticarti mai ciò che ti ho detto. Vivi felice, fallo per me, voglio vederti sempre felice e sorridente. – La sua mano scivola dalla mia guancia e cade al suo fianco con un tonfo sordo, i suoi occhi si chiudono e il suo respiro si ferma per sempre. Le lacrime continuano a scorrere inesorabili, come la pioggia che scorre fuori dalla capanna, è iniziata da poco più di qualche minuto. Come se anche il cielo stia piangendo la morte di Kagome, la ragazza del futuro, colei che ha spezzato la mia maledizione e che da quando è entrata nella mia vita, l’ha cambiata totalmente, stravolgendola.

Oggi il mio mondo si è sgretolato sotto le mie mani come se fosse fatto di carta, e insieme a lui sento di essermi spezzato anche io. Kagome oggi è morta e con lei anche una parte di me se ne è andata. Questo giorno scorre lentamente, non sembra avere mai fine. Sono uscito di casa e, questa volta ho corso per lunghe miglia, senza sapere dove sarei andato. Ogni attimo, ogni momento che ho passato insieme a lei mi scorre davanti agli occhi, la pioggia mi cade addosso ma non mi accorgo di essere bagnato fradicio, e non mi preoccupo di potermi ammalare, non sono nemmeno più sicuro di essere immune a qualsiasi malattia. Corro per il resto della giornata e per quasi tutta la notte, non voglio dormire, non ho sonno. Da molto tempo in fondo non riesco più a dormire o a mangiare in modo decente. La mia mente sembra vuota, sento solo il dolore che mi attanaglia il cuore e l’anima. Eppure, dovevo essere preparato a questo, sapevo che sarebbe successo, forse speravo ancora di poterla fare vivere al mio fianco per sempre. Ma non ho fatto nulla, potevo rifiutarmi, potevo trovare qualche metodo per allungarle la vita, potevo costringerla. Tuttavia, ho scelto di rispettare il suo volere, sarebbe stato peggio di morire se l’avessi obbligata a vivere una vita che non desiderava, e io non volevo che lei fosse infelice, ci tenevo troppo per farle questo.

Le gambe mi fanno male, mi tremano, non sono più abituato a correre così tanto. Intanto il mattino del nuovo giorno inizia a farsi strada nel cielo. Ha smesso di piovere e tutto intorno si sente solo silenzio.  Raccolgo tutte le mie forze e torno indietro, torno a casa un ultima volta, per fortuna riesco ad orientarmi bene. Rientrare nella capanna che ho costruito io in modo che Kagome potesse beneficiare di ogni agio e sapere che d’ora in poi rimarrà vuota, fa crollare le mie ultime sicurezze. Mi appoggio allo stipite della porta per non crollare, cerco di darmi un contegno, per quello che posso, per quello che vale. Mi dirigo in camera, il suo corpo è ancora lì, immobile, come l’ho lasciato il giorno prima. Le do una carezza e un bacio sulla fronte.

- Addio Kagome. – Lo dico come se lei potesse sentirmi, come se potesse rispondermi, ma lei non può più farlo. Durante la notte ho deciso di rispettare il suo desiderio, sarei andato nel bosco avrei cercato della legna, l’avrei accatastata e avrei bruciato il suo corpo.

Ora mi ritrovo qui a guardare le fiamme che la divorano, come se non avesse avuto nessuna importanza. Sarebbe ritornata da dove era arrivata, dal pozzo mangia ossa e sarebbe rimasta in bilico tra i due mondi per l’eternità. Dopo aver raccolto le ceneri e averle messe in un urna mi preparo a lasciare la capanna e a tornare al villaggio Musashi, una nuova sfilza di ricordi mi assale. Tutte le avventure che abbiamo passato, Kaede, Kikyo. Moroha è nata lì me la ricordo quando era appena nata, ma purtroppo non l’ho vista crescere anche se sono orgoglioso di ciò che è diventata, sapere di essermi perso quella parte della sua vita mi fa male. Mi ero ripromesso di non lasciare che i miei figli  soffrissero di solitudine come è successo a me, ma per cause di forza maggiore anche mia figlia è dovuta vivere in quel modo.

Il viaggio di ritorno al villaggio di Musashi è durato tre giorni. Mi trovo qui, davanti al villaggio che un tempo è stato testimone della battaglia contro Naraku, quello da dove proviene Kikyo e dove sono stato imprigionato al Goshinboku per cinquant’anni. Ricordo quando Kagome mi ha risvegliato inconsciamente, è bastato che lei fosse vicina a me perché io riaprissi gli occhi, ricordo di averla scambiata per Kikyo, ma lei non era la sacerdotessa sfortunata, anche se le somigliava, era totalmente diversa da lei. Lei era Kagome, unica, la mia Kagome.

Mi trovo davanti al pozzo, lo osservo, è qui dove è iniziato tutto, il pozzo che Kagome attraversava ogni volta che doveva andare dalla sua famiglia, dall’altra parte dove c’era il futuro. Per un millesimo di secondo spero che lei lo oltrepassi ancora una volta e venga da me, ma so che tutto questo non è più possibile perché lei non c’è più. Svuoto il contenuto dell’urna che tengo in mano, nel pozzo, per poi lasciarla andare e farla cadere nel vuoto, cadendo al suolo, questa si frantuma in mille pezzi. Rimango qualche istante ad osservare il fondo del pozzo dove ora giace Kagome, la mia volontà si rifiuta di andarsene da lì.

-Nel campo di ciliegi. –

 
Ho lasciato il pozzo da un pezzo ormai, ho cercato con tutte le mie forze di allontanarmi ma non ci riesco. Poco lontano dal villaggio c’è una distesa di ciliegi, sono crollato in mezzo a quegli alberi, le lacrime sono tornate a scivolare sul mio volto. Non riesco a contenermi, sento che i miei singhiozzi diventano sempre più forti e il mio corpo trema sempre di più. Sento il profumo dei fiori di ciliegio, è primavera ma  io non mi sento in sintonia con questa stagione, mi sento morto come gli alberi in inverno, come le foglie che cadono in autunno. Penso che dovrei raggiungere Kagome, che dovrei porre fine alla mia vita, perché senza di lei niente ha più senso.

Sento una presenza dietro di me, ma sono troppo debole per voltarmi e guardare chi è, forse è qualche demone che vorrebbe uccidermi, non avrà molto di cui nutrirsi, ma può fare di me ciò che vuole, io non mi difenderò. Improvvisamente, sento una mano poggiarsi sulla mia testa, ne sono sorpreso. Mi volto a guardare lo sconosciuto e riconoscendolo nomino il suo nome, poi lo vedo muovere qualche passo e posizionarsi di fronte a me, mi prende il mento tra le dita e mi guarda negli occhi, per l’imbarazzo distolgo per un attimo lo sguardo ma poi torno a rivolgerlo a lui, mi è quasi impossibile in questa circostanza non guardarlo. Cerco di formulare qualche parola ma, non ci riesco. Il mio malessere e le mie lacrime me lo impediscono, sento la sua presa lasciare il mio mento, lo guardo per un secondo e dal suo sguardo riesco a capire che sembra sconvolto. Credo che stia pensando a Rin, a cosa succederà a lui quando lei se ne andrà, forse nel mio delirio di parole ha capito che cosa intendessi dirgli. Sembra perso nei suoi pensieri e non mi guarda.

Poggio la mia testa sulla sua spalla, sento il bisogno del suo conforto. So di chiedere una cosa folle, ma in questo momento mi è quasi impossibile ragionare con lucidità. Mi stupisco quando sento le sue braccia avvolgermi e stringermi più forte. Avverto un calore scaldarmi il cuore, era da tempo che non mi sentivo così, se non fosse Sesshomaru quello che mi stringe tra le braccia direi che mi sta donando il suo conforto. Ma, mi fa strano attribuire questo tipo di sentimento a lui, eppure, non riesco a staccarmi da quell’abbraccio. Sento come se questo sia il posto più bello del mondo, le mie lacrime continuano a scendere, inesorabili. Sesshomaru sembra avere la pazienza di ascoltare il mio dolore e di aspettare che il mio animo si plachi. In questo abbraccio, mi sento rilassato, non mi succedeva più da diverso tempo, un altro fatto strano, e che sia proprio mio fratello maggiore ad alleviare le mie pene e a farmi sentire meglio; non riesco ancora a crederci, non mi sembra possibile. Eppure, dopo tanto tempo i miei nervi sono più distesi, non ricordo nemmeno da quanto non mi sentivo così. Sento gli occhi farsi pesanti, non riesco capire da quanto siamo qui. Alla fine, cedo e cado tra le braccia di morfeo, dopo qualche istante sento il calore aumentare, non riesco ad aprire gli occhi, ora ho soltanto voglia di dormire, riposarmi e riprendere le forze, per quanto mi è possibile almeno.


 
- Il risveglio a palazzo. –

 
Mi risveglio su un futon vecchio, impolverato e maleodorante. Non c’è nessuno con me, mi domando come sia finito qui, e dove mi trovo. Mi guardo intorno; la stanza sembra appartenere a qualche tipo di abitazione regale, solo che questo posto sembra essere abbandonato. Osservo la coperta che è sulle mie gambe e noto che sembra essere la Moko-Moko di Sesshomaru, la stringo a me, come a voler sentire il calore che ho avvertito quando lui mi ha abbracciato. Sento una presenza sulla porta della camera; è Sesshomaru, sembra essere trafelato, come se avesse corso a perdifiato per venire fino a qui, nel momento in cui mi vede sembra essere sollevato. Pensava che me ne fossi andato? Ma come potrei? Non ho le forze e soprattutto non ho più un posto dove andare.

Gli chiedo dove mi trovo e perché sono qui, lui mi risponde che sono nel suo palazzo. Gli chiedo spiegazioni, non capendo perché mi abbia portato qui, mi risponde che il mio compito sarebbe quello di rimettere a nuovo il palazzo. Sento la rabbia assalirmi, prendere possesso di ogni mia  terminazione nervosa; allora era questo il suo scopo? Rendermi il suo schiavo personale al posto di Jaken? Stringo la Moko-Moko tra le mani, come se in questo modo potessi fargli del male e lui lo potesse sentire. Gli inveisco contro e gli do del bastardo, lui risponde dandomi dello sciocco, mi dice che ho un compito ben più importante; dovrò assumere del personale che si occuperà di tenere in ordine il palazzo. Non riesco a capire se devo ritenermi grato di poter assumere questo compito o no. Gli dico che  credevo di non contare nulla per lui ma, Sesshomaru mi dice qualcosa che mi sconvolge ancora di più,  ovvero che devo ricominciare a vivere. In quel momento mi tornano in mente le parole di Kagome, sono quasi le stesse di mio fratello. Mi domando se lei avesse avuto ragione. Come suo solito, senza aggiungere altro, se ne va lasciandomi solo.

