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Autore: GiuliaOngaku    24/12/2021    2 recensioni
- Devo metterti questa - esordì Yūri sulla soglia di casa. Victor puntò gli occhi azzurri e stupiti prima sulla fascia nera che il suo fidanzato teneva tra le mani, poi sul musino incuriosito di Makkachin, infine direttamente sulle iridi nere di Yūri. Sorrise accattivante, mentre con un indice si sfiorò il labbro inferiore: - Wow, Yūri. Ogni giorno mi mostri un lato di te nuovo, pronto per essere esplorato. Sono contento che quella volta con la benda sugli occhi ti sia piaciuta tanto da voler provare a farlo anche a—
- Ma cosa hai capito?! - sbraitò Yūri tappandogli la bocca, rosso fino alla punta delle orecchie - Devi metterla prima di uscire di casa.
Victor alzò le sopracciglia fini e argentee: aveva l’impressione che quel 25 dicembre se lo sarebbe ricordato per sempre.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Otabek Altin, Victor Nikiforov, Yuri Plisetsky, Yuuri Katsuki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutt*! Di solito non scrivo storie con ambientazione natalizia, ma stavolta ho fatto uno strappo alla regola per fare un regalo a una mia carissima amica, accorpando tre brevi racconti di tre universi differenti, ma che includono tanto di noi. Questo è il primo dei tre, se avete voglia date un'occhiata anche agli altri, hanno lo stesso titolo! XD
Buona lettura e buon Natale!! 


 

Buon Natale!


 

- Aaah… - gemette disperato Yūri Katsuki, nella sua figura afflosciata sulla panchina a bordo pista, inarcato come una foglia secca nel vento d’autunno - E adesso come faccio?!

Yūko lo guardò mettersi le mani nei capelli: sembrava sul punto di scoppiare a piangere.

- E dai, Yūri! Vedrai che ti verrà qualcosa in mente. In fondo ciò che conta è il pensiero, no? - lo consolò poggiandogli la piccola mano sulla spalla.

- No, non basta il pensiero! - sbottò Yūri ancora più demoralizzato - Voglio fargli qualcosa di significativo, qualcosa che lo renda felice!

Le parole uscivano a raffica dalle labbra curvate all’ingiù, ma il suo volto espresse tutto l’amore che provava per quella persona.

- Mancano solo quattro giorni! Non riuscirò mai a trovare un regalo in tempo. Ah, ma perché ho esitato così tanto? Sono un disastro…

Yūko sospirò. A volte era difficile anche per lei infondere un po’ di ottimismo nel suo amico d’infanzia.

- Che cosa piace a Victor? - chiese. Yūri non ebbe bisogno di molto tempo per pensarci: iniziò a fare la lunga lista di ciò che apprezzava, tutte cose che lui aveva imparato nei mesi in cui avevano vissuto insieme: gli indumenti raffinati, i dolci, il katsudon, lo champagne, il mare, i cani. Yūri si bloccò, prima di iniziare a elencare anche i suoi gusti a sfondo sessuale.

- Ho già pensato a queste cose, ma non c’è niente che mi sembri adatto. Mi sono già giocato la possibilità degli anelli in coppia, l’anno scorso…

Yūko sorrise sotto i baffi all’espressione “anelli in coppia”: lui non li chiamava mai “anelli di fidanzamento”, un po’ per l’imbarazzo, un po’ per il suo senso di umiltà e discrezione con il quale frenava ogni dimostrazione spavalda di sentimenti di fronte a chi non si chiamava Victor Nikiforov.

- Perché non provi a chiedere al suo ex allenatore o a Yurio? Magari loro potrebbero darti qualche consiglio… - propose poi, non sapendo più che pesci prendere.

- Anche se dubito che loro sappiano meglio di te cosa piace al tuo fidanzato! - concluse con un mezzo sorriso. Yūri la guardò meravigliato e l’attimo seguente aveva già il cellulare in mano. Digitò qualcosa e, con il tic nervoso alla gamba, aspettò che qualcuno rispondesse a qualche migliaio di chilometri di distanza.

- Che cazzo vuoi, porcello?! Sono impegnato!

Yūri fu travolto dalla foga della voce di Yurio e quasi si dimenticò del perché aveva chiamato.

