Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
Ricorda la storia  |      
Autore: swimmer5    10/12/2021    0 recensioni
[Zeke x Levi]
Zevi Week 2021, Day 5 - Reincarnation + College AU
 SPOILER per chi non ha ancora letto il capitolo 137.
 Dal testo:
Che cazzo sto facendo? È l’alcol. È sicuramente l’alcol, si costrinse a pensare, mentre si godeva l’espressione stupita di Zeke. [...]
L’alcol era responsabile, Levi ne era sicuro, anche per il suo cuore che aveva preso a galoppare furiosamente, per le guance e le punte delle orecchie che si stavano imporporando, per la voglia sempre crescente di baciare dolcemente il ragazzo che aveva di fronte.
Non lo fece; però, si limitò a dire, “Avevi ragione.”
Lo stupore di Zeke si tramutò in confusione. “Io ho sempre ragione” commentò con un sorrisetto, “Ma a cosa ti riferisci, nello specifico?”
“Quando ti ho ucciso...” precisò, e Zeke quasi perse un battito al rimando alla loro vita passata, “Avevi ragione. Mi sei mancato.”
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hanji Zoe, Levi Ackerman, Zeke Jaeger
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
NOTE INIZIALI. Salve! Questa OS nasce come una College!AU in cui entrambi hanno la stessa età, sui 23/24 anni. Successivamente ho mixato i due prompt quindi è anche una Reincarnation!AU, ma mi sono accorta tardi che forse avrei dovuto mantenere la differenza d’età canonica... In ogni caso, mi permetto di prendermi questa piccola licenza (scusate!).
Contiene SPOILER sul capitolo 137 del manga! (si fa riferimento alla traduzione ufficiale inglese).
TW: alcol
Ci si vede alla fine per altre note. Buona lettura.

 

*

 

Che UniMarley fosse un vivaio di prodigi della scienza e della letteratura, era già ampiamente risaputo.

Tuttavia, se si dovesse indagare sugli hobby degli eccellenti alumni dell’Ateneo, tra questi ci sarebbe sicuramente l’organizzare party alcolici alla residenza universitaria; infatti, la sala living della struttura era occupata, come ogni venerdì da anni a quella parte, da una cinquantina di studenti festaioli con un bicchiere in mano.

Levi Ackermann, aspirante giurista e per niente interessato a questo aspetto della socialità tra colleghi, era stato costretto a partecipare alla festa dalla sua migliore amica, la quale dovette letteralmente trascinarlo con sé per un braccio.

“Eddai! Lo sai anche tu che finisci per divertirti tutte le volte” disse Hange Zoe, frizzante studentessa di chimica, mentre cercava di sfoggiare i suoi occhi da cucciolo più convincenti possibili.

“Incluse quelle in cui ti ho dovuto assistere mentre vomitavi l’anima?” ribatté Levi.

“È successo solo una volta.”

“Veramente tre, quattrocchi” precisò.

Entrambi percorsero i corridoi del dormitorio che portavano alla sala living, lasciandosi alle spalle le porte di svariate stanze. La musica da discoteca si sentiva già da parecchio lontano, e a ogni passo il volume aumentava sempre di più. Non appena furono relativamente vicini alla zona della festa, Hange lasciò libero Levi. “In più, ricordati che ci sarà anche Zeke” aggiunse, ammiccando.

L’espressione di Levi s’indurì non appena sentì pronunciare il nome del suo – come definirlo? Scopamico? Amico con benefici?

No, non erano per niente amici, erano solamente due persone che si erano scoperte compatibili fisicamente. Levi sottolineò a mente la parola fisicamente, visto che quando Zeke provava ad aprire un generico discorso la sua soglia della sopportazione raggiungeva valori bassissimi.

“E allora? Lui me lo faccio a prescindere, non serve andare a una festa per provarci e convincerlo ad andare a letto con me.”

Hange sospirò. “Leeeevi, sei noioso come al solito. Comunque, siamo arrivati.”

