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Autore: Siluvaine    25/12/2021    3 recensioni
A Ketterdam era quasi arrivato Opstaan, la festa del solstizio d’inverno. I kerchiani lo festeggiavano in maniera piuttosto sobria, a differenza dei Suli, e le strade si riempivano del profumo della frutta candita e caramelle, mentre i mercanti benestanti si preparavano al giorno della Messa.
Presso i Suli, non andava così. La festa, che chiamavano Arevatsag, era piena di colori, profumi e affetto, ma Inej aveva ormai quasi scordato cosa si provasse a festeggiare in questo modo.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inej Ghafa, Jesper Fahey, Kaz Brekker, Marya Hendriks, Wylan Van Eck
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lovers find secret places

inside this violent world

where they make transactions

with beauty.

(Rumi)

 

 

Il sole tramontava sempre più presto, notò Inej, osservando mentre il cielo nebbioso si fondeva con l'oscurità del mare.

Stava pensando ancora a quello che era successo il giorno prima, e non se lo riusciva a spiegare.

A Ketterdam era quasi arrivato Opstaan, la festa del solstizio d’inverno. I kerchiani lo festeggiavano in maniera piuttosto sobria, a differenza dei Suli, e le strade si riempivano del profumo della frutta candita e caramelle, mentre i mercanti benestanti si preparavano al giorno della Messa.

Presso i Suli, non andava così. La festa, che chiamavano Arevatsag, era piena di colori, profumi e affetto, ma Inej aveva ormai quasi scordato cosa si provasse a festeggiare in questo modo. Il ricordo era un’eco di gioia nel suo cuore, ma niente di più.

Quest’anno le cose si preannunciavano diverse.

I suoi genitori erano ancora a Ketterdam. Per loro non era sicuro tornare a Ravka e, d’altronde, non avevano neppure un posto dove andare. Inej sapeva ovviamente che questa era solo parte della verità: il resto è che desideravano restare con lei ancora per un po’.

Inej non era stata in grado di dirgli cosa avesse passato, non per esteso. Aveva semplicemente raccontato di aver avuto degli anni orribili, di aver subito violenze, senza specificare, e che Kaz l’aveva tirata fuori da quel buco nero. Da parte sua, lui non aveva detto niente. Neppure dopo, da soli, era tornato sull’argomento. Lui la capiva, Inej ne era certa. Era l’unico a comprendere fino in fondo il bisogno di processare il passato con i propri tempo. Non sapeva ancora cosa Kaz avesse passato, ma sentiva nel suo sguardo che era esattamente come lei.

Inej era felicissima di avere del tempo con i suoi. Mitja e Neza avevano sentito la sua mancanza e avevano fin troppo da raccontarsi. Gli anni erano passati per tutti. A volte Inej si trovava ad osservare i fili bianchi nella chioma nera di suo padre, o la sua pancia più pronunciata, anche se aveva sempre il solito fisico possente ed era agile come una volta. Questo Arevatsag, Inej aveva bisogno di loro, e loro di lei.

I suoi genitori avevano dunque insistito per organizzare una cena natalizia, come le facevano una volta al loro caravan. Erano a casa Hendricks quando avevano avanzato la proposta, in una tranquilla serata con Marya, Wylan, Jesper e Kaz.

Avevano dovuto insistere per la cena, ma non con lei. Inej non vedeva l'ora di assaggiare di nuovo tutti i cibi tipici del Natale e suo padre non aveva fatto in tempo a finire la proposta che era già saltata tra le sue braccia per la gioia. Il cuore le era letteralmente scoppiato per la felicità; mangiare di nuovo il dolma di sua madre e cantare le canzoni di quando era bambina era un sogno che la portava indietro nel tempo.

Kaz era rimasto in silenzio, gli occhi che incrociavano quelli di Inej attraverso la sala. Le sue dita avevano stretto la testa di corvo sul bastone.

"Potrei non riuscire ad esserci." aveva detto. Il tono era impersonale come sempre. Era impegnato, una mera questione di lavoro. "È una delle serate più impegnative al Club, non posso lasciarlo senza controllo".

"Ci può pensare Anika" era intervenuto Wylan. Nello sguardo di Kaz era passato un lampo contrariato.

"Giusto" aveva esclamato Jesper "Che ce l'hai a fare un vice, altrimenti?"

