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Autore: Kagome    09/12/2021    7 recensioni
Adrien e Marinette sono sposati e hanno deciso di aver figli. Ma quando Marinette si ritrova ad avere un aborto spontaneo dopo l'altro, non riesce a trovare il coraggio di parlarne con suo marito. Storia dedicata a tutte le mamme, a tutti i papà e a tutte le persone che stanno passando l'incubo dell'infertilità e dei problemi di concepimento. Post-reveal Lovesquare Hurt/Comfort
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Alya, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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L'unica famiglia di cui ho bisogno

Scritto da: JuliaFC, o Kagome qui su EFP

Beta: Genxha e Sherry

Rinunzia Legale: Questa storia è basata su personaggi e situazioni creati da Thomas Astruc. "Miraculous - Tales of Ladybug and Chat Noir" (c) TS1 Bouygues, Disney Channel, Zagtoon, Toei Animation. Questa storia non è scritta a scopo di lucro e non è intesa alcuna violazione del diritto d'autore.

Questa storia è dedicata a tutte le madri. Coloro che hanno figli, coloro che stanno cercando di concepire. Quelle che stanno passando un dolore simile a quello che ha affrontato Marinette in questa storia. È terribile, estremamente difficile da affrontare fisicamente e psicologicamente, e non se ne parla abbastanza. Una gravidanza su quattro termina con un aborto spontaneo, quindi è una delle perdite più comuni che si devono affrontare nel corso della nostra vita. Tuttavia, per qualche motivo, è diventato tabù anche solo menzionare l'argomento. Beh, se state passando una cosa del genere in questo momento, o se avete mai sperimentato la perdita di una gravidanza e l'isolamento e il dolore che produce, questa storia è dedicata a voi.

Buon Natale! Vorrei potervi avvolgere in un abbraccio forte forte <3

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Storia scritta per il Calendario dell'avvento 2021 del gruppo Hurt/Comfort Italia - Fanart and Fanfiction.

Prompt n15: Perché avrei dovuto parlarne con te?

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Marinette aprì gli occhi lentamente, una profonda ondata di dolore diffusa su tutto il suo stomaco le contorse il grembo. Aveva mangiato ore prima, ma per qualche ragione le veniva da vomitare, la nausea le colpì i sensi come uno schiaffo in faccia.

Si portò una mano alla bocca per attutire un gemito e guardò preoccupata la porta del bagno della camera da letto. Dietro di lei, Adrien era accoccolato sulla sua schiena con il braccio avvolto intorno alla sua pancia proprio dove faceva più male. Il panico assalì Marinette. Non voleva che Adrien si svegliasse. Cercò di convincersi che probabilmente non era niente, e lui era così stanco di recente con tutti gli straordinari che faceva al lavoro... Marinette non voleva che perdesse sonno prezioso.

Facendo del suo meglio per attutire i gemiti di dolore, si morse l'indice e mosse con cautela il braccio di Adrien per sgattaiolare fuori dal letto. Quando si alzò, il mondo iniziò a girare vorticosamente, costringendola ad afferrare il materasso e le lenzuola, per cercare di ritrovare l'equilibrio, ma fallendo miseramente e cadendo in ginocchio. Il che in qualche modo causò una fitta ancora più forte lacerarle il ventre.

Si piegò su se stessa e si abbracciò forte la parte centrale, cercando di lenire il dolore abbastanza da consentirle di respirare. Non che il disagio si fermasse, ma le fitte più dolorose sembravano arrivare a ondate regolari, forse ogni due o tre minuti. Il che significava che aveva il tempo di trascinarsi in bagno prima che il dolore tornasse insopportabile. Incapace di alzarsi del tutto senza avere le vertigini, si aiutò sostenendo il suo peso con un braccio, a metà strisciando sul pavimento, a metà aggrappandosi ai mobili. Alla fine riuscì a raggiungere la porta del bagno e afferrò forte la maniglia, aprendola con difficoltà prima di sparire all'interno. Finalmente arrivata a destinazione, chiuse la porta dietro di sé il più silenziosamente possibile e si precipitò sul water per tirarsi giù le mutande.

Erano macchiate di sangue. O meglio, macchiate era un eufemismo. Era intrise di sangue.

"Merda," mormorò sottovoce. "Deve essere il ciclo? Pensavo di averlo avuto solo meno di tre settimane fa?" Si sedette sul water, cercando di esaminare il danno. Aveva già gettato le mutande nel cestino, ma anche i pantaloni del pigiama, e la parte superiore, avevano bisogno di essere cambiati. Il dolore la stava facendo piegare in due e le impediva di pensare in maniera chiara. Sì, ha avuto cicli piuttosto dolorosi, ma... mai prima d'ora aveva provato un'agonia come questa. Una nuova ondata di dolore la travolse, lasciandola senza fiato e costringendola a soffocare un ulteriore gemito. Abbracciò forte il suo tronco e iniziò a dondolarsi avanti e indietro, gemendo silenziosamente mentre con i denti si mordeva il labbro inferiore, gli occhi strizzati nel tentativo di dissipare un po' il male.

Cosa stava succedendo? Osò sbirciare all'interno del water e notò quanto sangue vi stesse cadendo dentro. Il dolore stava diventando insopportabile e Marinette non riusciva più a contenere i suoi gemiti.

Improvvisamente, un lampo rosa sfrecciò nell'aria, e Tikki volò fino a davanti al suo viso, guardandola con i suoi rotondi occhi azzurri.

"Tutto bene, Marinette?" chiese la piccola kwami, la fronte corrugata da un cipiglio preoccupato.

