Anime & Manga > Slam Dunk
Ricorda la storia  |       
Autore: Dama_del_Labirinto    21/11/2021    0 recensioni
Era successo di nuovo. Se c’era una cosa che Minami sentiva, era che la sua esistenza fosse in bilico, ancora tutta da scrivere, un punto tremolante su una pagina bianca, ed era bastato un bacio per far crollare il castello di carte delle sue scarse certezze.
Non ne parlano, ma Minami e Kishimoto stanno vivendo una trasformazione. Da una semplice amicizia, il loro legame si è tinto di desiderio, ma la difficoltà di parlarne e radicati pregiudizi fanno soffrire Minami, portandolo sempre più a fondo nella sua fragilità
Kishimoto/Minami
Sequel di "Testimone è solo la notte"
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'In bilico'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Spero che apprezzerete questa nuova parte sulle avventure di Minami e Kishimoto! Sarà una storia in due capitoli. Come sempre, i personaggi appartengono a Takehiko Inoue e non guadagno niente con questa storia.
 
Era successo di nuovo. Se c’era una cosa che Minami sentiva, era che la sua esistenza fosse in bilico, ancora tutta da scrivere, un punto tremolante su una pagina bianca, ed era bastato un bacio per far crollare il castello di carte delle sue scarse certezze. Per tre anni, Kishimoto era stato la sua forza. Lo scrollava in malo modo ma quando ne aveva bisogno, gli diceva: “tu sei forte, tu sei l’asso del Toyotama, tu sei la persona su cui la squadra conta!”; si erano confidati i reciproci malumori e si erano spalleggiati molte volte. Eppure, il suo compagno di squadra era diventato anche la sua rovina. Lo aveva capito quando si erano trovati a parlare sopra un tetto e le loro labbra si erano incontrate più volte.
Non era successo in una sola occasione.
Da allora, Minami aveva capito che non avrebbe potuto fare a meno delle sue mani, ed era cominciato un gioco sempre meno innocente. Era bastata una scintilla per far divampare un incendio e Minami si sentiva messo di fronte a conseguenze pericolose. E tuttavia, quando Kishimoto era nel suo letto e lo baciava, non poteva fare altro che sprofondare in quella parentesi scevra da ciò che stava al di fuori di loro due.
Come quel giorno di ottobre. Da quando si era svegliato, aveva pensato al momento in cui avrebbero potuto divorarsi le labbra a vicenda e infilarsi le mani nei pantaloni. Prima di uscire da scuola, aveva fatto intendere a Kishimoto di avere casa libera. E lì si era lasciato andare, con bene in mente delle condizioni implicite:
Potevano pomiciare solo se erano soli.
Dopo, non dovevano parlarne per nessun motivo.
Dopo veloci tocchi di mano e morsi sulla spalla, fino al culmine, il suo corpo era molle e appagato. Il soffitto della sua camera aveva acquisito un aspetto stranamente interessante, mentre la presenza dell’amico al suo fianco lo rassicurava e lo imbarazzava allo stesso tempo. Un fruscio delle coperte al suo fianco lo fece voltare. Kishimoto si stava alzando.
“Vado a darmi una sciacquata,” disse Kishimoto. Minami lo seguì con lo sguardo, mentre l’altro camminava evitando i fazzoletti sporchi del loro sperma che avevano lanciato come dei cretini. Kishimoto sparì oltre la porta aperta e Minami restò in attesa di vederlo tornare.
Forse a quel punto avrebbe trovato la voce per chiedergli di stendersi di nuovo accanto a lui. Ma quando Kishimoto si rifece vivo, non entrò. Si sporse appena, mentre si stava sistemando i lunghi capelli in una coda.
“Io torno a casa. Ci vediamo domani a scuola,” disse con tono neutro.
A quelle parole Minami annuì, tirandosi coi gomiti sul letto.
“Ti accompagno alla porta.” Era sul punto di alzarsi, anche se aveva ancora i pantaloni aperti e macchiati.
Kishimoto accennò un sorriso. “Non ce n’è bisogno. Ciao.”
La porta d’ingresso sbatté. Minami si alzò di scatto. La sua gamba cozzò contro il comodino e la scatola dei fazzoletti cadde, trascinandosi dietro chi sa che altro giù per terra. Con sospiro, Minami chiuse gli occhi, cercando di tamponare un’irritazione che si stava espandendo come un’infezione nel suo petto.
