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Autore: Calypso_    14/11/2021    1 recensioni
[Kagehina] [Atsuhina oneside]
[Spoiler per chi non ha letto il manga]
Shoyo non sapeva come sentirsi. In lui si alternavano l’eccitazione per la partenza, la tristezza per i saluti e un quieto senso di gratitudine, per tutte le persone che lo avevano voluto incontrare prima che si spostasse a Tokyo, dove avrebbe preso l’aereo per Rio.
Quasi per un tacito patto, non si erano più sentiti. Ovvio, sapeva che era diventato titolare. Lo aveva visto giocare in Nazionale, lo aveva visto a Rio, e sapeva che anche lui lo aveva visto.
Ma avevano un appuntamento sul campo.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Qualcosa da dire






Post time-skip (quindi spoiler per chi ad oggi è in pari con il solo anime)
Kagehina, se vogliamo Atsuhina onesided. Accenni di Daisuga e Bokuaka lievissimi.

Ci leggiamo di sotto.
 
 
Shoyo non sapeva come sentirsi. In lui si alternavano l’eccitazione per la partenza, la tristezza per i saluti e un quieto senso di gratitudine, per tutte le persone che lo avevano voluto incontrare prima che si spostasse a Tokyo, dove avrebbe preso l’aereo per Rio.
A un anno dal diploma, Hinata Shoyo era finalmente pronto a spiegare le ali e a volare dall’altra parte del mondo, per ricominciare dal basso. Davanti alla palestra del Karasuno, (quasi) tutti i suoi vecchi compagni di squadra erano lì per salutarlo e per fargli qualche raccomandazione. E Hinata era davvero felice di vedere quei sorrisi tutti per lui.
Anche se non c’era l’unico sorriso che avrebbe voluto vedere.

 
-Sicuro che sai la strada?
-Boke, stai zitto!
-No perché se perdo l’aereo poi me lo compri tu un altro biglietto, tanto il signor-alzatore-non-ancora-titolare-ma-quasi adesso ha i soldi per fare un regalo a un amico.
-Ho detto, stai zitto boke!

L’arrivo a Rio era stato destabilizzante.
Tra gli scali e il jet lag non capiva più nulla. Era difficile persino capire che giorno fosse. E il caldo non aiutava. Aveva studiato la lingua in quei tre anni, sì, ma era comunque frastornato, e per fortuna che almeno l’uomo che lo stava aspettando era giapponese, altrimenti probabilmente si sarebbe rintanato in bagno con un attacco di mal di pancia, quelli fulminanti che lo prendevano sempre prima di una partita.
 
Alla stazione di Tokyo c’era comunque qualcuno ad aspettarlo. Era quel sorriso -tremendo- che per tre anni lo aveva terrorizzato nel bel mezzo di ogni partita o quasi, ma di cui non avrebbe potuto fare a meno (anche se non lo avrebbe visto più per almeno due anni). Lui era lì, pronto a raccoglierlo come un bimbo sperduto e ad accompagnarlo.
 
Ambientarsi fu complicato. Gli mancava il Giappone, gli mancava la tranquillità di Sendai (al confronto, Rio era un inferno di persone in movimento), gli mancava lui.
Arrivare in Brasile ad aprile significava stagione delle piogge, e anche caldo assurdo. Si era lasciato una tiepida primavera alle spalle, ed era atterrato in un autunno con ancora potenti gli strascichi estivi.
Aggiungiamo il lavoro, la casa, il beach volley, Pedro, Kato-san che ogni tanto gli chiedeva una mano con le lezioni di beach volley, gli allenamenti in palestra…
Non ce la faceva più. Certi giorni gli mancava il fiato, e guardare anche solo l’ora sul telefono faceva male.
 
-Devo dirti una cosa. Devo dirtela da tanto tempo, ogni giorno mi dicevo “Domani” ma domani è diventato oggi e io sto per andare via. E non è più il luogo e il posto per dirla.
-Me lo dirai quando torni, boke!
-Vorrai ancora sentirla?
 
Poi guardava fuori dalla finestra, e la voglia di dimostrare chi era tornava prepotente.
Aver trovato Oikawa per caso in spiaggia, due mesi dopo, lo aiutò in un modo che comprese davvero solo molto tempo dopo. Sapere che qualcuno che conosceva era “a un passo” da lì lo riempì di nuova fiducia.
E chissà che avrebbe detto lui, quando avrebbe scoperto cosa aveva imparato in quei giorni con il Grande Re.
Ogni tanto parlavano anche di lui, e anche se Oikawa cercava di non farlo trapelare, Hinata sapeva che un occhio Tooru lo aveva fisso a Tokyo, a controllare cosa facessero Iwaizumi-san e lui.
Si chiedeva se quella cosa che nascondeva da anni, prima o poi sarebbe riuscito a dirla. Si chiedeva perché fosse lì, dove non conosceva nessuno.  
 