"No", ammise lei, mentre un'ulteriore fitta la lasciava quasi senza fiato. Sentì un fiotto di sangue cadere nell'acqua del water e trattenne il respiro mentre la mano le correva verso la carta igienica, che afferrò e usò per pulirsi. Il cuore le iniziò a battere in gola quando vide quanto fossero grandi i coaguli di sangue che stava passando.

"Questo non è normale!" cinguettò Tikki, ancora più preoccupata. "Forse dovremmo svegliare Adrie—"

"NO!" bisbigliò seccamente Marinette. "Sta lavorando così tanto, è stanco. Non voglio che perda il sonno."

"Marinette, questo non è il tuo ciclo. Non mi hai detto che tu e Adrien avete parlato di un certo argomento speciale, di recente?"

La ragazza annuì, non riuscendo più a parlare mentre le lacrime le annebbiavano la vista e la verità dietro a quello che Tikki aveva menzionato iniziò a presentarsi chiaramente alla sua mente. "È successo e lo sto perdendo, vero?" chiese alla kwami ​​rossa. In risposta, Tikki si avvicinò alla sua pancia e... e poi scomparve dentro di lei, sorprendendo Marinette. Quando riapparve dopo quello che sembrò un periodo di tempo molto lungo a Marinette, la kwami aveva gli occhi pieni di lacrime.

"Mi dispiace, Marinette", disse la piccola dea della creazione.

A Marinette non restò che piangere, farsi la doccia, cambiarsi e sperare di essere riuscita ad alzarsi abbastanza presto da evitare ogni traccia di sangue sulle lenzuola. Adrien non se lo meritava. Non glielo avrebbe detto. Dopotutto, negli ultimi due mesi aveva letto abbastanza libri e siti web sulla gravidanza e sapeva che queste cose succedevano, ed erano anche piuttosto frequenti.

"La prossima volta, piccolino. La prossima volta andrà tutto bene."

La prossima volta non andò bene per niente. E nemmeno quella successiva, e quella ancora successiva. Non succedeva tutti i mesi, ma ogni mese che passava, Marinette viveva nella paura. Iniziò a indossare assorbenti giorno e notte, nel terrore che potesse succedere qualcosa quando usciva con Adrien, o di nuovo mentre dormiva. Viveva con il terrore di svegliarsi ancora una volta, con la nausea e il dolore al basso ventre, e inzuppando un assorbente di sangue nel giro di pochi minuti.

Eppure, continuò a provare. Adrien e lei avevano parlato di avere un bambino un paio di mesi prima del primo incidente, e quando avevano affrontato l'argomento, la gioia nello sguardo di Adrien era stata immensa.

"Ho sempre sognato di aver figli, Marinette", aveva detto, con un'aria sognante che faceva risplendere i suoi occhi così verdi. "Saranno i bambini più viziati del mondo. Li porterò ovunque vorranno andare, e prenderò loro tutto ciò che desiderano. E tu… sarai una maman meravigliosa, mon amour", aveva detto mentre la avvolgeva in un abbraccio.

No, non poteva fargli questo. Sapeva che se avesse scoperto quante volte negli ultimi due anni si era svegliata dolorante e sanguinante, avrebbe iniziato a chiedersi se la stesse facendo ammalare, se dovessero smettere. E lei non voleva smettere. Era sicura che, se ci avesse provato ancora una volta, se avesse mangiato un po' più sano, se si fosse esercitata un po' di più per tenersi in forma e rinforzare il suo fisico, se avesse preso vitamine migliori, fatto grafici più accurati...

"So cosa sta succedendo, Tikki", disse una notte alla sua kwami.

Un paio di sere prima, Marinette aveva fatto un test di gravidanza first response e aveva visto chiaramente apparire le due linee che confermavano la gravidanza. Non erano nemmeno deboli, ma chiaramente marcate sulla superficie dello stick. Quella notte aveva pianto, perché era la prima volta che vedeva quelle righe. Aveva persino prenotato un appuntamento con il suo medico di famiglia per confermare la gravidanza con un esame del sangue e poi magari prenotare con un ginecologo. Si era concessa di iniziare a guardare i siti web di gravidanza, digitare la data di inizio del suo ultimo ciclo e vedere la data di scadenza del 6 settembre dell'anno successivo. Si era concessa di iniziare a sognare, di fare a mano una tutina nera, con le orecchie da gatto su un cappellino nero, e il ricamo 'daddy loves meow' sul petto, per annunciare la gravidanza ad Adrien.

Eppure, solo un paio di giorni dopo, aveva appena fatto un nuovo test di gravidanza per scoprire che le due linee erano completamente svanite. Poi, puntuali come la morte, erano iniziati i crampi. E il sangue. E si era ritrovata di nuovo in bagno, seduta sul sedile del water a piangere tutte le sue lacrime.

"E' che sono Ladybug, vero? È colpa mia. Sto uccidendo i miei bambini!" Il suono dei suoi singhiozzi echeggiò nel piccolo bagno mentre batteva i pugni contro le fredde piastrelle di ceramica delle pareti della doccia, mentre gli zampilli d'acqua le schizzavano sulla pelle nuda e lavavano via il sangue. Ancora una volta. Un ennesimo tentativo fallito.

"Ma non è vero, Marinette. La tuta ti protegge. Io ti proteggo. Non permetterei mai che accada qualcosa a uno dei tuoi piccoli." Il cipiglio sul viso di Tikki sembrava quasi indignato che la sua portatrice potesse anche solo considerare la possibilità di quello che aveva appena detto.