Mi rialzo dal futon e giro per il palazzo, ogni angolo, ogni stanza, si rivela essere un disastro totale. Mi domando come farò a trovare qualcuno in grado di ridare vita a questo posto. Penso che se Sesshomaru mi ha dato questo compito è perché è quasi sicuro che riesca ad assolverlo, ma io non mi sento all’altezza, non credo di riuscire ad esaudire ciò che mi chiede. Mi faccio prendere dallo sconforto, sento che la responsabilità di cui mi sta caricando Sesshomaru pesa sulle mie spalle ancora prima di avere svolto il mio compito. Vedo una porta scorrevole divelta, che dà su uno dei giardini e mi ci rifugio, mi siedo accanto ad un albero di ciliegio, ormai morto come la mia anima e il mio cuore. Mi sembra di vivere in un mondo parallelo, quando mi ritrovo a pensare che mio fratello sembra volermi dare un motivo per vivere, per sentirmi meno inutile. Guardo il cielo, oggi sembra essere una bella giornata, ma io non so come mi sento attualmente, sono successe troppe cose in questi giorni da mandarmi in confusione.

Ad un certo punto credo di essermi addormentato perché, ora che apro gli occhi, mi ritrovo ancora nel giardino in cui mi ero rifugiato e la luce del mattino sembra fare capolino dietro le nuvole. Sesshomaru non sembra essere ancora tornato, mi domando dove sia andato e a cosa stia pensando ora. Rimango qui fermo ad osservare il cielo limpido, anche oggi sembra essere una bella giornata. Chiudo gli occhi lasciando che la leggera brezza del mattino mi sferzi sul viso, si respira aria di pace in questo luogo, nonostante il suo proprietario. Penso che dovrò dire  a Sesshomaru che non sono in grado di fare ciò che mi chiede, non sono all’altezza, non lo sono mai stato.

Avverto la presenza di mio fratello a palazzo, i miei sensi, rimasti sopiti per molto tempo, sembra che si stiano risvegliando ora. Provo ad acuirli per poter sentire lo stato d’animo in cui è adesso Sesshomaru, avverto il suo cuore che sembra correre alla velocità della luce, ha il fiato corto, sembra essere in ansia, ha ancora paura di non trovarmi nel castello? Mi domando perché si preoccupi tanto di non ritrovarmi più al suo ritorno. Lo avverto sempre più vicino, finché non lo percepisco davanti alla porta del giardino, mi volto verso di lui e cerco di assumere un aria più contrariata possibile. Lo vedo avvicinarsi, lui sembra quasi dispiaciuto che gli rivolga questa espressione. Allora cerco di cambiare espressione.

Gli dico che non mi sento all’altezza del ruolo che mi ha assegnato, lui mi guarda e mi posa una mano sulla fronte. Avverto il suo calore sulla mia pelle, sembra quasi bruciarmi. Sussulto per la sorpresa di quel contatto e per il fatto che sia proprio mio fratello a farmi dono di un gesto simile. Lui, in questo momento, fa qualcosa che mi sembra incredibile, soprattutto mi sembra incredibile che certe parole possano uscire dalla sua bocca; mi incoraggia, mi dice che ce la posso fare, che posso ricominciare da qui. Spalanco gli occhi, totalmente incredulo che il proprietario di quelle parole sia proprio lui. Sento il mio cuore invaso da un senso di gioia nello scoprire che lui crede in me e che sembra fidarsi. Lo vedo scrutare il paesaggio intorno a noi, sembra che stia cercando qualcosa. Non riuscendo a controllare la mia euforia, gli salto al collo. Nascondo il viso nella sua spalla, sento le sue braccia avvolgermi in un abbraccio, gli sussurro un “grazie” come se fosse la cosa più naturale del mondo. Lo sento sussurrarmi di non piangere, ma io nemmeno me ne sono accorto.

È passato un po' di tempo da allora e io sono riuscito ad assolvere il compito che mi è stato assegnato, e  mi sento come se fossi rinato. Sesshomaru, non voleva che fossi solo in questo, così ha richiamato il suo fedele servitore Jaken. Non andiamo molto d’accordo, ma almeno il rospo malefico mi è stato d’aiuto. Un giorno mentre io e Jaken stiamo controllando la servitù, quest’ultimo mi sta rimproverando come suo solito, a volte sembra quasi infastidito dalla mia presenza.

- Sono più che convinto che il mio padrone Sesshomaru ti abbia voluto al castello soltanto per usarti come schiavo, lo sanno tutti che non ti ha mai sopportato. – Gracchia impettito orgoglioso della sua frecciatina, so che sta cercando in qualche modo di ferirmi. Sto per ribattere quando sento un tonfo, guardo in basso e vedo Jaken steso a terra con un bernoccolo in testa.

- Inuyasha, da domani inizierai ad allenarti con me. – Guardo alle mie spalle e vedo Sesshomaru, è apparso all’improvviso e nemmeno me ne sono accorto. Lo vedo passarmi davanti senza aggiungere nulla, io stesso non dico una parola, so bene di non potermi opporre dopo tutto quello che ha fatto per me, non me la sento di ribattere e poi sento il bisogno di tornare a brandire una spada, la mia Tessaiga.

Il mio addestramento inizia  il mattino dopo all’alba. Jaken mi è venuto a svegliare, mi alzo e mi rimetto la mia veste, che ormai mi accompagna da diversi anni ed è ormai tutta sgualcita dal tempo. Prendo Tessaiga la infilo nella cintura e scendo. Sesshomaru mi insegna diverse tecniche a me sconosciute, e mi insegna a migliorare la mia postura. L’allenamento del primo giorno per me è estenuante, tanto che ad un certo punto credo di non potercela più fare, ma Sesshomaru mi sprona a continuare, so che se mi vedesse in seria difficoltà non infierirebbe in questo modo su di me. Alla fine di questo giorno sono totalmente stremato e privo di ogni forza. Dopo cena mi trascino a letto e non mi rialzo fino al mattino seguente.

Mi sento euforico, oggi avrebbero ultimato lo studio che ho voluto riservare solo ed esclusivamente per Sesshomaru, in modo che fosse il suo rifugio quando non avesse voglia di vedere nessuno. Conoscendolo so che avrebbe apprezzato una cosa del genere, o perlomeno è ciò che spero. Il giorno precedente gli ho chiesto espressamente di saltare il secondo giorno di allenamento perché avrei voluto fargli una sorpresa. Sesshomaru ha corrucciato la fronte quando gliene ho parlato, ma mi ha concesso il giorno libero ugualmente. Mi sento il cuore in gola mentre lo cerco per tutto il palazzo, improvvisamente vengo sopraffatto dalla paura che non possa piacergli. Lo trovo intento a parlare con un altro demone, che è venuto a fargli visita oggi. A dire la verità è il demone a parlare mentre mio fratello lo ascolta. Non voglio disturbarli, l’altro demone sembra essere qualcuno di importante, mi sembra che stia parlando di qualcosa che riguarda i territori o cose simili, non che mi intenda di queste cose sia chiaro, tuttavia, se vorrò rimanere a palazzo al fianco di Sesshomaru dovrò imparare anche questo. I due sembrano non avermi nemmeno notato, deve essere un argomento davvero importante. Finalmente Sesshomaru si volta nella mia direzione, anche l’altro demone segue la direzione del suo sguardo. Deglutisco, il demone sconosciuto non sembra così felice di vedermi.

- Sesshomaru, da quando permetti alla servitù di origliare alle tue riunioni! – Era una riunione? Abbasso la testa imbarazzato, io non lo sapevo. Ora credo di averlo fatto arrabbiare, così la speranza che la mia sorpresa gli potesse piacere va in fumo. Ma la cosa che mi fa ancora più male è che lo sconosciuto mi abbia considerato uno della servitù e mio fratello non abbia battuto ciglio. Non oso alzare lo sguardo.

- Credo che il nostro colloquio sia concluso. – Ribatte Sesshomaru lapidario, nel suo tono riesco a percepire una nota di fastidio. Alzo la testa e, mi accorgo che sta lanciando uno sguardo di fuoco al suo interlocutore; ha dato fastidio anche a lui che lo sconosciuto mi abbia considerato in quel modo? Dal suo sguardo sembrerebbe proprio di sì. Mi sento sollevato di sapere che mio fratello non mi considera così. Lo sconosciuto mi scruta dalla testa ai piedi, sento il suo sguardo che passa sul mio corpo come se fosse lava bollente. Lo sento emettere un ringhio di disapprovazione, il mio imbarazzo a questo punto aumenta. Il demone rivolge il suo sguardo su mio fratello, ma quest’ultimo non muta la sua espressione, se non fosse per un nervo teso che saetta sulla sua mascella a testimonianza del suo fastidio. Ma sembra che quel piccolo particolare lo noti soltanto io.

- Ne riparleremo in un'altra occasione. – Lo sconosciuto gira sui tacchi e lascia il palazzo. Sesshomaru a quel punto sembra rilassarsi, riesco a vedere le sue spalle abbassarsi, per poi rivolgere il suo sguardo verso di me. Mi sento sollevato nel capire che non è arrabbiato con me per aver interrotto quel colloquio anzi, potrei dire che sia particolarmente contento di questo. Non mi chiede nulla, così credo di poter prendere parola.

- Ah!… ehm!… questa mattina hanno ultimato la sorpresa che avevo in serbo per te. – Mi gratto la testa nervosamente, mi sudano le mani e improvvisamente mi sento teso come una corda di Koto*. Sesshomaru corruccia la fronte, forse non capisce che cosa gli ho fatto preparare.

- Andiamo allora. – Dopo quelle parole, mi avvio verso lo studio, Sesshomaru segue i miei passi in silenzio, mi immagino che si stia chiedendo che cosa abbia potuto escogitare di così speciale da dovergli fare addirittura una sorpresa.Durante il tragitto, di tanto in tanto sbircio alle mie spalle per vedere la sua espressione, ma non riesco a scorgere nulla sul suo volto. Dopo aver camminato per un po', arriviamo davanti alla porta dello studio, guardo mio fratello e deglutendo scosto la porta scorrevole e gli faccio cenno di entrare. Lui entra guardandosi intorno.

