Castello
di follia
La
carrozza reale sfrecciava rapida, diretta a palazzo.
Celata dietro le tendine
scure, l'ex-principessa del Regno Solare non rivolgeva la sua attenzione al
paesaggio, conscia di cosa avrebbe visto scostando il tessuto: un mondo
prigioniero del terrore, della miseria.
Un
mondo soggiogato da un tiranno, in cui la morte e la paura si contendevano il
posto sul trono.
Un
mondo che avrebbe potuto salvare se solo non si fosse lasciata stregare da
quegli occhi torbidi, rossi come un fuoco di cenere che non scaldava
nulla.
Un
mondo che aveva lasciato precipitare, cadendo con lui nell'abisso del caos e
delle tenebre.
Com'era potuto
accadere?
Difficile dirlo con
esattezza: a volte provava a tornare indietro con la mente nel tentativo di
ricostruire ciò che era successo, ma i fatti si erano svolti troppo rapidamente,
sfuggendo ad ogni controllo.
I
ricordi si mescolavano, sfumavano l'uno nell'altro, portandosi dietro un carico
di sensi di colpa che spesso vincevano l'eterna battaglia tra la giovane e il
passato.
Sapeva che tutto aveva avuto
inizio il giorno della battaglia finale contro il Cristallo Oscuro: il gesto che
Rein aveva compiuto aveva abbattuto la prima pedina e, come in un domino, le
altre l'avevano seguita, crollando l'una sull'altra in una spirale verso
l'oblio.
Quel giorno non avrebbe
dovuto fermare il flusso di energia del Prominence Finale per paura di ferire il
ragazzo per cui il suo cuore batteva ancora. Le era costato il futuro…e Fine.
Sì, perché quella che appariva come la sorella dolce, ingenua e fragile, non si
era arresa e aveva proseguito, anche se il potere le risucchiava ogni briciola
di energia. Fine aveva creduto fino all'ultimo in quel sogno di pace che avevano
promesso agli amici e agli abitanti di Wonder.
Ed
era morta inseguendo quell'obbiettivo, dando il via ad una scia di sangue che
non aveva ancora avuto termine.
°*°
Il
sovrano di Wonder osservava la prospettiva della sala dal posto d'onore: il
trono che aveva conquistato e che sentiva di meritare dopo gli sforzi fatti per
averlo.
Prominence era stato
l'avversario più duro, ma una volta sconfitto non c'erano più stati ostacoli
alla sua ascesa e aveva potuto proclamarsi unico re del pianeta. Non gli
importava se i suoi sudditi consideravano la realizzazione del suo sogno come
l'inizio di un incubo: faceva valere la sua autorità, la sua legge. La sua
giustizia.
E
chi non l'accettava, affrontava la decapitazione.
C'era stata una sola persona
di cui gli fosse mai importato qualcosa: Fine. Ma Rein l'aveva
uccisa.
Bright la odiava per questo,
non ne aveva mai fatto un mistero: era colpa di quella stupida se il suo amore
era morto. Lei e quei traditori che si erano finti suoi amici, per poi
combatterlo quando il potere aveva scelto lui e non loro.
Si
era sbarazzato di quei ribelli ad uno ad uno, a cominciare da Shade, l'eterno
rivale che lo aveva sempre messo in ombra, che l'aveva fatto apparire come un
incapace. Sì, era stato il principe della Luna ad assaggiare l'affilatura della
scure e Bright aveva provato una gioia immensa nel veder rotolare la sua testa
sui ciottoli della piazza, mentre il sangue scorreva nelle fessure tra i
sassi.
Qualche oppositore gli era
sfuggito, come sua sorella Altessa, Narlo, Mirlo e Milky; altri avevano avuto la
saggezza di abdicare in suo favore e di inginocchiarsi al suo cospetto. Chi non
faceva parte dell'elenco, aveva fatto compagnia al caro
Shade.
E
poi c'era Rein.
Rein, su cui sfogava
l'Inferno che albergava nel suo animo e l'odio che nutriva nei suoi confronti,
in amplessi violenti. Nell'estasi dell'orgasmo non era mai il nome della
fanciulla a liberarsi dalle sue labbra, ma quello di Fine. Colei che aveva amato
quando ancora conosceva il significato di questa parola.
Colei per cui aveva provato
una malata e corrotta passione quando era passato alle
tenebre.
Rein gliel'aveva strappata,
forse gelosa di un sentimento che non era per lei.
Doveva
pagare.
°*°
la
figura esile e delicata di Rein scese dalla carrozza, gettando uno sguardo al
patibolo, maestoso e opulente come tutto ciò che faceva Bright.
Era
stato Shade ad inaugurarlo, ma lei dubitava che l'amico in quel momento si
rendesse conto di qualcosa. Dopo la morte di sua madre e di Fine, il suo fiero
orgoglio aveva ceduto il posto all'apatia, cancellando ogni luce dai suo occhi
cobalto. Si era lasciato catturare senza opporre resistenza, docile come un
burattino che aveva permesso al sovrano di manovrare i fili. E quello sciocco di
un re non aveva capito che gli faceva un favore a privarlo da quella vita che
gli era divenuta insopportabile.
Dopo c'erano stati gli
altri, tanti altri tra sovrani, principi e principesse. Tutti spazzati via come
foglie in una tempesta.
Pochi erano riusciti a
scappare lontano, al sicuro dalla follia del biondo. Lei si era inchinata, aveva
scelto la strada che i suoi compagni, a costo della vita, avevano rifiutato.
Aveva chinato il capo di fronte al mostro e ancora gli stava
accanto.
Forse per amore, malgrado
gli orrori di cui Bright si macchiava quotidianamente.
Forse per l'odio verso sé
stessa, per ciò che aveva fatto ai suoi cari.
Forse per l'odio verso di
lui, che aveva preso il posto del sentimento di un tempo.
°*°
Violenza, rancore,
rabbia.
Due
corpi che si rotolavano tra le lenzuola in un rapporto che d'amore non aveva
nulla.
Ognuno fingeva di poter
esistere anche senza l'altro, prendendo in giro un'emozione pura e
nobile.
In
realtà le circostanze e gli accadimenti li avevano uniti più di qualsiasi altra
cosa, avvolgendoli nelle spire di un circolo vizioso fatto di eccessi,
contrasti, morte.
Follia.
Si
amavano. Si odiavano.
Ognuno desiderava la morte
dell'altro eppure nessuna mano impugnava mai un coltello.
Rein un giorno lo avrebbe
ucciso. Era una promessa che si ripeteva fin dalla prima volta che si era
impadronito di lei.
Bright un giorno l'avrebbe
condannata. Era una minaccia che ripeteva fin dalla prima volta che si era
impadronito di lei.
Un
giorno…
Da
quella notte erano passate settimane, mesi, anni. Cinque
anni.
E
Bright era ancora vivo e sul trono.
E
Rein era ancora viva e al suo fianco.
E
quei giuramenti di morte risuonavano ad ogni amplesso, l'odio bussava alla porta
della memoria, legandoli inevitabilmente invece di
dividerli.
Erano anime devastate, che
nella follia di quella relazione avevano trovato il modo di sopravivere ad ogni
alba.
Finché avessero avuto
questo, avrebbero avuto anche un motivo per vivere.
Era
una situazione fragile, un castello costruito con gli incerti mattoni della
follia.
Ma
avrebbe resistito, almeno fino a quando un barlume di lucidità non si fosse
fatto largo nelle loro menti ormai compromesse.
Quel giorno, l'ultimo bagno
di sangue avrebbe messo fine a tutto.
FINE