Andò in bagno. Quando guardò la sua immagine allo specchio di fronte al lavandino, distolse lo sguardo e si sciacquò con cura le mani. Solo un mese prima non si sarebbe immaginato che potesse andare a finire così. Non aveva mai pensato che Kishimoto potesse starci. Cosa voleva pretendere ancora? Non aveva il coraggio di dire una parola. Era stato lui stesso, la prima volta che era accaduto, a dire all’amico che non ne avrebbero dovuto parlare e Kishimoto era stato ben contento di seguirlo. Un bacio al momento sbagliato sarebbe stato fuori posto, sbagliato, come uno sporco segreto, altrimenti perché si comportavano normalmente a scuola? Eppure, quando quelle cose accadevano, era felice. In quei momenti se ne fregava se dopo restava da solo con una cupa sensazione.
La stanza era silenziosa senza l’amico. Mentre cercava della biancheria e dei pantaloni della tuta puliti nell’armadio, scorse cosa era caduto dal comodino: la cornice con la foto della squadra di basket al primo anno. Il suo sguardo cadde subito su Kishimoto con il broncio e un taglio di capelli più corti. Ovviamente erano fianco a fianco. Dopo averla raccolta da terra, la depose di nuovo con cura sul comodino.

____

La pausa pranzo a scuola era appena cominciata. Minami chiuse il libro di fisica, poi alzò lo sguardo, sapendo che cosa lo avrebbe aspettato dalla porta, infatti, Kishimoto era fuori dall’aula come sempre. Minami si alzò, andando da lui.
“Prima di mangiare devo passare al piano del secondo anno. Devo chiedere una cosa a Itakura,” disse.
Kishimoto annuì e lo seguì con le mani in tasca dei pantaloni della divisa grigia.
Scesero le scale. Itakura era in compagnia di altri compagni del club di basket, rideva insieme a loro. Quando si accorse di loro due, urlò: “Minami, Kishimoto! Che bello rivedere i nostri due assi!”
Minami fece un breve gesto di saluto. “Itakura, hai le chiavi dello spogliatoio del club di basket?” domandò poi.
Itakura si frugò velocemente nelle tasche, poi scosse la testa. “Vado a prenderle in classe,” disse, e si allontanò. Gli altri invece guardavano con interesse un gruppo di ragazze lontano di qualche metro. Itakura tornò subito. “Eccole, capitano.”
“Non sono più il capitano,” ribatté Minami con un sorriso incerto. “Ora lo sei tu.”
“Per me lo sarai sempre.”
“Che state a fare qui, i guardoni?” si intromise Kishimoto, passando un braccio intorno alle spalle di Itakura.
Itakura rise. “Le ragazze del Toyotama non sono un granché,” commentò il ragazzo del secondo anno.
“Sono anche poche,” notò Kishimoto.
“Esatto, perciò o ci tocca guardarle o non ci resta che iniziare a stare tra maschi,” ribatté un altro.
“Ma dai, che cazzo dici!” scattò Itakura.
Minami fece finta di nulla.
“Però c’è quella lì,” Itakura accennò all’altra parte del corridoio dove stavano tre studentesse. “Una della mia classe, Reika Otsuna, quella alta con i capelli tinti.”
Era la ragazza al centro, più alta delle sue due amiche. Aveva i capelli lisci castani che le arrivavano fino al seno.
“Un momento…non è che ogni tanto si infilava in palestra a vedere gli allenamenti?” disse Kishimoto.
Itakura annuì. “Già, ma da quando non ci siete più voi due, chi l’ha più vista? Era ovvio che passasse per sbavare sul nostro capitano.”
“Non mi sono mai accorto di lei,” ribatté Minami atono.
Gli altri risero. Ad ogni modo, era la verità.
“Che invidia, potreste farvi qualunque ragazza. In fondo, il nostro club è sempre stato il più popolare,” notò Itakura.
“Sei geloso?” disse Kishimoto.
“Sì. E ci mancate, comunque.”
La ragazza si voltò. Alzò la mano per salutare, le altre due risero e lo scambio finì con qualche insulto che tutti riuscirono a sentire, faccenda che al Toyotama era la norma, indipendentemente se coinvolgeva da maschi o femmine.