È una stanza non molto ampia, ma lo spazio basta a ospitare almeno un paio di grandi librerie che contengono alcune pergamene con diverse narrazioni sulle battaglie di nostro padre. Purtroppo, non conoscendo molto bene la vita passata del Generale, ho dovuto fare delle ricerche accurate per poter far sì di averle su pergamena, alcune di queste provengono dal castello di mia madre, non sapevo che le conservasse, ma sono davvero molto rare e soprattutto molto antiche tanto che ho dovuto farle restaurare. Ogni libro, ogni pezzo di carta di questa stanza racconta una storia, quella della nostra famiglia. Ho fatto anche trascrivere la nostra lotta contro Naraku e anche quella per cui abbiamo dovuto combattere contro Kirinmaru e Zero, quella in cui Sesshomaru è costretto a sigillare Rin al Goshinboku. C’è anche una leggenda tra questi innumerevoli libri, che parla di una bambina che un giorno viene salvata da un demone cane. Da quel giorno la bambina segue il demone dovunque e quest’ultimo la protegge da qualsiasi pericolo, però essendo un demone ed essendo che egli si è sempre dovuto arrangiare da solo, non si prende cura di lei come un padre; quindi, la bambina impara a procurarsi il cibo da sola e a badare, per quello che può, a sé stessa. Ma in ogni caso il demone è sempre lì per lei, per proteggerla. Quella bambina poi, col passare del tempo inizia a crescere, e il demone la vede sbocciare sotto ai suoi occhi. Diventando grande, lui decide di allenarla in modo che possa riuscire a difendersi anche quando lui non è presente, così la ragazza diventa un abile guerriera senza paura. I due continuano il loro viaggio insieme, finché un  giorno il demone scopre di provare dei sentimenti per quella bambina, che un tempo aveva salvato e che ora era diventata una donna molto bella nonostante la sua semplicità. Così dopo un bacio rubato, una flebile carezza, e altre piccole attenzioni, i due capiscono di essere innamorati l’uno dell’altra e il demone capisce che non può vivere senza di lei, e la chiede in sposa. Durante la loro prima notte di nozze, il demone morde la ragazza al collo trasferendole così anche parte della sua forza demoniaca, in questo modo lei sarebbe potuta vivere sempre al suo fianco e sarebbe rimasta per sempre bella, così come lo era in quel momento.

Ho voluto modificare la storia nel finale perché in cuor mio era ciò che avrei voluto fare anche io per Kagome; trovare un espediente per farla vivere a lungo al mio fianco, ma purtroppo le cose sono andate diversamente. E so che anche Sesshomaru avrebbe voluto fare lo stesso con Rin.

Al centro di questa stanza, ho fatto costruire una scrivania col legno del ciliegio morto sui cui ero poggiato quando sono arrivato qui e mi sono rifugiato in uno dei giardini. È stato difficile ricordarsi di uno dei mobili che aveva Kagome in camera sua, ma per fortuna chi me l’ha costruita è riuscito a realizzare i miei desideri. Dietro la scrivania ho fatto realizzare un enorme dipinto in cui viene raffigurato nostro padre nella sua forma demoniaca, preso da una delle pergamene. Ho spiegato a Sesshomaru come ho progettato tutta la stanza, e lui è stato in silenzio ad ascoltarmi, non ha mosso un muscolo ma, l’ho visto spalancare gli occhi quando ho parlato dei racconti che riguardano nostro padre. Quando finisco il mio estenuante racconto, lo osservo sperando che mi dica qualcosa, se gli è piaciuta o no. Lui mi osserva a sua volta e noto che gli angoli della sua bocca sono rivolti all’insù, è un chiaro segno che gli sia piaciuta, gli sorrido a mia volta e lo lascio solo in questa stanza.

Il giorno dopo, gli allenamenti riprendono e questa volta do tutto me stesso per riuscire a rimettermi in forze, mi sento meno affaticato dalla volta precedente. Anche Sesshomaru sembra essersene accorto, lo posso avvertire nella forza che ci mette quando sferra un attacco contro di me. Passano i giorni e sento di stare diventando sempre più forte e di stare riprendendo il mio tono muscolare. Sesshomaru è un insegnante severo e rigido, ma non potevo aspettarmi niente di meglio da lui, in ogni caso non mi dispiace questo suo atteggiamento nei miei confronti, so che sta cercando di aiutarmi a migliorare. Avremmo combattuto fianco a fianco, d’ora in poi sarei dovuto esserne all’altezza.

Dopo diversi mesi il mio allenamento continua ad andare avanti, sento di essere migliorato, ma di avere ancora molto da imparare. Oggi Sesshomaru mi ha dato un giorno di tregua, ma comunque non mi sento stremato, un chiaro segno che mi sono ripreso dagli anni in cui sono rimasto inattivo. Questa mattina, ho deciso di concedermi qualche minuto facendomi un bel bagno ristoratore, ho già fatto preparare la vasca con l’acqua calda e mi sto per spogliare quando sento qualcuno entrare nella mia camera senza nemmeno bussare. Mi volto di scatto; è Sesshomaru, ha in mano un pacchetto di carta da zucchero, gli chiedo che cos’è ma lui non mi risponde, fa soltanto qualche passo verso il letto che ho fatto costruire per la mia camera e vi posa il pacchetto. Mi avvicino e apro i lembi della carta, al suo interno vi sono degli abiti, prendo il primo e lo spiego; è un Hitoe con maniche a campana. Sulle maniche e sulle spalle ci sono delle strisce viola adornate da dei fiori, devono essere dei glicini se la mente non mi inganna, credo che Kagome dicesse che questo tipo di fiori sono simbolo di longevità, forse Sesshomaru con questo regalo vuole augurarmi una lunga vita. Gli chiedo che cosa significa e lui mi risponde che, ora che sono a palazzo e soprattutto che mi ha dato la possibilità di dirigerlo personalmente, devo avere gli abiti adeguati e soprattutto delle calzature; io non le ho mai portate. Aggiunge poi anche che mi farà avere  un’ armatura, come la sua presumo. Lo guardo e annuisco, capisco le sue intenzioni ed io non posso che essere d’accordo, in fondo ora sto vivendo una nuova vita, mi sono state date delle possibilità e io non voglio sprecarle. Sto vivendo una vita di gran lunga migliore rispetto a quella che ho vissuto fino ad ora e questo palazzo ne è testimone, è rinato insieme a me.

Dopo aver fatto il bagno mi infilo il mio nuovo Yokata, la pregiata stoffa mi fa sentire come se fossi avvolto in un bozzolo, mi guardo in uno degli specchi che ho fatto allestire nella camera e, per poco non mi riconosco. Da un po' le ombre sotto ai miei occhi sono sparite, le mie guance non sono più scavate, e i miei capelli hanno ripreso la loro naturale vitalità. Ma non mi ero mai visto con addosso qualcosa che fosse diverso dalla mia veste, noto anche che dopo i vari allenamenti con Sesshomaru il mio portamento è migliorato, non me ne ero mai accorto prima. Osservo la mia vecchia veste, abbandonata sul letto, dopo tanto tempo ho tolto anche il rosario che ormai non mi lega più a nessuno, Kagome ha sciolto il sigillo ormai molto tempo fa, non ci sarà più nessuno che mi manderà a cuccia. Lo prendo tra le mani e lo tengo stretto al petto, i ricordi si fanno strada nella mia mente, ricordo ogni volta in cui lei si arrabbiava, e prontamente ricorreva al suo comando per tenermi a bada. Nonostante mi desse fastidio, mi sembra così innaturale non poterlo più sentire. Apro uno dei cassetti di uno dei comodini accanto al letto, e ne estraggo una scatolina quadrata di legno, chiusa da un gancio dorato, la apro, il suo interno è foderato da del velluto blu, vi adagio il rosario al suo interno e la richiudo, rimettendola al suo posto. È la volta della mia veste, ha perso gran parte del suo colore, ha molte toppe, che si sono accumulate nel corso degli anni, è incredibile che sia riuscita a resistere per tutto questo tempo. Scosto un anta scorrevole del mio armadio a muro, c’è un baule al suo interno, lo apro e la adagio sul fondo. Questi oggetti per me rimarranno dei ricordi sia belli che tristi, li ho voluti conservare per non dimenticarmi di ciò che sono stato, ho deciso di vivere una nuova vita, di ricominciare da zero ma non voglio dimenticarmi del mio passato.

Ho avuto la mia armatura dopo un paio di giorni, è stato Sesshomaru, come la volta precedente, a farmela avere, insieme ad un paio di stivaletti che arrivano alla caviglia, simili ai suoi. I disegni del mio obi sono simili a quello di Sesshomaru, ma i colori richiamano quelli della mia Hitoe. Anche l’armatura è quasi simile a quella di Sesshomaru, ma a differenza della sua ha due protezioni borchiate per le spalle, io a differenza sua non possiedo una Moko-moko. La corazza è molto pesante, ma non è un problema quando sono nella forma di mezzo demone, il guaio si presenta quando sono in forma umana, il mio corpo non riesce a reggere il peso, così sono costretto a toglierla quando ci sono le notti di luna nuova. Nonostante tutto, mi sto abituando al mio nuovo abbigliamento. Non sentendomi più a mio agio con i capelli sciolti, ho preferito tenerli legati in una coda adornata da qualche treccina qua e là che mi sono fatto fare dalle ancelle che ho assunto a palazzo. Alle ciocche, tenute sciolte, sul davanti sono state agghindate da un paio di perline dorate sulle punte. Con i capelli legati in questo modo mi sento più a mio agio, mi domando per quale motivo non ci abbia pensato prima. Quando Sesshomaru ha visto  il mio nuovo aspetto, ha inarcato un sopracciglio, ma non ha aggiunto nulla, non sembrava dispiaciuto.

È passato molto tempo da quando ho iniziato l’allenamento e da quando ho indossato i panni da guerriero. Oggi Sesshomaru è fuori perché aveva delle questioni da risolvere, e credo che dopo andrà sicuramente a trovare Rin; quindi, credo che fino a sera o al massimo il mattino seguente, non farà ritorno. Sto parlando con qualche inserviente per coordinare le mansioni del giorno, quando uno dei servitori ci interrompe.

- Mio signore. – Dice inchinandosi rispettosamente. Sembra paurosamente sudato e impaurito. – Ci sono visite, hanno chiesto di voi. – Aggrotto la fronte, non capisco chi mai possa chiedere di me, dato che non conosco nessuno e che le poche persone che conoscevo ormai sono morte, a parte Shippo. Forse è lui, ha saputo della mia nuova vita ed è venuto a trovarmi.

- Una visita, e sai forse dirmi di chi si tratta? – Gli chiedo sperando che mi risponda che si tratta di un ragazzo dalla coda di volpe rossiccia.

- È una donna… ehm… un demone mio signore. – La mia perplessità a questo punto inizia ad aumentare, chi mai potrebbe essere? Spero soltanto che non sia qualcuno di pericoloso.

