Attenzione:
questa os è il seguito di Distrazione e Lasciarsi andare.
Non è obbligatorio leggerle ma farlo permette di avere una visione
più chiara della storia.
Lettore
avvisato, mezzo salvato.
Procedere per gradi
«Ancora».
«Di
nuovo? Senti, te lo dico con il cuore: hai rotto il cazzo. Non ne
posso più. Sono due ore che siamo qui a... piantala di fare il
subdolo bastardo! Non mi attaccare quando ti parlo, cazzo!»
Lance
piega le labbra in un sorriso beffardo.
«E
perché non dovrei?» domanda dolcemente, dall'altra parte della
radura e senza abbassare la bacchetta.
«Per
educazione, rispetto o buon gusto. Sceglie la motivazione che
preferisci» risponde Jude, spiccio, prima di alzare gli occhi al
cielo. «Cugino, davvero, sono stremato. Ci alleniamo più noi che i
nostri antenati Mangiamorte durante la guerra» esala disperato, con
un principio di isteria. «Abbiamo corso intorno al Lago Nero per
un'ora, fatto quelle dannate flessioni e non so da quanto stiamo
duellando come se ne andasse della nostra vita. Pretendo una cazzo
di pausa!» abbaia con veemenza, il volto arrossato per la fatica e
grondante di sudore.
Lance
sbuffa, storcendo il viso in una smorfia scontenta.
«Va
bene, oggi finiamo qui» concede magnanimo.
Lui
si lascia scappare un sospiro di sollievo quando, all'improvviso, è
costretto ad evocare uno scudo per proteggersi da uno Stupeficium
non verbale.
L'incantesimo fa tremolare il suo già precario Protego, ma
fortunatamente non lo manda in pezzi.
«Allora
sei proprio un bastardo» esclama spassionato, scandalizzato per
quell'attacco vile e meschino.
L'altro
ridacchia, abbassando finalmente la bacchetta e avvicinandosi con
l'aria di chi si sta divertendo un mondo.
«Mettevo
alla prova i tuoi riflessi» commenta innocente.
«E
anche la mia pazienza» ribatte Jude, secco. «Ci metto un secondo a
mandarti a fanculo» aggiunge malevolo.
Lance
gli lancia un'occhiata ironica, prima di sciogliere quella barriera
azzurrina che aveva precedentemente eretto affinché nessuno sentisse
gli scoppi degli incantesimi e interrompesse l'incontro.
«Non
capisco perché non possiamo andare come tutti al Club dei Duellanti»
commenta Jude, pensieroso, una volta che sono sulla via di ritorno
verso il Castello. Lancia rapide e nervose occhiate agli alberi e a
quel clima cupo e inquietante, così tipico della Foresta Proibita.
Le dita sono strette intorno al legno della bacchetta, pronte a
scattare nel caso di attacco da parte di una di quelle creature che
popolano quel dannato posto. Che sia maledetto mio cugino,
brontola nella sua mente, lui e la sua dannata decisione di fare
di quella radura, poco lontana da Hogwarts, il luogo dei nostri
allenamenti.
«E
annoiarsi con gli Expelliarmus per tutto il tempo?» replica
Lance, sarcastico, guardando dritto davanti a sé. «Andiamo, Jude,
dove sarebbe il divertimento?» chiede leggero.
«Non
pretendo di divertirmi» afferma lui, piccato. «Mi accontenterei di
rimanere vivo. E qui rischiamo di essere divorati da qualche
Acromantula o colpiti dalla freccia di un centauro» sostiene
apprensivo.
«La
barriera che evoco ogni volta serve proprio per evitare questi
imprevisti» commenta l'altro, placido.
Jude
sbuffa, contrariato.
«Capisco
il voler apprendere nuovi incantesimi ma secondo me esageri»
sentenzia scornato. Si passa una mano tra i capelli biondi,
scompigliandoseli. «Non c'è bisogno di massacrarsi tanto con tutti
questi allenamenti: viviamo in tempi di pace!» ribadisce con
ovvietà.
Lance
si lascia sfuggire un sorriso di scherno.
«Pace»
ripete beffardo, voltando il viso verso di lui e inchiodandolo con
un'occhiata azzurra e gelida. «Per noi o per loro?» domanda
sprezzante.
Lui
scuote il capo, esasperato.
«Il
tuo problema è che vedi nemici ovunque» borbotta, a bassa voce. «Mi
piacevi più prima invece che in questa modalità da soldato pazzo:
eri molto più simpatico» riflette in un mormorio, senza riuscire a
celare l'amarezza.
«E
anche molto più facile da uccidere» stabilisce in sussurro il
cugino, facendogli venire i brividi per l'odio che gli avvelena la
voce e gli trasfigura il viso.
*
«LAAANCE!»
Il
diretto interessato alza gli occhi al soffitto della Sala Grande,
lasciandosi sfuggire un verso di esasperazione prima di guardare
nella direzione in cui quelle due piaghe si stanno avvicinando
rumorosamente al tavolo di Serpeverde.
Jude,
seduto di fronte a lui, piega le labbra in un sorriso luminoso,
intrigato dallo spettacolo a cui assisterà da un momento all'altro.
«Lance»
ripete Elaine, ad alta voce, una volta che lo ha raggiunto,
imbufalita. «Di' a questo idiota di piantarla!» ordina imperiosa,
degnando l'altro fratello di un'occhiata malevole e rancorosa.
Galahad
gonfia le guance, offeso.
«Digli
tu di farlo» ribatte, inviperito a morte. «Sai cosa ha fatto? Ha
accettato di andare ad Hogsmeade con quell'imbecille di Higmore»
rivela scandalizzato.
«E
allora? Non sono affari tuoi!»
«Certo
che sono affari miei» ribatte Galahad, infervorandosi, con una luce
assassina negli occhi scuri. «Sei mia sorella, ho il dovere di dirti
cosa fare!» strepita nevrotico, attirando più di uno sguardo
curioso da parte degli altri studenti presenti e rischiando
seriamente di fargli saltare i nervi.
Si
costringe a chiudere gli occhi e a respirare a fondo, perché l'idea
di sfoderare la bacchetta e mettere in riga quelle due piaghe non gli
è mai parsa tanto seducente.
Elaine,
nel frattempo, non accenna a tenere a bada la rabbia.
«Lance
ha detto che posso uscire con chi mi pare!»
«Lance
si sta stufando» li avverte il diretto interessato, snervato,
inchiodando i due fratelli minori con due iridi gelide e assassine.
«Seduti» ordina secco, indicando loro la panca con un cenno
dispotico della mano.
Dopo
che i due fratelli minori si sono accomodati l'uno alla sua destra e
l'altra alla sua sinistra, lui, racimolando tutta la sua
tolleranza, piega le labbra in una smorfia insofferente.
«Allora,
vediamo di risolvere in fretta» proclama asciutto. «Elaine?»
chiama, concedendole la parola.
La
ragazzina annuisce, aggrottando la fronte con furia.
«Higmore
mi ha chiesto di uscire e Galahad, quando lo ha scoperto, vuole
sabotarmi l'appuntamento» sputa fuori dai denti, bellicosa.
Lance
ci mette qualche secondo per ricordarsi le fattezze di quel ragazzino
del Terzo Anno di cui parla la sorella.