Non appena varcarono l’entrata, si ritrovarono dentro a un ampio stanzone adibito a sala da ballo. Furono accolti da un gruppo di studenti già brilli, i quali indicarono loro le diverse postazioni: quella della musica, una con sedie e divanetti e, ovviamente, l’angolo bar con gli alcolici. C’era già chi si stava scatenando in pista, danzando e lasciandosi trasportare dal ritmo incalzante della musica dance. Levi guardò circospetto quel gruppo di persone, cercando con lo sguardo una certa testa bionda – ma non era lì presente. Continuò a tentare di rintracciare l’oggetto dei suoi pensieri mentre lui e Hange attraversavano la sala.

La ragazza, nel mentre, salutò svariati colleghi con un sorriso luminoso, fino a raggiungere un enorme tavolo – delle scrivanie rubate dall’aula studio unite a formare un blocco unico – dove erano state posizionate file ordinate di bottiglie di birra. Hange non esitò ad agguantarne una, mentre Levi si versò un bicchiere d’acqua.

Hange ebbe un deja-vù di tutti i ritrovi studenteschi a cui erano andati, e rivolse al corvino un’espressione disgustata.

Levi aprì la bocca per rispondere all’occhiataccia, ma fu interrotto dall’amica che prontamente disse, “Lo so che sei astemio e tutto, ma non puoi bere solo acqua a una festa del genere!", ed ebbe la sensazione di ascoltare un disco rotto. “Non ti ho ancora mandato a quel paese solo perché sei tu, Hange.”

Dopo due sorsi di birra – in cui ne ingurgitò praticamente metà bottiglia – Hange lo incoraggiò. “Dai! Ti ricordi quanto ci siamo divertiti alla laurea di Erwin?”

Levi corrucciò la fronte. “Ricordo... più o meno. In ogni caso, non succede mai nulla di buono quando mi ubriaco.”

“Non devi per forza ridurti male. Puoi anche essere brillo e svagarti ugualmente.”

Non si seppe spiegare il perché la accontentò, quella sera. Forse lo sfinimento, forse il bisogno disperato di divertirsi dopo una settimana in cui si era ridotto uno straccio a causa dello studio e delle lezioni, forse perché era una delle ultime, reali occasioni di svago prima della sessione invernale.

Levi si conosceva e sapeva bene di preferire altri tipi di intrattenimento all’intossicarsi con l’alcol. Ma il forse più grande di tutti, quello che lo portò effettivamente a bere un liquido che non fosse acqua minerale, risiedeva in una parte nascosta e irrazionale della sua sfera emotiva di cui non accettava l’esistenza.

Forse è perché non vedo Zeke e per la prima volta mi accorgo di sentire la sua mancanza.

Che ragione stupida. Lasciò che il suo monologo interiore continuasse, ma il suo cervello aveva già inviato l’impulso nervoso ai muscoli del suo braccio destro, il quale si allungò per afferrare una bottiglia di birra.

“Non ci credo!” Hange si stupì come uno scienziato che fa una scoperta da Nobel.

Levi si stava per arrabbiare sul serio. “Ma se hai insistito tu!”

Tch. Da come parlava e da come si muoveva, poteva constatare che l’alcol stava già entrando in circolo nelle vene di Hange.

 

Era passata solo una decina di minuti, eppure vi erano già i primi studenti ridotti male, colpevoli di aver trangugiato chissà quale miscela di superalcolici scadente.

Patetici, fu il pensiero che attraversò la mentre di Levi, mentre timidamente poggiò la bocca all’estremità della bottiglia per bagnarsi le labbra di una piccolissima aliquota di birra. Guardò un’ultima volta le persone semi-svenute all’angolo della pista da ballo, e giurò tra sé che non si sarebbe mai ridotto in quel modo – mai più, quantomeno.

“Levi, Levi,” si sentì chiamare, e percepì un improvviso fastidio al suono di quella voce dal tono beffardo. “Che cosa stai facendo?”