- Va bene, scendo subito. – Dopo aver finito di assegnare i compiti a tutti, mi dirigo al piano inferiore. Quando mi trovo sul pianerottolo dell’ultima rampa di scale, riesco a  vedere una figura che porta abiti regali, noto anche che porta due code legate alte sulla nuca. Non credo di averla mai vista, né di conoscerla. Scendo gli ultimi gradini e mi dirigo verso la sconosciuta, quando mi trovo davanti a lei, la posso vedere meglio. Ha gli occhi simili a quelli di Sesshomaru, anche lei porta una mezzaluna violacea al centro della fronte e un paio di segni demoniaci bluastri sulle guance che somigliano tanto a delle saette. Noto la impressionante somiglianza con Sesshomaru, non ci sono dubbi sulla sua identità ora; è sua madre. Sicuramente avrà chiesto di parlare con il padrone del castello, e uno dei servitori, non conoscendola, deve aver pensato che stesse chiedendo di me. Non riesco a vedere nulla nella sua espressione glaciale, ma nei suoi occhi mi sembra di intravedere dello stupore. Con Sesshomaru mi sono abituato a vedere che cosa esprimesse tramite il suo sguardo e, con sua madre non è diverso. Ho imparato che si può leggere molto di una persona, attraverso gli occhi, e questa donna di fronte a me non sembra essere ostile, ha soltanto una potente aura. In segno di rispetto mi inchino davanti a lei, so che è superiore  a me, non posso offenderla in qualche modo. Molto probabilmente, l’Inuyasha di un tempo non avrebbe mai fatto un gesto simile davanti a nessuno, ma abitando in un castello so di non potere venire meno ai miei doveri. Sono anche io un principe in fondo, e ho avuto finalmente la possibilità di avere il posto che mi spetta.

- È incredibile quanto tu gli somigli. – Esclama con tono fermo. Mi sento avvampare fino all’attaccatura dei capelli, nonostante non riesca a capire a chi si riferisca. – Tu devi essere Inuyasha, immagino!? – Cerca di mantenere un tono gelido e distaccato, ma nel suo sguardo vedo molte emozioni, tra le quali riesco ad intravedere anche: nostalgia e malinconia, forse anche con una punta di commozione. Mi domando per quale motivo provi queste sensazioni vedendomi. Ma non c’è  niente che mi possa indicare che sia disgustata dalla mia vista o che provi anche solo dell’odio nei miei confronti.

- In persona signora… mi dispiace ma mio fratello al momento non c’è, e non ho idea di quando tornerà. – La donna sembra essere quasi colpita dal mio comportamento. Forse non si aspettava che mi rivolgessi in modo rispettoso con lei, che fossi più rude e forse maleducato? Forse quello sarebbe potuto essere il me stesso di molto tempo fa.

- È lodevole che Sesshomaru ti lasci vivere qui, a quanto pare sembra che tutti i dissapori si siano dissolti. Ci è voluto molto tempo prima che capisse quali fossero le reali intenzioni di vostro padre. – Questa volta sono io ad essere colpito dalle sue parole. Ammiro come riesca a mascherare bene le sue emozioni dietro la sua impassibile espressione.

- Ha fatto molto di più. Mi ha dato la possibilità di poter dirigere questo palazzo, mi ha salvato da me stesso. – Vedo che il suo sguardo brilla di ammirazione, la osservo guardarsi intorno.

- Davvero molto lodevole, hai fatto davvero un buon lavoro ragazzo mio. – Mi sento riempire il cuore d’orgoglio nel ricevere quel complimento. È stato un duro lavoro che è durato mesi e a volte ho dato una mano anche io a coloro che si occupavano di mettere a posto questo palazzo.

- La ringrazio signora. – Lei sembra accennare un piccolo sorriso, ma sarebbe quasi impercettibile a chiunque, non a me dato che mi sono ormai abituato a decifrare anche suo figlio.

- Dunque, visto che sono venuta fino a qui, che ne diresti se ci prendessimo un tè? – Sembra più distesa rispetto a quando è entrata, devo averle fatto proprio una buona impressione.

- Ma certo. Mi segua, le faccio strada. – Le dico mentre mi dirigo verso la sala da tè che ho fatto allestire in un’ala del palazzo, dato che non mi sembra molto educato farla accomodare a terra, la faccio sedere ad uno dei tavolini di legno che ho fatto costruire, sempre pensando all’epoca di Kagome, nella nostra dimora avevamo cose di questo tipo e ho pensato di poterle avere anche qui a palazzo.  La regina sembra incuriosita da quegli oggetti, ma senza dire nulla si siede su una delle sedie. Ordino ad una delle inservienti di portarci un paio di tazze di tè, ho assunto una cuoca tra le più brave che ci sono in circolazione, il suo tè è uno dei più raffinati, ideale per i palati fini dei demoni.

- Vedo che riesci a padroneggiare bene il tuo ruolo a palazzo. Mi stupisco che tutti questi demoni abbiano accettato di venire comandati da un mezzo demone. – Sussulto alla sua ultima affermazione, ma non sembra essere sprezzante, sembra più che altro una costatazione.

- Oh… beh… all’inizio non è stato facile, quando cercavo di assumere qualcuno per poter far rimettere a nuovo questo posto, appena mi vedevano non volevano avere niente a che fare con me. – Abbasso la testa ripensando a quanto fosse stato umiliante quella volta. Vedo che la regina si sporge verso di me, sembra improvvisamente interessata a come siano andate le cose.

- E poi, cos’è successo? – Mi sento un po' in imbarazzo ora, chissà cosa penserà se gli dico che è dovuto intervenire Sesshomaru per darmi maggiore credibilità.

- Beh… -  Mi sento le mani sudate. – È dovuto intervenire Sesshomaru per comunicare a tutti che io assumevo personale a nome suo, così la voce si è sparsa e sono accorsi in molti per poter lavorare al castello del principe dei demoni. – La regina annuisce, poi mi posa una mano sulla mia, mentre entra l’inserviente con in mano un vassoio su cui ci sono due tazze fumanti.

- Ma in fondo sei anche tu un principe nonostante abbia un ruolo forse minore rispetto a tuo fratello. Se non sbaglio anche tua madre aveva sangue nobile, dunque anche da umano sei comunque un principe. – L’inserviente posa le tazze e se ne va facendo un inchino rispettoso e si allontana, ma nessuno di noi gli dà importanza. Rifletto sulle ultime parole della regina, nella mia vita precedente non mi sono mai sentito in questo modo, ma ora che sono ripartito da zero sento di aver finalmente trovato il mio posto nel mondo proprio perché sarebbe sempre dovuto essere questo ciò che mi spettava. Prendo la mia tazza e la porto alle labbra, cercando di nascondere il viso, perso nei miei pensieri. Improvvisamente, mi torna alla mente qualcosa che mi era sfuggito, la madre di Sesshomaru non può essere venuta qui soltanto per fare una visita di cortesia al figlio.

- Mi tolga una curiosità se posso permettermi. Ma per quale motivo è venuta qui oggi? Non credo che lei possa venire a fare soltanto una visita di cortesia a suo figlio. – Dallo sguardo della regina, posso intuire che ora sembri divertita dalla domanda che le ho fatto.

- Sei molto perspicace ragazzo. Mi piace. – Alzo un sopracciglio dopo la sua ultima affermazione. – A dire la verità, gira voce che il principe dei demoni abbia restaurato la sua vecchia dimora, il che conoscendo mio figlio, mi è sembrato alquanto strano. Aveva costruito questa dimora per venire a viverci con la sua umana, anzi in realtà non credo che ci avrebbe mai potuto vivere insieme a lei, gli piace troppo girovagare per tenere sotto controllo di persona le nostre terre. Così ho pensato di venire a verificare se le voci erano vere o meno, e ora che sono qui devo constatare che avevo ragione. Sesshomaru non è tipo da fare certe cose senza un reale motivo e soprattutto di mettersi ad arredare una dimora rendendola accogliente, e questo credo che tu l’abbia appreso dalla tua umana. A proposito dov’è lei ora, non credo che tu l’abbia portata qui a palazzo. – Sento un tuffo al cuore , ma ritengo che sia normale che lei non sappia nulla, in fondo, non credo che un demone come lei si sia mai interessata degli umani e soprattutto di ciò che facevo io.

- Oh… lei… se ne è andata, era molto malata… - Non riesco a dire altro, sento la gola chiudersi e gli occhi pungere, quando sento una mano posarsi sulla mia e stringere forte.

- Mi dispiace, Inuyasha. – Pronuncia il mio nome in un sussurro e quando alzo gli occhi riesco a vedere che ha gli occhi lucidi, sembra che comprenda il mio dolore e mi voglia dare conforto.

Continuiamo a chiacchierare come se fossimo dei vecchi amici, è strano ma in sua compagnia mi sento a mio agio, ho sempre creduto che la regina incutesse timore, ma non è la sensazione che ho io in questo momento. Dopo aver finito di sorseggiare i nostri tè, la regina vuole fare un giro del palazzo per vedere come è stato arredato e soprattutto come viene gestita la servitù. Gli mostro le varie stanze e gli spiego come le ho volute sistemare, lei mi da alcuni consigli per come migliorarle, ma non lo fa mai con arroganza.Ho lasciato lo studio di Sesshomaru per ultimo, dato che è la stanza più importante per me. La faccio entrare e le spiego come è stata progettata e che cosa è riportato nelle varie pergamene e nei libri. Mi sembra quasi scioccata dal contenuto di questa stanza, qui è racchiusa tutta la storia di suo marito e anche dei nostri antenati, perlomeno ciò che sono riuscito a trovare. La vedo far scorrere la mano sui vari tomi e guardarsi poi intorno, credo che non si aspettasse di trovare una stanza simile in questo palazzo. Osserva il grande dipinto posizionato alle spalle della scrivania, poi si volta verso di me.

- Credo che questa sia la stanza migliore di tutto il palazzo, si vede che ci hai messo molta dedizione, è accurata nel minimo dettaglio. – Sento una presenza alle mi spalle, sembra essere più minacciosa del solito.

- Madre! – Tuona Sesshomaru, io e la regina ci voltiamo e, riesco a vedere un nervo saettare sulla sua mascella. È infastidito dalla sua presenza.

- Sesshomaru. – La regina non sembra turbata dal comportamento del figlio, ma improvvisamente mi sento preso tra due fuochi.

