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Autore: Harira    03/09/2009    0 recensioni
Si avvicina il 3 giugno, data del compleanno di Momo Hinamori. Nella Soul Society si sta organizzando una festa speciale per la ragazza alla quale tutti saranno bene o male costretti o ansiosi di partecipare. Cosa succederà? Riusciranno quegli allegri buontemponi dei Capitani e dei Tenenti a risollevare la nostra Momo dalla sua famosa crisi?
Genere: Romantico, Commedia, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un pò tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Limitless undying Love which shines around me like a
million suns, and calls me on and on
Across the universe

Hinamori era troppo stanca anche solo per fare un altro singolo passo, eppure doveva continuare a camminare, ancora e ancora, se voleva raggiungere un minimo di pace.
Quel pomeriggio, seduta sotto un ampio faggio, meditava sulle proprie disavventure e sul tradimento di Aizen quando aveva sentito due ragazze parlare tra di loro.
Sembravano parecchio scosse, come se un fatto davvero orribile fosse appena accaduto ad una di loro.
-Dopo cinque anni, capisci? Non pensavo che potesse tradirmi in questo modo! Avevo riposto tutta quanta la fiducia che avevo in lui, lo sai, era la mia vita- diceva quella più sconvolta piangendo dietro ad un fazzoletto.
Momo si sentì immediatamente solidale nei confronti della ragazza e desiderò di poter essere corporea per poterla abbracciare e dirle che sapeva quello che stava provando, che anche lei aveva affidato la sua intera anima ad una persona che l’aveva gettata via, proprio come sarebbe capitato al fazzoletto nel quale la giovane si stava soffiando il naso rumorosamente.
Anche lei avrebbe avuto bisogno di qualcuno che la consolasse, qualcuno di cui potersi fidare di nuovo. Il problema era che, dopo essere stati traditi così, dopo lo sgomento e l’incredulità iniziale, non potendo più negare che era successo davvero, che il suo Aizen Taicho non era mai stato la persona formidabile che lei aveva creduto, quel geniale angelo alla quale la piccola Momo si era affidata, dopo tutto questo come poteva fidarsi di nuovo di qualcuno?
E soprattutto, come potevano gli altri desiderare di passare del tempo con lei? Persino i suoi stessi sottoposti, alla Soul Society, la nominavano “strana” e “impazzita”, come se il suo dolore per loro fosse niente di più meccanico di una malattia mentale.
Anche i suoi amici, quelli che avevano frequentato l’accademia assieme a lei, le erano rimasti distanti da quando Aizen se ne era andato, come se temessero che Sosuke l’avesse contagiata con la sua malignità, rendendola un virus pericolosamente infetto.
Si sentiva sola, Momo, abbandonata come mai lo era stata prima.
Osservando quelle due ragazze assieme, tuttavia, si era resa conto che forse per lei non tutto era perduto. Che era stata talmente scossa dall’apparente abbandono dei suoi amici da non rendersi conto di quanto fosse stata sciocca lei stessa ad abbandonarli una volta per tutte, voltando loro le spalle, tradendo la fiducia di Toshiro, più che di ogni altro.
Per questo, vergognandosi a morte per l’essere stata debole e codarda, per essere fuggita, Momo aveva deciso di tornare.
Tornare e chiedere perdono.



Hitsugaya cominciava ad essere esausto di quella ricerca. Un altro giorno era passato e di Momo nemmeno l’ombra. Byakuya non aveva potuto percepire la reiatsu della ragazza e si era talmente infastidito per questo ostacolo alle sue innate capacità che aveva ritenuto necessario rimproverare Renji per una buona mezz’ora senza che il Tenente, per una volta, avesse fatto nulla di male.
Ichigo e Rukia si evitavano accuratamente e, ad ore pasti, trafugavano del riso dalla cucina per poi rinchiudersi da qualche parte a mangiarlo, ognuno per conto suo.
Matsumoto era tornata nella Soul Society a fare rapporto, descrivendo che Momo era certamente nel Mondo Materiale ma che ancora non si era riusciti a recuperarla.
Verso sera, inoltre, una pioggia intensa e pesante aveva cominciato a cadere, rendendo l’aria umida e il cielo di un denso grigio scuro, coprendo le stelle, altra cosa che aveva innervosito Byakuya.
A Toshiro, esausto, non era rimasto che accucciarsi in un angolino con un libro aperto davanti alle gambe incrociate, libro che non solo non aveva voglia di leggere, ma che non gli interessava affatto se non come utile schermo per il viso quando qualcuno passava per qualche motivo nella stanza.
-Hitsugaya Taicho- scandì tranquillamente Byakuya, trattenendo il nervosismo all’interno della gabbia toracica.
-Kuchiki Taicho?- replicò Toshiro, privo di interesse.
Byakuya sospirò leggermente, come se non volesse disturbare liberandosi dell’energia negativa che aveva accumulato all’interno del suo esile corpo candido.
-La reiatsu di Hinamori Momo è chiaramente percepibile per i miei sensi, ora.- comunicò senza lasciar trapelare alcuna emozione.
Hitsugaya, immediatamente, gettò il libro a terra, scattò in piedi e si mise in ascolto. Non sentiva nulla.
Byakuya alzò un sopracciglio.
-Si trova a circa 15 kilometri da noi, dall’altra parte della città. Si sta muovendo velocemente nella nostra direzione, in ogni caso.-
Sembrava soddisfatto di essere l’unico di riuscire a percepirla, nonostante Hitsugaya fosse un piccolo genio. Evidentemente era ancora troppo piccolo per affinare le arti più sottili.
Ad ogni modo, mentre Byakuya rifletteva sulla sua superiorità chiedendosi se e quando il piccolo Capitano lo avrebbe superato, questi era già fuori di corsa nella pioggia.
Girati due angoli, anche Toshiro avvertì la leggera traccia della reiatsu di Momo, come profumo di una torta appena fatta, come odore d’anguria nel caldo dell’estate. La pioggia, grazie al cielo, stava diminuendo, anche se oramai il piccolo Capitano era bagnato dalla testa ai piedi.
Avrebbe fatto il bagno più tardi, l’importante era soltanto ritrovare la sua Momo.

Svoltato l’ennesimo angolo, tuffatosi nell’ennesimo quartiere di quella Karakura che sembrava essersi fatta immensa attorno a lui, finalmente Hitsugaya si trovò a fissare la delicata figura di Hinamori, la sua amica d’infazia, il tesoro che la complicata roulette della vita gli aveva dato da proteggere.
Momo lo fissò e fu chiaro per entrambi che erano talmente felici di rivedersi da non riuscire nemmeno a sorridersi. I visi immobilizzati a fissarsi l’un l’altro, in un’espressione di sciocca sorpresa, semplice, ingenua.
Ad un tratto, la pioggia cessò di colpo, come se qualcuno avesse chiuso un rubinetto. Il cielo si spalancò come una finestra in un giorno ventoso e delle rosse pennelate di tramonto colorarono la scena.
Toshiro e Momo si fissarono ancora, senza sapere cosa dire.
Improvvisamente, dopo tanto riflettere su come trovarsi, si resero conto che qualunque cosa da dire sembrava svanita, come la pioggia di poco prima.
  
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