- Ah, ciao. Volevo chiederti una cosa… - esordì, stringendosi nelle spalle come se il diminuire lo spazio occupato nel mondo lo aiutasse a ottenere un buon consiglio da Yuri Plisetsky.

- Dimmi, basta che ti sbrighi. E stai un po’ fermo, tu!

Nell’ultima frase Yuri avvertì distintamente un sorriso giocoso, accompagnato dal suono di un fruscio. Divenne rosso fino alle orecchie e si sbrigò a parlare per chiudere la telefonata il prima possibile. Altin Otabek era un tipo calmo ed educato, ma lui sapeva che quando si trattava di Yurio era capace di dimostrare la proprio impazienza.

- Stavo pensando a cosa regalare a Victor per il suo compleanno e… non ho nessuna idea - ammise affondando la punta dell’indice sul ponte degli occhiali.

- E lo chiedi a me?! Se o non sei il suo fidanzatino? - sbottò lo Yuri russo e adolescente. Lo Yūri giapponese invece arrossì di nuovo, stavolta perché si sentiva chiamato in causa.

- Beh… conosco Victor, ma magari tu potresti suggerirmi qualcosa.

Yūri ascoltò il sospiro d’impazienza dell’altro: - Senti, non so che dirti. Io gli ho comprato un paio di guanti neri in pelle, quindi non copiarmi l’idea. Però… che ne so, potresti trovare qualcosa da abbinarci. Ti saluto.

Yūri rifletté un secondo sulle parole del ragazzo, con il segnale di fine chiamata nell’orecchio. Yūko l’osservò incuriosita.

- Tipo una sciarpa…? - domandò tra sé e sé Katsuki.

- Una sciarpa? - fece eco Yūko. Yūri la guardò con un’espressione che diceva solo “non mi convince affatto”.

- Un cappotto…? - provò di nuovo a suggerire. Poi proruppe: - Ma no, non è questo il tipo di regalo che voglio fargli!

Allora digitò qualcos’altro sullo schermo del cellulare: Yakov era la sua ultima speranza.

- Pront—

- Signor Yakov, salve, sono Yūri Katsuki.

- Oh, Yūri! Dimmi, è successo qualcosa? - chiese il vecchio.

- No, niente di serio… cioè, in realtà sì… insomma, volevo chiederle se lei sa cosa vorrebbe ricevere Victor per il compleanno.

Yūri si morse un labbro: era stato fin troppo diretto, Yakov non avrebbe mai saputo cosa rispondere. L’uomo rimase per qualche istante in silenzio, intuendo la situazione e il cruccio del giovane giapponese.

- Beh, non lo so. Ma se vuoi fare contento Vitya, l’unica risposta è il pattinaggio - disse con totale naturalezza.

Dopo una lunga pausa, Yūri rispose: - Grazie, signor Yakov. Arrivederci.

Yūko stavolta guardò l’amico con maggiore curiosità.

- Allora? Che ha detto?

- Ha detto che gli piace il pattinaggio - rispose Yūri con voce mesta.

- Grazie al cavolo! - esclamò la ragazza sbigottita, ma quando Yūri si volse, lei vide stampato sul suo volto un sorriso gioioso. Aveva avuto un’illuminazione.

- Ma certo, il pattinaggio!

Si alzò in fretta e furia e, prendendo le proprie cose, corse verso l’uscita.

- Grazie del consiglio! - urlò a Yūko.

Lei stette lì immobile senza capire cosa diavolo stava succedendo ed ebbe solo il tempo di gridare di rimando: - Poi in chat dimmi a cosa hai pensato! Ma guarda te. A volte sa essere più lunatico di Victor.

 

Yūri non aveva molto tempo. Anzi, correndo verso casa si rese conto che il suo progetto sarebbe potuto andare in fumo ancor prima di metterlo in pratica. Una serie di fattori era determinante al suo successo. Poteva contare solo sulla benevolenza di quell’uomo e forse in gran parte sul denaro che gli avrebbe offerto. In ogni caso, doveva riuscire a preparare tutto entro due giorni, perché Victor sarebbe presto tornato dalla Russia. Era partito da una settimana per salutare i genitori e i conoscenti più stretti prima di Natale, che avrebbe passato nella loro nuova casa a Hasetsu, vicino alle terme della famiglia Katsuki.

