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Autore: PrincipessaLes    25/12/2021    1 recensioni
Storia iniziata in occasione dellla "secret santa challenge" del forum "Ferisce più la penna". Avrebbe dovuto essere una Valvert modern AU, l'idea si è evoluta con l'idea di collegare i due personaggi a un contesto che è alla base di un mio progetto originale, ossia il periodo del cosiddetto "contrabbando romantico" nelle montagne sppra il Lago di Como. Quindi alla mia non più segreta destinataria LadyPalma e a tutti quelli che apprezzeranno dedico questi Javert (alla challenge riesco a consegnare solo la parte su di lui, il resto arriverà col tempo) finanziere e Valjean contrabbandiere in Italian anni '60 AU, spero di non aver partorito proprio una ciofeca pazzesca. Non metto nelle note la ship perchè non sono più così certa che finirò per parlare anche di quello e non solo dei due personaggi singolarmente.
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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<< Comandi, Maresciallo! >>

Giusto non riuscì a trattenere un sospiro insieme alla risposta. Non ebbe nemmeno il tempo di formulare la speranza che il maresciallo non se ne fosse accorto. Ovviamente se n’era accorto e non gli aveva fatto piacere. 

<< Se le arreco in qualche modo dei fastidi, appuntato Giavoni, gradirei esserne messo al corrente con le parole e non facendomi sospirare in faccia. >> 

Giusto cercò le parole per spiegare che il sospiro non era rivolto al maresciallo, ma non voleva nemmeno rischiare di mettere nei guai il collega con cui aveva discusso, per quanto considerasse inadatte al loro ruolo le posizioni che questo aveva espresso. Sorprendentemente, fu il collega stesso a intervenire in suo soccorso.

Giusto non riuscì a trattenere un sorriso. Nonostante i termini con cui l’aveva definito, il collega interveniva a difenderlo sapendo che avrebbe faticato a trovare le parole per spiegarsi. Sembrava quasi un ragazzino ingenuo e fin troppo schietto quando, come se non stesse parlando col maresciallo, si lasciò scappare persino una simpatica battuta sul fatto che Giusto non l’avrebbe mai voluto mettere nei guai per le sue idee per rimanere “tenacemente fedele al suo nome di battesimo”. 

Quel nome per lui era sempre stato un peso, ma anche in un certo senso la guida nelle sue scelte, il segnavia della sua intera vita. La madre gliel’aveva imposto come augurio perchè sperava per lui in una vita più giusta di quella che era spettata a lei e all’uomo che aveva amato e che il figlio conosceva solo dai racconti. Lui però crescendo l’aveva sempre interpretato in maniera diversa, così come aveva imparato a interpretare diversamente la vita dei genitori, soprattutto del padre.

La rabbia che la madre voleva forse cercare di suscitare in lui contro l’ingiuistizia subita dal padre si era ben presto trasformata in lui in rabbia verso il padre e quelle scelte che l’avevano portato a subire la dovuta punizione che gli aveva impedito di conoscere lui, il figlio che forse nemmeno aveva mai saputo di dover avere. E aveva condannato lui a una vita da reietto, disperato e senza padre. Per questo, Giusto aveva deciso ben presto che il suo personale riscatto dovesse avvenire seguendo un percorso completamente diverso da quello di quel lontano e disprezzato padre. Giusto era stato chiamato e giusto sarebbe dovuto essere ogni suo passo, ogni scelta e azione. E quale carriera più “giusta” poteva esserci che mettersi al servizio della legge stessa? E in Italia le opzioni per seguire questo cammino erano molteplici, qualcuno avrebbe potuto dire che Giusto aveva solo l’imbarazzo della scelta se voleva provare a rispettare la via tracciata dal suo nome anche con la scelta del lavoro a cui votarsi. Tra le diverse divise da poter aspirare di indossare, per qualche strano motivo, quella che aveva finito per attirarlo di più era quella forse meno appariscente e meno considerata e che si vedeva per le strade meno: la divisa grigioverde con le mostrine gialle della Guardia di Finanza. Era riuscito a raggiungere il suo obiettivo, ora la indossava con orgoglio e quel cammino l’aveva portato in una zona di frontiera dura e ostile, a contatto con gente abituata alle ristrettezze e alla ricerca di qualsiasi modo per affrontarle e magari aggirarle. Per questo da generazioni da quelle parti era ormai tradizione fare i contrabbandieri e, nel corso dei decenni, gli uomini che si erano dedicati a quell’attività avevano scoperto beni sempre più redditizi da contrabbandare e quell’attività da sostentamento si era trasformata in fonte di guadagni notevoli per chi sapeva svolgerla con un buon occhio. 