"Scusa, Tikki. So che mi proteggi, ma non posso fare a meno di pensarlo, sai, con tutti i colpi che prendo e tutte le volte che mi rotolo a terra a terra e tutto il resto... che magari potrebbe danneggiare il bambino in qualche modo."

Tikki sospirò. "Smettila di preoccuparti. Non è quello, te lo prometto. Il bambino è già in un contenitore perfettamente sicuro, dentro il tuo grembo. Di solito, finché qualcuno non ti dà un calcio in pancia, non succede niente, anche senza la tuta da supereroe. L'ho visto con molte delle mie Ladybug in passato, alcune delle quali sono diventate madri mentre erano portatrici. Non sono i combattimenti."

"Allora cos'è?" sibilò Marinette, fissando la sua amica rossa, con le lacrime che scorrevano dagli occhi e si mischiavano all'acqua della doccia. "Perché sono così sfortunata? Ladybug dovrebbe essere l'emblema della buona fortuna! Ma invece per noi… Sono due anni che ci proviamo. Sto perdendo la speranza..." Il suono dei suoi singhiozzi risuonò a lungo nella doccia prima che la ragazza si sentisse abbastanza bene da uscire e tornare a letto.

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"Allora... quando mi farai diventare zia, Marinette?" chiese Alya poco tempo dopo. Stavano facendo la spesa al Monoprix ed erano passate davanti alla corsia dei prodotti per bambini, circondate da pannolini di ogni forma e dimensione, adorabili bavaglini, tutine e cappellini ancora più carini.

Marinette gemette, un'ondata di nausea la colpì come un pugno nello stomaco. Guardò Alya, accigliata, e replicò: "Potrei chiederti la stessa cosa".

"Eh", sospirò Alya, "lo sai che non è facile per me. Sto ancora cercando di affermarmi come giornalista. Se dovessi avere un bambino, potrebbe compromettere irrimediabilmente le mie possibilità di carriera. Inoltre," aggiunse con un po' di broncio, "Nino sta facendo qualche concerto qua e là, ma è tutt'altro che stabile. Avere un figlio è una grande responsabilità e una spesa ancora più grande. Saremmo idioti a provarci, finché non saremo più stabili finanziariamente." Alya accarezzò teneramente una tutina con un cucciolo di volpe ricamato sul davanti. "Tu però non hai questo problema. Adrien è pieno di soldi, grazie al suo lavoro. Non avresti nemmeno bisogno di lavorare e invece stai già facendo un bel po' di soldi anche tu, vendendo le tue creazioni con il tuo negozio online. E poi Adrien non vede l'ora di diventare papà".

Marinette si appoggiò allo scaffale davanti a lei, appoggiando la fronte sul metallo freddo, gli occhi chiusi, cercando di trovare sollievo all'improvviso mal di testa. "Lo so," mormorò a bassa voce, la gola secca, gli occhi umidi per le lacrime che stava cercando di trattenere. "Lo so che lo vuole."

Alya si avvicinò e si chinò per metterle una mano sulla spalla. "Ma allora che succede, ragazza mia? Perché mi è giunta voce che Adrien si sia lamentato con Nino, in confidenza, che da un po' di tempo ti rifiuti di toccarlo, o di lasciarti toccare da lui? Non potevo crederci quando Nino me l'ha detto."

Mentre Alya parlava, Marinette sentì il bisogno di mettersi le mani nei capelli. 'In confidenza' un corno. Nino non poteva nascondere niente ad Alya, nemmeno se la sua vita dipendesse dal farlo. Ma non riuscì a mettersi le mani nei capelli, e nemmeno a sospirare, perché il dolore la lasciò senza fiato. Quindi rimase in silenzio, chiuse gli occhi e continuò ad ascoltare lo sfogo dell'amica. Per quanto dolorose fossero le sue parole, per quanto la colpissero proprio dove faceva più male, sapeva che Alya avesse buone intenzioni.

"Dopo tutti i discorsi che abbiamo fatto al Collège", continuò Alya, "tutti i sogni, tutti i piani per farvi finire insieme. Adesso è tuo marito, puoi farci quello che vuoi quando ti pare e piace... e cosa fai? Lo trascuri? Vai a letto, ti giri e fai finta di dormire? Davvero, Marinette? Povero Splendore! Devo spiegarti io quanto sia importante il sesso in una relazione?"

"Shhhhh," sibilò Marinette, cercando di far abbassare la voce alla sua amica. Dopotutto, non voleva che l'intero supermercato venisse a conoscenza dei fatti suoi. Inoltre, aveva un terribile mal di testa e non riusciva più a sopportare neanche fisicamente la voce della sua amica." Vuole farlo senza preservativo", riuscì a dire infine.

Alya si portò le mani ai fianchi e inarcò un sopracciglio. "Sì? L'ultima volta che ho controllato, è così che si fanno i bambini... ha detto a Nino che ne avete parlato tra di voi diverso tempo fa. Magari un paio d'anni? Non era solo lui a volere dei bambini, giusto? Ricordo che tu ne volevi tre, al Collège…"

“È complicato, Al—" iniziò a dire Marinette, ma non riuscì a finire il nome della sua amica perché un forte crampo alla pancia la fece gemere di dolore e si accucciò su se stessa.

Fu allora che Alya si rese conto che qualcosa non andava. "Marinette? Ragazza mia, stai bene? Hai bisogno di sederti? Che succede, sei pallida come uno straccio..." Alya corse istintivamente da Marinette e si avvicinò, ma Marinette si sentì soffocare e la spinse via per prendere un po' di aria.

