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Autore: Musical    25/12/2021    1 recensioni
Per il primo giorno della settimana Riddlebird 2021
Sorrise, come un amico non avrebbe mai dovuto fare. Sorrise come una volpe che aveva trovato il modo di ingannare il corvo. Sorrise come un gatto che aveva la sua preda in mano. Sorrideva come un ragno che lavora pazientemente alla sua ragnatela mortale.
"Fidati di me", disse, stringendo la spalla di Oswald, "con me sei al sicuro".
Genere: Generale, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Edward Nygma, Oswald Cobblepot
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La villa era silenziosa, come aveva previsto: Olga non era presente in casa, mentre Viktor era indaffarato con Falcone, era l’occasione giusta, si disse. Cominciò ad avviarsi all’interno della villa, facendo attenzione a non far alcun rumore, portò una mano verso la pistola, che apparteneva al detective Dougherty, per essere sicuro d’averla ancora con sé.
“Oswald”, non riuscì a trattenersi, si maledisse per essersi palesato così facilmente, era stato un impulso più forte di lui. Ed credeva che Oswald fosse arrivato immediatamente, una volta sentito, magari accogliendolo con un sorriso, un ipocrita ed egoista sorriso; ciò, però, non avvenne, e la cosa destabilizzò Edward.
“Oswald!” urlò più forte, dopo aver dato un'occhiata al salone e alla cucina, entrambi deserti.
“OSWALD!"”
Una pesante sensazione lo travolse quando ricevette come risposta un lamento, proveniente dal piano superiore. Iniziò a salire le scale, avvertendo il proprio battito cardiaco accelerato e il fiato corto, mentre elaborava mentalmente cosa stava succedendo e, soprattutto, chi era il colpevole. Edward era certo che Barbara, Tabitha e Butch non erano responsabili, s’erano messi d’accordo nel lasciare momentaneamente a lui le redini per realizzare il piano. Chiunque avesse ridotto Oswald in una lamentosa e patetica creatura non era un loro socio.
Con estrema calma, Edward si trovò davanti alla porta della camera di Oswald; esitò un momento prima di poggiare la mano sul pomello. Prese un profondo respiro, s’aggiustò cravatta, giacca e capelli, e poi bussò, come era solito fare da quando s’erano trasferiti nella villa.
“Oswald, sono io.”
“... Ed?”
La voce debole di Oswald fu il pretesto per farlo entrare senza porsi problemi, se qualcuno avesse osato distruggere Pinguino prima di lui, non se lo sarebbe mai perdonato.
Fortunatamente, Ed tirò un lieve sospiro di sollievo nel vedere Oswald avvolto in una coltre di lenzuola, con gli occhi lucidi e il naso arrossato: nessuno l’aveva anticipato.
“Stai bene?” domandò, facendo qualche passo per avvicinarsi al letto, facendo saettare gli occhi da una parte all’altra della camera per cercare eventuali medicine.
“Solo una leggera febbre.” gli rispose Oswald, tirando su col naso. Lo guardava con gli occhi semichiusi e un leggero sorriso rassicurante sulle labbra. “Niente di cui preoccuparsi.”
“Olga, però, non è qui. Hai preso qualche medicina?”
Prima che Oswald potesse rispondergli, Edward si diresse verso la finestra per spalancarla: l’aria consumata non faceva bene alla salute di Oswald, e le lamentele di quest’ultimo per la luce improvvisa non costituirono una grossa minaccia.
“Hai preso qualcosa?”
“Non ho fame.”
Numerosi campanelli d’allarme suonarono nella mente di Edward, facendogli decidere che la sua vendetta poteva aspettare, anzi, se avesse curato Oswald, avrebbe mostrato d'essere il migliore amico che affermava d'essere, cosicché Oswald non avrebbe avuto il minimo sospetto.
Immediatamente, Edward si diresse in cucina a prendere un bicchiere d’acqua, poi in bagno, sicuro che c’era qualche pillola di paracetamolo nel kit per le emergenze. Tornò in camera, poggiando momentaneamente il bicchiere sul comodino per offrire ad Oswald la pillola.
“Devi aprire la bocca”, gli disse dopo la terza volta che incontrava le labbra serrate come ostacolo, la voce calma non faceva trapelare la rabbia che ribolliva nel suo animo, quanto avrebbe desiderato poter prendere la pistola e sparargli.
“Oswald”, lo richiamò con voce ferma all’ennesimo tentativo non andato a buon fine.
Forzando un poco le labbra, Edward poggiò la pillola sulla lingua di Oswald, prese poi il bicchiere e, dopo avergli afferrato e sollevato il collo, l’aiutò a bere, a piccoli sorsi, gli consigliò con la pazienza di un amico, enunciando quanto tempo avrebbe impiegato il paracetamolo a fare effetto.
Una volta che il bicchiere venne svuotato del suo contenuto, Edward era pronto ad andare via, pronto a preparare qualcosa di leggero e sostanzioso, quando la mano di Oswald gli afferrò la manica, fermandolo nell’intento e costringendolo a sedersi al suo capezzale.
“Non lasciarmi…” gli sussurrò l’altro, tremante e madido di sudore.
Edward ebbe pochi istanti di smarrimento: l’orgoglio di sentirsi indispensabile iniziò una battaglia con l’ira del tradimento, il calore che provava stando vicino ad Oswald venne inghiottito dalla fredda voglia di vendetta. Alla fine di quei pochi secondi, Edward sorrise.
Sorrise, come un amico non avrebbe mai dovuto fare. Sorrise come una volpe, che aveva trovato il modo per fregare il corvo. Sorrise come un gatto, che aveva in pugno la sua preda. Sorrise come un ragno, che lavorava pazientemente alla sua tela mortale.
“Fidati,” gli disse, stringendogli la spalla, “con me sei al sicuro.”
A quelle parole, Oswald si strinse ancor di più in grembo ad Edward, ignaro dei piani futuri.
Edward continuò a sorridere, come il nemico che attendeva il momento esatto per attaccare; completamente ignaro di una lieve presenza, delle sue stesse fattezze, che si disperava e si struggeva per non vedere quella vendetta compiersi.

   
 
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