Minami le ignorò, annunciando. “Vado a prendere la mia roba nello spogliatoio.”
“Io mi fermo qui,” disse Kishimoto.
Dopo aver salutato brevemente tutti, Minami scese le scale. Aveva ancora addosso un certo disagio per la precedente conversazione.
A quell’ora, nello spogliatoio non c’era nessuno. Ci galleggiava ancora l’atmosfera pesante di allora. Il malumore, la frustrazione per il fatto che le cose non andassero come voleva Minami, gli insulti che aveva rivolto contro il giovane coach Kanehira, tuttavia il ragazzo vi avvertì anche l’entusiasmo e il senso di orgoglio dei primi tempi.
Minami si diresse verso il suo vecchio armadietto. Non ne aveva più preso possesso nessuno e almeno fino alla fine dell’anno sarebbe rimasto senza un proprietario. Lo aprì e c’erano ancora tante cose che aveva scordato. Le aveva lasciate lì perché toglierle voleva dire che era davvero finita, anche se erano solo delle vecchie riviste sportive rovinate e una maglietta che teneva come riserva.
“Non dimenticatevi di divertirvi sempre quando giocate, così diceva il signor Kitano” era l’ultima cosa che aveva detto in palestra in qualità di capitano. Con la sconfitta contro lo Shohoku aveva fallito come capitano e Kishimoto come suo vice. Poteva raccontare che aveva dovuto farsi da parte perché ci si aspetta che i ragazzi del terzo anno studino per gli esami di ammissione all’università invece di impegnarsi nei club scolastici, ma non era solo per quello. Il preside lo aveva voluto dopo che aveva saputo della loro disubbidienza nei confronti del coach Kanehira. “Non gliene frega niente dei suoi studenti al preside, vuole solo il prestigio per questa merda di scuola. Ci ha preso di mira sin dal primo giorno in cui ha licenziato il signor Kitano e noi due siamo andati a protestare,” aveva commentato Kishimoto subito dopo la loro cacciata. Non era stato Kanehira a denunciarli prima di andarsene anche lui dalla scuola, nonostante gli avessero messo le mani addosso più volte. Il loro comportamento ai nazionali era stato sotto gli occhi di tutti ed era stato sulla bocca di tutti, tanto da non poterlo più nascondere.
Minami gettò le riviste nel cestino e prese sotto braccio il vecchio cambio. Uscendo dallo spogliatoio, rischiò di andare addosso a qualcuno. Era Reika Otsuna.
“Ciao,” iniziò lei.
“Ciao.”
La ragazza si sistemò nervosamente i capelli. Sorrideva. “Sono Reika Otsuna, del secondo anno. Sezione B.”
“Ah, io sono Tsuyoshi…”
“Minami, lo so, ti ho notato,” scattò lei.
“Vuoi qualcosa?” domandò Minami, anche se aveva un certo presentimento e non sapeva se questo gli piacesse.
“Senpai Minami, ti va di uscire?”
La vide sostenere il suo sguardo. “So che è un po’ improvviso, ma tu mi piaci. Sono stati i tuoi compagni di squadra a dirmi di chiedertelo, pensavo che…”
“Anche Kishimoto?” la interruppe, esitante.
“Sì, era lì, perché?”
“Niente.”
Niente, un cazzo. Che cosa significava che Kishimoto era lì, mentre gli altri, o lui stesso, spingevano una ragazza tra le sue braccia, magari tra qualche commento volgare? Baci e orgasmi dunque non contavano niente. Niente era quello che c’era tra loro, tranne l’amicizia. Un vuoto si espanse dentro di lui, doloroso come una bruciatura. E nel frattempo il silenzio era calato.
“Pensaci, va bene?” disse infine Reika, con una nota di indecisione nella voce, mentre era in procinto di andarsene.
In quell’istante, Minami pensò a quello che gli altri avrebbero potuto pensare.
“Perciò o ci tocca guardarle o non ci resta che iniziare a stare tra maschi.”
“Ma dai, che cazzo dici!”
“Aspetta,” disse a voce più alta. Sì, la cosa più giusta era accettare e lasciarsi
il resto alle spalle. Lei si fermò. “Accetto.”
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: Dama_del_Labirinto