Giusto poteva capire chi lo faceva per necessità, ma pensava innanzitutto al proprio ruolo e al compito che aveva di fermare chiunque svolgesse queste attività. Capire non significava giustificare e in fondo c’erano così tanti modi legali per guadagnarsi da vivere, dunque per lui non c’era poi così tanta differenza tra passare il confine di nascosto per portar di qua una manciata di pacchetti di sigarette o portare sulle spalle attraverso i boschi un sacco da trenta chili pieno di stecche. E nemmeno vedeva grossa differenza tra questo traffico e quello di cui gl avevano raccontato di quando in passato i carichi erano principalmente di generi alimentari, come il riso (che faceva il viaggio contrario rispetto alle sigarette) o più avanti il caffè. 

Per questo aveva preso a discutere col collega che sembrava essere un po’ più tollerante su queste questioni e disposto a trattare diversamente le persone che fermava in base ai carichi che potevano portare. Certamente non avrebbe punito nessuno diversamente da come era tenuto a fare, ma comunque sembrava considerare che dovessero esserci modalità diverse per chi,a  suo modo di vedere, si macchiava di una colpa “meno grave”. E molto meno grave avrebbe considerato - l’aveva detto senza giri di parole - il contrabbando che i loro predecessori avevano dovuto ostacolare in passato perchè quello era effettivamente un reato commesso per necessità e con generi di merci meno importanti. 

Giusto continuava a ricordare al collega che loro erano finanzieri e non seminaristi, tutori della legge e non custodi di anime. Quando porti una tonaca puoi distinguere tra peccati mortali e peccati veniali, quando porti una divisa ti occupi di reati e quelli rimangono sempre reati senza distinzione tra la quantità o il genere di oggetti per cui il reato viene commesso. Certamente un omicidio o un tentato omicidio sono più gravi di un furto o un tentato furto, ma non esistono furti più o meno gravi, un contrabbando più o meno sbagliato, il reato resta sempre tale indipendentemente dal motivo per cui lo si compie e dal modo in cui si porta avanti l’azione.

 Negli ultimi tempi le loro discussioni per qualche tempo sopite sull’argomento si erano riaccese perchè Giusto si era incaponito di ritrovare a tutti i costi e fermare un uomo che era stato fermato anni prima in flagranza di reato proprio da una pattuglia di cui Giusto al primo incarico faceva parte, ma che, in qualche modo, era riuscito a sfuggire alla dovuta condanna. Il collega, arrivato tempo dopo questi fatti ma al corrente di tutta la storia, trovava doppiamente assurda quella che chiamava la fissazione di Giusto perchè apparentemente era emerso che quell’uomo aveva portato solo quella volta un carico insignificante e non aveva intenzione di farlo più e l’aveva fatto proprio come facevano nelle generazioni precedenti solo per aiutare la famiglia in un momento di gravi ristrettezze e non cercando nessun guadagno in più. Giusto non era riuscito a spiegargli il motivo per cui si era fissato di risolvere la questione da sè ad anni di distanza, ma nemmeno gli interessava. Non riusciva però ad accettare di sentirgli fare questi discorsi sul fatto che il reato di quello strano latitante potesse essere meno grave del contrabbando fatto su grossa scala o per motivi di puro profitto. Tuttavia, non riusciva a smuovere il collega da queste idee che gli parevano indegne del loro compito e della loro divisa e la frustrazione di quelle discussioni l’aveva portato a rivolgergli anche epitteti non esageratamente pesanti ma che avevano colpito il collega più di quanto Giusto avesse voluto e di cui si era pentito subito dopo averli profferiti. 