"Scusa, Alya, non è colpa tua, non riesco a respirare."

"Oddio", disse Alya in tono preoccupato, spostandosi leggermente di lato, "stai sanguinando".

Marinette si guardò i jeans e gemette. Sì, eccolo. Un'altra volta. "Io... devo usare il bagno. Possiamo andare al tuo appartamento?"

"Sicuro!" disse subito Alya. "È solo a un isolato di distanza. Sù, ci arriviamo in un attimo e possiamo chiamare un'ambulanza."

Marinette si voltò verso di lei e trattenne il respiro. "No, niente ambulanza. Sto bene. Ti spiego poi."

Alya lasciò il carrello con la spesa che avevano fatto fino a quel momento a lato del corridoio e si spostò alla destra di Marinette, tenendola per un braccio per impedirle di cadere. "Sì, me lo spiegherai dopo. Andiamo a casa, dai."

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Alya guardò accigliata la sua migliore amica, che era seduta sul water, con indosso un paio di mutandine e jeans che lei le aveva prestato. I jeans erano un po' larghi, dato che Alya portava una taglia in più di Marinette. Tuttavia, era quello o niente, visto che i pantaloni e le mutande di Marinette si stavano lavando nella lavatrice di Alya.

"Da quanto tempo va avanti questa storia?" chiese la bruna, le braccia incrociate al petto.

Marinette sospirò e tirò su col naso un paio di volte. "Circa due anni."

"Che cosa?" Gli occhi di Alya divennero enormi. "E non gliel'hai detto?"

Marinette si appoggiò i gomiti alle cosce e si coprì gli occhi con le mani, cercando di soffocare un singhiozzo. "No."

"Perché? Ragazza, è una cosa seria. Hai avuto aborti come questo quasi ogni mese negli ultimi due anni? È praticamente da quando Adrien ha detto a Nino che ci state provando."

"Lo so," esclamò Marinette, "ne sono perfettamente consapevole, Alya. Ma... non potevo dirglielo."

"Perché no, Marinette?" Alya si accucciò alla sua altezza e afferrò le mani della sua amica, costringendola a guardarla negli occhi.

Nuove lacrime rigarono le guance di Marinette. Abbassò lo sguardo, non riuscendo a sostenere quello di Alya mentre diceva: "Avevo paura".

Alya si sporse in avanti. "Paura di che? Marinette, guardami." Quando finalmente Marinette incrociò di nuovo il suo sguardo, Alya continuò: "Non c'è nessuno più comprensivo, solidale e meraviglioso di Adrien, ragazza mia. Perché hai paura di parlarne con lui?"

Marinette distolse lo sguardo. "Io... non voglio preoccuparlo. È stato così impegnato con il lavoro e..."

"Stronzate!" Alya afferrò Marinette più saldamente, poi alzò la mano per sollevare il mento dell'amica e forzare il contatto visivo. "Stai mentendo, Marinette. Lo stai facendo di nuovo, vero? Lo stai tenendo all'oscuro, gli stai nascondendo informazioni cruciali. Non gli stai dando il quadro completo. Perché? Non pensi che meriti di saperlo? Sono anche i suoi bambini..."

Nuove lacrime scorrevano sulle guance di Marinette mentre i suoi occhi si spalancavano all'osservazione dell'amica. Tikki scelse quel momento per emergere dalla borsa di Marinette, piazzandosi tra i volti delle due ragazze.

"Gliel'ho detto molte volte, Alya, ma Marinette è testarda. Non ascolta. Le ho detto di dirlo ad Adrien, ma no, continua a nasconderlo come se fosse un reato." La piccola kwami ​​abbassò lo sguardo e mise il broncio. "Si sente in colpa, Alya, pensa che essere Ladybug stia influenzando la sua capacità di mantenere una gravidanza."

Alya trattenne il respiro e si sedette a gambe incrociate sul pavimento. "Ma... ho parlato con Trixx alcuni anni fa, quando io e Nino avevamo parlato di avere figli, e Trixx ha detto molto chiaramente che essere Rena Rouge non avrebbe influito sulla mia capacità di avere bambini, perché la tuta mi avrebbe protetto."

"È quello che ho detto anche a lei! E inoltre, anche se fosse colpita abbastanza forte nella parte inferiore della pancia, la Miraculous Ladybug rimetterebbe le cose a posto. Non è il fatto di essere Ladybug. Io e tutti gli altri kwami ​​abbiamo avuto un sacco di portratrici che sono diventate madri nel corso dei millenni. Ma no, Marinette è irremovibile. Ha persino pensato di rinunciare ad essere Guardiana, e di perdere i ricordi!"

"NO! Non puoi farlo, Marinette!"

"Che altra scelta ho? Voglio essere madre, voglio avere figli, voglio dare ad Adrien la famiglia che desidera e che merita, ma... se essere Ladybug ci sta portando via questo... se sta uccidendo i miei bambini..."

Alya si sollevò sulle ginocchia e afferrò Marinette per le spalle. "Ragazza, hai ascoltato qualcosa di quello che abbiamo detto finora, Tikki e io? Non è la tuta! Non sono i combattimenti!"