Tassorosso
e Mezzosangue, stabilisce infine, contrariato, inarcando le
sopracciglia con eloquenza. Elaine poteva scegliere di peggio.
«Galahad?»
chiede allora, rivolgendo l'attenzione al fratello che, inquieto
sulla panca, ha fatto del suo meglio per aspettare il suo turno senza
dargli – inutilmente – fastidio.
«È
così» conferma questo, schietto. «Ma non si tratta di un
sabotaggio quanto di un salvataggio» proclama con sicurezza, simulando
solennità.
Lance
gli rivolge un'occhiata che non cela l'ironia.
«Ah
sì?»
«Voglio
far capire a quell'idiota che non è degno di uscire con mia
sorella!» continua il più piccolo, testardo.
«E
come?» si inserisce Jude, interessato, esibendo un sorrisetto
sarcastico. «Intendi freddarlo?»
«Se
necessario» brontola Galahad, guerrafondaio, un guizzo omicida che
divampa in quelle iridi scure.
«Io
vedo già gli Auror che ti ammanettano» commenta lui, lapidario,
versandosi e versando anche agli altri parenti una tazza bollente di
tè.
Elaine,
al suo fianco, si scioglie in un ghigno soddisfatto.
«E
poi sei proprio l'ultimo che può dirmi qualcosa. Gal esce con la
Mullen» svela infame, alla tavolata, facendo arrossire per
l'imbarazzo il fratello minore.
Lance
piega le labbra in una smorfia impressionata, prima di guardare alla
sua destra con due occhi talmente freddi da far innervosire il
ragazzino.
«Che
straordinario colpo di scena» ironizza, sorridendo senza
divertimento. «E così era Elaine il problema?» sibila truce.
«Posso
spiegare» si affretta a dire Galahad, in panico.
«E
farai meglio a trovare una spiegazione attendibile» consiglia amabile, terrorizzandolo ancor di più. «Se vuoi essere diseredato,
fai pure. Non sperare che ti difenda da vati» lo avvisa
spassionato, alzando lo sguardo dalla sua tazza di tè per
rivolgergli un'occhiata crudele e penetrante. «Dopo le sue
Cruciatus, arrivano le mie!» promette implacabile.
L'arrivo
di Parsifal, il più piccolo dei fratelli Rosier, sembra
apparentemente mettere fine al conflitto.
Il bambino rivolge un
sorriso mite di saluto, prima di accomodarsi accanto a Jude e
iniziare a trangugiare la sua colazione senza sembrare uno di quei
cavernicoli Nati Babbani
Lance
torna a concentrarsi sul libro di Incantesimi che stava precedetemene
consultando, conscio che entrambe le sue piaghe personali sembrano
essersi acquietate – forse stimolate dalla sua espressione sadica –
e aver sotterrato ogni proposto aggressivo.
Questo
finché Parsifal, con tutta l'ingenuità dei suoi undici anni, non si
lascia sfuggire una frase.
«Voglio
venire anch'io ad Hogsmeade» si lagna, abbassando gli occhi scuri al
piatto per simulare un'espressione fragile che scioglie sempre il
cuore della loro madre.
Lance
non fa nemmeno in tempo a rialzare lo sguardo dalla pagina del tomo,
che la guerra rinizia.
Più
violenta e rumorosa di prima.
«Tu
non ci vai ad Hogsmeade con quello!»
«Io
ci vado con chi mi pare, Gal!»
«Basta»
sibila lui, minaccioso, a corto di pazienza e sull'orlo
dell'esaurimento nervoso. Deve tenere la mani sul tavolo perché la
tentazione di abbassare la sinistra e infilarla nella tasca del
mantello, dove è riposta la bacchetta, lo tenta in maniera
irresistibile. «Gal, finiscila di fare il rompicoglioni! Elaine,
esci con chi ti pare ma l'albero genealogico non si contamina!»
sentenzia duro, chiudendo gli occhi e massaggiandosi le tempie con
quella che pare genuina esasperazione. «Muti!» ribadisce sinistro,
senza nemmeno alzare le palpebre, consapevole che entrambi hanno già
spalancato le labbra per protestare.
«Perché
stanno litigando?» sente Parsifal domandare, spontaneo e curioso.
Anche
senza vederlo, può immaginare benissimo il sorriso gongolante che
piega le labbra del cugino.
«Problemi
di cuore» illustra Jude, ironico. «Tu ne hai?» si informa
pettegolo.
«Nah»
nega il bambino, subito. «Non mi interessano queste sciocchezze!»
«Bravo,
almeno tu salvati» lo loda Lance, stressato ed esausto, riaprendo
gli occhi e affrettandosi per finire di consumare la sua colazione il
prima possibile così da abbandonare la Sala Grande.
«La
Mullen però è carina» bofonchia a mezza voce Galahad, pensieroso.
Lui
volta lentamente il capo nella sua direzione, trafiggendolo con
un'occhiata omicida che lo fa squittire per la paura.
«Se
non fosse una Nata Babbana» sottolinea Jude, placido, scrollando le
spalle. Lo vede bere la sua tazza di tè con noncuranza, prima di
esibire un sorriso divertito ed irriverente. «A te come piacciono,
Lance?» domanda con finto candore, cercando un pretesto per non far
morire la conversazione e aver modo di vedere ancora quelle due
piaghe esplodere e saltarsi alla gola.
«Purosangue»
risponde di riflesso, asciutto. «Possibilmente mute. No!»
esclama, alzando il tono quando capta gli sguardi bellicosi
che i fratelli si stanno già scambiando e sedando sul nascere
qualsiasi altra lite. «Li vuoi?» chiede esausto al cugino.
L'altro
scuote la testa, senza smettere di sorridere deliziato.
«Manco
morto» afferma affabile.
«Ti
invidio. Volevo essere anch'io figlio unico» sbuffa Lance, snervato,
prima di arricciare il naso. «Ero felice prima che arrivaste voi a
rompermi il cazzo» confessa brutale, incurante dell'espressione
ferita che è inevitabilmente affiorata sul viso dei fratelli. Sbuffa
irritato, senza nemmeno preoccuparsi di nascondere la frustrazione.
Infine abbassa le spalle e inchioda quei due idioti con uno sguardo
che non ammette obiezioni, pena la morte cruenta e lenta. «Vi
avverto, se uno di voi osa anche solo proferire una parola prima che
abbia terminato la colazione, giuro sui Rosier che la cripta di
famiglia avrà un nuovo inquilino entro sera!» promette truce.
*
«Secondo
me sei stato troppo severo con Gal e Laine. Dai, sono divertenti».
«Dici
così perché non sono i tuoi, di fratelli» replica Lance,
distaccato, mentre si stanno incamminando verso la prima lezione di
quella giornata autunnale.
Jude
si lascia sfuggire un sorriso prima di serrare le labbra in una
smorfia che grida tutta la sua apprensione.
L'altro,
che l'ha scorta con la coda dell'occhio, non sembra farci caso.
«Prima
non ti ho chiesto come ti piacciono le ragazze solo per provocare
quelle due pesti» inizia impacciato, spettinandosi con una mano i
capelli biondi e senza guardarlo in faccia. «Volevo essere sicuro
che non avessi cambiato gusti» confessa in difficoltà, sperando che
l'altro non si chiuda a riccio o non liquidi l'argomento come una
sciocchezza.
