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Autore: Gaia Bessie    02/01/2022    4 recensioni
Draco Malfoy, in seguito a un'azione degli Auror contro i Mangiamorte superstiti, diviene cieco per via di una maledizione.
Harry Potter, roso dal senso di colpa per non aver saputo aiutare il collega, si trasferisce a Malfoy Manor per assisterlo con le cure.
[Dal testo]: Harry Potter è una sensazione ben precisa, dietro la pelle: ruvido come una cicatrice, sbuffa quando gli passa la pezza sopra gli occhi, cambiandogli la medicazione – Draco ne sente il disagio, quando cerca di rimettergli le bende toccandolo il meno possibile.
[Draco/Harry | Partecipa all'iniziativa "Regali di inchiostro" organizzata sul gruppo Facebook "L'Angolo di Madama Rosmerta"]
Per Mati e Fede.
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Per VigilanzaCostante, perché fare il compleanno a dicembre non ti dispensa da ricevere un regalo di Natale.
Per Asmodeus, perché così magari mi perdoni per quella volta in cui ti ho fatto leggere una Dramione.


 
Mi trovi sotto la pelle
 
Harry Potter è una sensazione ben precisa, dietro la pelle: ruvido come una cicatrice, sbuffa quando gli passa la pezza sopra gli occhi, cambiandogli la medicazione – Draco ne sente il disagio, quando cerca di rimettergli le bende toccandolo il meno possibile.
«Piantala, Potter» gli sibila, allungando le mani per sfiorargli la fronte sfregiata con un buffetto. «Mettiti comodo: dura cento volte di più, se lo fai male».
Ne sente la vicinanza – quando si posiziona tra le sue gambe, le mani che gli sfiorano il viso, applicano le gocce di Pozione (e spera in un miracolo) e, a disagio, gli domanda: oggi come va?
«Non vedo ancora un cazzo di niente» commenta Draco, sbuffando leggermente. «Fantastico».
Harry sospira, gli dice di non preoccuparsi – la vista ritornerà, hanno detto i Medimagi (tra cento giorni o tra cent’anni?), bisogna solamente avere fede.
«Fede» commenta Draco, amaro. «Scusami, se vorrei liberarmi di te il più presto possibile».
«Rimarrò finché non avrò pagato il mio debito» commenta Harry, quieto. «Rassegnati, Malfoy: io l’ho ancora, una coscienza».
«Quindi per sempre».
«Sì».
Sbuffa – «Era esattamente quello che temevo».
 
