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Autore: laisaxrem    27/11/2021    0 recensioni
Gai passa alla residenza dell’Hokage per dare una mano a Sakura con la piccola Megumi.
[KakaSaku]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gai Maito, Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Sakura Haruno
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
- Questa storia fa parte della serie 'This Is Us'
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DATA: Lunedì 31 Luglio 1688

TITOLO: Good Job - Alicia Keys

 


 

Gai era andato alla casa dell’Hokage nel tardo pomeriggio quando il suo Eterno Rivale non era ancora tornato dall’ufficio. Da quando era nata Megumi aveva accorciato di molto gli orari d’ufficio, portandosi il lavoro a casa per poter aiutare Sakura con la bambina, ma Gai sapeva che Kakashi si stava occupando di qualcosa di importante, in quei giorni, perciò aveva deciso di passare a vedere se poteva essere d’aiuto in qualche modo.

Aveva trovato Sakura, in lacrime, che cullava la bambina, in lacrime. Coliche. Così gli aveva spiegato Kakashi qualche tempo prima. La bambina mangiava troppo in fretta e iniziava a dolerle lo stomaco. E la reazione era un pianto disperato. Dopotutto Megumi aveva solo due mesi e mezzo e piangere era l’unico modo che aveva per trasmettere il suo disagio. Questa consapevolezza non rendeva la cosa più semplice per i genitori.

Perciò, armandosi di tutta la delicatezza di cui era capace, Gai si offrì di occuparsi della bambina per un po’. Sakura acconsentì, posandogli tra le braccia Megumi, un sopracciglio rosa incaricato che trasmetteva l’incredulità. Ed in effetti Gai non sapeva esattamente come avrebbe fatto smettere di piangere Megumi.

Ma inaspettatamente – forse per il cambio del corpo che la sosteneva, forse per la sicurezza di Gai, o forse perché la colica le era finalmente passata – la piccola si tranquillizzò in pochi secondi.

Per un lungo minuto rimase lì, seduta sulle ginocchia di Gai, la sua mano, enorme comparata al suo corpicino, che la teneva ben ferma, gli occhioni che si guardavano attorno. Poi il suo labbro inferiore iniziò a tremare e Gai capì che doveva iniziare a muoversi.

Gai era stato uno dei migliori ninja di Konoha degli ultimi decenni, sapeva di non peccare di presunzione nel dirlo; eppure muoversi sulla sedia a rotelle con Megumi appoggiata al suo petto era più difficile di quel che sembrasse. Riuscì a tener buona la piccola per 37 minuti e 18 secondi (no, non aveva tenuto il conto), un po’ muovendosi in circolo ed un po’ facendola ballonzolare tra le sue braccia. Poi si rimise a piangere e Sakura, che si era addormentata sul divano nell’istante in cui Gai aveva preso la bambina, scattò in piedi e prese sua figlia tra le braccia, il volto un poco più rilassato, le tracce del pianto sparite.

«Ora della pappa, amore mio», sussurrò, cullando Megumi che smise di piangere, le manine arpionate alla sua maglia. «Ma prima dobbiamo cambiarci, eh. Cosa ne dici, pensi di riuscire a non spaventare Gai-ojiji con i tuoi urli? Eh, mostriciattolo?»

La bambina emise un verso simile ad un ruggito e sorrise. Sakura sospirò e Gai cercò di non ridere.

Inaspettatamente il momento del cambio filò liscio e Sakura tornò sul divano con Megumi che iniziava ad agitarsi irrequieta. Poi Sakura si posizionò un cuscino a forma di C sotto al braccio e dietro alla schiena, sistemò la figlia in modo che fosse solo parzialmente allungata e con un movimento fluido, proprio mentre la bambina iniziava di nuovo a piangere, scoprì il seno ed iniziò ad allattarla.

La prima volta che era successo, più di due mesi prima, quando Gai era passato a trovare la nuova famiglia per dare il benvenuto alla figlia del suo Rivale, Gai si era ritrovato ad arrossire dalla punta dei capelli fino al più piccolo dito dei piedi ed aveva passato quasi un’ora a fissare qualunque cosa a parte Sakura. Alla fine i due neo-genitori si erano accorti del suo disagio e Sakura si era scusata profusamente mentre Kakashi si prendeva gioco di lui, la bimba stretta al petto che dormiva beata, cullata dalla sua voce. Ma dopo due mesi Gai ci aveva fatto l’abitudine e aveva smesso di distogliere lo sguardo. Dopotutto anche questo era espressione di Giovinezza, no?

Dopo qualche minuto, come faceva sempre, chiese a Sakura se aveva bisogno che si occupasse di qualcosa e, come sempre, timidamente, lei rispose che c’era la cucina da sistemare, se aveva voglia. Gai le sorrise e le assicurò che ci avrebbe pensato lui, poi aveva spinto la sua sedia a rotelle fino alla cucina (che in effetti aveva bisogno di una riordinata) e si era occupato dei piatti ed aveva controllato che il frigorifero fosse ben rifornito e che nulla fosse scaduto. Quando era tornato nel salotto Megumi stava dormendo, la bocca ancora attaccata al seno di Sakura (che sembrava sul punto di addormentarsi lei stessa). Sentendo il fruscio della sua sedia a rotelle la donna sollevò lo sguardo e gli sorrise.

«Grazie, Gai», sussurrò, la voce carica di sonno.