Levi ebbe l’impulso di girarsi di scatto. I suoi occhi incontrarono repentinamente quelli azzurro-grigi di Zeke, nascosti dalla penombra della sala.

“Fatti gli affari tuoi, barbone.”

“Oh, ciao, Zeke!” salutò Hange.

Zeke si avvicinò loro con un bicchiere in mano dal quale fuoriusciva una cannuccia colorata. “Hange, mai dare da bere agli astemi” la rimbeccò.

“Non potevo lasciare che bevesse solo acqua per tutta la serata!”

“Sei una vera amica” proferì Zeke teatralmente.

Levi roteò gli occhi. Se Zeke contribuiva da solo a una buona parte di stress per i suoi nervi, vederlo interagire con la sua migliore amica lo irritava ancora di più. In molti aspetti erano simili, come quello del farsi cogliere da un’irrefrenabile parlantina nei momenti meno opportuni.

“Sai, c’è Pieck che ti cerca” disse Zeke, rivolgendosi alla ragazza.

Il volto di Hange si illuminò al sentire pronunciare il nome della propria cotta. “Davvero?!” esclamò, poi ridimensionò il suo entusiasmo. “Davvero?” ripeté con finto disinteresse.

“È laggiù, insieme a Annie, Porco e Marcel” Zeke indicò un gruppetto di ragazzi che conversavano seduti sui divanetti.

Hange guardò Levi con un’occhiata che sottintendeva una domanda: sicuro che posso lasciarti da solo?

Per quanto gli piacesse la compagnia dell’amica, Levi non voleva condannarla a passare l’intera serata con lui – si sarebbe messo in disparte e in tutta onestà non gli sarebbe dispiaciuto. Dunque, non appena Levi annuì, Hange congedò entrambi i ragazzi e si fiondò alla conquista di Pieck.

Zeke rise piano. “È davvero un personaggio.”

“Già.” Levi cercò di calmare la fastidiosa sensazione allo stomaco che lo colpiva ogni volta che si ritrovava solo con Zeke.

Lo sguardo di Zeke balzò da Hange in lontananza, a Levi, e infine alla bottiglia che teneva in mano. “Sarei davvero molto curioso di vederti su di giri, Levi” ammiccò.

“Sparisci dalla mia vista” sentenziò secco l’altro.

“Hey, Jaeger!”

Zeke si sentì chiamare da un suo amico, Reiner. “Torno dopo per farti un po’ di compagnia, mmh?”

“Chi te l’ha chiesto, esattamente?!”

Con i nervi a fior di pelle, Levi guardò Zeke allontanarsi per congiungersi con quel tale Reiner e un altro tizio molto alto. Appoggiò la schiena al muro e nella sua mente partirono delle riflessioni indesiderate.

Cos’erano di preciso, lui e Zeke?

Sarebbe stato facile se avesse potuto contestualizzare il loro rapporto soltanto a questa vita. Si incontravano per fare sesso, ogni tanto si trattenevano tra le coperte più del solito per chiacchierare e stuzzicarsi ancora – ma niente di più. Non erano amici, non uscivano insieme, e non erano di certo né i primi né gli ultimi studenti universitari che godevano reciprocamente l’uno del corpo dell’altro.

Ciò che rendeva le cose ancora più complicate – perché un rapporto di amore-e-odio come il loro dava già abbastanza da pensare – era il grande segreto che custodivano entrambi. Un segreto troppo grande, e troppo assurdo per poter essere credibile alle orecchie di Hange, Pieck o qualsiasi altra persona in questo universo: avevano vissuto un’altra vita, pregna di sofferenze, morti e guerre.

Erano gli unici a ricordarsi della loro vita passata, nonostante tutte le loro conoscenze avessero un ruolo pure nel precedente corso degli eventi. Vita passata che era stato proprio Levi a stroncare, con delle spade affilatissime, in cui Zeke si era praticamente offerto per lasciarsi uccidere – per salvare più persone di quante ne avesse assassinate.