- Che cosa fate voi qui? – Sua madre non sembra voler abbassare la guardia e, sostenendo lo sguardo del figlio gli dice:

- Mi sono giunte voci che stavi ristrutturando questo palazzo e, conoscendoti, ho ritenuto la cosa alquanto bizzarra, così ho voluto appurarmene con i miei occhi. Quando sono arrivata qui ho capito che tutto questo non era opera tua, e così ho fatto la conoscenza di Inuyasha. – Dice indicandomi, Sesshomaru sembra notarmi soltanto in quel momento, vedo nuovamente lo stesso nervo scattare sulla sua mascella. Un attimo dopo sembra quasi volersi dare un contegno.

- Bene ora lo avete visto, potete tornare al vostro palazzo. – La signora madre fa qualche passo superandoci, credo di aver visto il suo sguardo rabbuiarsi, sembra delusa, ha capito che non sembra essere la benvenuta da queste parti. Varca la soglia dello studio, poi si volta e mi guarda.

- Arrivederci Inuyasha, è stata una piacevole giornata. – Il suo tono sembra gentile, e credo di aver visto un accenno di sorriso mentre pronunciava le ultime parole. Mi avvicino a lei per salutarla.

- Arrivederci signora , anche per me lo è stata. Spero di rincontrarla presto. –Mi faccio più vicino a lei e mi copro la bocca con una mano in modo che Sesshomaru non mi senta, anche se so benissimo che non servirà a niente. – Magari quando qualcuno di nostra conoscenza non sarà presente. – Le strizzo l’occhio e lei fa una piccola risata coprendosi la bocca con la manica del suo jūnihitoe, è la prima volta che la sento ridere dopo tutta la giornata passata con lei. È strano, credevo fosse la copia al femminile di Sesshomaru, invece credo di essermi sbagliato. Vedo che si avvicina a me e mi sussurra:

- Sarà il nostro segreto. – Dopodiché strizza l’occhio a sua volta, poi gira sui tacchi e se ne va. Mi volto per guardare Sesshomaru, e noto che ha la fronte corrucciata.

- Per quale motivo l’hai fatta entrare a palazzo?- Mi chiede gelido, io  non capisco che cosa ho fatto di sbagliato.

- Beh, ho capito che era tua madre e lì per lì non mi è sembrata una brutta idea essere un po’ gentile, sai com’è. – Il suo atteggiamento mi dà sui nervi non capisco come possa comportarsi così con sua madre.

- Non voglio più che metta piede qui dentro! – Esclama imperturbabile. Sollevo un sopracciglio interrogativo e mi avvicino a lui di qualche passo.

- Ti ricordo caro fratello che mi hai dato un compito in questo palazzo, e dunque io ho voce in capitolo quanto te, posso decidere anche io  chi è ben accetto in questo palazzo e chi no. – Lo vedo serrare la mascella e vedo un nervo tendersi, sa che ho ragione e non può farci nulla. Senza aggiungere altro e senza aspettare una sua replica lascio la stanza e continuo a dedicarmi alle mie mansioni.

La vita  a procede tranquillamente a palazzo, in questo luogo, è quasi impossibile che qualcuno lo possa attaccare, non può essere visto da nessuno, essendo costruito sulle nuvole, ed è protetto da una potente barriera. Degli enormi guardiani lo sorvolano e controllano se ci possano essere degli eventuali ospiti indesiderati.Sono passati anni dal mio arrivo qui, da quando Kagome mi ha lasciato e da quando la mia vita è cambiata, di nuovo, radicalmente. Porto la mia armatura con orgoglio e, grazie a mio fratello sono migliorato molto nella mia tecnica di spada. Molto spesso, alcuni demoni hanno cercato di sfidare Sesshomaru, con la speranza di diventare più forti se fossero riusciti ad ucciderlo, ma sono sempre finiti col perdere la vita. Visto che anche il principe dei demoni alla fine, si è abbassato a legarsi ad un umana, come aveva fatto nostro padre prima di lui, e a sua volta aveva avuto come figlie dei mezzo sangue, la cosa non è ben vista da molti. Si dà il caso, dunque, che in tanti hanno osato chiedere battaglia o sfidare a duello Sesshomaru, per poter conquistare le sue terre, dato che ora è considerato un debole, molti pensano che sia più facile sconfiggerlo, ma, hanno dovuto ben presto ricredersi dato che la sua forza non si è affatto indebolita. Molto spesso lo accompagno nelle battaglie e insieme siamo diventati più forti, nessuno è ancora riuscito a sconfiggerci. La voce che Sesshomaru mi abbia accettato come fratello, e che abitiamo insieme, sotto lo stesso tetto si è sparsa abbastanza in fretta, tanto che la reputazione di Sesshomaru sembra essere peggiorata notevolmente. Ma, queste sono soltanto stupide chiacchiere portate dal vento, perché né a me né a mio fratello importa di queste sciocchezze.

Mi ritrovo qui a scrutare il cielo, appoggiato ad una delle tante porte scorrevoli che dà su uno dei tanti giardini del castello. Oggi sembra essere una pessima giornata, quando mi sono svegliato questa mattina ho avuto una strana sensazione, un brivido mi ha percorso la schiena. Subito dopo quello strano fenomeno, mi sono ritrovato a pensare a Rin, alla prima volta in cui io e Kagome l’avevamo vista insieme a Sesshomaru, era ancora una bambina, ma lei sola, con la sua gentilezza e la sua semplicità aveva saputo far cambiare quella maschera di ghiaccio quale era mio fratello. Solo lei ci era riuscita, solo lei e nessun’altra potevano fare in modo che ciò accadesse. Non so perché proprio oggi mi vengano in mente certi ricordi,  ma quella strana sensazione non mi ha abbandonato per tutto il giorno.

Lascio questa stanza per dirigermi verso la mia camera e distendermi un po’, nel tragitto ripenso a quei ricordi che mi sono tornati alla mente, credo che sia perché oggi, come di consueto, Sesshomaru è andato a trovare Rin, anche se trovo strano pensare a lei, dato che non lo faccio mai. So che da qualche tempo sta poco bene, sono venuto a conoscenza di questo fatto, non di certo da mio fratello, ma da Jaken, il suo servitore, con il quale il mio rapporto è cambiato, ora sembriamo andare più d’accordo di prima. Da quando Sesshomaru è venuto a sapere dello stato di salute di Rin, si è rinchiuso in un mutismo quasi straziante, non che prima fosse stato uno dalla chiacchiera facile, ma ora, l’aria che si respira a palazzo è davvero molto pesante e se gli si pone qualche domanda di qualsiasi genere, risponde con ringhi o sguardi di fuoco. Credo di comprendere il suo stato d’animo, io ero nella stessa situazione quando Kagome era malata; quindi, ho preferito non domandargli nulla o stressarlo in qualche modo. Nell’ultimo periodo passa molto tempo rinchiuso nel suo studio, con il suo dolore, non mi piace vederlo in questo stato, vorrei fare qualcosa per lui ma non so come potermi comportare, ho paura di stargli troppo appiccicato,  e so che è una cosa che lui odia.

Mentre sono immerso in questi pensieri, non mi accorgo di essere davanti alla porta di ingresso. Proprio in questo momento, la sento aprirsi, mi volto in quella direzione e vedo mio fratello. Per la prima  volta, vedo una vera espressione sul suo viso; sembra sconvolto. Lo vedo avvicinarsi trascinando i piedi, ha le spalle curve, come se stesse portando un enorme peso sopra di esse, le sue braccia sono lasciate cadere a peso morto lungo i suoi fianchi. Vedo nei suoi occhi molta tristezza e soprattutto molto dolore. Ha il capo chino e quando è a pochi centimetri da me, succede qualcosa che non mi sarei mai aspettato di vedere; Sesshomaru crolla in ginocchio, posa la fronte sul mio ventre e lo sento stringermi le gambe, istintivamente, gli porto una mano dietro la nuca, come a dargli il mio conforto. Mi volto e vedo Jaken con la bocca spalancata, è rimasto sconvolto dal comportamento del suo signore. Mi inginocchio anche io, ora riesco a vedere chiaramente che sta piangendo. Non emette nessun suono, nessun gemito, nessun singhiozzo. Gli passo di nuovo una mano dietro la nuca e una dietro la schiena, lo sento stringermi le maniche del mio yokata. Inizio a sentire il suo corpo fremere come se sentisse improvvisamente freddo, poi un  suono giunge alle mie orecchie, un suono che mai avrei sentito provenire da uno come lui; un singhiozzo. È come se tra le mie braccia, si sia sentito libero di lasciarsi andare, di lasciare fluire ogni sua emozione, di far cadere la sua maschera di cera. Lo sento pronunciare qualche parola, interrotta dai suoi singhiozzi, quando riesco a sentirla bene capisco che la parola è una sola.

- Rin. – La sua voce è flebile, sembra quasi un sussurro, come se avesse paura di pronunciarla, come se fosse una parola proibita. Quando le mie orecchie sentono quel nome, mi si spezza il cuore e il mio stomaco si contorce. Quando l’ho visto arrivare in quello stato, ho capito che qualcosa di grave era successo, ma in cuore mio quasi speravo che non fosse accaduto ciò che temevo. Invece, anche a mio fratello è toccata la mia stessa sorte, quella che tempo fa mi portò via Kagome, ora a lui ha portato via Rin. Lo tengo ancora stretto tra le mie braccia, mi sembra così vulnerabile e fragile ora, tanto che temo si possa spezzare. Rimaniamo così per un tempo indefinito, i servitori ci passano intorno continuando a svolgere i loro compiti, passandoci vicino, noto che alcuni di loro hanno la fronte corrucciata, non capiscono cosa stia succedendo al grande principe dei demoni.

- Sei diventato umano Sesshomaru. – Sussurro nelle sue orecchie, facendo in modo che nessuno mi senta. Lo sento stringere maggiormente le mie maniche, ma non dice nulla, come potrebbe riuscirci in questo momento?

Me lo sono caricato in spalla e l’ho portato nella sua camera, anche per lui ho fatto costruire un letto molto sontuoso. La sua è una delle camere più grandi di tutto il palazzo e il mobile è posizionato proprio al centro. Gli sfilo l’armatura, gli stivali e la Moko-Moko, quest’ultima l’adagio ai piedi del letto. Lo faccio sedere, gli alzo le gambe e le infilo sotto le coperte, sembra una bambola nelle mie mani. Adagia la testa sul cuscino, ha lo sguardo perso quasi stento a riconoscerlo, gli rimbocco le coperte e rimango lì con lui, non me la sento di lasciarlo solo, anche Jaken, che ci ha seguiti se ne rimane nella stanza in silenzio.

