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Autore: Brume    07/11/2021    4 recensioni
Ancora lui, Alain. Una storia di fantasia, un cammino di sette giorni per giungere a Calais ed andare via dalla Francia e da Oscar, partendo da Arras dove ha accompagnato gli amici. Sette giorni, un viaggio non solo fisico ma anche intimo, personale in cui ricordi e speranze di una vita nuova si fondono.
Attenzione: la storia è nata dopo "Passeggiata nella neve" e "Una Rosa, una Spada". Contiene, talvolta, linguaggio scurrile e volgare.
Man mano potrei aggiungere fan art : quello che disegno è sempre estemporaneo e di conseguenza tutto dipende dal tempo a disposizione.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alain de Soisson, Nuovo Personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Oscar e Andrè'
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1. 
 

Si, me ne sono andato.

 

Dopo aver camminato per ore nella neve , in balia di pensieri che mi hanno ridotto come un vecchio fantoccio di pezza, ho finalmente trovato una locanda.
Voglio solo riposare, senza pensare a niente altro: sono talmente stanco che , credo, Morfeo non lascerà passare molto tempo prima di prendermi tra le proprie bracci. Mi fanno male le gambe, i piedi, la schiena...

 

Apro la porta, pesante.  Prima, però, cerco di darmi una sistemata e con le mani tolgo un pò di neve dal mantello e sbatto i piedi,
La ventata  calda che arriva non appena metto piede nella  sala dove una decina di avventori stanno mangiando e bevendo mi provoca brividi piacevoli; indugio giusto un attimo e entro.

Nessuno bada a me.
La sala è ben illuminata, l’ ambiente sembra pulito ed in ordine; due uomini giocano a carte. Si fermano un attimo per rivolgermi una veloce occhiata e riprendono il loro passatempo che, scommetto, durerà finchè qualche donna armata di mattarello non si presenterà a prelevarli per le orecchie.
Faccio un paio di passi e mi avvicino ad un tavolo; nessuno mi ha interpellato quindi faccio da me. Mi siedo,  poso il mantello sulla sedia di uno dei tavoli liberi proprio davanti al camino e mi lascio andare di peso...non appena mi appoggio allo schienale, d’ istinto, chiudo gli occhi. Un attimo solo. 

 Prendo fiato.

 

"Mangi, dormi o sei qui solo per un po di compagnia? " sento chiedermi dopo qualche minuto; apro a fatica le palpebre che si sono fatte pensanti e mi trovo di fianco una ragazza, avrà si e no una decina di anni meno di me... e una magnifica cascata di capelli ramati appoggiati su di un abito relativamente castigato.

"Tutto tranne la tua compagnia. Non sono dell’ umore adatto” rispondo; lei è davvero bella...ma non è il caso. Non ce la farei.
“Peccato, davvero. Sei un bell’ uomo, ti avrei fatto compagnia volentieri...Senti,  il pagamento di cibo e camera è anticipato. I soldi li prendo io ” dice; mette le mani sui fianchi e... aspetta. Senza dire nulla.
La guardo e sorrido, metto le mani in tasca e tiro fuori qualche soldo. Chiedo se bastano.
“Si, va bene così. Vuoi anche bere? Qui produciamo ottime birre” dice. Annuisco; se ne va.

 

La ragazza arriva dopo una decina di minuti, le sue mani esili reggono zuppa e boccale, pane e formaggio tutti in un precario equilibrio; li posa senza tanti complimenti e poi si siede di fronte a me.
“...Non vorrei essere maleducato ma...ti ho già detto che non voglio compagnia. Ti prego, non vorrei essere scortese” dico: tiro le mani avanti, non si sa mai.
“...guarda che la compagnia in questione non è la mia persona, io qui sono la padrona, insieme a mio fratello” dice “ ma se proprio vuoi, me ne vado”
La osservo, mentre sbocconcello il pane e comincio a mangiare la zuppa calda; i nostri occhi si incrociano più di una volta ma nessuno dice , chiede, domanda nulla; lei sta li, ogni tanto controlla la sala, io mangio.
Così.
“....dove sei diretto? Hai la faccia di chi scappa. Non sei un mercante, non sei un nobile…”
I miei occhi si sollevano dal piatto e la fissano; il suo sguardo fiero, di un verde chiaro, non cede, non si ritrae.
“Mi chiamo Alain. Il resto, se permetti, sono fatti miei” le dico. Non ho affatto voglia di parlare...ma perchè non mi lascia in pace? penso.
“E’ un bel nome, Alain. Mio marito si chiamava così ” dice prima di fare una pausa ed abbassare lo sguardo.
“...è morto qualche mese fa, eravamo sposati da poco. Meglio così, sai: le prendevo da mattina a sera” dice.
Io poso il cucchiaio, prendo il boccale e tracanno gran parte della birra.
Ma che vuole, questa? mi chiedo, ancora.

 La guardo. Ancora. 

“...scusami, ora vorrei proprio ritirarmi” dico per tranciare questa strana conversazione, ad un certo punto.
Lei si alza, prende, va via; io faccio lo stesso. Voglio chiedere dove posso collocarmi e dormire,

“....Scusate,..vorrei ritirarmi, potete indicarmi le camere?” chiedo all’ uomo che mi passa accanto e  indossa un grembiule lungo fino ai piedi. Forse è il fratello di quella pazza.

“...hai già pagato ? “ mi domanda senza nemmeno guardarmi.
“Si, ad una ragazza….” dico cercandola e indicandola con la mano.
“...mia sorella Caroline” dice quasi infastidito “...va bene...allora, prosegui dritto davanti a te, sali le scale; alla tua destra troverai delle porte.  La seconda è libera. Ah, chiuditi a chiave: quella matta ha il vizio di infilarsi nelle camere e nei letti degli uomini che gli piacciono e tu...credo che potresti essere il suo tipo...” dice.
Spalanco gli occhi: ho troppo sonno per andare via, ma questo è quello che avrei voglia di fare dopo aver sentito queste parole.
Lo ringrazio e riprendo la mia strada, scuotendo il capo; che giornata, mi ripeto...Che giornata…. al6
   
 
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