La madre di Inej si era sistemata un ciuffo nero dietro l'orecchio e aveva lanciato un'occhiata al marito Mitja. Dopo un minuto di conversazione di sguardi, con sottofondo di Jesper che infastidiva Wylan arruffandogli i capelli in pubblico e conseguenti minacce, Neza parlò. "Kaz, se per te è un problema, la organizziamo per il giorno prima. O il giorno dopo. Quando sei libero."

"Grazie dell'offerta, ma non c'è bisogno" ribatte lui, sistemando la gamba malata in una posizione più comoda. "Non è necessario che vi scomodiate."

Inej lo fissò aggrottando la fronte. "Immagino che se c'è così tanto lavoro, avrai bisogno anche di noi al Club. Dico bene?"

Lo sguardo di Kaz scattò su di lei. I suoi occhi scuri le stavano chiaramente dicendo di lasciar perdere la questione.

"Oh, e anche Wylan e Jesper dovrebbero venire. Dopotutto, non si sa mai cosa potrebbe succedere"

Per un attimo Kaz le lancio uno sguardo furioso, ma l'istante dopo scosse il capo, rassegnato. "Non prometto nulla," inizio a dire. Ma Neza stava già sorridendo e Mitja si alzò con un’espressione soddisfatta. "Bene, chi vuole altro kvas?".

 

I giorni successivi, a detta di tutti, Inej fu perennemente in preda ad una eccessiva agitazione. Trascinò Jesper ad un negozio di carta e comprarono una buona quantità di fogli colorati, con cui passarono un intero pomeriggio a costruire lanterne. Wylan rientrò da un incontro di lavoro e li trovò a galleggiare in un mare di sagome colorate, con Marya che si era seduta su una poltroncina accanto a loro e rideva alle battute di Jesper.

"Oh, Wy!!" lo salutò Jesper sovreccitato. "Inej mi stava dicendo che per la festa i Suli appendono una pianta fuori dalla porta e quando si apre a un ospite bisogna scambiarsi un bacio. Non è bellissimo? Il vero spirito natalizio!"

Wylan aggrottò la fronte. "In che senso una pianta? Come un gambo di porro?"

Marya scoppiò in una risata, mentre Inej scuoteva la testa.

"No, è maretak, un ramo di un cespuglio che cresce nelle nostre zone. Non credo che se ne trovino qui"

Wylan alzò la fronte, togliendosi il pastrano di dosso. "Stai sottovalutando lo spirito imprenditoriale kerchiano. Si trova tutto, qui. Scommetto che al mercato esotico si riesce a trovare". Wylan lanciò un’occhiata a Jesper. “Domani facciamo un salto, se vuoi”.

Inej sorrise, gli occhi luminosi che studiavano la forma di una lanterna. "Non è necessario." mormorò. "Significa già tanto fare tutto questo con voi".

Ed era vero. Il cuore di Inej non era mai stato così pieno.

Terminarono il compito, con non pochi incidenti di percorso, e Wylan cercò di aiutare Jesper nell'assemblaggio con risultati quantomeno dubbi. Diedero quasi fuoco ad un tappeto, ma Inej si sentiva leggera come quando saliva sulla fune e volteggiava senza peso.

 

Qualche sera dopo, il lavoro la chiamò. Lascio il comfort della casa di Wylan per il freddo dei tetti di Ketterdam. E la compagnia di Kaz.

Mentre raggiungeva il punto d'incontro, Inej si rese conto che in questo spirito natalizio la vicinanza di Kaz era ancora più importante per lei. Non sarebbe mai riuscita ad immaginare la cena di Arevatsag senza di lui. Se non avesse accettato di partecipare, sarebbe andata a prenderlo. Di peso. Diamine, avrebbe anche combattuto contro di lui se fosse stato necessario.

Quando lo vide, già steso a pancia in giù sulle tegole di un tetto, sentì un calore in petto che la fece sorridere all'istante.

Si stese accanto a lui in silenzio, poi allungo appena il viso oltre il bordo del tetto per studiare l'obiettivo.

"Spettro" sussurro Kaz, senza muovere un muscolo. La sua figura austera non era cambiata di una virgola, ma ad Inej sembro di intravedere un sorriso sulle sue labbra. Nonostante fossero al lavoro.

"È già uscito?" mormorò lei.

Kaz scosse il capo.

Rimasero in silenzio diversi minuti, senza davvero alcun bisogno di parlare. Le era mancato, stare in pace con lui. Sentire il suo respiro e sapere che lo aveva accanto le donavano più tranquillità di quanto avrebbe potuto volere.