Per molti giorni, Sesshomaru non si è più rialzato da quel letto. L’ho visto rimpicciolirsi nel suo dolore, alla fine anche lui ha mostrato la sua fragilità, ha mostrato che nemmeno il più forte di tutti gli esseri, può essere risparmiato da quel dolore che il destino ci riserva quando una persona cara e amata ci lascia.  Sono riuscito a togliere dal letto mio fratello soltanto nel giorno del funerale di Rin, ho dovuto vestirlo personalmente, lui sembra quasi incapace di muovere qualsiasi muscolo, mi lascia fare senza battere ciglio. Rin venne seppellita nella radura in cui loro due si incontrarono molti anni addietro, non molto lontano dal villaggio in cui viveva, il cui ora è disabitato. Ci sono anche Towa, Setsuna e mia figlia Moroha, al loro fianco ci sono anche i loro mariti e i loro figli, tutti ci siamo riuniti per dare l’ultimo saluto alla signora che ha domato un grande demone, che tornerà bambina a correre in questi boschi.

Al ritorno al castello, dopo aver rassicurato Towa e Setsuna, che mi sarei preso cura io del loro padre e dopo aver salutato mia figlia, Sesshomaru torna a rinchiudersi nel suo bozzolo, rifugiandosi a letto. Non lo voglio forzare, vedo che sta soffrendo molto, ma sento che da un lato è rincuorato dalla mia presenza,  sono sicuro che, con molta calma, riuscirà a rimettersi in forze. Conosco la sua tenacia e so che saprà rimettersi in piedi; per ora non posso far altro che stare al suo fianco e attendere che ritorni ad essere il Sesshomaru di sempre; il guerriero, il temibile principe dei demoni.

- Uno sguardo esterno. –



 
Nel periodo in cui Kagome morì, Inuyasha non avvertì subito sua figlia soprattutto per il fatto che Moroha era lontana, aveva preso a viaggiare molto da quando aveva trovato marito e così non vedeva molto i genitori. La ragazza sapeva che la madre era malata, ma faceva loro visita raramente, essendo costantemente lontana non poteva essere sempre presente. Quando Moroha tornò dal suo viaggio, Inuyasha la portò al pozzo mangia ossa per dare l’ultimo saluto a sua madre, dopo qualche giorno ripartì per i suoi viaggi più serena sapendo che suo padre, avrebbe vissuto insieme a suo zio. Lo aveva visto addirittura migliorato rispetto le ultime volte in cui era andata a fargli visita, aveva preso un po’ di peso e sembrava meno triste, era sicura che insieme quei due sarebbero stati in grado di sostenersi a vicenda, perlomeno era ciò che sperava.

Jaken quando venne richiamato dal suo padrone, aveva ripreso il comando del suo popolo, nonostante fosse preoccupato per lo stato di salute emotiva di Sesshomaru dell’ultimo periodo. Gli era stato fedele per… esattamente non ricordava quanto, ma sapeva che era molto tempo. Le ambizioni di Sesshomaru nel corso degli anni e con l’arrivo di Rin erano drasticamente cambiate, sperava che dopo averla lasciata al villaggio avrebbe ricominciato a riconquistare le terre e a battersi con altri demoni. Ma era cambiato troppo per pensare a ciò che per lui era importante un tempo; ovvero il potere. Si era sforzato di accettare la situazione, era stato felice per lui quando erano nate le sue figlie nonostante fossero dei mezzo demoni come lo zio. Aveva sopportato, aveva chiuso un occhio fin quando era arrivato addirittura a chiuderli entrambi. Ma poi gli anni erano passati ed era arrivato a non sopportare più la monotonia di quella vita. Poi Rin era invecchiata, allora la speranza era tornata a farsi strada nella sua mente. Forse Sesshomaru avrebbe ritrovato il suo spirito di conquista, forse sarebbe tornato a bramare il potere. Rimase deluso quando capì che il suo padrone non sarebbe più tornato ad essere quello di un tempo, così decise a malincuore di lasciarlo per tornare dalla sua gente. E lì, si era sentito di nuovo vivo, il suo popolo non lo aveva dimenticato ed erano stati ben lieti di ridargli il suo posto di comando che aveva un tempo. In fondo, essendo stato il servitore del principe dei demoni, non poteva spettargli altro titolo.

Ma le cose non andarono esattamente come sperava. Dopo tutti quegli anni a servire Sesshomaru, si era dimenticato come fosse dirigere un armata della sua gente. Erano troppo piccoli e deboli per poter sopravvivere ad un semplice attacco di qualsiasi altro demone, così aveva perso migliaia di uomini e la nostalgia si era impossessata di lui prepotentemente. Si era pentito di aver abbandonato il suo padrone e soprattutto Rin, che doveva ammettere, alla fine era entrata anche nel suo cuore e gli mancava da morire,  gli mancava la sua vita accanto al suo adorato principe dei demoni.

Nel momento in cui vide un ombra coprirgli la visuale, e nel momento in cui riconobbe il proprietario di quell’ombra, capì che sarebbe tornato a servire il suo padrone. Aveva balbettato, come suo solito,  si era prostrato ai suoi piedi, Sesshomaru non aveva fatto una piega, non aveva detto una parola. Ma Jaken l’aveva seguito, recuperando il suo Nintōjō, l’unico oggetto che gli era rimasto a ricordargli il suo passato. Si era aggrappato alla sua Moko-Moko quando si era alzato in volo e rimase stupito quando si trovò di fronte alla sua vecchia dimora, quella che aveva abbandonato sempre per Rin. Sperò che quello fosse un chiaro segno che il suo padrone voleva tornare ad essere il grande principe dei demoni tanto temuto. Ma la delusione riapparve sul suo volto nel momento in cui si ritrovò di fronte all’odiato Inuyasha, fu lì che il suo padrone parlò per la prima volta da quando si erano rincontrati.

- Jaken, aiuterai Inuyasha a dirigere questo posto. – Lo disse in un tono che non ammetteva repliche e così il piccolo Kappa dovette sottostare nuovamente alle sue regole senza battere ciglio.

Odiava stare a stretto contatto con Inuyasha. Inizialmente litigavano spesso, ma da quando il suo padrone aveva preso ad allenarlo per poterlo rimettere in forze, il mezzo demone stava cambiando, e la responsabilità che gravava sulle sue spalle lo spingevano ad essere differente. Stava diventando un vero principe, ma al  contrario di Sesshomaru era più gentile nei suoi confronti. Inizialmente lo aveva trovato irritante, ma poi si era trovato a constatare che era piacevole essere finalmente considerati da qualcuno. Si era ritrovato a pensare che Inuyasha si comportasse in quel modo per via del fatto che per metà era umano, e per la maggior parte della sua vita aveva vissuto in mezzo ad essi. Infine, aveva preso a seguire maggiormente Inuyasha nelle sue mansioni, a volte quest’ultimo gli chiedeva dei consigli, come lo è stato per lo studio che il mezzo demone voleva allestire per suo fratello maggiore. Quel giorno lo vide pensieroso, ma non gli chiese nulla.

- Che cosa ne pensi Jaken se facessi fare per Sesshomaru, una stanza che parla della nostra famiglia, delle imprese di nostro padre e magari dei nostri avi. Pensi che a Sesshomaru possa fare piacere? – Glielo aveva chiesto come se fosse la cosa più naturale del mondo. Il fatto era che ormai Inuyasha ci aveva fatto l’abitudine ad avere quel rospetto sempre tra i piedi, ma non gli dispiaceva, alla fine era l’unico con cui poteva parlare a palazzo.

- Ahhhh!- Gracchiò Jaken. -Ma che cosa vuoi che ne sappia io, il padrone non si confida con me. – Disse impettito, in fondo, quell’odioso mezzo demone non poteva pensare sul serio che certe sorprese come le chiamava lui, potessero per l'appunto sorprenderlo. Quando alzò lo sguardo vide che invece, Inuyasha, era serio, così proseguì. – Ah, ma come puoi credere che al padrone possano piacere le sorprese? – Chiese alquanto irritato dall’insolenza del mezzo demone.

- Sì, se sono sorprese che parlano di guerra, di nostro padre e della nostra storia. Ho intenzione di fare trascrivere un libro su un racconto basato su una bambina e un demone cane che si trovano nel bosco, questo potrebbe fargli più che piacere. Allora cosa ne dici? – Jaken si irrigidì nel sentire di quel libro e di quella storia. Forse Inuyasha aveva ragione, quello di certo poteva sorprendere il suo signore.

In quel periodo rimase in disparte ad osservare il lavoro di Inuyasha, si era messo d’impegno, aveva fatto ricerche ed era riuscito anche a trovare alcuni vecchi tomi al palazzo di sua madre. Il piccolo Kappa rimase sorpreso della tenacia e della minuziosità con cui aveva svolto il suo lavoro. E rimase ancora più sorpreso quando il suo signore sorrise nel momento in cui vide quella stanza, di solito quando Sesshomaru sorrideva, lui ne rimaneva piuttosto impressionato, in quanto non era mai un buon presagio, ma quella volta il sorriso del suo signore era un sorriso di gratitudine. Vide che ad Inuyasha bastò quello per renderlo felice del suo operato; tuttavia, quel gesto lo lasciò totalmente spiazzato. Come era mai possibile che una cosa così semplice potesse rendere felice un essere vivente, era inconcepibile per la sua piccola  mente.

Col passare del tempo, e degli anni, Jaken imparò ad apprezzare di più il mezzo demone. Soprattutto da quando Sesshomaru gli aveva fatto dono del suo nuovo yokata, dell’armatura e finalmente di un paio di calzature. Dopo poco tempo si era trovato davvero a suo agio in quelle vesti, ma nel momento in cui Sesshomaru vide suo fratello con in dosso l’armatura, Jaken rimase esterrefatto dall’espressione che comparve sul suo volto in una delle rare volte in cui si poteva scorgere qualcosa di simile in lui. Aveva gli occhi spalancati e si era irrigidito sul posto.

- Gli somiglia. – Furono le uniche parole che uscirono dalla bocca di Sesshomaru in quel momento, ma il piccolo servitore non capì a chi il suo padrone si riferisse.
A chi? Padron Sesshomaru, a chi somiglia Inuyasha?- Guardò il suo padrone con la testa di lato senza capirci molto di quello strano comportamento. Sesshomaru, non lo guardò nemmeno, sembrava come incantato, come se avesse visto un fantasma.

- A mio padre. – Il piccolo demone rimase a bocca aperta, per poco non si sentì il tonfo della sua mascella cadere al suolo. Senza aggiungere altro il Principe dei demoni girò sui tacchi e se ne andò.

Qualche tempo dopo, anche la madre di Sesshomaru fece la stessa affermazione la prima volta che si presentò al castello, ma quella volta il piccolo demone capì a chi la regina si riferisse.