"Cos'è, allora? Perché finisco così ogni volta? Sai che il mese scorso avevo finalmente ottenuto un test di gravidanza positivo? Fino ad allora, non ero arrivata nemmeno a quel punto. L'avevo perso anche prima che un first response potesse rilevarlo. Beh, ho visto le due linee un giorno e due giorni dopo, puf! Erano svanite. Avevo prenotato un appuntamento con il medico a riguardo, e quando ho telefonato per disdire, la segretaria mi ha detto di portare il bastoncino in ufficio la prossima volta, perché 'evidentemente non sapevo leggerlo'!"

Alya mise il broncio. "Che stronza..."

"Vero?" Marinette si asciugò gli occhi, ma nuove lacrime sostituirono rapidamente quelle che aveva spazzato via.

"Vero", concordò Alya. "Ma questo non toglie il fatto che tu non debba affrontare questa situazione da sola. Ora capisco perché stai cercando di tenere Adrien lontano da te, sembra che abbia solo bisogno di guardarti per farti rimanere incinta. Ma non è giusto nei suoi confronti, Marinette. Ha detto a Nino che temeva tu non lo amassi più. Ci credi?"

Marinette trattenne il respiro, gli occhi spalancati per lo shock mentre interiorizzava lentamente le parole di Alya.

"Sì, giusto, proprio quello che mi aspettavo, non te ne eri nemmeno accorta. Nino è riuscito a rassicurarlo questa volta ma, Marinette, devi parlargli. Devi fare qualcosa. Già anni fa si è arrabbiato per essere stato tenuto all'oscuro di stupide cose da supereroi. Immagina come si sentirebbe se sapesse che stai nascondendo qualcosa del genere!"

"Vuole una famiglia, Alya," mormorò Marinette, a testa bassa. "E se non volesse più stare con me?" Afferrò la sua amica per il colletto e la fissò, dritto negli occhi, il suo viso a pochi millimetri da quello della bruna. "Sai quanto è stato difficile per me, negli ultimi due anni? Temerlo ogni volta? Vivere nella paura? Vedere passare due feste della mamma e dover fingere di essere felice per mia madre, ma in realtà morire dentro perché non potevo avere figli? Non poter realizzare il più grande desiderio di Adrien? Pensare che non fossi in grado di essere madre? Sentendo te ogni volta, chiedermi quando mi avrebbe finalmente messa incinta? Sentirti ripetermi in faccia che fallimento di donna che sono? Mi sento così vuota..."

Il cipiglio di Alya non aveva alcuna malizia, alcun giudizio, solo compassione e vero dispiacere mentre abbracciava forte la sua amica. "Mi dispiace, Marinette. Sei una grande amica e leader, ma mi stai facendo venir voglia di schiaffeggiarti fino a farti perdere conoscenza. Che cavolo dici, ragazza? Sai quanto ti voglio bene. Quanto tutti noi ti vogliamo bene e ti rispettiamo. Non sei un fallimento di donna! E quel tuo uomo... Quell'uomo ti adora così tanto che ti amerebbe anche se fossi uno spirito e parlassi da una macchina collegata a Dio! E' innamorato di te da quando avevate entrambi 13 anni. Non ti lascerebbe mai!"

Ma, naturalmente, Marinette non ascoltò. Alya scosse la testa, delusa, nelle settimane successive, quando notò che nulla era cambiato.

Passarono altri mesi e ancora una volta Marinette fece un test di gravidanza in bagno e vide apparire due linee, chiare e luminose. Erano anche più chiare dell'ultima volta, perché Marinette aveva avuto paura e aveva ritardato il test. Ma ora aveva un ritardo di tre giorni interi sul ciclo, quindi la tentazione era stata troppo grande.

Ancora una volta, non disse una parola. Attese, giorno dopo giorno, con anche il terrore di fissare un appuntamento con il dottore, per paura del possibile scherno da parte della segretaria. Visse tre intere settimane nel terrore, troppo spaventata per fare qualsiasi cosa, incluso trasformarsi in Ladybug. Per fortuna non ci fu nessun attacco akuma nel frattempo.

Alla fine andò dal medico, che confermò la gravidanza e organizzò le sue visite successive con il ginecologo. Più giorni passavano, più Marinette pensava al modo migliore per dare la notizia ad Adrien. Per rendere l'annuncio memorabile.

Tuttavia, all'alba del giorno della prima ecografia, tutto andò di nuovo a rotoli. Ancora una volta, Marinette si svegliò nel cuore della notte con un terribile dolore che le massacrava le viscere. Non appena aprì gli occhi, lo riconobbe.

"Meeeeerda," sibilò sottovoce. Aveva deciso solo un paio di settimane prima di smettere di indossare assorbenti nelle mutande, e ora poteva sentire al tatto che era bagnata tra le gambe. Si guardò la mano dopo aver toccato l'area e vide sangue rosso vivo macchiarle le dita.

"Dannazione!" Si alzò dal letto e si precipitò in bagno, lasciandosi andare in ginocchio nella doccia. La mise in funzione immediatamente, non preoccupandosi nemmeno del fatto che indossasse ancora il pigiama e che si stesse bagnando. Avrebbe dovuto cambiarlo comunque, perché era coperto di sangue.

Avrebbe dovuto fare qualcosa anche per le lenzuola, un pasticcio come quello che poteva vedere in bella mostra sul pigiama non sarebbe passato inosservato domani mattina. E Adrien l'avrebbe scoperto; non poteva permetterlo. Non voleva permetterlo. Non poteva sapere... qualunque cosa avesse detto Alya, non poteva sapere...