***
 
È successo sei mesi fa – sei mesi in cui Harry Potter ha preso armi e bagagli, ha salutato con un bacio in fronte la propria fidanzata (che, dopo cinque mesi di inghiottire esasperazione per quella situazione, lo ha mollato) e s’è trasferito a Malfoy Manor con solamente una borsa piena fino a scoppiare e le indicazioni dei Medimaghi.
Malfoy ha protestato con veemenza, quando Harry è andato a prenderlo al San Mungo dicendogli che era ora di tornare a casa: che non poteva rimanere per sempre chiuso in un ospedale, ad aspettare, quando aveva ancora una casa.
Draco aveva scosso la testa così forte da farsela dolere: e quindi mi faresti da infermiera, Potter, quella cicatrice nasconde uno sfregio nel cervello o cosa?
Ma Harry era stato irremovibile: dopo averlo minacciato di dormire nella sua stessa stanza al San Mungo, pur di estinguere il proprio debito, Draco Malfoy s’era dovuto costringere ad accantonare e, quando era iniziata la loro buffa convivenza, aveva dovuto mettere in chiaro che il Ragazzo-ormai-decisamente-sopravvissuto (ma ancora per poco) avrebbe dovuto rispettare i suoi spazi, con l’unica eccezione del cambio del bendaggio sugli occhi.
Si erano abituati. Lentamente, a suon di grida e insulti, alla fine avevano raggiunto un compromesso fatto di spazi, muri, opinioni e concessioni reciproche.
Con Draco che, nonostante tutto questo, non sa darsi pace – inizia il giorno in cui Ginny dice ad Harry che non ce la può fare più, ad avere un fidanzato che si palesa solamente per le grandi occasioni e nemmeno per quelle: e Harry, che le risponde di non poter lasciare Draco Malfoy a sé stesso, china il capo e le permette di andare via. Quel giorno, e per tutti quelli che si susseguono lenti come la Pozione che vischiosa gli cola negli occhi per ridargli la vista, Malfoy ha continuato a ripeterglielo, facendolo sbuffare.
Forse dovresti andare via, Potter – ma Harry, chino su di lui per avvolgergli la testa con la garza sterile, non ha mai risposto se non con insensati borbottii (non dire stronzate, Malfoy).
È che Harry Potter viene roso e rosicchiato dal senso di colpa e Malfoy, che gli sente tremare le mani quando deve stringere la fasciatura con un nodo, lo sa bene: potrebbe semplicemente farsi spiegare dalla Granger o da un Medimago come farlo con la magia ma, il Prescelto, si è catapultato in una sorta di autopunizione dove ogni gesto smette d’essere inutile per caricarsi di significato – anche chiedergli di contare per lui il numero di gocce che gli stanno scivolando come lacrime negli occhi.
Draco conta.
Non ne comprende il senso, perché un giorno ha detto un numero sbagliato solamente per scoprire che le conta sempre anche Potter, ma continua a farlo: Harry sospira, quando lui si agita sotto lo sfrigolio della pozione che sfiora il bulbo oculare, senza dare il risultato sperato. Blaise Zabini, che ha preso in carico il caso di Draco Malfoy, ha sussurrato ad Harry Potter di cercare di non morire di speranza: che c’è margine di miglioramento, forse riuscirà perfino a scorgere delle ombre, ma recuperare la vista? Sarebbe un vero e proprio miracolo e, alle volte, la fede semplice non può bastare (nemmeno se è quella del Prescelto).
Draco non lo sa – ma, a ogni silenzioso sussulto che lo scuote quando Potter si avvicina per cambiargli la medicazione, ancora spera di riuscire a vedere una macchia di colore: non un turbinio o tempesta, ma qualcosa che gli faccia capire che sta finendo. Ma c’è buio nei suoi occhi e, quando quella patina magica che gli ricopre il bulbo oculare non si crepa mai, è dura non lasciare trasparire delusione.
Potter dice di comprenderlo – che è solamente un altro modo per chiarirgli la consapevolezza del fatto che sia tutta colpa sua: ma Draco, che è divenuto Auror in piena consapevolezza dei rischi che quella professione sa comportare, ogni volta scuote il capo e dice di no.
È andato a caccia dei Mangiamorte sopravvissuti perché era giusto così – perché i Malfoy sono maestri in molte cose (tra cui chinare il capo), ma nel dimenticare?
Draco ha ben chiaro, inciso nella memoria, il momento in cui è tornato a casa sua dall’ennesima missione: e sua madre, sotto le coperte, non respirava più. Avrebbe scoperto negli attimi dopo che le coperte erano sporche di sangue e, Narcissa, non aveva nemmeno potuto combattere: addormentata profondamente, perché dopo la guerra aveva sempre dovuto fare affidamento sulla Pozione Soporifera, non aveva sentito la morte arrivare.
Pochi mesi dopo, era toccata ad Astoria – l’aveva sposata perché era giusto così: perché era quello che sua madre aveva desiderato per lui e, così, mentre Narcissa Malfoy si raffreddava nella bara, Draco aveva chiesto in moglie la figlia minore dei Greengrass. Lei, che lo aveva amato fin da quando l’aveva visto giocare con i pupazzetti con Daphne, aveva detto di sì senza alcuna remora.
Non era durata molto: come ebbero cura di fargli sapere in un biglietto anonimo indirizzato alla Gazzetta del Profeta, non esistono Mangiamorte pentiti o sopravvissuti. Esistono i pentiti, ma non sopravvivono mai.
Ma, quando Draco non s’era dato pace e aveva cominciato a cercare per tutto il Mondo Magico gli assassini di sua moglie, loro gli avevano permesso di sopravvivere: lo avevano attaccato prima di essere catturati dalla squadra di Potter, accorsa sul posto (troppo tardi) per dar man forte agli uomini di Malfoy – un singolo incantesimo, inaspettato, che lo aveva fatto crollare al suolo, tenendosi il volto.
Da quel giorno, Draco Malfoy non ha visto più.
 
