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Autore: Maggiechan_75    29/10/2021    0 recensioni
“Sto tornando… tornando da te… Ma quanto è difficile! Qui dove mi trovo sto talmente bene, che una parte di me vorrebbe rimanere qui per sempre!
Sarebbe tutto perfetto se ci fossi anche tu.
Ma tu non ci sei ed io voglio stare con te in qualsiasi posto tu sia!
Aspettami sto arrivando…”
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori Makimura, Ryo Saeba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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La riabilitazione fu lunga e difficile. Scoprire improvvisamente di essere diventato come un bambino di pochi anni a cui doveva essere insegnato tutto (anche il parlare e camminare), fu per quell’uomo davvero umiliante. 

Bambino si sentiva proprio un bambino. Aveva addirittura paura del buio. 
La notte era particolarmente difficile. 
Senza di lei, il sonno era più agitato e pieno di incubi. 

Sul suo passato tutti erano stati piuttosto vaghi, l’unica cosa certa era il suo nome. “Ryo Saeba”. 
Al momento era solo quello a cui lui era interessato. 

Non lo riusciva a spiegare, ma questo fatto lo tranquillizzava perché non lo rendeva più un uomo “senza identità”. 

<< Chi sei Ryo Saeba? >>

Si chiese quella sera guardandosi allo specchio non riconoscendo il suo volto.

Davanti a sé vedeva il viso di un uomo maturo, ma gli occhi erano quelli di un bambino spaventato.
Il volto, leggermente abbronzato, era segnato da rughe che rappresentavano un vissuto. Si avvicinò allo specchio per poterle ispezionare meglio. Istintivamente allungò il suo indice verso quella più profonda, era vicino al suo occhio destro, era profonda e ruvida
Un brivido lo percorse. 

Si guardò allo specchio mentre cercò di accennare un sorriso. 
Un sorriso che probabilmente Ryo Saeba non aveva fatto spesso. Le rughe, la pelle e perfino le labbra sembravano avere una posizione non naturale, non conosciuta al viso stesso.

L’uomo riflesso allo specchio aveva uno sguardo spento e perso, non riusciva proprio ad accettare che quel viso gli appartenesse. 
Sembrava quello di un individuo a cui la vita non interessava più, ma non era così, non poteva essere così. 

L’uomo che era stato, quello riflesso allo specchio, era un detective! 
Almeno era quello che in quelle settimane gli era stato raccontato. 

Abbassò lo sguardo per osservare le sue mani, le annusò. 
Avevano un profumo particolare, un odore che a lui non piaceva. Un misto di polvere da sparo e sangue. 

Riportò lo sguardo allo specchio e si osservò negli occhi. 
Quell’uomo, capace di uccidere e di sparare gli faceva ribrezzo. 

Chi sono?

Non lo riusciva ad accettare, non riusciva a capire. 

Lui Ryo Saeba è un assassino!

Vide lo sguardo trasformarsi. In quel momento stava rappresentando l’incredulità di quell’affermazione e allo stesso tempo la consapevolezza che lo specchio stava comunque riflettendo se stesso.

Io sono un assassino!?

Lo specchio rifletteva il volto di un uomo arrabbiato. Un’espressione che quell’uomo, quello del passato, aveva provato molte volte.  
La ruga, vicino all’occhio destro, si accentuò. 

Nei giorni precedenti Kaori gli aveva raccontato il suo passato.

Non le doveva essere stato affatto facile farlo. L’uomo lo poteva ben percepire dal linguaggio del suo corpo. 
Lei aveva spesso lo sguardo basso e la voce tremante. Ne era sicuro, gli stava nascondendo qualcosa.

<< Con mio fratello Hideyuki, avevi aperto un’agenzia investigativa chiamata City Hunter…>>

Senza che lo specificasse si poteva percepire chiaramente quanto profondo era il legame che la univa a suo fratello. 
Si era dovuta interrompere un paio di volte per evitare di piangere, ne era quasi certo.
Hideyuki oltre che socio, era anche un amico e molto importante per lui, almeno dai racconti di lei.

Si sentiva in colpa per averlo dimenticato. 

Doveva essere, per quell’uomo riflesso allo specchio,  una persona  importante. 

Chiuse gli occhi per riportare alla mente la foto che, qualche giorno prima, gli aveva fatto vedere Kaori. In essa era raffigurata Kaori in mezzo a due uomini, l’uomo riflesso allo specchio ed uno sconosciuto, Hideyuki. 
La foto li ritraeva al parco molti anni prima. 
Lei indossava una divisa scolastica, stringeva fieramente un foglio arrotolato.
Il fatto che fosse stato immortalato in un loro ricordo, era la testimonianza che la loro amicizia era molto profonda e importante. 
L’espressione facciale di Ryo Saeba, quello della foto, raccontava tanto. Era chiaramente felice in quel momento, eppure il viso non lo riusciva a esprimere. Solo dagli occhi si poteva percepire il suo stato. Era stata proprio lei a farglielo notare 

 <<.. anche se mi prendevi in giro lo sapevo che tu eri fiero di me. Prima di morire mio fratello ti chiese di occuparti di me.  Sai all’epoca ero solo una ragazzina. Lui era tutta la mia famiglia. >>

Mentre gli raccontava quel ricordo sorrideva, ma era un sorriso amaro, gli occhi erano lucidi. Lei non approfondì l’argomento e lui non ebbe il coraggio di chiedere altro. 
Aveva quasi paura di scoprire come quell’uomo era morto.

Lo terrorizzava scoprire che il motivo poteva essere legato al loro lavoro. 