La signora madre, dopo quella prima visita tornò altre volte al castello, non aveva mai avuto intenzione di obbedire ai voleri del suo unico figlio. Quell’unica volta che si era recata a palazzo si era trovata talmente a suo agio con Inuyasha, che alla fine era tornata spesso. C’era qualcosa che la spingeva a presentarsi a palazzo; era quel ragazzo dalle orecchie canine che, con quei capelli tirati su e legati in una pomposa coda, gli ricordava tanto il suo defunto marito. E pensare che non si era mai nemmeno interessata di quel ragazzo, ma nel momento in cui incrociò il suo sguardo per la prima volta, qualcosa si mosse nel suo cuore e nella sua anima. Il ricordo di Toga era ancora vivo in lei, credeva di essere un demone, e come tale di essere immune ai sentimenti invece, si dovette ricredere. Il Grande Generale era morto per salvare quel ragazzo e sua madre e forse ora ne capiva il motivo. Tuttavia, la nascita di Inuyasha, era stato anche la ragione per cui Sesshomaru, appena adolescente, si era allontanato da lei. Non le aveva detto nulla, ma il suo sguardo era accusatorio, incolpava anche lei, infine, della scomparsa di suo padre, e forse questo era ciò che le faceva più male di tutti. Lei non aveva fatto nulla per  fermarlo, niente per impedire quella sua relazione con quell’umana. Sapeva che per un demone come lui gli sarebbe stato fatale invaghirsi di un’ umana, però lo aveva semplicemente lasciato andare. Tuttavia, la sua morte, le aveva fatto capire che Toga non si era soltanto invaghito, ma si era innamorato, il suo sacrificio ne fu la conferma. In quel momento non seppe esattamente che cosa aveva provato, forse: rabbia, dispiacere, delusione? Lei non sapeva decifrare certi sentimenti che potevano essere soltanto umani. Ma quando vide Inuyasha la prima volta pensò che la vita le stesse dando una seconda occasione, ed infine si era affezionata talmente tanto a quel ragazzo da considerarlo come suo figlio.

Sesshomaru, capendo di non avere voce in capitolo sul fatto che la madre di tanto in tanto venisse in visita a palazzo, non aveva più detto nulla. Sapeva che con tutto il lavoro che aveva svolto Inuyasha, non poteva impedirgli di far entrare chi voleva a palazzo, a patto che non rappresentasse una minaccia per loro, ma sapeva bene che il fratello ci sarebbe stato quantomeno attento.

Nel periodo in cui Sesshomaru si richiuse in sé stesso, dopo la morte di Rin, qualche giorno dopo, la signora madre andò in visita a palazzo come suo solito. Inuyasha, le corse in contro quando avvertì la sua aura. Inukimi, nel momento in cui vide l’espressione rattristata del ragazzo, sentì una morsa stringerle il cuore, dietro di lui vi era quel piccolo demone che di solito seguiva Sesshomaru ovunque. Anch’egli sembrava preoccupato.

- Inuyasha, che cosa succede? – Chiese cercando di mascherare il suo turbamento, era successo qualcosa di grave, se lo sentiva nelle viscere. Era una strana sensazione. Vide che le labbra del ragazzo iniziarono a tremare, come anche la sua voce ed iniziò a balbettare.

- Se… Sesshomaru… lui… - Non gli fece dire altro che prese i lembi della sua veste, li alzò e si diresse in camera di suo figlio. Non ricordava esattamente l’ubicazione della stanza e non seppe come fece, ma la trovò. In quella camera permeava un odore acre di chiuso, ed era avvolta dal buio più totale. Gli enormi tendoni scuri, erano chiusi, nascondevano la luce del giorno. Guardò in quell’enorme mobile che, gli aveva spiegato Inuyasha, serviva per dormire, ma vide soltanto un cumulo di coperte, capì che c’era qualcuno soltanto quando sentì un rantolo provenire da lì sotto. Inuyasha e Jaken la raggiunsero in quel momento.

Fece il giro del letto e scostò le coperte fino a che non trovò Sesshomaru, era madido di sudore, gli posò una mano sulla fronte e poté constatare che era bollente, più del solito. Scostò del tutto le coperte e ciò che vide la fece rabbrividire; era dimagrito molto, segno che fosse da diverso tempo che non mangiava,rivolse lo sguardo a Inuyasha, sicuramente, testone com’era e in quello stato, aveva rifiutato il cibo che gli era stato offerto. Era altrettanto sicura che aveva aggredito il più piccolo, quando magari cercava  di forzarlo a mangiare. Aveva intravisto dei cocci per terra, segno che qualche ciotola di cibo fosse finita in frantumi. Così gli era venuta la febbre, la regina si domandò se non si volesse lasciare morire, questo non lo poteva permettere. Non aveva chiesto nulla al mezzo demone del motivo per cui si trovasse in quella condizione, ma poteva intuire che cosa potesse averlo fatto cadere in quell’abisso di dolore; la sua umana doveva essere morta.

- Inuyasha, dovrai aiutarmi a spostarlo. Lo dovremo spogliare. – Vide il mezzo demone arrossire dopo le ultime parole. Il piccolo demone invece, si irrigidì accanto a lui.

- Io… non… non… - Si grattò la testa nervosamente, non sapeva come continuare la frase. La Regina sorrise, ultimamente in presenza del mezzo demone le succedeva spesso.

- Non mi dirai che ti imbarazzi a vedere tuo fratello nudo. Se vogliamo aiutarlo lo dovrai fare, non posso fare tutto da sola. Per prima cosa, chiama un inserviente e fai riempire la vasca con acqua bollente ed erbe balsamiche. – Inuyasha, non se la sentì di ribattere agli ordini della regina, così richiamò delle inservienti, dando loro le istruzioni su cosa gli serviva. – Ah! Inuyasha, chiama anche qualcuno che faccia prendere aria a questo posto e che lo ripulisca da cima a fondo. – Inuyasha annuì e fece come gli era stato detto.

Quando le inservienti ebbero riempito la vasca, Inukimi disse a Inuyasha di prendere Sesshomaru e portarlo nel bagno. Nel momento in cui lo prese in braccio, poté constatare quanto fosse leggero rispetto a quando lo aveva portato in quella camera. Se solo lo avesse ascoltato quando voleva farlo mangiare, forse si sarebbe ripreso e non avrebbero dovuto ricorrere a certi stratagemmi. Lo portò nel bagno e lo fece sedere su una specie di sgabello.

- Molto bene, ora tienilo ben saldo mentre io gli tolgo gli abiti. – Sesshomaru aveva cercato di ribellarsi, ma in quel frangente Inuyasha era più forte di lui; tuttavia, il mezzo demone si era guadagnato alcuni graffi alle braccia. Inukimi, si era tolta il suo jūnihitoe e aveva arrotolato le maniche del suo Kimono fin sopra i gomiti. Una volta che ebbe finito di spogliare il figlio ordinò ad Inuyasha di adagiarlo nella vasca, Sesshomaru tentò nuovamente di ribellarsi. Ma la regina gli posò una mano sulla guancia. – Tesoro, è per il tuo bene. – Gli disse, non aveva mai usato un tono simile con il figlio ma era troppo preoccupata per accorgersene. Il suo gesto fece rimanere interdetto anche Sesshomaru, che dopo non se la sentì di contraddirla ulteriormente e lasciò fare, era troppo debole e febbricitante per combattere ancora.

La regina e Inuyasha, si presero cura di lui, e sembrava che le erbe balsamiche gli dessero sollievo anche solo per un istante. Quando il mezzo demone lo estrasse dall’acqua e lo rimise a sedere sullo sgabello, volle rimettersi da solo il fundoshi*. Lo asciugarono, gli districarono i capelli e lo vestirono con un Kimono da notte.

Dopo essere stato rivestito, volle tornare a letto da solo ma nel momento in cui cercò di fare qualche passo, le sue gambe, che erano rimaste troppo a lungo inattive, cedettero, e per poco non finì a terra, se li vicino non ci fosse stato Inuyasha a sorreggerlo. Sesshomaru si voltò verso il fratello e notò che aveva un’espressione affranta sul volto. Si chiese il motivo; forse era preoccupato per lui, di colpo si sentì catapultato indietro nel tempo, a quando aveva trovato Inuyasha in quella distesa di ciliegi. Non voleva questo, non voleva che soffrisse di nuovo e per di più per lui. Si lasciò prendere in braccio, il che era alquanto singolare per uno come lui; il temibile principe dei demoni che si faceva prendere in braccio dall’odiato fratello, ma la cosa che era cambiata però, era che quel fratello non era più così tanto odiato.

Inuyasha, lo fece distendere nuovamente a letto, che ora aveva la biancheria pulita e gli rimboccò nuovamente le coperte. Al suo capezzale si sedette sua madre, e gli posò una mano sulla fronte. Inukimi, constatò che aveva ancora la febbre, ma sembrava essersi abbassata leggermente. Sua madre gli carezzò nuovamente la guancia, era strano per lui, ma quel contatto era piacevole.

- Mi dispiace Sesshomaru. – Il figlio aggrottò la fronte dopo quelle parole, non capiva se si riferisse alla morte di Rin o per tutto il resto, ma non disse niente. Poggiò la testa sul cuscino e dopo poco si addormentò.

Inuyasha, Inukimi e Jaken, lasciarono la stanza per non disturbarlo. Avrebbe dormito molto, dopo un bagno con le erbe balsamiche.

- Quando si risveglia vorrei fargli mangiare una zuppa, almeno qualcosa deve metterlo nello stomaco. E, questa sera dormirò qui, non me ne andrò finché non si sarà ripreso completamente. – Inuyasha annuì, comprendeva in fondo la preoccupazione di una madre come lei, poteva essere algida e impassibile fin quando voleva, ma la salute di un figlio è sempre al primo posto per un genitore.

- Come desiderate, vi faccio preparare la stanza degli ospiti. – Disse Inuyasha, richiamando una delle inservienti per ordinargli di preparare la camera.

Per quella notte e per quelle a venire, la Signora Madre rimase a palazzo. Ogni mattina si recava nella camera del figlio per costatare il suo stato di salute, mentre  Sesshomaru sembrava infastidito dalla sua presenza. Aveva provato a protestare, una volta in cui era rimasto solo con Inuyasha, ma il mezzo demone era stato inamovibile.

- Te l’ho già detto, non puoi decidere soltanto tu su chi è meglio che io faccia entrare a palazzo o meno. In fondo se questo posto è ritornato al suo splendore originario è stato grazie a me. -   Inuyasha in quel momento, quasi ebbe l’impressione che Sesshomaru volesse incrociare le braccia al petto e mettere il broncio, come un bambino capriccioso. Ma non fece nulla di tutto questo, si limitò soltanto a voltarsi dall’altra parte. – E poi mi sta dando una mano, almeno riesco a dirigere il palazzo se lei bada a te. – A quel punto Sesshomaru si voltò verso il fratello, e gli rivolse uno sguardo tagliente. Inuyasha, non si fece intimidire da quell’espressione, però aggrottò la fronte perplesso, chissà che cosa stava per dirgli nuovamente.