“Speriamo che vada tutto bene e che riesca a organizzarlo!” pregò Yūri liberando nel passo accelerato nuvole di vapore. Rischiò più volte di scivolare sulla strada ghiacciata, come se tutti gli anni passati sulla pista di pattinaggio non fossero stati che un sogno, ma aveva la testa talmente occupata di pensieri che non aveva la lucidità per fare attenzione al movimento delle gambe. Yūri, nel freddo invernale di Hasetsu, sorrideva. Sì, era sicuro che quello sarebbe stato un bel regalo di compleanno per Victor, per il suo Victor.

 

*

 

- Devo metterti questa - esordì Yūri sulla soglia di casa. Victor puntò gli occhi azzurri e stupiti prima sulla fascia nera che il suo fidanzato teneva tra le mani, poi sul musino incuriosito di Makkachin, infine direttamente sulle iridi nere di Yūri. Sorrise accattivante, mentre con un indice si sfiorò il labbro inferiore: - Wow, Yūri. Ogni giorno mi mostri un lato di te nuovo, pronto per essere esplorato. Sono contento che quella volta con la benda sugli occhi ti sia piaciuta tanto da voler provare a farlo anche a—

- Ma cosa hai capito?! - sbraitò Yūri tappandogli la bocca, rosso fino alla punta delle orecchie - Devi metterla prima di uscire di casa.

Victor alzò le sopracciglia fini e argentee: aveva l’impressione che quel 25 dicembre se lo sarebbe ricordato per sempre. Si voltò e piegò un poco le ginocchia per permettere a Yūri di bendargli gli occhi, riflettendo sul fatto che era sempre pronto a sorprenderlo. Chi non lo conosceva, probabilmente avrebbe pensato che era un ragazzo insicuro e per questo monotono, noioso. Invece dentro Yūri vi era un mondo a parte, ricco, affascinante, intenso. Il centro del suo mondo era la pista di pattinaggio, sulla quale lui diventava arte e musica. Subito dopo, sfilavano una schiera di ciotole di katsudon.

- Bene, possiamo andare - esclamò Yūri una volta stretti i lembi della fascia - Non vedi niente, vero?

- Ahimè, no, non vedo niente… neanche te, anata! - disse in tono lamentoso e infantile il russo.

- Porta pazienza, non ci vorrà molto - gli fece sapere Yūri prendendolo per mano, con il solito tono, severo ma non troppo, che riservava ai capricci del Principe Victor. In quei casi gli parlava come fa un genitore al proprio figlio di sei anni, con la differenza che lui non maturava affatto.

 

Il “non ci vorrà molto” di Yūri si trasformò in mezzora, durante la quale Victor chiese in trepidante attesa almeno cinque volte se erano prossimi alla misteriosa meta. Yūri, che già guidava in difficoltà per trovare la strada giusta, alla quinta richiesta, replicò: - Menomale che siamo arrivati, guarda, altrimenti ti avrei lasciato in mezzo alla strada con ancora la benda sugli occhi!

Victor rise sotto i baffi impegnandosi a non darlo a vedere: spesso lo innervosiva apposta, perché di Yūri amava anche il suo lato stizzoso e suscettibile. Victor amava ogni angolo del suo corpo così come ogni sfumatura disparata del suo carattere.

Yūri aiutò gentilmente il compagno a uscire dall’auto, non prima di aver messo il guinzaglio a Makkachin e preso qualcosa dal portabagagli. Questo dettaglio non sfuggì al russo, ma non lo aiutò a capire dove fossero. Appena uscito all’aria aperta, sentì il gelo incrociare il proprio viso, e in fretta lo nascose maggiormente dietro la sciarpa blu notte.

- Vieni, per di qua - lo invitò il compagno. Victor sorrise alla voce ridente e un po’ concitata, pensando ancora alla sorpresa che gli aveva organizzato. Chissà se si trattava di qualcosa da vedere, magari un paesaggio, o se le bende servivano solo a non fargli capire dove fossero diretti. Però quel luogo era stato difficile da raggiungere anche per Yūri, quindi era improbabile che ci fosse già stato con lui. Chissà se aveva preparato un party di compleanno in un luogo speciale. Victor era un animale da festa e avrebbe accettato di buon grado qualunque tipo di festeggiamento, ma sperava che il regalo di Yūri fosse qualcosa da sperimentare in due, nella più completa intimità.