«Perché
avrei dovuto farlo?» rilancia Lance, leggero.
Okay,
riflette Jude, rincuorato, è di buon umore. O la va o la
spacca.
«Mi
sono arrivate voci preoccupanti» svela, quindi, deglutendo nervoso.
«Tu e la Weasley...»
«Quale
delle tante? Quella famiglia è un conigliaio».
Lui
corruga le sopracciglia, scandalizzato da quella verità che gli
viene sbattuta in faccia senza la minima delicatezza.
«Piano
con le parole» sbotta brusco, guardandolo male. «Ti ricordo che
sono imparentato con loro».
«Tu,
non io» precisa Lance, divertito, inclinando il viso verso di lui.
«Allora?» lo sprona paziente, una volta che si sono seduti al banco
nell'aula del professor Vitious.
«La
mezza Veela» precisa all'istante. «Vi hanno visto lasciare la festa
di Luma insieme».
L'altro
piega le labbra in una smorfia meditabonda.
«Non
credo che sia proprio mezza» obietta ragionevole.
Jude
alza gli occhi al cielo, esasperato.
«Sì,
insomma, lei» riprende spazientito, evitando che il discorso svolti
su argomenti che non gli interessano. «Allora?» insiste cocciuto e
indiscreto.
Lance
sostiene quello sguardo inquisitore senza alcuna difficoltà.
Eh,
grazie tante. Di solito è lui quello che terrorizza in famiglia, mai
il contrario.
«Allora
cosa?» chiede quel maledetto bastardo con una disinvoltura unica.
Jude
stringe le labbra, al limite della tolleranza.
«Devo
prepararmi a dire allo zio di eliminarti dall'albero di famiglia?»
precisa sgarbato, lasciando perdere le buone maniere.
Lance
accenna un sorriso.
«Non
scherziamo» mormora con due occhi azzurri baluginanti di
divertimento.
«Però
è figa» persevera ostinato, cercando di farlo cadere in fallo.
Lance
gira il viso verso di lui, spalancando appena gli occhi con un guizzo
di sorpresa.
«Fammi
capire, cugino» inizia ironico, sorridendo con quella che è una
chiara presa in giro. «Sei preoccupato che me la faccia o che me la
faccia prima di te? Se la vuoi, prenditela pure» concede magnanimo,
tirando fuori dalla borsa di cuoio il manuale scolastico ed
appoggiandolo al banco. «Perché quella faccia tanto preoccupata?»
continua quando lo becca a fissarlo con un'espressione che deve
gridare tutta la sua ansia.
«Non
ci sono segreti tra noi, vero?» si assicura inquieto.
«Perché
dovrebbero esserci?»
Lui
deve trattenesi dal rifilarli un pugno. Che sia maledetto quel
bastardo e la sua irritante abitudine di rispondere ad una domanda
con una domanda!
Dimmi
che non stai facendo quello che penso...
Scuote
il capo, snervato, decidendo di arrivare al nocciolo della questione
senza tergiversare oltre. Pretende una risposta secca e sincera, si è
stufato di tutti questi girotondi dialettici!
«Lance,
non è ch-»
«Buongiorno
ragazzi» lo interrompe il professor Vitious, incentivando gli ultimi
arrivati ad accomodarsi per iniziare il prima possibile la lezione e
Jude deve fare forza su se stesso per ingoiare quell'imprecazione che
ha sulla punta della lingua. «Oggi affronteremo un argomento che
viene spesso chiesto ai M.A.G.O.».
*
Dominique
fissa tormentata la porta dello spogliatoio di Quidditch.
Si
passa la lingua tra le labbra, titubante sul da farsi. Ha aspettato
che la squadra terminasse l'allenamento quotidiano e dopo aver
controllato che tutti – eccetto il Capitano – i giocatori siano
tornati al Castello, è indecisa se attuare o meno il suo piano.
Infine
sbuffa, stizzita da quella sua indecisione, e, con la stessa
delicatezza di un Troll, apre di colpo la porta dello spogliatoio,
entrando sicura all'interno di quel piccolo ambiente.
Etienne
volta di scatto la testa verso di lei, basito, immobilizzandosi dal
mettersi una maglietta addosso.
Fingendo
di non aver fatto scivolare gli occhi sugli addominali del cugino,
Dominique piega le labbra in un sorriso sensuale.
«Mi
concedi dieci minuti?» chiede civettuola.
«Se
la tua intenzione non è quella di uccidermi, sì» risponde lui,
leggero, finendo di vestirsi. «Se invece speravi di farmi venire un
infarto con quello spavento, ti consiglio di ingegnarti di più.
Molly ha fatto di peggio ma io sono ancora qui» afferma con il
sorriso di chi gongola di una vittoria che sa che altri non
avrebbero conquistato.
Lei
annuisce, sedendosi con grazia su una delle panche e accavallando le
gambe.
«Quindi?»
la esorta lui, gentile, una volta indossata anche una felpa e
accomodandosi di fronte alla cugina. Appoggia la schiena al muro,
rivolgendole quella che pare un'occhiata distratta. «Qual è il tuo
problema?» si informa vigile.
«Chi
ti dice che abbia un problema?» rilancia Dominique, giocosa,
dondolando appena il capo.
«Perché venite
tutti da me quando ne avete uno» ribatte Etienne, all'istante,
sicuro. «Come se avessi una risposta per tutto» considera
lievemente esasperato.
«È
così» sottolinea lei, convinta. Si sistema una ciocca di capelli
ramati dietro l'orecchio, nervosa. «Va bene, ho un problema»
capitola sconfitta, sbuffando seccata. «Quello che ci diciamo rimane
tra noi, vero? Non lo andrai a spifferai a Vic?» domanda a
bruciapelo, cauta.
L'altro
sgrana gli occhi azzurri, sorpreso.
«No,
se non vuoi» assicura lieve.
Dominique
annuisce, concedendogli un sorriso radioso.
«Perfetto»
riprende, soddisfatta. Abbassa le iride chiare al pavimento e cerca
inutilmente di controllare quel rossore disgustoso che le imporpora
le guance. «Allora... credo che mi piaccia un ragazzo» butta fuori,
nauseata.
«Serpeverde?»
indovina lui, a bruciapelo.
Lei
sussulta, spalancando le palpebre e inarcando le sopracciglia.
«Come
lo sai?» chiede allibita.
Etienne
si stringe nelle spalle, noncurante.
«Spii
sempre in quella direzione durante i pasti» osserva sommesso, come
se fosse una cosa ovvia e sotto gli occhi di tutti.
Un
attimo... e se fosse così? Perché un conto è ammetterlo con Louis
ed Etienne, un altro è fare sapere a tutto il Castello che si è
presa una raccapricciante e vergognosa cotta per un essere che non
dovrebbe nemmeno degnare di un'occhiata.
«Mi
controlli?» indaga velenosa, la voce intrisa di minaccia.
«Figurati»
replica lui, indulgente, scuotendo il capo. «Mi sarà caduto
l'occhio un paio di volte».
Dominique
lo fissa con l'aria di chi sta meditando un omicidio.
Dovevo
immaginarlo, pensa scornata, lasciando perdere i propositi
sanguinari e dandosi mentalmente della stupida per essere stata tanto
disattenta. Nulla sfugge ad Etienne
«Ma
se lo guardo da appena una settimana» ribatte lei, offesa.