"Kaz" mormorò lei.

Lui voltò appena il capo, gli occhi scuri che si piantavano su di lei.

Era sempre una sensazione incredibile essere guardata da lui. Le sembrava che i suoi occhi potessero scavarle nell'animo, e forse in qualche senso potevano. Ogni volta che si guardavano, qualcosa le si muoveva dentro, e non era una sensazione delicata come un battito di ali, ma l'improvviso incedere di un terremoto, quando non sei ancora pronto alla scossa e ti ritrovi il cuore in gola e il fiato spezzato. Inej non voleva che smettesse.

Lui alzò un sopracciglio, aspettando che parlasse.

"Perché non volevi venire alla cena di Arevatsag?"

Kaz doveva aver atteso quella domanda, perché non sembrò affatto sorpreso di sentirla.

Non rispose, all'inizio, e una mano guantata corse ai capelli e li sistemo all'indietro.

"È per tuo fratello?" chiese Inej.

Lo vide immobilizzarsi.

"Ti ricorda la festa con lui?"

Inej non poteva saperlo, ma la mente di Kaz stava già correndo ad un miliardo di immagini del passato.

Kaz non aveva neanche pensato a tutto questo. Erano state giornate intense, e nella sua mente la cena di Natale che stavano organizzando era una cosa totalmente diversa, che riguardava altre tradizioni, altri luoghi, ed ogni cosa era piena di Inej. Non riusciva ad associare questa festa alle celebrazioni con la sua famiglia.

Stralci di ricordi gli fluttuarono davanti agli occhi. Suo padre che portava lui e Jordie in chiesa a pregare, Jordie che accendeva le candele sull'altare, una per sé stesso e una per Kaz. Suo padre che gli comprava una mela candita al ritorno verso casa. Jordie che lo sgridava perché aveva corso rientrando a casa e si era sporcato il vestito buono.

Inej lo stava guardando, e lui aveva soltanto voglia di lasciar uscire tutto questo. Aveva soltanto voglia di piangere per quel tempo perduto, per la famiglia serena che erano stati. Come sempre, non pianse neppure una lacrima. I mostri non piangono.

Una mano dalla pelle liscia raggiunse il suo braccio e lo strinse appena attraverso il cappotto.

"Kaz. È tutto a posto" mormorò Inej.

Tutto a posto. Quanto avrebbe voluto che fosse vero.

Kaz prese un respiro e continuò a guardare dritto, oltre le tegole del tetto.

Odiava che questi pezzi del suo passato continuassero a presentarsi nei momenti più impensati. Odiava l'idea di essere stato quel ragazzino che si infangava e correva ad abbracciare suo padre, odiava ancora di più l'idea di esserlo stato per così poco tempo.

Era dovuto diventare qualcos’altro, qualcosa di peggiore.

Inej ora stava accarezzando il suo braccio attraverso la giacca, e con un sussulto Kaz le rivolse lo sguardo.

"Non devi venire alla cena, se non vuoi." mormorò Inej. I suoi occhi caldi sembravano abbracciarlo, e Kaz fu costretto a distogliere lo sguardo. Lei aveva il potere di distruggerlo con l'intensità dei suoi sentimenti.

Kaz rimase in silenzio, a scrutare nel buio l'edificio che stavano tenendo d'occhio.

Certo che sarebbe andato alla cena. Come avrebbe potuto mancare?

La mano di Inej rimase sul suo braccio, il suo calore confortante nel gelo della notte.

 

 

Il denso profumo dolce della cera riempiva la stanza mentre Neza e Inej accendevano una ad una le lanterne.

Mitja era in cucina con Jesper come aiuto cuoco e assaggiatore ufficiale, mentre Wylan è sua madre cercavano i piatti adatti per le pietanze della cena.

Kaz giunse proprio nel mezzo di una sessione musicale Suli improvvisata, con l'accompagnamento di Wylan al flauto. Appena ebbe varcato la soglia, un canto a due voci allegro e melodioso gli arrivò alle orecchie. Riconobbe subito una delle voci: Inej era incredibilmente stonata. Sentì un sorriso formarsi da solo sulle labbra e un po' della tensione scivolare via, nota dopo nota.

Jesper si intromise nel canto proprio mentre Kaz entrava nella stanza e riuscì a storpiare incredibilmente le parole dei versi, facendo scoppiare a ridere la madre di Inej.