Le cose pian piano migliorarono. Lui e Pedro si avvicinarono, le lezioni con Kato-san erano sempre più divertenti, la lingua aveva smesso di essere un problema, e il lavoro anche migliorò dopo un paio di mesi, quando iniziò a imparare le strade di quella città enorme e sempre meno sconosciuta.
E poi finì.
A dicembre Hinata giocò la sua ultima partita di beach volley, insieme a quello che era diventato, nel corso di soli tre mesi, un grande amico. Gli dispiaceva salutare Heitor e Nice, anche se li aspettava in Giappone quanto prima. Magari in tre, aveva detto scherzando.
 
I ricordi dei giorni successivi erano confusi, complice, di nuovo, il jet lag, lo scalo e il giorno di viaggio. Tokyo lo accolse con l’inverno che cedeva recalcitrante il passo alla primavera, e con una piccola delegazione di corvi-senpai che non si aspettava di trovare.
Furono proprio Sawamura e Sugawara (Dadchi e Sugamama, come scherzava al liceo) ad accoglierlo, tra le mani un enorme cartellone che rievocava ricordi scolastici, una sola parola lasciata in bianco a spiccare nel nero.
 
Vola!
 
Arrivato a Sendai, si trovò il giardino della sua vecchia casa inondato di vecchi amici, anche se qualcuno non era potuto venire. Tipo Noya-san, quel matto di libero che libero era davvero, e se ne stava girando il mondo qua e là. È in Germania adesso, aveva detto Azumane-san, ma mi diceva che sta occhieggiando all’Italia.
Si prese una settimanella di pausa, poi riprese gli allenamenti, e alla fine chiamò un vecchio amico, chiedendogli aiuto. Ovviamente Bokuto-san si disse supermegaiperdisposto a venirti a prendere in stazione, Hinata, che domande fai!
E alla fine di aprile fu di dominio pubblico l’acquisizione, da parte del MSBY Black Jackal, di un nuovo schiacciatore.

 
#21
Hinata Shoyo, 06.21.1996
Altezza: 171 cm
Peso: 70 kg
Ruolo: Wing Spiker, Opposite Hitter
 
Quasi per un tacito patto, non si erano più sentiti. Ovvio, sapeva che era diventato titolare. Lo aveva visto giocare in Nazionale, lo aveva visto a Rio (Kato-san aveva giusto comprato i biglietti per una partita della fase a gironi. “Non ha senso comprare un biglietto per la finale, non sappiamo manco se ci arriveremo. E poi non ho i soldi per permettermelo” aveva concluso ridendo. Alla fine avevano fatto bene: il Giappone, nel girone A, aveva giocato belle partite, ma non era arrivato alla fase finale)*.
E sapeva che anche lui lo aveva visto (Iwaizumi-san aveva scritto a Oikawa-san dicendogli che quella foto insieme aveva provocato non poche risa nello spogliatoio degli Adlers, quindi lo vedeva anche lui).
 
-Ci vediamo sul campo, sarò dall’altra parte della rete, pronto a stupirti.
-Ci vediamo sul campo, boke.
 
E avrebbero mantenuto la promessa.
Hinata aveva un appuntamento a corte, col Re del campo.
 
La pallavolo è uno sport in cui tutto è bianco, o nero. Non esistono vie di mezzo. O si vince, o si perde.
Vince la squadra coi sei più forti.
E loro avevano vinto. 3 set a 1 per i Black Jackal.
E lui aveva vinto, per la prima volta, contro di lui. Aveva aspettato questo momento. Sette anni e mezzo sono lunghi da digerire, ma le promesse non si dimenticano.
 
Quando lo aveva visto il cuore aveva saltato un battito. Non era cambiato niente. Ora, come fino a tre anni prima, lui l’avversario più temibile lo incontrava sempre prima della partita. Sempre davanti la porta del bagno. Non c’era stato il tempo di rivangare il passato, quel passato che li vedeva sfiorarsi, quel passato di cui nessuno sapeva nulla (forse Suga, ma Suga sapeva sempre tutto, inspiegabilmente).
Glielo aveva urlato alla fine della partita. Stavano per lasciare il campo, quando si era girato e aveva attirato la sua attenzione.
-Oi, Kageyama, non è cambiato niente. Sono ancora lo stesso di quel giorno in aeroporto.
.
.
Si era girato e si era diretto negli spogliatoi, tra la confusione di Bokkun e TsumTsum. Non aveva avuto il coraggio di guardare la reazione dell’alzatore avversario, e rischiare di vedere un punto fermo dove lui, quasi due anni e mezzo prima, aveva messo dei puntini di sospensione.
 
Quella sera a cena aveva provato a non pensarci, da codardo quale (solitamente) non era. Si era fermato a parlare con Nicolas Romero e sua moglie (che strano parlare in portoghese in Giappone, ci aveva riso su), aveva scambiato uno sguardo di sfida divertita con Hoshiumi-san, e aveva visto di sfuggita un cenno da Ushiwaka (a quanto pare aveva capito che anche il cemento merita rispetto, o forse si era solo accodato alle aspettative del suo vecchio coach). Gli altri giocatori della squadra avversaria erano curiosi sull’allenamento su sabbia, e non smettevano di fare domande.
Eppure prima o poi doveva succedere. Aveva perso di vista Bokkun (era un po’ brillo per la vittoria e non era un bene, Akaashi-san si era raccomandato), e nel cercarlo aveva abbassato la guardia. E ora si ritrovava il suo alzatore davanti, con quegli occhi assurdi fissi su di lui. Usciamo un attimo, aveva detto. E Shoyo cosa poteva, contro di lui?
Erano usciti dal locale, e si erano allontanati giusto un po’, il necessario per non essere ascoltati da altri giocatori usciti per una boccata d’aria ma non troppo lontani in caso qualcuno li avesse cercati.
 