Suo
cugino sorride amabile, facendole dimenticare in un attimo il suo
proposito bellicoso.
«Lui
chi è?» domanda, invece, interessato.
«Rosier»
risponde Dominique, spiccia. «Non so se hai presente» aggiunge
incerta.
«Cacciatore
e Caposcuola del Settimo Anno» illustra l'altro, saputo, facendole
spalancare le palpebre per lo sconcerto. «Mi sta simpatico»
aggiunge inaspettatamente.
Lei
lo guarda interdetta.
«Davvero?»
domanda, sbattendo le ciglia.
Etienne
annuisce, sfoderando un sorriso rilassato.
«È
una mia versione meno affascinante e più spietata».
«Non
è affatto vero!»
«Nel
senso che è più affascinante e meno spietato del sottoscritto?»
«Tu
sei più bello».
«Siamo
d'accordo» concede lui, magnanimo. «Quindi?» la sprona gentile.
Dominique
boccheggia, prima di inumidirsi le labbra e svuotare il sacco.
«Abbiamo
fatto sesso» confessa di colpo, arrossendo appena sulle gote.
Etienne
inarca un sopracciglio, impressionato.
«Ah»
commenta solo, prima di riprendere a sorridere. «Beh, da come lo
guardi in Sala Grande, deve esserti anche piaciuto parecchio»
commenta malizioso.
«Infatti»
conferma lei, disinvolta. «Il problema è che...»
«Che
ha fatto?» chiede lui, preoccupato, staccando la schiena dal muro e
sporgendo il busto in avanti, così da appoggiare i gomiti sulle
ginocchia. Le sonda il viso con due occhi azzurri e attenti. «Ah»
conclude, infine, leggero. «Non è quello che ha fatto quanto quello
che non ha fatto il problema,
vero?» intuisce perspicace.
Dominique
annuisce, seccata a morte.
«Non
mi ha più cercata da quel mercoledì sera» ammette stizzita, l'amor
proprio ridotto a brandelli. «Di solito si cerca quella con cui hai
fatto sesso, no?» illustra logica.
Etienne
abbassa per un attimo le palpebre, facendole un cenno affermativo con
il capo.
«Se
si vuole replicare l'esperienza» conferma sottile. «Tu vorresti?»
replica incuriosito.
«Sì»
risponde lei, brusca, sentendosi morire per l'imbarazzo di ammettere
quella debolezza. «È normale che mi...»
«Ti?»
Godric,
è così umiliante doverlo ammettere!
«Piaccia?»
pigola quasi terrorizzata.
Il
cugino sorride divertito.
«Perché
non dovrebbe?» ribatte sereno, non capendo quale sia il problema.
Dominique
sbuffa, scostandosi con fastidio una ciocca di capelli che le è finita
davanti agli occhi nello scuotere la testa.
«Perché
discende da una famiglia di Mangiamorte» sottolinea esasperata,
quasi stridula.
«E
allora?» replica Etienne, quieto. «Lui non è la sua famiglia»
precisa accorto.
«Ma
crede fermamente in tutte quelle idee che hanno portato alle due
guerre» spiega lei, fomentandosi. Il
tuo stato di sangue è imbarazzante,
le ha detto la prima volta che si sono parlati, nell'aula di Storia
della Magia. Godric,
me lo sentivo che era un deficiente! Dovevo tirargli uno schiaffo e
finirla lì. Invece no, da brava cretina gli ho concesso più di
quello che merita! «E poi venera alla
follia Evan Rosier» ricorda malevola.
«Comprensibile,
era un grande».
«Etienne!»
«Intendevo
come manipolatore» si giustifica lui, candido, piegando le labbra in
un sorriso irresistibile. «Si impara sempre qualcosa da quelli che
ci hanno preceduti» continua leggero, ignorando lo sguardo al
vetriolo che gli viene rivolta. «Quindi? Il problema è il suo
essere uno stronzo discriminatore?» si informa, tornando al nocciolo
della questione.
Dominique
scuote la testa, serrando le labbra con disappunto.
«No,
il problema è che mi piace uno stronzo discriminatore» sputa
disgustata.
E
poi... come si gestisce una cotta? È abituata ad essere amata, non
ad amare.
Forse
non è nemmeno nella sua natura farlo.
E
di certo non voglio perdere il mio tempo a farlo per qualcuno come
lui, riflette tra sé, nevrotica. In fondo, non mi piace così
tanto, tenta di convincersi senza crederci un solo istante.
«E
pure parecchio» constata Etienne, deliziato, guadagnandosi
un'occhiataccia obliqua e assassina. Per un attimo è preoccupata che
lui le abbia letto nella mente ma poi, dopo una rapida riflessione,
si rende conto ha commentato quello che lei gli ha confidato. «Non
ti ho mai vista farti problemi con le persone in generale, figurati
per un ragazzo» valuta quasi impressionato.
«Infatti
mi pare di impazzire» confessa lei, infilandosi stizzita una mano
tra i capelli per rassettarli. «Con Mason sapevo come comportarmi ma
con Lance-»
«Lance?»
la interrompe lui, inarcando le sopracciglia con eloquenza e
ampliando quel sorriso intrigato. «Siete già passati al nome?» la
punzecchia spietato.
Dominique
si fa livida.
«Mi
sembra assurdo chiamarlo per cognome visto che ci ho fatto sesso»
sbotta velenosa, sforzandosi di ignorare le prese in giro e di
ottenere il prima possibile quella dannata strategia da
atturare per il quale si è presentata in quel dannato
spogliatoio. «Dicevo... con Lance non cosa fare, non lo conosco
nemmeno. Consigli?» pigola vergognosa.
Etienne
torna serio, storcendo il viso in una smorfia meditabonda.
«Prima
di spaccarmi la testa, io cercherei di capire cosa vuoi» rivela,
infine, pragmatico. Le punta addosso le sue iridi cristalline,
scrutandola con una tale intensità che la fa sentire a disagio. «Se
ti piace solo sotto il versante fisico, allora sei salva» sentenzia
sicuro.
Dominique
si inumidisce le labbra, inquieta.
«Davvero?»
supplica intimorita.
«Dopo
averla soddisfatta un paio di volte, la voglia passa» rassicura lui,
incoraggiante.
«E
se non succede?»
«Allora
ti sei infilata in un gran casino».
*
«Che
ci fai qui?»
Dominique
simula un'espressione stupita, sbattendo per un attimo le ciglia per
dare più credibilità alla recita, prima di piegare le labbra in una
smorfia che dovrebbe essere infastidita.
«Volevo
prendere una boccata d'aria» risponde seccata. Di certo non ha
nessuna intenzione di confessargli che si è fatta prestare da James
la Mappa del Malandrino e che, una volta che ha individuato il suo
nome fuori dalle mura del Castello, si precipitata nel parco,
sperando di incontrarlo. Lo ha fatto perché deve capire, è
ovvio, mica per lui! «Corri?»
«Come
sei acuta» la sbeffeggia Lance, sciogliendosi in un sorriso
provocatorio che le fa saltare i nervi. «Anche se dubito di poterlo
fare ancora per molto» considera alzando il capo verso il cielo,
dove, nuvole di un grigio scuro, promettono l'arrivo di un
acquazzone. «Perché quella faccia?» chiede quando torna di nuovo a
guardarla, corrugando appena la fronte.
