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Autore: Sai Sama    03/09/2009    2 recensioni
Questa fic ha partecipato al concorso: "Il momento della verità" indetto dal forum Collection Of Starlight, nel quale è arrivata seconda, in cui si doveva narrare il momento in cui uno dei personaggi in possesso di doti magiche veniva scoperto. Io ho scelto due personaggi che amo molto, Uther e Morgana. Questa è la mia personale versione dei fatti, se Uther scoprisse mai Morgana, spero vi piaccia. E lasciate un commento mi raccomando!
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Morgana, Uther
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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PROMESSE E PREGIUDIZI

Promesse

 

Nei lunghi giorni d’inverno c’era ben poco da fare a Camelot, non si poteva neanche uscire per prendere un po’ d’aria, perché la neve era troppo alta.

Quindi alcune attività di solito ignorate da Morgana ora le erano impossibili da evitare.

Una di queste attività era filare, Morgana aveva sempre odiato filare, preferiva di gran lunga cardare la lana, o rammendare, filare la portava in uno stato quasi di trans, mentre la ruota girava e girava e la sua mente si perdeva per sentieri contorti e pericolosi da percorrere.

Lungo questi sentieri era facile perdersi e farsi prendere da una visione, uno di quei sogni che ormai sempre più spesso l’assalivano, ed avevano il brutto vizio di dimostrarsi veritieri.

Per questo Morgana non filava mai, soprattutto non in compagnia di altre donne, a meno che non fosse Gwen, lei sapeva del suo dono, ma le era troppo legata per tradirla.

Ma quel preciso giorno la lana da cardare era finita e non c’era più nulla da rammendare, senza contare che nessuna delle dame era al castello.

Elaine era nella terra di suo padre, dalla madre, poiché stava per mettere al mondo il suo primo figlio, Cornelia era andata a far visita alla sorella badessa, e anche le altre, data la vicinanza a Natale, avevano intrapreso il viaggio verso le loro dimore familiari, per passare la festività insieme.

Solo due delle più anziane dame di corte, che erano state dame di compagnia della regina Ygraine, erano rimaste al castello, ma a quell’ora sarebbero certamente state nelle loro camere a dormire, il sole era tramontato.

Per cui, con un gran sospiro, si avvicinò alla macchina per filare, sedendosi e prendendo tra le mani il filo, lasciato lì da una precedente sessione, e premette il pedale che azionava la ruota.

Il filo cominciò a scorrerle tra le mani speditamente, mentre lei cercava inutilmente di mantenere la mente concentrata, lontano dai seducenti sogni che la chiamavano.

Ma a niente valse tutta la sua volontà, il moto circolare e continuo della ruota e il calore del fuoco scoppiettante accanto a lei la guidarono ben presto in una visione.

 

 

Era buio, lei era un uccello, o comunque un animale in grado di volare, perché vedeva la scena dall’alto.

Stava sorvolando la foresta, quando, all’improvviso, vide delle luci e sentì delle grida provenire dal basso.

In rapidi cerchi concentrici si abbassò sulla piccola radura che le si aprì davanti.

All’interno del piccolo cerchio di territorio privo di alberi  e illuminato dalle torce c’era uno sparuto gruppo di uomini armati, che si battevano con dei mostri che parevano usciti dall’inferno tanto erano ributtanti e spaventosi.

Febbrilmente cercò Artù e Merlino, che sapeva essere usciti a caccia proprio quel giorno.

Alla fine li trovò, spalla a spalla, con due mostri che li impegnavano.

Artù era coperto di una schifezza scura, dall’odore disgustoso, e lei vedeva del sangue scendergli da un taglio sul sopracciglio, ma non le pareva che fosse ferito gravemente.

Più preoccupante era Merlino, che teneva il braccio destro contro il petto, come se fosse ferito, o peggio, rotto.

Lanciò un urlo, muto per i combattenti, quando vide uno dei mostri partire all’attacco, cercando di ferire Artù con i lunghi artigli.

Il principe però era preparato, schivò gli artigli e andò all’attacco, affondando la spada in uno degli occhi della bestia, che si tirò indietro con un urlo agghiacciante.

Merlino non ebbe altrettanta fortuna, il mostro che lo stava attaccando gli diede una spinta molto forte, mandandolo dietro la cortina di cespugli e di alberi che copriva il confine della radura.

La bestia si avventò sul punto in cui era scomparso Merlino, ma poco dopo una specie di saetta luminosa lo buttò a terra, uccidendolo.