Insomma, in tutti gli universi il loro destino sembrerebbe quello di instaurare un rapporto strano, ambiguo, di inimicizia – ma di profonda somiglianza e di comprensione reciproca, se solo si avesse il modo di indagare un po’ più a fondo.

La prima volta che i loro sguardi si erano incontrati, in questa vita, era stata proprio al campus di UniMarley. Per entrambi lo shock fu grandissimo; una specie di epifania joyceiana che aveva amplificato i ricordi della loro vita passata.

Le dinamiche del loro rapporto, anche stavolta, erano più o meno le stesse. Mutua antipatia, e nessuno dei due teneva la lingua a freno. Più cercavano di evitarsi e più capitavano situazioni in cui erano costretti a rivolgersi la parola; un po’ come dei magneti di poli opposti che, inevitabilmente, si attraggono. E l’attrazione era stata tale da farli cominciare, da circa sei mesi a quella parte, una relazione esclusivamente carnale in cui si concretizzavano tutte le loro dissomiglianze, ma si evidenziava la loro inusuale complementarità.

Circostanze diverse rendono le persone diverse, gli aveva detto Zeke una volta, tra una boccata di fumo e l’altra, durante una chiacchierata a letto post-amplesso.

Levi, quella volta, gli diede ragione. In un contesto più tranquillo, quale quello universitario, stavano cogliendo l’occasione di conoscersi meglio, o quantomeno, in una maniera che nella precedente vita non gli era stato concesso.

Vero era che Zeke rimaneva la solita spina nel fianco, un dottorino presuntuoso e saccente dall’umorismo discutibile. E a tal proposito, Levi si ritrovò a fissare Zeke mentre parlava con degli amici e li invitata a ballare.

Involontariamente, le sue dita si strinsero strettamente attorno alla bottiglia. In quel momento, Zeke era davvero bello. Lo osservò mentre si passava una mano tra i capelli biondi e lievemente riccioluti; stava ridendo, probabilmente dopo aver intrattenuto il suo pubblico grazie al suo incredibile carisma.

Levi si focalizzò sui lineamenti duri del suo viso, sugli occhiali scivolati un po’ in giù lungo il ponte nasale, sulla sua barba folta e curata. La camicia bianca appena sbottonata lasciava intravedere parte del suo petto, i jeans neri gli fasciavano perfettamente le cosce e per non parlare del suo– fermati, si ammonii.

Troppi pensieri stavano vorticando nella mente di Levi. Deglutì e abbassò lo sguardo sulla bottiglia, il cui colore verde gli sembrò scintillante come un prezioso smeraldo, e la tentazione di finire il suo contenuto era davvero forte.

Un sorso non mi farà male, si disse.

 

*

 

Un sorso divenne due, da due passò a tre e, in poco tempo, si ritrovò in mano con una bottiglia di vetro vuota.

Per uno che non aveva mai bevuto in vita sua, salvo gli spumanti per i brindisi e le rarissime volte in cui si era lasciato andare, una birra con il 9% di grado alcolico faceva il suo effetto.

“Leeeevi, stai raccogliendo il vetro per la raccolta differenziata? Ecco!” Hange, praticamente andata, porse le sue due bottiglie vuote a Levi, il quale non ebbe l’accortezza e i riflessi per opporsi e replicare.

“Tre?”

Levi si voltò bruscamente, provocandosi un capogiro. Ovviamente era Zeke, il quale doveva palesarsi sempre nei momenti meno opportuni.

Non avevano avuto modo di interagire granché quella serata e, anche se ammetterlo era doloroso quanto essere colpito da una lancia fulmine della sua precedente vita, gli dispiacque. D’altronde, che cosa si aspettava? Che lo scocciasse continuamente con le sue frasi da rimorchio da due soldi? Che lo trascinasse a ballare facendo strusciare i loro corpi? Che lo baciasse di fronte a tutti su uno dei divanetti?

Levi scacciò questi film mentali dai suoi pensieri. “Non sono tutte mie” precisò, conscio che Zeke non gli avrebbe mai creduto.