«Quale
faccia?» replica lei, spiazzata.
«Quella
di una che mi guarda come se l'avessi accoltellata» risponde lui,
spiccio.
Dominique
si lascia sfuggire un verso di stizza.
«Non
dire sciocchezze, Lance» lo fredda brutale.
L'altro
riprende a sorridere, inarcando le sopracciglia.
«Lance?»
ripete ironico e basta quel tono unito a quello sguardo per rischiare
di farla arrossire. «Non credevo avessimo fatto questo passo in
avanti» commenta mellifluo.
«Se
vuoi posso tornare al cognome» ringhia lei, velenosa, sentendosi
morire per l'imbarazzo.
Lui
scrolla le spalle, noncurante.
«Come
preferisci» elargisce magnanimo, prima di tornare serio. «Quindi?»
«Quindi
cosa?»
«Perché
quella faccia tanto incazzata?»
«Tu
vaneggi!» sbotta Dominique, aggressiva, colpita in pieno.
«Certo»
concorda Lance, sarcastico, le iridi chiare baluginanti di trionfo.
«Fammi indovinare: adesso mi dirai che mi sono immaginato anche
tutte quelle occhiate che mi hai lanciato in Sala Grande. A
meno che tu non stessi guardando mio fratello, e spero proprio di no»
ammette, storcendo il viso in una smorfia scettica. «Par
ha undici anni e non sa ancora cosa sia il sesso. Quanto a Gal, non
cred-»
«Piantala
di fare l'idiota» lo blocca Dominique, incollerita. «Piuttosto,
visto quello che hai appena detto, mi pare evidente che sei tu a
guardarmi» afferma, ribaltando la situazione e dando sfoggio a
quell'aria irritante che ha l'obiettivo di infastidire
l'interlocutore.
Peccato
che con lui non funzioni.
Lo
vede scoppiarle a ridere in faccia, sprezzante del fatto che rischia di
trovarsi cinque dita su una guancia da un momento all'altro.
«Naturale
farlo quando ci si sente osservati di continuo» constata quando si
ricompone, ignorando che lei ha assunto un colorito livido e ha
stretto le labbra con disappunto. «Beh, allora? Che ho fatto?»
insiste curioso.
È
più quello che non hai fatto, pezzo d'idiota, il problema, pensa
Dominique, furiosa. Ma non ti darò la soddisfazione di
saperlo!
Drizza
la schiena assumendo una posa altera e guardandolo con sufficienza.
«Niente»
sostiene pungente.
Che
poi non è manco una menzogna, solo una pura constatazione.
Lance
le rivolge un'occhiata che non cela l'ironia.
«Fingerò
di crederti» dice indulgente.
Il
silenzio che segue e l'aria che preannuncia pioggia, le fanno
seriamente temere che la conversazione sia conclusa lì.
Quando
lo vede farle un cenno di congedo con il capo e voltarsi all'indietro
per tornare al Castello, Dominique va in panico.
«Quindi?»
si lascia scappare, prima di riuscire a mordersi la lingua.
Lui
corruga le sopracciglia, smarrito.
«Che
cosa?»
«Com'è
andata la settimana?»
Lance
la guarda come se fosse impazzita.
«Davvero
ti interessa?» domanda quasi sconvolto.
Dominique
sbuffa, al limite della sopportazione.
«Si
chiama fare conversazione» sottolinea velenosa. «È troppo
difficile dialogare come una persona normale per te?» chiede
sprezzante.
L'altro
ha la faccia di uno che si sta trattenendo per evitare di scoppiarle
di nuovo a ridere in faccia.
«Massacrante»
si limita a dire, forse intuendo che i suoi occhi azzurri hanno
cominciato a mandare lampi.
«I
M.A.G.O.?» chiede lei, con i nervi a fior di pelle.
«I
M.A.G.O., le ronde, gli allenamenti» elenca Lance, stanco. Giusto
che gioca a Quidditch, si dice Dominique. E per quanto
riguarda le ronde... forse è il caso di non farmi più sostituire
quando finisco di turno con un Serpeverde. «I fratelli»
termina, serrando la mandibola con sconforto. «Potrei andare avanti a
lamentarmi tutto il giorno».
Lei
annuisce, pensierosa.
«Almeno
sta sera c'è il Lumaclub» butta lì, sperando di orientare il
discorso in quella direzione.
«Non
ci vengo» stabilisce Lance, brusco, smorzandole sul nascere
l'aspettativa di incontrarlo anche più tardi. «Stavolta non mi
schiodo dalla Sala Comune» sostiene inflessibile.
«Io
invece ci vado» ribatte Dominique, altera. «Mason vuole parlami»
se ne esce con finta casualità.
Lui
inarca le sopracciglia, perplesso.
«Di
cosa?»
Lei
scrolla il capo, simulando noncuranza.
«Non
ne ho idea» gongolando segretamente di vederlo interessato. «Credo
che voglia chiarire» ipotizza leggera.
Lance
si acciglia, pensieroso.
«Che
cosa c'è da chiarire?»
Dominique
sta per aprire bocca e rispondere quando il cielo inizia a scatenare
una buona simulazione del diluvio universale. Tirandosi il cappuccio
del mantello a coprirsi i capelli, svelta afferra l'altro – che si
stava già voltando per correre e ripararsi all'interno della scuola
– per trascinarlo via.
«Il
Castello è dall'altra parte» le fa notare lui, perplesso, puntando
i piedi e bloccandoli sotto una pioggia intensa.
«Lo
so» risponde lei, stizzita, fissandolo truce. «Noi non andiamo lì».
«Noi?»
«Per
una volta puoi fare quello che ti dico?»
«E
poi magari ti domandi perché la gente ti evita» commenta Lance,
sarcastico, decidendo infine di seguirla. «Come possono non
sopportarti se sei uno zuccherino?» constata amabile.
Dominique
nemmeno si degna di rifilargli un'occhiataccia. Si limita a correre
il più velocemente possibile verso la capanna di Hagrid.
Dopo
aver recuperato la chiave di scorta, che è sempre nascosta dietro un
mattone sporgente dell'abitazione, la infila nella toppa e fa
scattare la serratura.
Entra
quindi all'interno dell'edificio e accende con un colpo di bacchetta
le candele poste in giro per la stanza. Subito la solita e
accogliente atmosfera che quel luogo sprigiona le stringe il cuore
nel petto e un po' si dispiace dell'assenza del padrone di casa,
andato a trovare il fratello in una riserva per Giganti
in Irlanda.
Lei
fa uscire aria calda dalla bacchetta, così da asciugarsi i capelli,
quando, voltandosi all'indietro, si rende conto che Lance è rimasto
impalato sulla soglia d'ingresso.
«Perché
non entri?» domanda confusa.
Lui
inarca le sopracciglia, guardando con diffidenza lo ciarpame –
gabbie, attrezzi da giardinaggio, bastoni – che Hagrid ha appeso al
soffitto.
«Sicura
che non ci cadrà qualcosa in testa?» replica circospetto.
Lei
sbuffa, seccata.
«Fammi
un favore: togliti quell'aria da piccolo lord, la detesto» ordina
imperiosa, disattivando l'incantesimo e mettendo via la bacchetta.
«Ah
sì?» replica Lance, sfoderando un sorriso raggiante. «Buono a
sapersi» afferma entrando e chiudendosi la porta alle spalle.