Altre saette fecero fuori le restanti bestie, permettendo così ai soldati di riprendere fiato e di organizzarsi per tornare velocemente al castello, perché non potevano fare altro a quel punto, con la neve alta e per di più al buio.

Artù urlò un paio di ordini e si allontanò in cerca di Merlino, trovandolo qualche minuto dopo, sdraiato nella neve, con una ferita alla spalla e il braccio già rotto girato in un’angolazione innaturale.

Lo trascinò fino al centro della radura, dove i soldati avevano preparato una specie di barella per trasportarlo.

In quel momento la visione cominciò a svanire lentamente, mentre la sua vista si concentrava sulla neve insanguinata…

 

-M…ra…-

La voce le giungeva da molto molto lontano, così come le mani che la scuotevano.

-La neve…-

Gemette Morgana, dondolandosi avanti indietro, gli occhi spalancati che non avevano ancora messo a fuoco dove si trovasse.

-La neve era piena di sangue!-

Singhiozzò ancora la ragazza nell’abbraccio di Gwen, che stava tentando di riportarla indietro.

-Shhhh, mia signora è tutto passato, siete a casa, va tutto bene.-

Mormorò l’ancella lasciando che i singhiozzi piano piano si calmassero, mentre Morgana tornava in se.

-Grazie Gwen.-

Disse Morgana sciogliendo lentamente l’abbraccio e asciugandosi gli occhi con una manica della veste.

-Vai nelle cucine, di che preparino vino caldo e del brodo, i soldati stanno tornando e avranno bisogno di mangiare e…bere per dimenticare. Io andrò ad avvertire Gaius, perché in molti sono feriti.-

Gwen alzò un sopracciglio, ma da tempo aveva imparato a non fare troppe domande, così si alzò e si avviò speditamente verso le cucine.

Morgana si alzò a sua volta, lanciando uno sguardo di odio alla macchina per filare, prima di scendere lungo le scale fiocamente illuminate, in direzione di Gaius.

Non sapeva, però, che un paio di freddi occhi azzurri avevano osservato tutto

 Riconoscendo sin dall’inizio i segni della visione, avendoli visti più volte sul viso della moglie, era rimasto nell’ombra, dietro ad una porta, per osservare la figlia adottiva, legata a lui da una promessa fatta ad un suo grande amico, praticare quella magia che lui aveva vietato.

 

 

 

 

 

Uther  si diresse come una furia nelle sue stanze, completamente sconvolto.

Lui aveva VIETATO la magia, e quella che era la padrona di casa, quella che avrebbe dovuto dare l’esempio a tutte quelle donna del popolo che ancora seguivano l’antica dea e praticavano le magie era quella che ne faceva uso.

Un membro della sua famiglia!

Decisamente era proprio il caso di dire che si era allevato una serpe in seno.

Era gravissimo!

Ancora più grave era il fatto che l’ancella ne fosse al corrente e non glielo avesse detto, e che ne fosse al corrente anche Gaius, visto che non provava nessuna difficoltà a crederle sulla parola.

Anche se Gaius era sempre stato un discorso a parte…

Lui apparteneva ad un mondo precedente, un mondo diverso, nel quale per qualche tempo aveva vissuto anche lui.

Prese a passeggiare per la sua stanza nervosamente, come un animale chiuso in gabbia, mentre cercava di trovare una soluzione a quel problema.

Uther non era un uomo cattivo, né aveva odiato da sempre la magia, non avrebbe potuto farlo, sua moglie la praticava, il suo sangue era quello del vecchio popolo, e la sua gente apparteneva ai druidi e ai falò di Beltaine.

Ed era stato grazie alla magia che l’aveva avuta, ed era merito della magia se Artù, il suo amato figlio, era vivo ora.

Solo che non sempre la magia funziona come si vuole, ha il suo corso, e nessuno ne può prevedere i risultati.

Grazie a quell’incantesimo Ygraine aveva concepito, certo, ma il suo corpo non era stato abbastanza forte da sopportare il parto, e lei era morta.

Uther dava colpa di questo alla magia, a quei druidi e a quelle sacerdotesse che, con tutta la loro magia, non erano riusciti a salvarla.

Per questo ora lui dava loro la caccia, e odiava qualsiasi cosa fosse anche lontanamente magica, per vendetta, perché se l’amore della sua vita, la compagna della sua anima era morta era solo colpa loro.

Avrebbe dovuto condannare Morgana ad una punizione esemplare, per esempio la condanna a morte, o la prigionia a vita, così da dare un esempio a tutti: lui non faceva favoritismi, neanche per la sua stessa famiglia.