“Certo, certo.”

Levi poggiò alla rinfusa le bottiglie sul tavolo – l’ubriachezza sopperì perfino alla mania per il pulito e per l’ordine. “Tu non hai bevuto?”

“Sì ma io reggo magnificamente, a differenza tua” rispose Zeke con un sorriso sghembo.

Che Zeke non fosse minimamente influenzato da tutto l’alcol che aveva bevuto era una bugia, e fortunatamente Levi aveva ancora quel briciolo di lucidità per poterlo intuire. “Ah?! Non sono mica ubriaco.”

Il ghigno sul volto di Zeke si amplificò. “Sei davvero carino quando menti.”

“Sei tu che hai mentito per primo.”

Levi si voltò in cerca di Hange. Si preoccupò quando non la scorse né sui divanetti, né in giro per la sala – ora praticamente vuota rispetto all’inizio, data l’ora tarda e la quasi totalità degli studenti che era tornata ai propri alloggi.

“Se cerchi Hange, l’ho vista andare via con Pieck.”

“Oh”, fu tutto ciò che riuscì a dire Levi.

“Non sei contento per loro?”

“Sicuramente, ma avrebbe potuto avvisare.” Levi provò a incamminarsi e disse, “Forza, andiamo anche noi.”

Levi percepì un leggero formicolio alle gambe che gli impediva di camminare composto. Sobbalzò quando sentì una mano premere sul suo fianco, poi una stretta salda: era Zeke che lo stava sostenendo.

“Che stai facendo?”

“Ti riporto in stanza.”

Levi si scostò malamente dalla presa. “Non ho bisogno di aiuto.”

Percorse qualche altro passo, barcollante, salvo poi cadere nuovamente tra le braccia di Zeke.

Levi aveva poggiato la testa sul petto di Zeke e, tra l’alcol e il calore, esitò qualche secondo prima di staccarsi.

Zeke sentì le guance tingersi di rosso. In quella posizione, avrebbe tanto voluto stringerlo in un abbraccio, ma si trattenne. Sospirò. “Andiamo, dai.”

Levi non era messo così male, ma dovette arrendersi. Preferì essere aiutato anziché rischiare di collassare da qualche parte nella residenza universitaria; l’imbarazzo e la vergogna per essere sorretti e trasportati da Zeke era un problema da rimandare all’indomani mattina, se mai fosse uscito vivo da quella sbronza epocale.

“Me lo rinfaccerai a vita, questo” mormorò a un certo punto Levi, mentre percorrevano la loro strada.

“Nah” sfotté Zeke. “Siamo arrivati, comunque” aggiunse, fermandosi di fronte alla porta della stanza numero novantasei. Mollò la presa e Levi rizzò la schiena, sentendo le gambe cedevoli, ed ebbe l’istinto di portarsi una mano alla fronte per placare il giramento di testa.

“Il servizio taxi è stato abbastanza buono per un bacio della buonanotte?” ghignò Zeke, mentre aspettava che il corvino entrasse in camera.

“Sì,” rispose Levi, con sorpresa di entrambi. “Aspetta.”

Levi appoggiò la schiena alla porta e tirò Zeke per la camicia. I loro corpi si toccarono e i loro visi divennero rischiosamente vicini; il resto dell’edificio parve annullarsi, l’unico sottofondo impercettibilmente udibile era il loro battito cardiaco.

Non senza esitare, il corvino allungò la mano verso il volto di Zeke. Con il dito tracciò il profilo del suo naso, poi tastò le labbra con il polpastrello, e infine diede qualche carezza alla barba chiara con il dorso della mano. “È così soffice...” commentò affascinato.

“Mmh” fece Zeke, incerto su cosa dire o cosa fare.

Che cazzo sto facendo? È l’alcol. È sicuramente l’alcol, si costrinse a pensare, mentre si godeva l’espressione stupita di Zeke.

Zeke, solitamente, faceva davvero fatica a stare zitto; eppure, in quel momento, un timido mugolio d’assenso fu l’unico suono che riuscì a emettere.