Osserva con un certo scetticismo quella marea di oggetti
precariamente legati ad un corda, la mano destra infilata nella tasca
della felpa dove c'è presumibilmente la bacchetta.
«Invece
di stare lì impalato a dare aria la bocca, ti spiace accendere il
fuoco?» chiede ruvida, avvicinandosi alla credenza dove Hagrid
conserva teiera, tazze e la scatola del tè. «Almeno quello lo sai
fare?» ironizza sprezzante, incapace di trattenersi.
Lui
tira fuori la bacchetta e, con un movimento fluido e le labbra
sigillate, attizza il fuoco nel camino.
«Anche
se di solito a casa ci pensano gli Elfi» mormora a mezza voce,
guardandosi intorno con un'espressione raccapricciata. Si asciuga
capelli e felpa con un colpo rapido della bacchetta. «E comunque non
dovremmo essere qui. Dubito che tu abbia il permesso del
proprietario» valuta lieve.
Dominique
lo guarda trionfante.
«Invece
ce l'ho» lo contraddice zuccherosa, riempendo d'acqua il bollitore
e mettendolo sul fuoco. «Zia Hermione ha appoggiato un disegno di
legge che prevede la loro liberazione» aggiunge di riflesso, poi,
aggrottando appena la fronte al ricordo delle discussioni che ci sono
state alla Tana poco prima della sua partenza per Hogwarts.
La
zia da una parte e il resto della famiglia dall'altra.
Tranne
zio Harry, che cercava di fare un attimo da arbitro e far abbassare i
toni a Hermione e nonna Molly.
«Non
passerà mai» sentenzia Lance, sicuro, interrompendo bruscamente
quel ricordo e riportandola al presente. «Non basta essere un'eroina
del Mondo Magico per fare quello che vuoi al governo» sostiene,
incrociando le braccia al petto e appoggiando una spalla alla parete
di pietra del camino.
Lei
lo osserva attenta.
«Ne
sembri compiaciuto» deduce ad alta voce.
Lui
scrolla le spalle, indifferente.
«Non
particolarmente» smentisce vago. «Anche se ammetto che gli
idealisti non mi piacciono. E mi piacciono ancor meno quelli che
cercano di imporsi sulle regole che hanno scandito per secoli la vita
dei maghi» afferma con due occhi azzurri e gelidi.
«Il
cambiamento può essere positivo» sostiene Dominique, convinta.
«Non
ne dubito» concede Lance, sereno. «È l'imposizione che non
tollero».
«Specie
se deriva da una Nata Babbana» insinua lei, velenosa, iniziando già
ad incupirsi.
«Una
Nata Babbana che è Primo Ministro di un'istituzione che basa gran
parte dei suoi fondi sulle donazioni delle famiglie Puronsague»
sottolinea Lance, con un sorriso per nulla divertito. «La società
sarà pure cambiata ma non così tanto» termina consapevole. Getta
uno sguardo al bollitore che ha iniziato a fischiare. «Dunque, mi
hai portato qui per offrirmi un tè con dei biscotti?» domanda
ironico.
Dominique
versa una manciata di foglie nell'acqua bollente, prima di
sciogliersi in un sorriso.
«Se
ci tieni ai denti, ti consiglio di stare lontano dalla cucina di
Hagrid» lo avverte scherzosa. Lancia un'occhiata valutativa alla
credenza. «Però dovrebbero esserci ancora dei dolci che gli ho
portato settimana scorsa» ipotizza concentrata.
Lance
spalanca gli occhi.
«Tu
lo frequenti?» domanda stranito.
«Lo
trovi tanto strano?» replica lei, subito. Si trattiene dal
confidargli che le piace passare del tempo con l'anziano Guardacaccia
e che ha il permesso di utilizzare la sua casa come rifugio ogni
volta che lo desidera. Pronunciando l'Incantesimo di Appello, non può
fare a meno di sorridere radiosa quando due pacchi di dolci planano
verso di lei. Li afferra al volo, prima di alzare lo sguardo su due
iridi che la fissano incerte. «Che c'è?» chiede perplessa.
Lui
scrolla le spalle, inarcando con eloquenza le sopracciglia.
«Non
sembrano commestibili» sentenzia in un mormorio.
«Ti
assicuro che sono buoni» sostiene
Dominique, aprendo il pacco di marshmallow – l'altro lo rimanda
nella dispensa – e avvicinandosi a lui con un ghigno affilato che
non promette nulla di buono.
Tira
fuori un dolcetto dalla confezione, porgendolo con quella che sembra
grande gentilezza.
«E
allora perché non lo mangi tu?» ribatte lui, immobile, osservando
scettico quel batuffolo bianco come se fosse qualcosa di temibile.
«Avanti,
Lance, non fare il codardo» lo adula perfidamente divertita,
accostandogli il marshmallow alla bocca e appoggiando il resto del
pacco sulla mensola del camino.
Lui
tira indietro la testa, fissando prima lei e poi il dolce con due
occhi azzurri appena allargati dal panico.
«Non
mi piacciono i dolci» dichiara disgustato.
Dominique
inclina il capo.
«Non
lo hai mai assaggiato» sottolinea zuccherosa. «Non fare tutti
questi capricci» lo rimprovera con un tono beffardo.
«Fidati:
so già che sarà aberrante» dice convinto e, nell'istante in cui ha
la bocca aperta per proferire quelle parole, lei ne approfitta per
spingergli dentro il marshmallow.
Lance,
che dopo averle morso per dispetto le dita, la fissa con l'aria di
chi vorrebbe trucidarla seduta stante.
Lei
vorrebbe già dirgliene quattro – che cos'ha, due anni per
vendicarsi in quel modo? – quando gli occhi le cadono sulle labbra
di lui.
Labbra.
Le
sente premere contro la pelle del collo, provocandole mille brividi,
mentre si costringe a serrare con forza le sue, onde evitare di
lasciarsi sfuggire dei gemiti.
Eppure
quando Lance discosta appena il viso per guardarla negli occhi – e
a lei sembra di affogare in quell'azzurro gelido –, quando inizia a
spingersi più a fondo – sempre più veloce, più forte, più
sregolato –, Dominique sente qualcosa dentro di sé rompersi.
Lo
attira contro le sue labbra afferrandolo per i capelli, incurante di
fargli male. E mentre lo bacia smaniosa, le dita scivolano dalle
ciocche corvine di lui agli avambracci, dove le unghie si conficcano
con violenza come se fossero l'unica ancora di salvezza per non
abbandonarsi del tutto a quel piacere.
E
quando lo sente gemere, la bocca contro la sua, che il suo
autocontrollo si gretola, facendola affogare in un oceano di
desiderio dal quale dubita di riuscire a salvarsi.
«Stomachevole»
decreta Lance, raccapricciato, spezzando l'incantesimo di quel
ricordo e facendola sobbalzare. Ci mette un attimo – nel quale
sfarfalla le ciglia – prima di tornare alla realtà. «Solo i
Babbani potevano inventare una diavoleria del genere» prosegue lui,
discriminatorio, facendo una smorfia.
«Io
li trovo deliziosi» biascica Dominique, schiarendosi con urgenza la
voce quando la sente rauca e flebile.
Sta
per abbassare il braccio, rimasto sospeso a mezz'aria, quando Lance
le blocca il polso.