***
 
Da quel giorno, Draco Malfoy vive di sensazioni – tocca tutto quello che lo circonda, cercando di orientarsi in quel labirinto di specchi e rocce acuminate che è casa sua: è tutto una sensazione ben precisa, sotto la pelle. I muri, il pavimento, la sedia dove siede quando Potter cambia il bendaggio, le mani sul suo viso.
Ma il ricordo dei colori, delle forme e delle linee che hanno caratterizzato la sua esistenza cominciano infine a sbiadire. E, quando infine un giorno trova il coraggio e posa le mani sul viso di Potter, percorrendone i tratti con il pollice, non lo riconosce più.
«Ancora niente?» domanda Harry, senza traccia di stanchezza nella voce. «Non importa. Domani…».
«Domani un cazzo, Potter».
Harry non si scompone, non lo fa mai – gli chiude il bendaggio e s’allontana, senza una parola, lasciandolo a macerare nel suo silenzio.
Qualche volta, Draco gli urla dietro che non capirà mai e che se ne deve andare – ma Harry non risponde, né va via.
La sera, quando finalmente Malfoy ha raccattato abbastanza malumore e insofferenza, si mette a sedere sulla sponda del proprio letto e tira la campanella che è attaccata al baldacchino: l’ha attaccata lì Potter, dicendogli che preferirebbe accorrere per un suono leggermente più piacevole delle sue grida, quando non riesce a dormire.
E così, alle tre di notte, che sia festivo o infrasettimanale, Draco Malfoy scampanella a Potter la propria inquietudine: lui accorre sempre – anche quando Draco tira la cordicella una volta sola e poi se ne pente.
Harry Potter è una sensazione ben definita, dietro la pelle: quando si scontrano, e Draco non ha sensi che lo aiutino che non siano il tatto, e allora gli passa le mani sulla schiena, tra i capelli, su quella cicatrice che ha odiato così tanto.
Non se ne pente mai – i suoi genitori sono in un posto dove non potranno mai dirgli d’esser delusi da lui (Narcissa, per impossibilità, Lucius perché difficilmente uscirà da Azkaban non in orizzontale), Astoria è persa nei suoi ricordi ingarbugliati.
Ma, qualche volta, Draco lo domanda a lui: e tu, tu te ne penti?
Harry dice sempre di no – ma, quando si alza e gli rimbocca le coperte, prima di tornare nella sua stanza, lasciandolo infreddolito e con la sua consistenza sotto le dita, Draco deve domandarsi se non stia mentendo.
Ma non lo sa mai.
 
***
 
Lo sveglia togliendogli le coperte senza alcuna grazia, alcuna accortezza: dipendesse da sé, Draco non si sveglierebbe mai prima di mezzogiorno, ma Potter lo butta giù dal letto alle otto di mattina per cambiargli il bendaggio.
«Mi spieghi come può funzionare?» domanda Draco, quella mattina. «Sono sei mesi che uso quella Pozione e ancora…».
«Funzionerà» sussurra Potter, cieco di determinazione. «Lo hanno detto i Medimaghi. Prima o poi».
«Io non ci credo. Non ti posso nemmeno vedere, Potter, io…».
«Mi trovi sotto la pelle».
Draco sospira – «È quando dici queste cazzate che vorrei semplicemente sbatterti fuori da casa mia, lo sai?».
Eppure, si dice quella sera, quando tira il cordino della campanella – è vero: trova Harry Potter sempre e solo sotto la propria pelle e da nessun’altra parte.
Quel giorno gli pare di vedere un’ombra dietro le bende, ma a lui non lo dice.


 

Il titolo della storia proviene dall'omonima canzone, peraltro molto bella, di Rea.

Questa è la prima storia di questo 2022, per me, e quanto mi fa strano pensare che sia una Drarry e non una Dramione! Ma, comunque, spero possa piacere a qualcuno.
Un abbraccio,
Gaia
   
 
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