Fecero una breve camminata mano nella mano, Yūri con il guinzaglio nella destra, su un terreno pianeggiate ma sterrato. Più si allontanavano dall’auto parcheggiata, più i rumori della natura si facevano chiari e vividi. Poteva udire il cinguettio degli uccellini sugli alberi, il rumore delle scarpe sulla ghiaia, ma c’era dell’altro: acqua. Era un parco, o un piccolo bosco, ragionò Victor, mormorando: - Ma dove mi stai portando?

Yūri sorrise, serrò le dita guantate intorno alla mano dell’altro e, vago, disse: - Ora vedrai, siamo quasi arrivati.

Poco dopo, Yūri si fermò, dando il segnale a Victor di fare altrettanto. Aveva il cuore che batteva all’impazzata, tanto che gli unici suoni a cui riusciva a dare ascolto erano le zampe di Makkachin sul terreno, i passi leggeri di Yūri e il fruscio del suo piumino. Lo ascoltò mentre si posizionava dietro di lui per afferrare con delicatezza i lembi della fascia sulla nuca. Dal respiro accelerato di Makkachin capì che era eccitato e impaziente di godersi il luogo. Appena anche le palpebre furono esposte al freddo invernale, sentì Yūri pronunciare in tono amabile: - Apri gli occhi, Victor.

Victor dischiuse le palpebre, lentamente. Prima di poter vedere ciò che si stagliava di fronte a lui, dovette riabituarsi un poco alla luce del sole, seppur tenue, di dicembre. Ma fu un attimo. Subito scorse i tronchi di betulle e ginkgo biloba su cui ondeggiava qualche foglia gialla superstite. Vide il verde tenue del prato scosceso che scendeva verso un fiume calmo eppure vivo, gli alberi che si stagliavano sulla riva opposta, le colline alte e abitate sullo sfondo, qualche camino acceso. Era un paesaggio stupendo.

- Amazing… - mormorò, senza la foga abituale.

- Scusa se non è il mare… - disse Yūri con un sorriso incerto. Victor lo guardò commosso e gli gettò le braccia al collo in un abbraccio stritolante.

- Che dici, Yūri?! È bellissimo! Suteeki da! - esclamò poi con le braccia aperte rivolte al cielo. Yūri scoppiò a ridere dal nulla e l’altro, con lo stesso entusiasmo chiese: - Ho sbagliato di nuovo, vero, anata?

Yūri annuì facendo tremare le spalle per la risata. Victor amava la parola suteki e l’accompagnava spesso al suo personale amazing per commentare qualcosa di bello e fantastico. La maggior parte delle volte però allungava la e, finendo con il dire “è una bistecca!”. Yūri avrebbe dovuto essersi abituato, tanto più che non voleva ridere degli sbagli di pronuncia di uno straniero. Eppure l’ilarità prendeva il sopravvento a ogni suteeki esclamato con convinzione e fuori contesto dal fidanzato, il quale si univa alla sua allegria spesso ripetendo l’errore più volte, con lo scopo di vederlo ridere ancora e ancora. Se con il tempo fosse mai riuscito a imparare la pronuncia corretta, probabilmente avrebbe fatto il finto tonto e avrebbe continuato a sbagliare a favore della risata di Yūri. Per una cosa o per un’altra, ormai erano una coppia che aveva a che fare con piatti a base di carne.

Victor corse verso la staccionata, la quale divideva il sentiero in discesa dalla sponda sottostante, e gli occhi gli brillarono quando intravide un’anatra mandarina e i suoi cuccioli sul velo dell’acqua. Allora si avvicinò alla riva con l’entusiasmo di un bambino, e si mise accucciato a terra per vedere più da vicino i piccoli animali che si accostavano alla terra ferma.