"Marinette, cosa sta succedendo?" chiese la voce assonnata di Tikki. La piccola kwami ​​entrò dalla porta del bagno e la sua espressione assonnata si trasformò immediatamente in orrore quando guardò la sua portatrice, ricoperta dal suo stesso sangue e bagnata fradicia, in ginocchio in mezzo alla doccia, gli occhi pieni di lacrime, le mani insanguinate che le lasciavano impronte rossastre sul viso mentre piangeva. "Marinette? Oh no..."

"Non c'è nemmeno stata un'akuma di recente. Non mi sono nemmeno trasformata..." stava mormorando sottovoce la ragazza, mentre si abbracciava la vita e gemeva di dolore.

Tikki volò davanti al suo viso e la guardò a lungo. "Te l'avevo detto che non era il tuo ruolo di Ladybug, Marinette. Devi parlare con Adrien. Ci dev'essere qualcosa che non va e finché non ci parli, finché non andate insieme da un dottore, non lo saprai mai."

"Non posso mostrargli questo, Tikki. Sarebbe devastato!" disse lei mentre piangeva, tra i singhiozzi. "Penserebbe che non mi meriti di stare con lui..."

Il cipiglio di Tikki cambiò da preoccupato a compassionevole in uno schiocco di dita. Quindi era questa la ragione. Questo è il motivo per cui Marinette glielo teneva nascosto. No, Tikki non avrebbe permesso a Marinette di continuare a farsi del male. Tremando un po' dalla rabbia, le rivolse un'occhiata seria e si precipitò fuori dalla porta.

"Dove stai andando? Tikki?" sussurrò Marinette, ma era troppo tardi, Tikki era scomparsa. La piccola kwami ​​volò sul letto e iniziò a tirare i capelli di Adrien.

"Uh, sono sveglio, sono sveglio..." disse Adrien con uno sbadiglio. Accese la luce e concentrò il suo sguardo assonnato sul puntino rosso che continuava a ronzargli intorno. "Che succede? È un'akuma? Dov'è Marin—" iniziò a dire quando si accorse che sua moglie non era a letto con lui, ma quando tirò le coperte per alzarsi notò le grosse macchie di sangue. Sussultò, e si precipitò fuori dal letto, guardandosi intorno finché non vide la luce accesa in bagno.

"Marinette! Marinette, che è successo? Stai bene?" gridò, battendo il pugno sulla porta.

"Uh," sentì dire Marinette dall'interno. "Sto bene, torna a letto."

"Marinette, che succede? C'è sangue sulle lenzuola!" mormorò lui, il cuore che gli batteva all'impazzata in gola.

"Sto bene—" iniziò a dire lei, ma mentre lo diceva, le sue parole si trasformarono in gemiti e Adrien la sentì urlare di dolore.

"MARINETTE!" Adrien istintivamente iniziò a sbattere la spalla contro la porta e a muovere la maniglia, cercando di entrare. "Cazzo, è chiusa a chiave! Marinette, aspettami!" Si passò una mano tra i capelli, guardandosi intorno e cercando di pensare a un modo per sfondare la porta. Abbassò lo sguardo sul suo anello ed era pronto a trasformarsi e a svegliare Plagg dal suo sonno comatoso indotto dal formaggio, quando vide Tikki sfrecciare attraverso la porta, e dopo un secondo, sentì uno schiocco e la porta si aprì. Mise immediatamente una mano sulla maniglia ed si precipitò all'interno.

Solo per congelarsi sul posto, con gli occhi sbarrati, quando vide Marinette. Si portò una mano alla bocca mentre il corpo gli si muoveva da solo, raggiungendo all'istante sua moglie all'interno della doccia. Marinette era piegata in due, coperta del suo stesso sangue, i vestiti macchiati e bagnati che le si attaccavano alla pelle e mostravano ciò che indossava sotto con un effetto traslucido. Le braccia del giovane circondarono le spalle della ragazza in un istante, senza nemmeno accorgersi dell'acqua della doccia, che gli inzuppava i capelli ei vestiti, e del sangue che gli stava macchiando il pigiama e la pelle.

"Che succede, Milady?" le sussurrò all'orecchio. "Come mai tutto questo sangue?"

"E' un sacco di tempo che sto cercando di convincerla a parlarti, Adrien, mi dispiace così tanto", disse Tikki abbassando lo sguardo.

Il suo commento fece sussultare Adrien. "È successo altre volte?" chiese, mentre Marinette urlava di nuovo e si aggrappava a lui, tenendolo disperata.

"Scusa, Aaaaaaaaah-Adrien", sussurrò Marinette tra le urla. "Non volevo che lo scoprissi."

"Scoprissi che?" chiese lui, cercando ancora di capire cosa stesse succedendo.

"È successo quasi ogni mese negli ultimi due anni e mezzo", sussurrò Tikki, lanciando occhiate colpevoli tra il viso di Marinette, contorto dal dolore, e quello pallido e scioccato di Adrien. "Questa volta era un po' più avanzata, quindi probabilmente le fa più male."

Mentre Adrien assorbiva lentamente il significato dei grumi di sangue che colavano dalle piastrelle di ceramica della doccia, il sangue che macchiava i vestiti e la pelle di sua moglie e le sue urla di agonia, gli occhi gli si spalancarono per lo shock. Si sporse in avanti, afferrando la moglie urlante e avvolgendola in un abbraccio fortissimo. "Perché non me l'hai detto, Marinette? Perché te lo sei tenuto per te? Non avevamo deciso che ci saremmo raccontati tutto?"

"Perché avrei dovuto parlarne con te?" ribatté lei con rabbia. Poi dovette aver notato il dolore negli occhi di lui, perché il suo sguardo rabbioso si trasformò in implorante.