Giusto sapeva - e non ne avrebbe certo mai parlato col maresciallo, perchè non voleva mettere nei guai per questo il collega che non aveva certo scelto che gli capitasse questo - che il collega in fondo aveva ripreso con maggior convinzione questi discorsi perchè gli era sorto un interesse per una ragazza del paese a forza di vederla passare spesso davanti al posto di frontiera. E per quello stesso motivo era anche una di quelle ragazze per cui vi erano forti sospetti - anche se finora non erano riusciti per nessuna di loro a trovare uno straccio di prova - che facessero “la calzetta” come si diceva da quelle parti, ossia contrabbandassero sigarette come gli uomini, impilando i pacchetti in marsupi improvvisati fatti con i fondi delle vecchie collant, nascosti sotto i vestiti. E quello era sicuramente un tipo di contrabbando fatto per necessità e non per volontà di guadagno, poichè di fatto in questo modo non si poteva trasportare una gran quantità di merce e, a meno di “viaggiare” quotidianamente e magari anche più volte al giorno, il guadagno era veramente risibile. Dunque sicuramente il collega era tornato alla carica con queste argomentazioni perchè tentava così di giustificare la ragazza per cui nutriva un interesse, anche nel caso in cui i sospetti su di lei fossero stati confermati. E, se Giusto non riteneva che  il collega meritasse di passare dei guai per questa simpatia - che pareva ricambiata - perchè non aveva deciso lui di provarla, non si poteva però accettare, a suo modo di vedere, che si lasciasse offuscare dalla stessa tentando di giustificare eventuali reati commessi dalla ragazza perchè “meno gravi” in base al motivo per cui li commetteva o al modo in cui compiva le sue attività. Giusto non riusciva a immaginarsi nei panni del collega, ma, se anche gli fosse capitata una situazione simile - del resto anche lui era umano e non poteva escludere nulla - non avrebbe mai permesso alla sua coscienza di cedere a queste tentazioni e fargli dimenticare ogni consapevolezza del proprio ruolo e dei propri doveri. 

Il collega a queste osservazioni ribatteva che anche lui si lasciava distrarre dai suoi compiti pensando a quella vecchia storia che non doveva più interessare lui invece che alle questioni di cui occuparsi nell’immediato. Giusto sapeva che era più una provocazione che altro, eppure non riusciva a non farsi delle domande in merito, perchè comunque era vero che altri si sarebbero dovuti occupare -e  sicuramente si occupavano - di quella questione e che lui tendeva a pensarci più di quanto gli spettasse. Non era lui che se l’era lasciato sfuggire, eppura non riusciva a non pensare che, essendo parte della pattuglia che l’aveva fermato ed essendo ancora di servizio in quelle zone, toccasse a lui più che a chiunque altro continuare a occuparsi di quella faccenda. Non riteneva di riservare meno attenzione ai suoi doveri ordinari per dedicarne a quel pensiero, eppure il collega la pensava diversamente e Giusto non riusciva a capirne i motivi. Anzi, aveva chiesto più di una volta al collega se al suo posto non avrebbe ragionato nello stesso modo e il collega si ostinava a rispondere che confondeva il proprio dovere con una fissa mentre lui sarebbe stato capace di separare le due cose. Se fosse stato vero ciò che sosteneva, in fondo Giusto non sarebbe stato nella posizione di rivolgergli quelle parole dure riguardo ai tentativi di giustificare le azioni della ragazza per cui aveva un interesse. Ma non era vero, non poteva esserlo, in fondo se così fosse stato, Giusto avrebbe dovuto ammettere di aver superato un confine che si era sempre ripromesso di non varcare mai perchè avrebbe significato buttare al vento tutti i suoi principi. Non poteva certo negare che nessuno gli aveva mai attribuito responsabilità in quella questione nè gli aveva chiesto di occuparsi di risolverla, dunque effettivamente si trattava solo di una convinzione sua non suffragata da ordini passati o da osservazioni ricevute. Più che altro dipendeva dalle regole che da sempre si autoimponeva, da prima ancora di indossare quella divisa e che sicuramente nessuno avrebbe potuto dire che cozzassero con i valori e i principi del corpo cui apparteneva. Tutto tornava, lui non esagerava e non dimenticava ciò che era, il collega voleva solo provocare, Giusto lo sapeva…e allora come mai non riusciva mai ad allontanare del tutto quella vocina che gli chiedeva costantemente se ne fosse proprio sicuro?

 
  
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