- Io non ho bisogno della balia, me la so cavare benissimo da solo. – Inuyasha alzò un sopracciglio. Ora si, che gli sembrava un bambino capriccioso.

- Infatti, me ne sono accorto, prima che arrivasse lei sembravi un morto vivente.- Poi il tono di Inuyasha si addolcì. – Lo so benissimo come ti senti fratello, so che cosa si prova a perdere la persona amata, e tutto questo è normale. Tu, Rin, l’hai vista crescere. Io mi sono limitato soltanto a starti vicino, perché non sapevo cosa fare, mi sentivo impotente, quella brava in queste cose era Kagome. Tua madre ha saputo subito come comportarsi, in fondo è una madre sa cosa è meglio, forse non sarà di quelle più affettuose, ma di sicuro è preoccupata per te. – Sesshomaru emise un grugnito, non gli piacevano molto quei discorsi su sua madre, certo si era preoccupata per lui, ma nulla toglieva il fatto che avesse lasciato suo padre andare tra le braccia di un'altra, e per di più umana, condannandolo a morte. Questo gli faceva ancora male dopo secoli; tuttavia, doveva constatare che Inuyasha aveva ragione, se ora stava meglio era anche grazie a lei, anzi, soprattutto grazie a lei.

Passò dell’altro tempo e, essendo un demone, a Sesshomaru non gli ci andò molto per riprendere le forze. Sua madre lo aveva aiutato a rialzarsi e a fare in modo che camminasse  un po’, giorno dopo giorno, un passo dietro l’altro. Ma prima, avevano praticato della ginnastica per far sì che gli tornasse il tono muscolare nelle gambe, era un rimedio che aveva insegnato Kagome ad Inuyasha, così lo aveva insegnato a sua volta alla regina.

Quando Sesshomaru ebbe ripreso totalmente le forze, la Regina tornò al suo palazzo, al quale era andata a fare visita saltuariamente da quando era ospite in quello del figlio. Da allora non fu più un ospite indesiderata, almeno da parte di Sesshomaru. Continuò ad andare in visita a palazzo, rimanendo soltanto in compagnia di Inuyasha, ma al suo arrivo, a riceverla c’era anche Sesshomaru, che se ne andava poco dopo senza dire una parola. Ogni volta chiedeva ad Inuyasha quale fosse il suo stato di salute.

- Beh! È Sesshomaru, quello di sempre. Credo che il dolore per la perdita di Rin non potrà mai essere colmato, al massimo se ne potrà dimenticare. Ma sicuramente di tanto in tanto ritornerà a farsi sentire, io ne so qualcosa. – La Signora madre annuì, concordando con Inuyasha.

- Lo so bene. – Disse guardando Inuyasha comprensiva. – Stagli vicino, non lasciarlo mai solo. – Inuyasha le sorrise.

- È quello che sto già facendo. – Le rispose come se fosse una risposta più che ovvia, ma Inukimi lo sapeva. Nell’ultimo periodo i due fratelli erano diventati più uniti che mai.

Infine, Inuyasha, nonostante fosse un mezzo demone, aveva preso ad accompagnare il fratello nelle sue battaglie. C’era sempre qualcuno che voleva battersi con il temibile principe dei demoni, per rubargli i suoi territori, ma entrambi trovavano la forza di combattere nella presenza reciproca. Così sostenendosi a vicenda, erano diventati più forti e molti erano arrivati a temerli entrambi.

Ci fu una volta in cui, in uno dei loro scontri, venne coinvolta una mezzo demone, schiava dei demoni con cui s’erano battuti quel giorno. Con insistenza di Inuyasha, Sesshomaru alla fine la portò a palazzo per curare le sue ferite. La ragazza aveva delle orecchie canine, come quelle di Inuyasha, ma i suoi capelli erano neri come ali di corvo e occhi del colore dell’ametista. Dopo che la ragazza si fu ripresa dalle ferite riportate, le venne concesso di rimanere a palazzo. E, dato che Inuyasha aveva visto quanto il fratello fosse interessato lei. Le aveva fatto avere dei Kimono pregiati e aveva voluto che lei vivesse come loro pari. Col passare del tempo Sesshomaru iniziò a corteggiarla, regalandole diversi Kimono, come aveva fatto in passato con Rin. La ragazza, che si chiamava Aoi, (=colei che dipende dai fiori di ciliegio), non sembrava essere indifferente alle attenzioni che le riservava il demone.

Anche Inuyasha aveva iniziato a corteggiare una ragazza che lavorava a palazzo, era una demone dai capelli celesti e dagli occhi dello stesso colore, si chiamava Haruka, (= fiore primaverile), era un demone che era in grado di dominare il potere del ghiaccio. Ma era di rango inferiore rispetto a Sesshomaru. Tuttavia,  anche Haruka sembrava essere interessata al mezzo demone, stranamente a lei non sembrava importare nulla del fatto che Inuyasha fosse un mezzo sangue.

I due fratelli, infine, avevano di nuovo trovato qualcuno con cui passare il resto della loro vita, ma questa volta non avrebbero passato un momento distanti. Entrambi, avrebbero continuato a vivere a palazzo anche quando si sarebbero sposati.  La dimora era abbastanza grande per ospitare tutti.

Si sposarono una seconda volta, e decisero di farlo nello stesso giorno. Venne celebrata una sontuosa festa di fidanzamento, dove i futuri sposi ricevettero diversi regali come augurio della loro vita coniugale futura. Come luogo per la cerimonia venne scelta la distesa di ciliegi dove Sesshomaru aveva trovato Inuyasha, dopo la morte di Kagome. Il luogo da cui, per il mezzo demone si era conclusa la sua vecchia vita, e in un certo senso, forse anche per Sesshomaru era stato così.  Vollero ricominciare da dove tutto si era concluso tragicamente; vicino al villaggio di Musashi.

Gli sposi indossavano i tipici kimono da cerimonia, bevvero i rituali tre sorsi di sakè dalle tre ciotole di dimensione differente, e condivisero con le loro consorti il giuramento di fedeltà e obbedienza. Nonostante fossero già stati sposati in precedenza, l’emozione di quel giorno era palpabile. Erano stati invitati molti parenti, di cui forse nemmeno Sesshomaru ricordava i volti e i nomi. Ma la cerimonia era stata organizzata dalla Signora madre e lui non aveva battuto ciglio, in fondo la cosa era andata bene anche a suo fratello, non se l’era comunque sentita di ribattere. La cosa più importante per loro era che ci fossero le loro figlie, senza di esse niente sarebbe potuto contare di più. Ad ogni modo, comunque, le loro ragazze erano state molto felici di sapere che ci sarebbe stata nuovamente una donna al loro fianco, e che sicuramente questa volta sarebbe durata più di quella precedente. Inoltre, Towa, Setsuna e Moroha, sembravano andare d’accordo con le loro nuove mamme.

Dalle loro seconde mogli ebbero altri figli, ed entrambi sembravano essere nuovamente felici. I secoli passarono e i due fratelli si trovarono a combattere nuove guerre, e a dover proteggere nuovamente la loro famiglia. Ma poi non si seppe più niente di loro. Non esiste nessun tipo di documento che attesti la loro morte o quella delle loro seconde mogli o di tutti i loro figli. Si presume dunque che essi vivano ancora tra noi, nell’epoca moderna, che abbiano attraversato le epoche e che si siano adattati ad esse fino ad arrivare ai giorni nostri. Quindi forse, data la loro classe sociale, può darsi che oggi siano proprietari di qualche azienda molto importante in Giappone,  che si aggirino tra la gente, e si distinguano per le loro orecchie canine o per i segni demoniaci come quelli di Sesshomaru. È probabile che li si possa incontrare di tanto in tanto in qualche locale della zona o chissà dove.

 Nemmeno della signora madre si sa nulla, e nemmeno di lei ci sono dati che ci possano condurre a una data di morte. Dunque, probabilmente, anche lei vive nell’epoca moderna e forse potrebbe abitare nella grande villa bifamigliare dei figli, perché, anche se Inuyasha non lo era, ormai si era abituata a considerarlo come tale. E potrebbero comunque vivere tutti quanti come nelle favole, felici e contenti di avere vissuto molte vite e di essere sopravvissuti fino ad oggi.












*L'Hitoe è una veste senza righe, tradizionalmente è di colore arancio- rosso o raramente verde chiaro.
 
*La Kososde è un indumento tradizionale Giapponese, costituito da una veste dalle linee essenziali, sia maschile che femminile.
 
*L'Hakama è un indumento tradizionale giapponeseche somiglia ad una larga gonna pantalone o una gonna a pieghe, qui però immaginateli come i pantaloni di Sesshomaru XD
 
*Il Koto è uno strumento musicale cordofono appartenente alla famiglia delle cedre, derivato dal Guzheng cinese.
 
*Il fundoshi è un perizoma tradizionale giapponese indossato agli uomini.
 
 
 
Angolo Autrice
 
Eccomi qui con questa One hot, che non si può dire che sia breve. Tutto questo è stato ispirato dall' immagine  che trovate all'inizio di questo racconto, in realtà sarebbe una sequenza, ma l'immagine che ho scelto da già l'idea di come mi sia ispirata a questa storia =D. Ci sono tre diversi punti di vista: Quello di Sesshomaru prima, di Inuyasha poi, e la conclusione dell'autore, che sarei io XD
 
Ci ho messo circa tre giorni a revisionarlo, dato che l'ho pubblicato anche su Wattpad, ma li, l'ho suddiviso in tre capitoli.
 
In questo racconto sono sparse molte sensazioni, tante emozioni che credo siano molto profonde dei nostri protagonisti, penso di essere rimasta più o meno nel character loro, almeno ci ho provato XD
 
La sola cosa che mi ha permesso di uscire un pò dal seminato se voliamo intenderla così, è il fatto che sia passato molto tempo, quindi ho ritenuto giusto di ammorbidire un po' i caratteri.
 
Ho inserito anche le figlie e ne parlo solo marginalmente, anche perché non mi piacciono molto, però essendo una storia raccontata molto dopo non potevo non metterle.
 
 
Mi piacerebbe  sapere che sensazini vi ha dato questa storia, quindi, come sempre ditemi che ne pensate.
 
Alla prossima =)
 
 
PS.: Io non lo dico mai, ma è scontato che i crediti delle immagini che inserisco nelle mie storie vanno agli artisti ovviamente =)
   
 
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