"Mi dispiace", disse alla fine, quando il dolore sembrò placarsi momentaneamente. "Speravo che alla fine uno avrebbe funzionato. Non volevo preoccuparti..."

Ma mentre la sentiva dire queste parole, Adrien vide che Tikki stava scuotendo la testa e le lanciava uno sguardo di disapprovazione.

"Qualcosa mi dice che non è tutta la verità, Insettina. Per favore. Cosa stai cercando di nascondermi? Come posso aiutarti se sono tenuto all'oscuro? Pensavo che non mi amassi più, mi si è spezzato il cuore. Ti amo così tanto, mon amour. Ti prego, dimmi tutto."

Marinette lo tenne stretto per la vita, mentre emetteva un urlo ancora più forte, e alla fine si rilassò un po'. Lo abbracciò, il corpo scosso dai singhiozzi che finalmente non tratteneva più.

"Scusa, Adrien. Quando abbiamo parlato di mettere su famiglia due anni fa, eri così felice al pensiero di aver figli. Ma... io ci ho provato. Ci ho provato con tutta me stessa! N-non so cosa c'è che non va, è come se non vogliano restare dentro di me. Pensavo che fosse il fatto che io fossi Ladybug, ed ero pronta a rinunciare a tutto perché volevo darti quella famiglia che vuo—"

Lui la zittì, muovendosi leggermente per avere guardarla meglio, e le alzò il mento. "Volevi fare… che cosa esattamente?"

"Rinunciare ad essere Ladybug e ad essere la Guardiana." Vide che lui stava cercando di parlare e gli mise un dito sulle labbra. "Ma ora ho capito che non si tratta di quello. Non mi sono trasformata nemmeno una volta negli ultimi tre mesi ed... è successo lo stesso. Dev'essere qualcos'altro, ma non riesco a capire cosa."

Improvvisamente lui si irrigidì e abbassò lo sguardo, mentre il suo pomo d'Adamo gli andava su e giù in gola. "P-pensi che... sia… colpa mia? Perché io son—"

"Non osare nemmeno pensare una cosa del genere," ribatté lei, interrompendolo. "Non è colpa tua, o almeno, non è per il motivo che pensi. Ci è stato detto molto chiaramente che non importa. No, non voglio crederci." Lo sentì rilassarsi nella sua stretta ed emettere un sospiro che Marinette pensò dovesse essere di sollievo. "Stupido Gattino," gli sussurrò all'orecchio. "E sai che ti amerei comunque, anche se fosse così."

Fece un sospiro doloroso e le posò un tenero bacio sulla fronte. "Anche io ti amerei comunque, Marinette. Quindi spiegami, perché era così spaventoso parlarne con me?"

La faccia di lei si illuminò come una lampadina. "Avevo paura," ammise, arrossendo ancora di più sotto il suo sguardo scrutatore. "Paura di non meritarti."

La presa del giovane sulla forma tremante della ragazza si fece ancora più stretta, se possibile. "Sono io che non ti merito, Milady," sussurrò, le parole attutite dal fatto che le labbra premevano contro la fronte di lei.

Si mosse per guardarla negli occhi. "Ora togliamoci questi vestiti sporchi di sangue, dai, e diamoci una lavata. Vuoi andare subito in ospedale?" La vide scuotere la testa e le lasciò un bacio sulla fronte. "Allora andremo domattina. Non provare a discutere, non c'è ma che tenga. Dobbiamo farti controllare."

Procedette ad aiutarla a togliersi i vestiti, a ripulire il bagno e a lavare via il sangue. Una volta che furono vestiti con un pigiama pulito, i capelli asciugati con un asciugamano e le lenzuola cambiate, la prese in braccio e la mise delicatamente a letto, assicurandosi di rimboccarle bene le coperte e depositare un leggero bacio sulle labbra. Poi, si infilò di nuovo a letto, abbracciandola da dietro e posando un altro bacio sui suoi capelli ancora umidi.

"Troveremo un modo, Milady. Possiamo andare da uno specialista e farci controllare per vedere dove sta il problema. Possiamo lavorarci insieme. Siamo una squadra, no? Tu ed io contro il mondo! E se significa che devi smettere di essere Ladybug per un po', sono sicuro che Alya sarà più che felice di sostituirti. Oppure posso diventare di nuovo Mr. Bug. Ma hai sentito Tikki, non è quello."

Lei gli prese le mani e le tenne strette. "Grazie, Adrien. Mi dispiace di averti tenuto di nuovo all'oscuro. Ti amo così tanto!" La sua presa sulle mani di lui si fece più stretta, mentre lui le posava un altro bacio sulla nuca.

"Ti amo anch'io, Insettina. Più della mia vita. Non dubitarne mai più, ti prego, e non pensare mai più di non meritarmi."

"E se... non ci fosse una soluzione?" chiese lei dopo una lunga pausa. "Se non potessimo aver figli?"

Lui l'abbracciò di nuovo, più forte che sotto la doccia. "Possiamo aggirare anche questo problema. Ci sono altre soluzioni che possiamo considerare, a seconda di cosa c'è che non va. Nel peggiore dei casi, possiamo sempre adottare".

Marinette sussultò e si liberò dalla sua presa per voltarsi e guardarlo con gli occhi spalancati. "Sei sicuro?"