"Oh, è arrivato Kaz!" esclamò Wylan, cercando chiaramente di distrarre Jesper prima che ricominciasse a cantare.

Kaz fece un cenno del capo e porse a Neza una bottiglia di liquore di Kerch. La donna gli fece un sorriso e lo ringraziò. "Vorresti unirti anche tu al canto?".

Kaz scosse la testa e iniziò a togliersi il cappotto, appoggiando il bastone al muro. "Le lingue non sono il mio forte" disse. "E non desidero storpiare le parole della vostra canzone, come stava facendo qualcuno".

"Di che parla il testo?" chiese Wylan, mettendo via il flauto in una credenza. "Sembrava molto dolce".

Neza sorrise, finendo di attaccare una lanterna. Pendeva leggermente storta, ma proiettava una luce tenue e colorata sul volto della donna e rendeva il suo sorriso ancora più delicato.

"Lo è, ragazzo." Neza si sedette su una sedia e fece cenno agli altri di sedersi. Inej aveva preso da non si sa dove una teiera. Versando un abbondante tazza a Kaz, gli mormorò all'orecchio "Le storie si raccontano sempre davanti al tè".

"Tanti anni fa, nelle terre del sud, viveva una principessa di nome Setareh. La sua bellezza veniva tramandata con canti e poemi in ogni luogo, e un giorno giunse alle orecchie del giovane Meshky, un pittore che girava di città in città con i suoi ritratti. Dal giorno in cui sentì parlare della principessa, non fu più in grado di disegnare altro che lei. Pur non avendola mai vista, le sue mani disegnavano soltanto il suo viso, e di paese in paese Meshky non cercava altro che lei.

Un giorno, un anziano si avvicinò ai suoi dipinti, e indicò il volto di Setareh. Io so dove puoi incontrarla, disse. Devi aspettare la notte, nel campo di fiori rossi come il sangue.

Il giovane pittore fece come gli era stato detto e a mezzanotte la principessa si presentò davanti a lui. Aveva la pelle come rame fuso e le labbra rosse come il fuoco più caldo. Setareh si fece stringere dalle sue braccia e nel buio della notte alzo gli occhi alle stelle. Che notte calma, mormorò con una voce come soffio di vento. Alzarono gli occhi al cielo e la principessa gli chiese di scegliere tra tutte le stelle del cielo. Lui, invece di osservare il cielo, non ebbe occhi che per lei. La baciò ed era dolce come il caldo vino del sud. Passarono insieme tutta la notte, due anime ritrovate in una sola, e al mattino, quando le stelle iniziarono a scendere dal cielo per immergersi nella terra, Setareh e il suo Meshky erano diventati stelle. Il loro amore sarà infinito, perché brilleranno per sempre in ogni notte dell'eternità. "

Jesper tirò su col naso. Cercava di non darlo a vedere, ma era rimasto coinvolto dalla storia d’amore e ora aveva gli occhi lucidi. Per tutta risposta, Wylan lo aveva abbracciato e aveva posato la testa sulla sua spalla.

Kaz senti un'improvvisa gelosia, perché in quel momento anche lui non avrebbe voluto altro che avvolgere Inej in un abbraccio e sentire il suo cuore battere forte tra le sue braccia. Bevve un sorso di tè, incredibilmente dolce e aromatico, e i suoi occhi incontrarono quelli di lei. Nonostante fossero distanti, Kaz sapeva che avevano gli stessi pensieri e sperò che anche lei avesse pensato di stringerlo e rimanere così, due stelle immobili nel cielo.

"Neza, ljubil!" esclamò Mitija entrando in sala. "Basta con queste smancerie. È quasi pronto in tavola".

Neza si alzò per aiutare a prendere i piatti delle portate.

Anche Wylan si alzo ad aiutarla, dopo aver posato un rapido bacio sulla tempia di Jesper. Kaz rimase seduto, sorseggiando il suo te. Sentiva ancora lo sguardo di Inej su di sé. Non era abituato a sentirsi così osservato, a sentirsi oggetto di tutto questo... amore?

"Neza" mormorò Jesper, ripresosi dalla commozione. "Ti prometto che non storpierò più le parole meravigliose di una canzone Suli." disse.

Kaz sbuffò dentro alla tazza di tè, e Jesper si offese all’istante. "Ehi, è una promessa solenne!"