Gai non fece in tempo a rispondere che era un piacere, che potevano chiamarlo ogni volta che avevano bisogno, a qualunque ora del giorno, perché la porta d’ingresso si aprì delicatamente e qualche secondo dopo Kakashi attraversò i fusuma che separavano il salotto dal corridoio. Aveva l’aria esausta ma appena i suoi occhi scuri si posarono sulla sua famiglia, la stanchezza parve scivolargli via dalle spalle.

«Ehi», salutò, superandolo ed andando ad inginocchiarsi sui tatami ai piedi di Sakura.

Aveva abbassato la maschera e baciò con estrema delicatezza la fronte di Megumi per poi fare lo stesso, ma con un poco più di fervore, con le labbra di Sakura.

«Ehi», sussurrò la donna, poggiando brevemente la fronte contro la sua. «Tutto bene?»

«Tutto bene. Tu? Hai riposato un po’?»

Lei annuì e scoccò un sorriso a Gai.

«Ora meglio. Gai mi ha aiutato».

A quelle parole anche Kakashi si voltò a guardarlo e Gai dovette lottare contro l’istinto di distogliere lo sguardo. Era tremendamente strano vedere il suo Rivale in volto. Dopo più di trentacinque anni in cui l’aveva visto sempre con la maschera, quella novità era strana e piacevole. Ci si sarebbe abituato, alla fine, lo sapeva, ma nel frattempo sentiva ogni volta l’urgenza di dargli un po’ di privacy. Era una cosa sciocca, perciò non lo fece.

«Sei stato gentile a passare, Gai, grazie».

«Oh è stato un piacere!» esclamò lui nel suo normale, esplosivo, tono di voce e all’istante un coro di “shhh” lo zittì. Ah, dannazione. Gai fissò il fagottino tra le braccia di Sakura; Megumi si stava stiracchiando e aveva staccato la bocca dal seno di sua madre, ma dopo qualche secondo tornò ad accoccolarsi, ancora profondamente addormentata. Gai sospirò di sollievo. «Scusate», sussurrò, in un tono di voce ben più leggero.

«Tutto bene», lo rassicurò Sakura con un sorriso prima di far scorrere lo sguardo da lui a Kakashi. «Uno di voi due può prenderla? Ho davvero bisogno di una doccia».

Gai aspettò ad offrirsi volontario perché Kakashi aveva già allungato le braccia per prendere la bambina con tutta la delicatezza di cui era capace. Tutti e tre trattennero il respiro mentre Megumi si agitava un po’ tra le braccia di suo padre prima di rilassarsi ancora e sprofondare di nuovo nel sonno, sebbene un po’ agitato. Come un sol uomo, Sakura, Kakashi e Gai ritornarono a respirare.

Lei sorrise, scoccò un bacio veloce a Kakashi ed uscì dal salotto stringendo brevemente la spalla a Gai.

Lentamente, cercando di non far rumore, Gai si avvicinò al suo amico che si era seduto sul divano in modo che la piccola Megumi fosse semi sdraiata sul suo petto.

Per un po’ rimasero entrambi a fissarla dormire. Per Gai quella bambina era un miracolo divino. Vedeva quanto Kakashi era felice (esausto, certo, ma felice) ed era convinto che nessuno se lo meritasse più di lui.

Ovviamente anche vedere Lee con il piccolo Metal era una gioia per il suo cuore. Ma Kakashi… Kakashi aveva sofferto così tanto, aveva perso così tante persone che vederlo trovare Sakura, vederlo diventare padre, era ciò che lo riempiva di felicità oltre ogni limite. Gai sapeva che non era facile, ovviamente, soprattutto quando Kakashi doveva al contempo occuparsi dell’intero Villaggio, perciò si era offerto di aiutare in ogni modo possibile. Non sapeva perché, ma sentiva nella sua anima che se quella famiglia fosse stata serena e felice, la pace che avevano guadagnato con il sangue quasi dieci anni prima sarebbe perdurata per decenni. Forse era un pensiero stupido, ma lo sentiva nel profondo.

«Grazie», disse ad un tratto Kakashi, scollando gli occhi da sua figlia per puntarli brevemente su di lui. «Davvero».

«A cosa serve un Eterno Rivale, altrimenti?» ribatté Gai, strappandogli una risatina a cui fece eco quella di Sakura.

La donna era sulla soglia, avvolta in un accappatoio decisamente troppo grande per lei, una salvietta bagnata attorcigliata ai capelli. Sorrise loro e sventolò una mano.

«Volevo solo controllare che steste tutti bene», spiegò in risposta al sopracciglio inarcato di Kakashi. «Sarò pronta in due minuti».

«Prenditi un momento per te, Sakura», la incitò l’Hokage, la voce sempre poco più che un sussurro, ma l’autorità evidente in ogni parola. «Ce la caviamo da soli qui».

«Devo preparare la cena…»

Prima che Kakashi potesse aggiungere qualcosa, Gai si spinse sulla sedia a rotelle, avviandosi verso il corridoio.

«Lo sai che adoro cucinare, Sakura-chan», disse con un sorriso. «Mi toglieresti questo divertimento?» aggiunse, strizzandole l’occhio.

«Ah, Gai, inizio a pensare che dovresti trasferirti qui», sospirò Sakura. Poi scoccò un’occhiata divertita a Kakashi prima di aggiungere: «Avrei dovuto sposare te».

Gai ridacchiò mentre Kakashi protestava con un “ehi!” che non nascondeva l’ilarità.

«Allora, cosa ne dite se preparo il curry?»

  
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