- Yūri, vieni! Sono troppo carine! - lo chiamò con gli occhi più azzurri e luccicanti del solito. Yūri infilò la mano libera nel piumino e, spinto da Makkachin, arrivò accanto a Victor. Il cane si mise a scodinzolare vistosamente allungando di tanto in tanto il muso verso le anatre, alle quali abbaiò il proprio interesse. Yūri era lieto che quel luogo piacesse tanto a Victor e amava osservarlo mentre si divertiva con quelle anatre, ma non avevano molto tempo a disposizione, quindi dopo una quindicina di minuti disse: - Victor, il regalo di compleanno non è questo.

Il festeggiato si volse e vide Yūri sorridere bonariamente. Impazziva per quel sorriso. Si alzò, barcollando perché Makkachin spinse le zampe all’altezza delle sue cosce, preso dall’euforia che gli dava quel posto.

- Non hai visto quel tendone?

Yūri indicò una struttura bianca a cui Victor non aveva ancora fatto caso. Una striscia di PVC copriva a metà la visuale e dalla posizione sottostante in cui si trovavano non potevano vedere nulla dell’interno. Accanto vi era un grande capanno di legno, ma essendo il retro, non si poteva intuire cosa contenesse. I rumori non lo aiutavano: da dentro il padiglione non si udiva nulla, se non il motore di quello che doveva essere un generatore di corrente. In Victor accrebbe il pensiero di un party di compleanno a sorpresa, eppure quel silenzio era innaturale. E poi il suono di quel generatore di corrente…

- Andiamo - suggerì Yūri.

- Sì, sì, sono troppo curioso! - esclamò con gioia il russo. Saltellò per il sentiero con la leggerezza di una piuma e la grazia di una prima ballerina, seguito da Makkachin e Yūri, a cui ormai era stato affidato il guinzaglio.

Finalmente Victor si sporse oltre il telo di plastica. Rimase a bocca aperta. Intorno al perimetro della struttura vi erano affissi alcuni manifesti ricchi di kanji, con tutta probabilità relativi a sponsor, e sotto un bordo bianco e arancione circondava interamente l’interno. Il pavimento bianco sembrava marmo. Ma si trattava di ghiaccio. Victor era di fronte a una pista di pattinaggio.

- Yūri… ma questa… - accennò portandosi i palmi aperti alla bocca.

- Non è molto grande, o almeno non è delle dimensioni a cui siamo abituati. Però…

Yūri non finì di parlare che Victor lo travolse in un altro abbraccio dirompente a cui unì un bacio, nella stessa maniera in cui si erano baciati per la prima volta dopo una gara di Yūri, in presenza di centinaia di spettatori. Makkachin prese a saltare sulle zampe e girare intorno ai suoi padroni, partecipe di quel momento di affettuosità.

- Non mi hai mai portato qui! - fece notare Victor una volta discostatosi da Yūri. Questi recuperò l’estremità del guinzaglio che era caduto, prese la mano del fidanzato e gli fece cenno di seguirlo.

- A dire il vero è da tanto che voglio farti vedere questo posto, ma con tutti gli impegni e le gare non avevo ancora trovato l’occasione - spiegò. Fecero il giro del padiglione giungendo al lato opposto, il più lontano dal fiume. A destra della struttura c’era l’entrata, dove si veniva accolti dal capanno che Victor aveva scorto dalla sponda. Un uomo basso e cicciottello li salutò festosamente con la mano e Yūri si apprestò a raggiungerlo.

- Salve, signor Miyano! Grazie di tutto - salutò cordiale con un inchino, per poi presentare Victor.

- Oh, sì, lo conosco bene. Il campione del mondo! E tanti auguri di buon compleanno!

Victor capì subito quelle parole, ormai da quando viveva in Giappone le aveva sentite di frequente. Perciò accennò anche lui un inchino e ringraziò calorosamente l’uomo. Dalla successiva conversazione di Yūri e il signor Miyano, Victor intuì che la pista era stata riservata per alcune ore e che oltre a loro due non avrebbe pattinato nessun altro in quel luogo.

- Non avete bisogno dei pattini, vero? - chiese poi l’uomo.

- No, abbiamo portato i nostri, grazie! - rispose Yūri mostrando il borsone che aveva in spalla. Victor si era perso nell’osservare la pista di pattinaggio e il fiume al di là di quella. Non aveva mai pattinato davanti a un panorama naturale così bello. In Russia gli era capitato di farlo sulla pista più grande di Mosca, ma insieme a troppe persone e sempre in un paesaggio troppo cittadino.