Lo
fissa con le labbra dischiuse e, per non sa quanto, le pare che il
mondo sia stato inglobato dalla violenza di quell'azzurro.
Rimane
ferma, totalmente indifesa, e, quando lo vedo piegare la testa verso
di lei, il cuore inizia a martellarle nel petto ancor prima che abbia
sfiorato quella bocca.
Non
sa di averlo afferrato per la felpa per strattonarlo ancor più
vicino a sé, né di avergli concesso tanto docilmente di spingerla
all'indietro. Non si rende conto di nulla perché nel momento in cui
lui la bacia, ogni pensiero svanisce.
Si
accorge distrattamente di aver picchiato con il fondo schiena il
bordo del tavolo di legno, di esserci seduta sopra quando lui l'ha
sollevata per i fianchi così da arrivare meglio alle sue labbra
senza doversi abbassare eccessivamente.
Però
sono percezioni che accarezzano solo un istante la sua mente, perché
Dominique è totalmente rapita che da quella bocca che pare divorarla
e da quelle mani che, sfiorandola, inibiscono completamente il suo
raziocinio.
Con
le ginocchia serrate all'altezza dei fianchi dell'altro e le dita che
corrono alla zip della felpa, così da abbassargliela e togliergliela
di dosso, sussulta quando le parole di Etienne riaffiorano
brutalmente nella testa, sedando quella passione che minacciava di
travolgerla.
Evita
di farci ancora sesso, le ha
consigliato il cugino, fissandola con l'aria di chi la sa lunga. Ti
confonderebbe e basta.
«Cosa
c'è?» domanda Lance, quando si rende conto che lei si è
irrigidita, con una voce così bassa da farla rabbrividire,
discostandosi dalle sue labbra per scrutarle il volto con la fronte
appena corrugata.
Dominique
nemmeno riesce a guardarlo, preferendo abbassare le iridi.
«Non
posso» biascica solo, sentendosi morire dalla tentazione di ignorare
il consiglio ed averlo nudo di fronte a sé.
Lui
rimane un attimo in silenzio.
«Ciclo?»
deduce perspicace. «A me non dà fastidio un po' di sangue ma
capisco che tu non voglia essere toccata» concede comprensivo.
No,
fidati, vorrebbe risponderle lei, l'unica cosa che vorrei in
questo momento è riprendere da dove abbiamo interrotto.
Invece
si costringe a sopprimere quel
pensiero, scivolando giù dal tavolo e rassettandosi il maglione che
lui aveva precedetemene alzato per – superato l'ostacolo
rappresentato dalla camicia – sfiorarle la pelle dei fianchi.
E
se Dominique ha il volto livido di chi vorrebbe fare una strage da un
momento all'altro, Lance versa il tè in due tazzine con una flemma
invidiabile.
«Non
frequenti molto il mondo Babbano, vero?» domanda, una volta
recuperato un minimo di autocontrollo e agguantato il pacco di dolci
che aveva precedentemente lasciato sulla mensola del camino.
Si
ficca in bocca un manciata di marshmallow – sperando di strozzarsi,
così da mettere fine a tutti i suoi problemi –, prima di prendere
una tazzina e sedersi sul divano.
«Solo
d'estate» le rivela lui, stupendola, prendendo posto accanto a lei.
Non prima di rivolgere al divano un'occhiata a metà tra lo scettico
e il disgustato. «Andiamo in Germania» continua, sorseggiando la
bevanda.
Dominique
corruga le sopracciglia, perplessa.
«A
fare cosa?»
«Secondo
te?» replica Lance, beffardo, scoccandole un'occhiata eloquente che
la fa irritare a morte per la sua ingenuità. «Quello che si fa
durante l'estate: ci si rilassa» risponde con un sorriso provocante
che lei vorrebbe cancellare premendogli un cuscino sul volto e
soffocandolo. «Jude apprezza particolarmente la compagnia delle
bariste» continua malizioso.
«Che
ipocriti!» sentenzia Dominique, nauseata, a gran voce. Per poco non
rovescia il tè, visto la foga che ha utilizzato per abbassare la
tazzina che si stava portando alle labbra quando ha sentito
quell'ultima frase. «Difensori del sangue puro solo quando vi fa
comodo» recrimina feroce.
«Non
giudicarlo, è una sua debolezza» afferma Lance, sorridendo leggero, prima di
guardarla e sospirare teatrale. «C'è chi si accontenta delle
Babbane e chi si fa andar bene pure un Serpeverde discendente di
un assassino per scoprire le gioie del sesso» sottolinea con un
certo compiacimento, gongolando del rossore che le sta infuocando le
guance.
«Fai
poco il simpatico, Rosier» lo fredda lei, brusca.
Lui
inarca le sopracciglia, fingendosi sorpreso.
«Oh,
ora siamo tornati al cognome?» domanda con quella falsa ingenuità
che le fa venire voglia di mettergli le mani addosso. E non per il
desiderio di strappargli i vestiti. «Ammetto di essere deluso,
Dominique. Dopo quello che c'è stato fra di noi, mi sembrano
ridicole tutte queste formalità» considera sarcastico.
Lei
lo fulmina con un'occhiataccia.
«Non
c'è stato nulla tra di noi!» sbotta velenosa, fomentandosi.
«A
parte il piccolo dettaglio che ti sei buttata tra le mie braccia e mi
hai supplicato di farti venire» rinfaccia lui, derisorio. «Non si
dica che i Rosier non sappiano essere magnanimi» commenta ad alta
voce, come se fosse una verità innegabile.
Dominique
freme, furiosa.
«Come
scopata non è stata un granché» decreta pungente.
«Certo»
ironizza Lance, sorridendo spietato. «Infatti ricordo che non hai
fatto altro che lamentarti e soffrire tutto il tempo. Povera martire»
dice guardandola con comprensione, gli occhi azzurri baluginanti di
divertimento.
«Tu,
invece, sembravi fin troppo contento» insinua lei, imbestialita.
«Lo
ero» confida lui, a sorpresa, facendole dimenticare per lo shock i
tuoi propositi sanguinari. «Serata pessima che termina in quel modo?
Andiamo, chi non lo sarebbe stato?» le fa notare retorico.
Dominique
serra la mandibola, prima di puntare lo guardo davanti a sé.
Sorseggia il suo tè con quella che ritiene grande dignità,
ignorandolo del tutto.
Nella
sua mente, però, sta già elaborando un piano per fargliela pagare.
Che
soffra, pensa spietata. Non si merita altro.
«Di
cosa devi parlare con Martin?» chiede all'improvviso Lance,
spezzando il silenzio.
«Mason»
corregge lei, automaticamente, tornando a guardarlo. Piega le labbra
in un ghigno presuntuoso. «Oh, guarda, ti interessa?» domanda
ironica, sottolineando con enfasi le parole.
Lui
alza le spalle, indifferente.
«Si
chiama fare conversazione, come giustamente hai detto prima»
si difende lieve.
Dominique
lo fissa con pena.
«Non
lo so» risponde schietta, stupendosi lei stessa della confidenza che
gli sta concedendo. «Mi ha detto solo che vuole chiarire» afferma,
rimuginando sulle parole che il suo ex le ha rivolto al termine del
pranzo, quando lo ha beccato fuori dalla Sala Grande.