Inej sorrise, allungandosi sulla sedia "Certo Jes. Durerà finché non sentirai un ritmo che ti piace e ricomincerai a cantare con parole a caso."

"La mia voce è troppo bella per privare il mondo del suo suono!" ribatte. "Non come altre persone, che potrebbero sostituire la sirena della Stadtwatch!"

Inej finse di arrabbiarsi, ma un attimo dopo sorrideva di nuovo. Il sorriso a 32 denti di Jesper era contagioso.

Mitja tornò con un piatto di lavash, del pane molto croccante, che iniziarono a mangiare in attesa del cibo.

"Io sono convinto di aver già sentito la parola Setareh" biascico Jesper, già con un pezzo di lavash in bocca. Le parole vennero fuori quasi incomprensibili, insieme a briciole di pane.

Kaz e Wylan gli lanciarono un'occhiataccia nello stesso istante e Mitja soffoco una risata.

"Ragazzo, manda giù il boccone e avrai la mia attenzione". L'uomo bevve un sorso di vino, poi indicò Neza con il bicchiere. "Quello che la mia amata moglie non ti ha detto, è che Setareh e Meshky sono parole della nostra lingua. Setareh significa stella, per questo forse l'hai già sentita" l'accento di Mitja era molto forte, ma parlava kerch senza il minimo errore. "E il nome del pittore significa scuro, lo usiamo per indicare una persona con capelli neri, ma in questa storia è anche simbolo dell'oscurità, perché ogni luce ha bisogno della sua ombra. Capisci quello che voglio dire, ragazzo?".

L'uomo bevve un altro bicchiere di vino. "L'oscurità fa parte di noi." disse battendo una mano sul petto. "Altrimenti non potremmo avere la nostra forza, la luce che ci guida."

"Non era assolutamente questo che voleva dire il canto" si lamentò Neza. "È una romantica storia d'amore!".

Mitja alzò gli occhi al cielo e batté un dito su una tempia nel gesto universale della follia. Neza, fingendosi offesa, gli diede una pacca sulla spalla.

A questo gesto, Inej iniziò a ridere, e Kaz non riuscì più davvero a prestare attenzione alla conversazione.

 

Quando iniziarono ad arrivare le pietanze in tavola, furono tutti distratti dal cibo. C'erano involtini di foglie di vite con carne e con cereali, spiedini vari, riso con spezie, del pane molto morbido e profumato e un grande coscio di maiale arrostito a centro tavola. Intorno, c'erano anche molte verdure, principalmente sotto aceto o con una salsa bianca e delicata che si scioglieva in bocca.

Inej tentò di spiegare i vari nomi dei piatti e come si cucinavano esattamente, ma nessuno stava realmente prestando attenzione, visto che gli altri si erano già lanciati a provare le diverse pietanze.

Con un sospiro, Inej prese dal piatto di portata un dolma, e si godette il sapore della carne che si scioglieva in bocca. Eppure, aveva la netta impressione che ci fosse qualcosa di strano a tavola. Alzando gli occhi, notò che Kaz accanto a lei era rimasto immobile e non si era servito come tutti quanti. Lo vide stringere la mano nei guanti neri, come se avesse voluto muoverla, poi prese di nuovo il bicchiere e bevve un sorso di vino, con la sua solita espressione austera, pretendendo che fosse tutto normale.

Inej lo osservò per un attimo, studiando la situazione. Non riusciva a individuare nulla di strano, lei stessa aveva mangiato mille volte con Kaz senza problemi, e lui era sicuramente in confidenza con i suoi genitori, perciò non pensava neppure che fosse a causa di una timidezza di sorta. Non che Kaz fosse mai stato timido in vita sua. Prese un altro boccone di cibo. Kaz non avrebbe dovuto avere motivo di essere a disagio. Ebbe bisogno di osservarlo una seconda volta, poi di colpo capì. Era stata una sciocca. Ecco perché Kaz era agitato e aveva cercato di sottrarsi dalla cena.

"Kaz" mormorò, e appena lui la osservò fu chiaro che entrambi stavano pensando la stessa cosa.

"È solo una cena, Inej." Le dita si strinsero nei guanti, gli occhi neri che correvano sul tavolo.

"Non devi togliere i guanti. Non per forza." mormorò lei. Sentì lo sguardo sospettoso di Wylan scivolarle addosso, ma lo ignorò.

Kaz abbassò lo sguardo, fingendo indifferenza. "…Certo che è una pessima abitudine mangiare con le mani".