Le mani gli tremavano

Un detective ero un detective! Queste mani hanno tenuto in mano una pistola chissà quante volte…

Occhi di terrore! 
Tutti i muscoli del viso erano in tensione. 

Sono un assassino??!!

Una rabbia improvvisa lo avvolse e un pugno ruppe il vetro dello specchio. 
Fu un gesto involontario che lo sconvolse. 

Che ho fatto??!!

Aprì il rubinetto del lavabo sotto di lui e portò la mano sanguinante sotto l’acqua gelida. Rimase quindi ad osservare il contrasto dell’acqua limpida che usciva dal rubinetto e, sotto la sua mano, l’acqua rossa che scendeva per infilarsi nello scarico del lavabo. 

Sangue…

Chissà quante volte lo aveva visto quel liquido vischioso color porpora. Quante volte lo aveva toccato. 
Un conato di vomito lo assalì.

Questa mano ne deve aver tastato molti tipi.

Alzò gli occhi e osservò la sua immagine riflessa sullo specchio in frantumi. 

Era un’immagine distorta che lo rendeva ancora più un mostro ai suoi occhi. Lo odiava quell’uomo. 
Odiava Ryo Saeba, dal profondo del suo cuore.

Ripensò a quella donna, a Kaori e alla sensazione che provava quando lei lo aveva tenuto per mano. Lo percepiva molto chiaramente l’amore che lei provava per lui. 
Ma Ryo Saeba, l’uomo riflesso, cosa provava per lei? 

L’aveva notata subito quella fede al suo anulare sinistro. Era sposata. 
Si riguardò le mani, lui non portava nessuna fede, lui non era suo marito. E lei non si era presentata come moglie. 

Cosa rappresentava per lui quella donna? Il tempo trascorso con lei era sempre così breve. Una giornata intera passata senza di lei era eterna, invece in sua compagnia passava in un lampo. 

I suoi racconti però non sempre erano malinconici, un giorno Kaori si presentò con un martello da 100 T e gli chiese se lo rammentava.

L’uomo la guardò perplesso 

<< dovrebbe ricordarmi qualcosa? >>

Rise divertito tanto che sorprese la stessa Kaori 

<>

L’espressione diceva tutto. 

Ridere!! mi era così difficile ridere?

L’immagine di lei che sollevava il martellone con aria minacciosa lo fece divertire talmente tanto che scoppiò nuovamente, in una risata divertita. 
Era così bello ridere, come poteva non averlo mai fatto? 

Chi ero?

L’uomo descritto era ben lontano da quello che lui si sentiva di essere. Tanto che si stava quasi domandando se fosse davvero quello il suo corpo. 

Alzò gli occhi al cielo 

<< Siamo sicuri, ...Davvero SICURI?? >>

Disse ad un’entità a cui ancora non era sicuro di credere.
 
Era vivo per miracolo! Glielo continuavano a ripetere. I miracoli li sapeva fare solo un essere superiore. Si sentiva a disagio solo ad aver formulato il pensiero.  Forse era la prima volta che lo faceva se ne rendeva conto! 

Gli risultava difficile credere che un assassino pregasse dopo aver ucciso, eppure quel Dio lo aveva salvato. Lo aveva graziato dopo tutto quello che era stato e aveva fatto. 

<< PERCHE’?? >>

Gli gridò in preda alla disperazione.

Era l’imbrunire. Fra qualche ora avrebbe dovuto richiudere gli occhi. 

Si sentiva così stanco. 

La mano, quella che aveva stretto per molti giorni e molte notti gli mancava.
La sua invece pulsava di dolore. 

Ogni volta che il sonno si impadroniva di lui, quell’uomo aveva paura. 
Paura di non riuscire a risvegliarsi. 
Paura di sognare e ritrovare quelle sensazioni in un’altra mano. Una mano di un passato molto lontano.

***
 
Di nuovo questo sogno ed ogni volta è sempre più ricco di dettagli. 

Quante volte lo avrò fatto nell’ultimo periodo? 

La sento, una mano mi stringe così forte che mi fa quasi male. 
E’ una mano grande che avvolge la mia completamente.  E’ calda ma allo stesso tempo è tremante. E’ sporca di sangue. 

<< Non ti lascerò mai solo. Sarò sempre qui. >>

E’ una voce femminile. Con l’altra mano mi sento toccare il petto, sono talmente piccolo che riesce a coprirlo quasi totalmente.

Improvvisamente la stretta si allenta tanto da scivolare a terra. 

Ho paura! Ora sono solo in mezzo al nulla. 

C’è fumo intorno a me grida di aiuto soffocate. 

I miei occhi, inondati di lacrime, non riescono a vedere bene dove sono.

C’è molto verde intorno a me fa caldo ed io faccio fatica a respirare, forse per il fumo che mi circonda. 

Mi devo allontanare! Non voglio stare qui ora che sono solo.

Mi allontano cammino a fatica cado spesso. 
Il mio corpo sanguina. 
Non mi piace! Non mi piace per nulla questo odore. 

Ho un conato di vomito e successivamente il mio corpo espelle un grumo di sangue. 
La pozzanghera che lascia è molto grande, mi spavento e urlo di pianto e dolore.

La voce è quella di un bambino. Sono un bambino? Quanti anni avrò? Cosa ci faccio in mezzo a questa foresta? Ho paura.

 
 
***

L’uomo si risvegliò ansimante. Il cuore gli sembrava uscire dal petto. Quel sogno si ripeteva ormai ogni notte, ma si interrompeva sempre in quel punto. 

E’ solo un sogno.

Se lo continuava a ripetere sempre meno convinto.

   
 
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