L’alcol era responsabile, Levi ne era sicuro, anche per il suo cuore che aveva preso a galoppare furiosamente, per le guance e le punte delle orecchie che si stavano imporporando, per la voglia sempre crescente di baciare dolcemente il ragazzo che aveva di fronte.

Non lo fece; però, si limitò a dire, “Avevi ragione.”

Lo stupore di Zeke si tramutò in confusione. “Io ho sempre ragione” commentò con un sorrisetto, “Ma a cosa ti riferisci, nello specifico?”

“Quando ti ho ucciso...” precisò Levi e Zeke quasi perse un battito al rimando alla loro vita passata, “Avevi ragione. Mi sei mancato.”

“Levi...”

“Ma tu mi hai detto di non poter dire lo stesso, perciò...”

Il corvino aveva parlato senza freni. Non si aspettò di scorgere delle lacrime agli angoli degli occhi di Zeke: era il suo turno, adesso, di essere sorpreso.

È sicuramente l’alcol, pensò Levi – o l’effetto che aveva Zeke su di lui? O Entrambi?

Una lacrima solitaria rigò la guancia di Zeke, catturata poi dalla barba soffice. Levi non avrebbe mai pensato di vederlo così, commosso e vulnerabile, e per giunta per causa sua – ma tanto, è sicuramente l’alcol.

La distanza tra le loro bocche si azzerò totalmente, e si baciarono nella penombra dei corridoi. Zeke strinse ancora più a sé Levi, il quale fece scivolare le mani sulla schiena dell’altro ragazzo.

Entrambi percepirono un’insolita dolcezza nelle loro movenze, nel modo in cui i loro corpi erano incastrati e in cui le loro labbra si premevano le une sulle altre. Diverso era l’aggettivo giusto per descrivere quella situazione così singolare, eppure segretamente bramata da entrambi.

Il suono dei loro baci riempì l’androne vuoto, fino a quando Levi, in overdose da imbarazzo ed euforia, si staccò da Zeke spingendolo via delicatamente.

Zeke, rosso in viso e dal respiro non ancora del tutto regolarizzato, si schiarì la gola. “Bene, ahm... hai le chiavi?”

“Sì, sì.” Levi rovistò tra le tasche dei suoi pantaloni, estrasse una chiave metallica che tentò di inserire nella serratura.

Zeke si offrì per aiutarlo ma, dopo svariati tentativi, Levi riuscì ad aprire finalmente la porta, facendo rimanere integro quel poco orgoglio che gli era rimasto.

Levi si girò nuovamente dalla parte di Zeke, dando vita a un ultimo e intenso scambio di sguardi.

“Allora... buonanotte?” disse Levi, “E grazie” aggiunse, prima di sparire nel buio della camera.

“Grazie a te. Buonanotte” rispose Zeke.

 

Seguirono attimi di confusione in cui Zeke rimase a fissare la porta della stanza. Furono tanti e intricati i pensieri che vorticarono nella mente di Zeke dopo quel bacio – ma uno in particolare attraversò le menti di entrambi.

Farai meglio a ricordarti di tutto questo, domani.

 

*

 

NOTE FINALI. E anche il Day 5 è andato! L’idea del “Mi sei mancato” l’ho presa da un tweet che non trovo più, purtroppo.
Non potevo non ispirarmi alla Reincarnation!AU Zevi per eccellenza, quella di Nadine (@dreamxxdream90 su Twitter; riferimento anche per le dinamiche Zevi in generale), che consiglio a tutti di leggere perché è magnificamente disegnata e scritta.
Come al solito, sono aperta qualsiasi commento e critica costruttiva e, se volete, mi trovate su Twitter.
Con questa OS finiscono le fic che avevo preparato per la Zevi Week, ma mi piacerebbe, in futuro, fillare anche gli altri 4 prompt rimanenti.
Alla prossima.
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti / Vai alla pagina dell'autore: swimmer5