D’altro canto c’era la promessa…

La promessa fatta in punto di morte al padre della ragazza.

Aveva giurato di occuparsi di lei, di proteggerla da ogni male, di trattarla come sua figlia e di farne una donna rispettabile.

Come avrebbe potuto adempiere alla promessa se l’avesse punita?

Era un dilemma difficile da risolvere, ma Uther Pendragon, ancora prima di odiare la magia era un uomo d’onore, mai e poi mai avrebbe mancato alla parola data, soprattutto se l’aveva data al più caro dei suoi amici.

Ma forse…un modo c’era per punirla e allo stesso tempo adempiere alla promessa…

 

 

 

 

 

 

 

Morgana si diresse nelle stanze del re solo la mattina dopo, aveva passato quasi tutta la notte ad assistere Gaius con i malati.

Mentre un’ancella le allungava un panno umido e delle forcine per sistemarsi almeno un po’, Morgana si chiese con apprensione per quale motivo Uther la volesse vedere, quasi mai da quell’uomo tanto austero venivano buone notizie.

Quando ebbe assunto un’aria almeno decente la ragazza fece il suo ingresso nelle camere del re, dove Uther l’aspettava già perfettamente vestito, nonostante l’ora.

-Morgana, siediti, dobbiamo parlare.-

Disse l’uomo indicandole una sedia con delle pellicce appoggiate sopra a mo di cuscino.

Sempre cauta Morgana si sedette, raccogliendo la gonna intorno alle gambe.

-Perché mi volevate vedere?-

Domandò inclinando la testa da un lato.

L’uomo invece di rispondere alla sua domanda gliene pose un’altra.

-Quanti anni hai Morgana?-

Le domandò infatti, sedendosi a sua volta.

-Quasi 19 Uther, ma perché questa domanda? Non vi siete mai interessato alla mia età.-

Ribattè Morgana, sempre più confusa.

-Bene, credo che per te sia giunta l’ora di sposarti. Ho ricevuto molte proposte, e sono molto ben disposto verso il duca Marco di Cornovaglia, sarà un ottimo marito per te.-

Annunciò Uther, con un sorriso che sembrava sbagliato sul suo viso.

D’altro canto Morgana era del tutto esterrefatta e confusa, non riusciva a comprendere il perché di tale decisione e nemmeno perché l’avesse presa proprio ora.

-C-cosa?-

Fu l’unica cosa che riuscì a mormorare.

-Ho detto che ti sposerai con il duca Marco di Cornovaglia. Certo, non è più giovane, ma è un valoroso cavaliere e sono sicuro che sarà un ottimo marito per te. Ovviamente prima di andare in sposa a Marco passerai qualche tempo in convento lontano da…cattive influenze.-

Concluse, con quel tono di voce che impediva ogni minima opposizione.

Ma Morgana non poteva farsi intimidire, era del suo futuro che si parlava.

-No, Uther! Voi non siete mio padre, non potete ordinarmi di-

Fu interrotta dal re che si girò di scatto e le afferrò la gola con una mano, negli occhi uno sguardo gelido.

-Tu farai come ti ho detto Morgana, e ringrazia che non ti abbia condannata a morte!-

Sibilò vicino al suo viso, notando lo sguardo di confusione e i primi cenni di consapevolezza, mista a paura che si nascondevano nei suoi occhi.

-Si Morgana, so. Se non fosse per tuo padre e la promessa che mi fece fare in punto di morte, e se tu fossi mia figlia ora non saresti qui.-

Le lacrime ora scorrevano libere sul volto di Morgana, mentre la mano del re si allontanava, per tornare, chiusa a pugno, lungo il fianco dell’uomo.

-Ho già ordinato alla servitù di fare i bagagli, partirai domani per il convento in Cornovaglia, così sarai vicina al tuo futuro sposo.-

La ragazza scosse inutilmente la testa, aggrappandosi alla manica del vestito del re.

-Ma..-

Provò, ma prima che potesse dire altro il re la interruppe.

-Non c’è nessun ma, vattene ora, e non ti far vedere da me prima della tua partenza o potrei cambiare idea.-

Morgana lo lasciò stare e corse via, lontano da quell’uomo che tanto facilmente, per una colpa non sua, la stava punendo tanto crudelmente.

Ovviamente questo dipende dai punti di vista.

Dal canto suo Uther pensava di essere stato troppo generoso a “proporle” quell’accordo, forse la prigione a vita non era poi una cattiva idea.

Dannazione alle promesse e al suo orgoglio!

 

 

   
 
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