- Andiamo, Victor? - domandò Yūri. Victor lo guardò e con la coda dell’occhio notò Makkachin scodinzolare al suo fianco. Sentiva di essere una persona davvero fortunata. Annuì energico, prima che l’emozione prendesse il sopravvento, e lo seguì per indossare i pattini sulle panchine a bordo pista. Il proprietario della struttura tornò alla reception e, per lasciare gli ospiti alla loro intimità, prese in mano un giornale e si posizionò nell’angolo dal quale non poteva vedere la pista. Victor fu toccato da tanta sensibilità e pensò che il signor Miyano dovesse fidarsi ciecamente di Yūri per lasciare la pista nelle sue mani. Liberarono Makkachin dal guinzaglio e lui iniziò a passeggiare tranquillo e a curiosare nei dintorni entro il recinto del padiglione.

Non appena poggiò il pattino sulla lastra di ghiaccio e Yūri lo ebbe raggiunto, Victor si sentì a casa. Non c’era musica ad accompagnarli nei movimenti, solo il cinguettio sereno degli uccelli e il suono limpido dell’acqua, al quale si fuse il raschiare delicato delle lame sul ghiaccio. I due fecero il giro della pista alcune volte, senza piroette o sequenze di passi. Si gustarono la brezza invernale sulle guance arrossate, la sensazione delle gambe che si piegavano morbide.

- Come conosci questo posto, Yūri?

Lui si avvicinò maggiormente a Victor fino a sfiorargli la spalla.

- Ci venivo quando ero piccolo e ai tempi del liceo. Di solito il sabato e la domenica, perché durante il resto della settimana mi allenavo alla pista principale di Hasetsu. Prendevo apposta l’autobus per venire a pattinare sul fiume.

- Per questo il signor Miyano ti conosce così bene! - commentò l’altro.

- Già, mi conosce da molti anni. Però ultimamente non ero più venuto. Sono contento che abbia accettato di lasciarci la pista proprio nel giorno di Natale e aprirla prima solo per noi. Sai, abbiamo tempo fino alle 15, l’orario di apertura.

Victor rimase sorpreso e promise che avrebbe ringraziato di nuovo l’uomo prima di lasciare la pista. Stava invece per ringraziare Yūri, ma si accorse che, con il solito atteggiamento un po’ incerto, era in procinto di aggiungere qualcosa.

- Ho pensato molto a cosa regalarti per il tuo compleanno, ma non mi convinceva niente. Poi mi è venuto in mente questo posto e allora ho capito che potevo regalarti la cosa che ti piace di più, il pattinaggio. Buon compleanno e buon Natale, Victor - disse, con un sorriso che comunicava serenità e amore.

Victor sfiorò la mano guantata di Yūri e, mentre entrambi fluivano sul ghiaccio, gli stampò un bacio sulla guancia accaldata, che si fece improvvisamente ancora più rossa.

- Sai, Yūri, io ho sempre voluto pattinare all’aria aperta in un posto come questo. Gli allenamenti e le gare che si accumulavano, però, non me l’hanno mai permesso e alla fine ho continuato a pattinare solo sulle piste agonistiche - spiegò, seguendo con gli occhi il movimento delle punte dei pattini. Poi orientò lo sguardo sui suoi occhi neri e lucenti: - Quindi grazie, Yūri. Oggi hai esaudito un mio desiderio. E buon Natale anche a te!

Yūri non aveva riferito delle due telefonate disperate fatte a Plisetsky e al signor Yakov, sarebbe apparso troppo patetico. Tuttavia, rifletté che n’era proprio valsa la pena di fare una tale figuraccia con loro. Non credeva che il regalo potesse essere apprezzato tanto, dal momento che non era a conoscenza del desiderio di Victor, tanto semplice eppure irraggiungibile per un campione come lui. Yūri sciolse le loro dita, al che Victor s’imbronciò per il dispiacere. Ma lui non aveva nessuna intenzione di abbandonarlo per pattinare lontano da Victor: si sfilò il guanto e tese la mano verso la sua. Lottando contro la commozione, Victor fece lo stesso e quando intrecciò le dita intorno a quelle di Yūri si rese conto di essere la persona più felice della Terra.



 

   
 
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