"Come se non avessimo mai mangiato del pane dolce insieme" ribatté Inej, ma al di là del nervoso le si stringeva il cuore. Aveva capito qual era il problema.

Kaz non era pronto a togliersi i guanti di fronte ai suoi genitori. Li aveva sempre tolti solo con lei e con Wylan e Jesper, a volte anche di fronte a Marya, ma, nonostante i buoni rapporti, rimanere a mani nude di fronte a Mitja e Neza lo agitava. E i Suli mangiavano la maggior parte dei piatti con le mani, fattore che peggiorava sicuramente le cose ai suoi occhi. Forse Kaz aveva pensato di poterlo fare comunque e per questo non le aveva detto nulla, o forse aveva semplicemente deciso di partecipare alla cena comunque, per renderla felice. In effetti, quella parte aveva funzionato.

Inej si alzò da tavola, cercando di essere più silenziosa possibile, e si infilò in cucina, cercando tra i cassetti. Non le importava che lui usasse delle posate, era una stupidaggini su cui solo la sua mente contorta si sarebbe potuta imbattere. A volte Inej pensava che Kaz si divertisse a crearsi ostacoli inesistenti, come se la vita non fosse già abbastanza dura con lui.

"Inej, no" La voce di Kaz la raggiunse, calma ma ferma. L'aveva seguita fino in cucina, dunque.

Inej prese un respiro e si voltò a guardarlo. Lo sguardo di lui era orgoglioso come al solito, ma ci vedeva anche qualcos'altro. Ci fu un attimo di silenzio.

"No, cosa?" mormorò lei. "Credi che mi interessi se mangi con le posate o se usi un fazzoletto?"

Lui abbassò gli occhi sul bastone. "Non voglio farlo." La sua voce era più bassa del solito. "Dammi un attimo di tempo".

Inej lo fissò senza capire. Dopo qualche istante, Kaz si sfilò lentamente un guanto, poi l'altro. Glieli porse, mentre la sua mano nuda si aggrappava al bastone.

Inej pensò che le sarebbe esploso il cuore.

"...Sei sicuro?".

A dire il vero, Kaz sembrava già più pallido, ma annui comunque. Inej non riuscì a fare a meno di sorridere. Era assolutamente ridicolo mettersi così in difficoltà per una cena, ma era chiaro perché lo stava facendo. Per lei. Per dimostrarle quanto ci tenesse a renderla felice.

Tra le luci calde delle lanterne, le sue mani sembrarono illuminarsi di riflessi d'oro.

Tornarono a tavola e si sedettero. Jesper fece una battuta sul fatto che avrebbero rischiato di non trovare più nulla da mangiare ma Mitja li rassicurò sostenendo che ci fosse cibo per l'intera flotta mercantile di Kerch.

Inej segui con lo sguardo le dita di Kaz che prendevano un dolma e le sue labbra che ne mordevano un pezzo. Era chiaramente in tensione.

Allora, lentamente, lei gli sfiorò un braccio con le dita, accarezzando la stoffa della giacca. Lo vide rilassarsi appena. Poco per volta, boccone dopo boccone, Kaz iniziò a lasciarsi andare, al punto da minacciare sottilmente Wylan di morte per annegamento dopo un suo commento sarcastico sul suo completo di seta damascata.

La cena proseguì senza intoppi e per la fine l'atmosfera era esattamente quella che Inej ricordava dalla sua infanzia. Jesper raccontava barzellette ridicole al padre di Inej, che rideva sonoramente tra i commenti scandalizzati di Wylan, e Marya e Neza parlavano di come fare una bevanda speziata tipica di Ravka est.

Kaz iniziò ad essere eccessivamente provato. Nonostante l’ambiente sereno, lo stress di rimanere così tanto tempo senza guanti e per giunta di fronte ai genitori di Inej e a Marya si stava facendo sentire. Con uno scambio di sguardi, Inej gli propose di allontanarsi.

“E’ il caso che io torni alla Stecca” mormorò Kaz. Inej annuì e lo accompagnò alla porta, attraverso il corridoio illuminato dalle lanterne.

"La festa è andata come te la aspettavi?"

"Anche meglio" mormorò Inej, rivolgendogli un sorriso. Aprì la porta e rimase sulla soglia.

Kaz indossò capello e cappotto e si sistemò il bavero. Poi le lanciò uno sguardo e, senza una parola, Inej tirò fuori dalla tasca i suoi guanti e glieli porse. Nel prenderli, le loro dita si sfiorarono appena.