"Sicurissimo." Sorrise un sorriso genuino che raggiunse i suoi occhi e li fece brillare così tanto da rilasciare un intero stormo di farfalle nello stomaco della ragazza. "Qualunque cosa decidiamo di fare, darò alla mia famiglia tutto il mio amore. Che venga da noi o no. E se finisce che non possiamo nemmeno adottare, per qualche ragione, e restiamo solo noi, Milady, va bene anche così. Siamo già una famiglia, noi due; l'unica famiglia di cui ho davvero bisogno sei tu." Poi le lanciò uno sguardo divertito. "Potremmo… anche solo avere due o tre criceti nel peggiore dei casi. Mi ricordo che mi hai detto che ti piacciono. Potremmo chiamarli..."

Ma non finì la frase perché notò che la ragazza si era addormentata, e ora il suo respiro regolare gli solleticava il collo.

"Sono così fortunato ad averti, Marinette. Sei il mio amore, la mia famiglia, il mio mondo".

Stare con lei era la cosa che lo rendeva veramente felice. Perché tutto ciò di cui aveva davvero bisogno era lei.

Fine

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Nota dell'autrice:

Ciao a tutti!

Mi dispiace di essere tornata con una storia così triste. Beh, almeno sono riusciti a parlarne alla fine e trovare conforto l'uno nell'altro, quindi forse non la più triste, ma sapete cosa intendo.

Questa storia mi è venuta in mente quando ho scoperto che Ottobre (lo so, lo so. È Dicembre...) era il mese dedicato alla perdita di gravidanza. Stavo leggendo il materiale di supporto e mi ha spezzato il cuore il fatto che le donne non parlino abbastanza di questa realtà, e che venga spesso visto come qualcosa da non menzionare. Un tabù. E so benissimo che è vero, perché ho passato qualcosa di simile anche io. Non a lungo quanto ho descritto qui in questa storia, ma è successo anche a me. Nel caso ve lo chiedeste, la gravidanza chimica di Marinette, e il modo in cui la segretaria del dottore l'ha apostrofata quando ha cancellato l'appuntamento...era autobiografico. Sì, le persone possono essere orribili anche quando hanno buone intenzioni.

Ed è vero che la perdita di gravidanza è uno dei segreti meglio custoditi. Siamo incoraggiati, come coppie, a non dire nulla a nessuno sulla gravidanza, almeno fino alle 12 settimane. E la maggior parte degli aborti spontanei avvengono durante il primo trimestre, quindi la maggior parte delle coppie finisce per nasconderlo. E anche quando lo dici in giro, ti viene detto che 'è solo un pezzetto di carne di 3-4 mm di lunghezza', che 'non è ancora umano', di stringere i denti e smetterla di piangerti addosso e andare avanti, quando tutto quello che vorresti fare è chiuderti in te stessa e piangere tutte le tue lacrime. Perché per te, il 'pezzetto di carne di 3-4 mm di lunghezza' è un bambino. Può non esserne uno ancora fisicamente, ma lo è nella tua testa.

Ora, voglio sottolineare che qui non sto parlando (e non voglio parlare di) aborto volontario, che è un argomento completamente diverso, che ancora una volta non dovrebbe essere preso alla leggera e causa un terribile dolore e trauma a tutte le persone coinvolte. Che meritano amore e rispetto, non giudizio.

Qui sto parlando di aborti spontanei. Una perdita di gravidanza che la donna non vuole far accadere e il bambino muore naturalmente e viene successivamente espulso dal suo corpo. O anche non espulso spontaneamente... Ho avuto anche quello che viene chiamato un aborto interno, dove sono andata all'eco delle 12 settimane e mi è stato detto che il bambino misurava 8 settimane e non aveva battito cardiaco. Avevo capito che era il caso quando ho visto l'immagine apparire sullo schermo: era troppo piccolo, e non sviluppato abbastanza. L'ho confrontata mentalmente con la mia prima ecografia di 12 settimane, eseguita sul mio primo figlio, e mi sono ricordata che il bambino faceva capriole e aveva già un corpo sviluppato con braccia e gambe, che quello non aveva ancora. Ero assolutamente e totalmente devastata. Volevo così tanto un secondo bambino, e perderne uno mi ha spezzato il cuore (per fortuna alla fine sono rimasta incinta di nuovo e ora ho i miei 2 figli, ma conservo ancora l'immagine di quell'ecografia. Perché sì, amo ancora quel bambino. Lo piango ancora. Sono passati 7 anni).

Comunque, in questa storia ho voluto trasmettere a tutti voi un messaggio di speranza questo Natale, un messaggio sul dialogo all'interno della coppia, sull'essere sinceri e sul non aver paura di chiedere aiuto. Sul fatto che ci sono altre soluzioni, altre cose che si possono fare, che non c'è bisogno di soffrire da soli. So che è un argomento molto difficile, ma spero che qualcuno di voi abbia deciso che valesse la pena correre il rischio di leggerlo, e mi lasci un commento.

Grazie per aver letto la mia storia. Spero che vi piacerà abbastanza da benedirmi con un commento. Tutti i commenti sono i benvenuti e sono super apprezzati! Non deve essere una critica lunga e articolata, anche un abbraccio fatto col cuore o un breve commento andrà bene. Basta che ricordiate che i vostri commenti sono ciò che aiutano me (e tutti gli altri scrittori, ma in questo caso, me in particolare) ad andare avanti quando sono giù e sono tentata di gettare la spugna.

Quindi fate un regalo *a noi*, questo Natale, e commentate le nostre storie! Se c'è una storia che vi è piaciuta e vi è venuto il dubbio se commentare o no, commentatela, per favore, lasciate un segno del vostro passaggio. Qualcosa. Qualsiasi cosa.

Buon Natale a tutti!

   
 
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