-Hai detto che è ancora tutto uguale.
-Sì.
-E che tu sei ancora lo stesso di quel giorno in aeroporto.
-Sì.
-Allora dimmelo, boke. Quella cosa che aspettavi di dire, e che non mi hai detto, quella cosa che hai promesso di dirmi una volta tornato. È da marzo che aspetto di sentirmela dire. È dal primo anno, che aspetto di sentirtelo dire. Dimmelo, Shoyo.
-Ti amo, Tobio.
 
 
  
 
 
BONUS:
Bokkun non si era perso per niente, era con Miya Atsumu che si era incaricato di fargli rinfrescare le idee. Non che Atsumu ne fosse contento, fosse stato per lui avrebbe mollato il gufo a OmiOmi e lui si sarebbe incollato a Shoyo-kun, magari era il momento giusto per proporgli un idoneo festeggiamento post partita. Era il suo schiacciatore dopotutto, no?
Ma Shoyo-kun era stato risucchiato dagli aquilotti di Tokyo, e OmiOmi si era rifiutato di avere a che fare con Bokkun. Non se ne parla, metti che vomita. Che schifo.
Non sapeva se era stato un bene o un male, portare Bokkun lì fuori. Certo, lo schiacciatore si stava riprendendo, ma lui forse avrebbe fatto a meno di sentirsi la dichiarazione in diretta di Shoyo-kun a Tobio-kun.
Forse, Shoyo non sarebbe mai stato completamente il suo schiacciatore.
 


 

 
                                                NOTE:
*Il Giappone in realtà non si è qualificato per le Olimpiadi a Rio, in quanto dal suo girone di classificazione sono uscite classificate per il Giochi polonia, Iran e Francia. Della Francia sono però i risultati a cui accenno brevemente nel testo (ha giocato la fase a gironi, ma là si è fermata, portando a casa solo due vittorie). Quindi diciamo che i risultati ottenuti dalla Francia a Rio 2016 sono, nella mia finzione, quelli ottenuti dal Giappone.
Piccola curiosità: nella partita Adlers-Black Jackal, quando tocca a Kageyama il servizio, il commentatore riferisce che, proprio in Nazionale e proprio contro la Francia, il nostro Bakayama ha messo a segno cinque ace di fila in battuta. Direi che ci sta la sostituzione Francia-Giappone, no? (fonti: wikipedia).

Qualche parola sul timeskip. Sono diventata stupida a furia di fare calcoli. Poi ho scoperto che su internet esiste una pagina su Haikyuu con tutta la timeline (e sì, ho scoperto anche che è tratta direttamente dal manga e che se avessi comprato il manga, invece di leggerlo con le scan online, lo avrei scoperto pure prima.).
Detto ciò, tutta questa storia si basa su quella.precisa.timeline. L'unica innovazione è l'annuncio di Hinata nei MSBY ad aprile (mi pare irreale che Hinata entri in squadra a novembre, immediatamente prima della partita, e giochi da subito come titolare. Penso nessun allenatore schiererebbe mai un giocatore praticamente sconosciuto in campo, senza manco sapere come gioca e come si rapporta con gli altri)

Allora. Iniziamo dal fatto che non avevo mai guardato Haikyuu (disonore su di me e sulla mia mucca). Ho sanato il disonore guardandolo due volte in un mese e leggendo pure il manga, mi ritengo salva dalle sventure divine.
Che dire. Amo la KageHina, anche se Tobio-chan certe volte lo prenderei a sprangate sui denti, amo Hinata in maniera assoluta e incondizionata. Non mi piace molto la AtsuHina (si vede?), ma capisco cosa porta chi la shippa a shipparla (tra un alzatore che ti dice “ho vinto io, sto in campo più di te” mentre sei febbricitante e mezzo svenuto, e uno che subito dopo che l’hai sconfitto ti dice “alzerò per te”, effettivamente ci starebbe da scegliere il secondo MA… ma le ship non sono sempre logiche).
Detto ciò.
Di solito sono una che di pippe mentali se ne fa tante ma poi non ne traduce nessuna in realtà perché mi fa schifo come scrivo e quindi rinuncio in partenza.
Questa però mi piaciucchia. Non era quello che mi ero immaginato (puntavo a una flashfic ma qua de flash nce sta niente), ma il risultato mi soddisfa. Mi spiace aver smontato così TsumTsum, a suo modo è anche simpatico (anche se Samu è il mio gemello preferito), ma davanti alla KageHina nulla può (per me).
Smetto di cincischiare e vi saluto, che alla fine son più lunghe le note della storia.
Passate per un commento, se vi va.
-Calypso
   
 
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