"Sai, la canzone che hai cantato." iniziò a dire Kaz, la voce roca e graffiante. "Era molto bella."

Inej alzò gli occhi al cielo. "Cantata male, ma molto bella, giusto?".

"No" mormorò Kaz, gli occhi scuri che si immergevano nei suoi. "Soltanto molto bella".

Inej si senti arrossire. Il tono delle sue parole faceva intuire che stesse parlando di tutta un'altra cosa e la sola idea la faceva sciogliere dentro.

Kaz non fece cenno di andarsene. Si stavano ancora guardando, quando lui sembrò distratto da qualcosa sopra la sua testa.

"E questo che diavolo è?" esclamò. Un ramo di maretak, una pianta molto insolita per i kerchiani pendeva da sopra la porta. Inej sospirò. Wylan e Jesper avrebbero almeno potuto avvertirla di aver trovato il vischio di Ravka.

"Nulla, una nostra tradizione.” Rispose lei, osservando le piccole bacche lucide. “Si appende fuori dalla porta e, quando si saluta qualcuno, ci si scambia un bacio. Di solito li mettiamo fuori dal nostro caravan, ma..." Non fece in tempo a finire la frase, che le labbra di Kaz si posarono sul suo capo. Sentì le sue dita sfiorarle i capelli e poi, leggere come ombre, scivolarle sulla nuca. L'attimo dopo, Kaz si era allontanato e si sistemava i guanti sulle mani.

"La prossima volta" mormorò "ricordami di raccontarti com'era il nostro Opstaan da piccoli".

Inej sentì il respiro spezzarsi. Kaz l'aveva baciata. Kaz voleva parlare della sua infanzia.

Riuscì solamente ad annuire, mentre sentiva il cuore batterle furiosamente nel petto.

Kaz sistemò il bordo della manica del cappotto, in un gesto che Inej lesse come nervoso. "Bene, a domani. Ti aspetto nel mio ufficio".

"Aspetta!" lo fermò Inej.

Si sentiva improvvisamente una ragazzina. Aveva le gambe di gelatina e pensava che si sarebbe sciolta da un momento all’altro.

"La storia non è finita. Quella della canzone." Kaz si voltò a guardarla. "Si dice che il giovane pittore avesse dedicato una poesia alla principessa." Inej pronunciò dei versi in Suli, di cui Kaz non comprese neppure una parola.

"E cosa significa?" le chiese.

Il silenzio della notte sembrava avvolgerli come un manto. Da dentro casa, il calore delle lanterne mandava bagliori eterei sui loro volti.

"Sono morto molte volte, solo per vivere un poco con te." sussurrò Inej.

Quelle parole rimasero nell'aria, mentre Inej gli si avvicinava ancora, e stavolta fu lei a posare la mano sulla sua guancia, in una lenta carezza. Kaz inspirò sotto il suo tocco, ma non tremò neppure per un istante.

Si separarono, cercandosi ancora con lo sguardo, la notte carica dell'odore dell'inverno. Diventò presto troppo freddo per continuare a restare in piedi sulla soglia, anche se i loro animi erano caldi a sufficienza.

Kaz si sfiorò il bordo del cappello in un cenno di saluto. "Buon Natale, Inej".


Ogni parola sembrava contenere dentro l'universo, adesso.

"Buon Natale, Kaz".

 

Riferimenti: Il Natale anticamente era la festa romana del Dies natalis Sol invictus, che si compiva nel solstizio d'inverno. Tuttora le basi delle festività natalizie, sia occidentali che mediorientali, si fondano su questa festa. Perciò troverete tradotto Opstaan (Sorgere del sole in olandese) il Natale di Kerch e Arevatsag (il levarsi del sole in armeno) il Natale Suli.

Per la storia della principessa Setareh, nonché come riferimento poetico in generale, mi sono liberamente ispirata alla cultura poetica persiana. La frase detta da Inej è una poesia persiana: I died a lot/to live a little/with you. (Yaghma Golroei). Per i cibi serviti durante la cena, mi sono ispirata invece all'Armenia.

 

Mi sono impegnata un sacco per una fic di Natale? Assolutamente sì. Ho speso più tempo a fare ricerche che a effettivamente scrivere la fic? Ancora, assolutamente sì.

Tutto ciò per augurarvi semplicemente Buon Natale!

 

 

  
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