«Sarebbe
una perdita di tempo» sentenzia Lance, crudo, con quella sicurezza
che gli fa guadagnare un'altra occhiataccia.
«Ah
sì?» replica lei, stizzita. «E perché?»
«Perché
non ti interessa» svela lui, sereno, con due occhi azzurri che le
fanno annodare le stomaco per l'intensità di quello sguardo. «Si
vede lontano un miglio. Altrimenti avreste già risolto» continua
accorto. «Non ti crucciare, è il bello del primo amore. La
fugacità» calca sarcastico.
«E
la stupidità» aggiunge Dominique, asciutta. Si sistema una ciocca
di capelli dietro l'orecchio, prima di inumidirsi le labbra e
continuare il discorso. «Con il secondo va meglio?» si informa
vaga.
Lance
scuote la testa.
«Ah,
non lo so» confessa distaccato. «Quando arriva, te lo faccio
sapere».
*
«E
così tra di noi non ci sono segreti, eh?»
Jude
l'accoglie all'interno del dormitorio Serpeverde con due occhi verdi
colmi di amarezza.
Lance, sulla
soglia, sostiene stoico quello sguardo prima di chiudersi con un
sospiro la porta alle spalle e avvicinarsi al letto.
A
quanto pare anche a lui non piacciono proprio Purosangue, ha
commentato Galahad, stupito, con un velo di compiacimento nella voce quando gli ha raccontato che ha visto il fratello in compagnia della Weasley, nell'ingresso di Hogwarts.
Evita
di rinfacciarlo se ci tieni alla pelle, gli ha consigliato,
brusco, incupendosi per la voglia di ammazzare il cugino a mani nude.
«Sapevi
che l'avrei fatto» afferma l'altro, noncurante, sedendosi sul
materasso e iniziando a slacciarsi le stringe delle scarpe da
ginnastica.
«Speravo
non l'avresti fatto» lo
corregge Jude, spazientito, diminuendo la distanza tra loro e
appoggiandosi alla colonna del suo letto a baldacchino. Incrocia le
braccia al petto, sul volto un'espressione profondamente contrariata.
Salazar, quanto vorrebbe tirargli un pugno! «Lance... sono stato
dalla tua parte, sempre. Ho fatto di tutto per essere un
alleato leale ma quello che vuoi fare...»
«Se
vuoi tirarti indietro, non ti giudicherò» l'anticipa il cugino,
sereno, guardandolo dritto in faccia per enfatizzare l'onesta delle
sue parole.
Lui
sospira, sconfortato.
«È
troppo pericoloso» ribatte ragionevole, corrugando le sopracciglia e
sperando di richiamarlo al buonsenso. Possibile che non lo
capisca? Pensa scornato. Poi scuote la testa, amareggiato. No,
il problema è che non vuole
capirlo. Lance è così: quando si mette in testa una cosa,
morire se cambia idea. «Non si tratta di beccarsi una punizione
o farsi sottrarre dei punti, rischi Azkaban» sottolinea con enfasi,
sperando che si renda conta della situazione.
«Ne
sono conscio» afferma l'altro, serio, sfilandosi le scarpe.
Un
silenzio cupo cala tra di loro.
«Bohort
non vorrebbe che lo facessi» riprende Jude, teso.
Lance
ridacchia, per nulla divertito.
«Oh,
ti assicuro che Bohort vorrebbe che facessi questo e altro» afferma
pungente, lasciandosi sfuggire un sorriso amaro e alzandosi in piedi
per togliersi la felpa di dosso. Solo quando rimane in maglietta, gli
rivolge per caso un'occhiata e si accorge dell'apprensione che gli
irrigidisce i lineamenti e gli rende gli occhi inquieti. «Jude,
davvero, non c'è problema se vuoi starne fuori» assicura schietto.
Lui
sbuffa, scrollando le spalle con un moto di stizza.
«E
lasciarti nella merda da solo? Non scherziamo» sentenzia infastidito,
con forza. «Come procede?» indaga, invece, complice.
Se
finiamo ad Azkaban, ti giuro che ti farò sanguinare le orecchie a
vita a forza di lamentele!
«Come
mi aspettavo» risponde Lance, sommesso, riguadagnandosi la sua
attenzione e passandosi una mano tra i capelli corvini, appena umidi
di pioggia. «Le piaccio ma questo non è sufficiente» riflette
avveduto.
«Hai
tre mesi per conquistarla» lo rincuora lui, incoraggiante. «Puoi
farcela».
«Devo
farcela» precisa il cugino, inflessibile. «La festa dei Brown è
l'unica occasione» mormora pensieroso, stringendo le labbra in una
linea tesa. Rimane in silenzio per una manciata di secondi, prima di
puntare le iridi gelide e azzurre dritte sul suo volto, facendolo
sussultare. «Evan ha scritto che uccidere è molto più facile di
quanto si creda. Tu dici che è vero?» domanda ponderato.
Jude
sente un brivido scivolargli lungo la colonna vertebrale.
«Lo
vuoi uccidere?» replica con voce strozzata.
«Non
essere sciocco» lo fredda Lance, quasi infastidito da quell'ipotesi.
«Ho in mente una punizione peggiore. Devo solo perfezionare
l'incantesimo» osserva in un sibilo, sfoderando un sorriso spietato
e sognante. Rimane immobile per un paio di istanti – nei quali lui
non può fare a meno di fissarlo in silenzio con gli occhi sbarrati
–, prima di scrollare le spalle con noncuranza, come se nulla
fosse. «Ti spiace se ora vado a farmi una doccia? Puzzo di Veela»
afferma arricciando il naso con quello che pare disgusto.
“L’odio è come l’amore, in fondo: non lo puoi imporre, non lo puoi
ignorare.
Puoi solamente accoglierlo nel tuo cuore.”
Revenge
Non
ci avete capito niente, eh?
Oddio no, qualcosa si dovrebbe capire
ma mi rendo conto che, attualmente, la trama risulti alquanto
nebulosa.
Per chi si trova a leggere questa mia os senza aver
letto le precedenti: benvenuti! Questo non è il primo capitolo di
una long ma fa parte di una raccolta (dove ogni os corrisponde ad un
capitolo. Perché questa decisione folle? Perché non era calcolato
che scrivessi ancora di questi personaggi dopo la prima os. E anche
volendo non aveva senso trasformare Distrazione in
una long, perché il titolo non racchiude l'essenza della
trama.
Quindi ho deciso di strutturare in questo modo questa
storia).
Secondo il mio personale headcanon, i Rosier hanno
origine tedesca (vengono dalla Renania-Palatinato, se proprio
vogliamo essere precisi). Ecco il motivo per cui parlano/conoscono il
tedesco.
I nomi Lance, Elaine, Galahad, Parsifal, derivano dal
ciclo arturiano. Mi sono permessa di fare qualche modifica rispetto
alla parentela originaria.
Etienne è un mio OC ed è uno dei
personaggi principali di Battlefield. È figlio di
Gabrielle Delacour e coetaneo di Victoire.
Jude Burke, invece,
compare per la prima volta qui.
Penso di avervi fornito tutte le
informazioni necessarie per comprendere questa os (purtroppo ho il
brutto vizio di dare molte cose per scontate e mi rendo conto che sia
un problema).
Alla prossima storia,
Blue
Vati: papà in tedesco.